Personaggi: Diane
Whittlesey
Conteggio parole: 862
Prompt: uovo15@fanworld
«Porca puttana», esclamò tetra Diane
Whittlesey, «è tornado Schillinger».
Il vecchio nazista stava facendo il suo ingresso nel braccio B: si
guardava intorno col suo solito sorriso bonario e
l’espressione di obnubilata contentezza.
Ecco il cavaliere rosso, nato per scagliare gli uomini gli uni contro
gli altri: fornisce sempre dei motivi più che validi agli
esseri umani per continuare a scannarsi, e nel sangue e nella violenza
trova la sua ragione di vita. Un individuo benevolo e innocente: non
c’è misura nella causa che la provoca, per questo
la sua rabbia è senza limiti.
«Non è poi così male
infondo», commentò Lopresti.
«Schillinger?», domandò la Whittlesey,
guardando strabiliata il suo collega, «Ti sei drogato per
caso?».
Diane lavorava come agente di custodia da sei anni, e conosceva le
regole. Era un lavoro di merda ma, come chiunque altro fosse inchiodato
come lei a quella divisa, era lì solo perché non
poteva permettersi di fare la schizzinosa. Aveva bisogno di soldi, per
far fronte alle responsabilità che la vita e le sue scelte
le avevano messo sulle spalle, e non poteva contare su nessun altro che
non su se stessa.
Tuttavia, le vicende della sua vita l’avevano fatta diventare
quella che era: una donna capace di combattere la paura che la faceva
svegliare madida di sudore la notte e le impediva di riaddormentarsi,
la paura che quel giorno fosse l’ultimo, che qualcosa a
lavoro sarebbe andato storto e lei si sarebbe ritrovata con un coltello
nel petto o il collo spezzato.
Ogni volta andava a lavoro colla morte nel cuore, nondimeno resisteva:
come ogni giorno che Dio mandava sulla terra, l’agente
Whittlesey cominciò il suo giro di controllo nel magico
mondo di Oz.
Nel paradiso tutto sembrava tranquillo: da quando McManus
l’aveva trasferita nel braccio B, Diane non sentiva
minimamente la mancanza, di tutta quella tranquillità.
Guardò Adebisi, seduto sulla paratia superiore, colle gambe
penzolanti nel vuoto, che faceva le bolle di sapone.
Ecco un altro dei cavalieri: un esecutore dalla forza disarmante, il
suo potere consuma la vita degli uomini lentamente, ma con meticolosa
precisione li annichilisce, li spolpa vivi, togliendo loro tutto quel
che hanno di umano, prima di ucciderli.
L’agente Whittlesey non era nata in una famiglia religiosa,
era diventata cattolica intorno ai trent’anni. Era
molto riservata riguardo quell’aspetto della sua vita, ad
alcuni poteva sembrare una debolezza: la donna sbattuta dalla vita che
si aggrappava a Dio quando non aveva proprio null’altro cui
aggrapparsi. Beh, in parte era vero. Ma c’era anche altro.
Diane non aveva mai avuto delle regole nella sua giovinezza: aveva
sempre fatto le sue scelte, anche controverse, e ne aveva pagate sulla
sua pelle le conseguenze; adesso che era madre, non era più
del tutto convinta che la assoluta libertà - anche morale -
fosse un bene. Non avrebbe voluto che sua figlia percorresse lo stesso
tragitto che aveva seguito lei e quindi era diventata cattolica: la
domenica mattina si rivestivano entrambe e andavano ad ascoltare i bei
sermoni di quel prete polacco che le ricordava tanto suo nonno.
Era stata una di quelle domeniche che aveva appreso la leggenda dei
quattro cavalieri e, mentre il prete leggeva le scritture, lei pensava:
ma guarda, io questi li conosco. Sono tutti e quattro ad Oz. Essere
capace di riconoscere il male non era un’abilità
innata, ma poteva solo essere appresa, e quasi mai tale apprendimento
avveniva in modo piacevole. Almeno, non era stato piacevole per Diane.
Tuttavia, avere un’idea della verità che si celava
dietro i meri fatti, la aiutava a tenere il suo centro, a non perdere
l’equilibrio in quella barca scossa da onde terribili che era
la sua vita. Per solcare il mare sono necessari dei punti di
riferimento, e un buon marinaio sa trovare la sua stella polare anche
quando la luce abbagliante del sole lo rende cieco.
Diane entrò nell’ufficio della suora e ci trovo
Beecher, solo, al computer.
«Ti lascia qui da solo?», chiese impassibile. Lui
la guardò con un sorriso di scherno:
«Che cosa pensa che farò?»,
ribatté divertito, «che fuggirò, che la
rapirò, che scatenerò un’altra
rivolta?».
Diane non fece commenti e uscì dall’ufficio: i
suoi occhi stranamente restii a distogliersi da quell’uomo.
Il cavaliere nero è, nella sua instabilità, un
tiranno manipolativo e oscuro. Scatena la bramosia negli uomini, anche
i più potenti: li controlla nelle azioni e nelle reazioni.
Loro non sanno, o non sapranno finché non sarà
troppo tardi, che il cavaliere nero ha infuocato la loro anima,
rendendoli cechi. Il suo potere è il desiderio, una
voracità insaziabile che affonda le sue radici
nell’oscurità pulsante che ha dentro, un bisogno
che non può essere colmato, né da sostanze,
né da essere umani: egli è destinato
all’incompletezza, per lui nessuno sarà mai
abbastanza.
Nessuno, tranne Morte.
L’agente Whittlesey non fu sorpresa di vedere Chris Keller
gironzolare per il corridoio. Dove c’era Beecher finiva
sempre per esserci anche Keller, del resto chi avrebbe mai potuto
impedire – proprio a lui! - di avere quello che voleva? Diane
finse di non notarlo e continuò a svolgere diligentemente il
suo lavoro. Un altro giorno volgeva al termine nel penitenziario di
massima sicurezza di Oswald: il luogo dove Dio aveva rinchiuso
l’apocalisse.
@hikary
Grazie di nuovo per il commento^^ Ammetto che Diane non aveva colpito molto neppure me, ma poi avevo questo prompt, "scrivere una fanfic con protagonista un personaggio secondario", ed è venuta fuori questa fic. In effetti, come personaggio mette un po' di malinconia: io la apprezzo perchè, pur vivendo immersa in un ambiente dove la morale è distorta, risponde ad un suo codice che non è del tutto sballato. La sua storia è anche l'unica ad avere un lieto fine \o/
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