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DISCLAIMER: I personaggi di questa fan fiction non appartengono (purtroppo) a
me, ma sono di proprietà di Yamane Ayano. La fan fiction non è ovviamente
scritta a scopo di lucro.
Russkaja Ruletka [Thrill]
Lenzuola morbide, calde, profumate. Cuscino di piuma d’oca, come
dormire con la testa dolcemente posata su una nuvola. La sensazione della pelle
nuda a contatto con il cotone, gli era sempre piaciuta.
Eppure qualcosa non andava. C’era qualcosa di decisamente sbagliato.
Liu Feilong aprì gli occhi, voltando rapidamente lo sguardo sul
guanciale accanto a lui. Ecco qual era il tassello mancante. Allungò un braccio
nel letto matrimoniale, giusto per dare una consistenza fisica alle proprie
percezioni visive. Un’occhiata alla sveglia poggiata sul comodino. I numeri
sullo schermo digitale parlavano chiaro, inequivocabili nella loro luce rossa;
erano le quattro del mattino.
Dov’è finito quell’idiota di un russo?
Liu Feilong non si sarebbe mai abituato a quel maledetto clima
moscovita. Faceva troppo freddo, veramente troppo. Quindici gradi sotto lo zero
erano decisamente troppo pochi per uno come lui, erano decisamente troppo pochi
per chiunque, in qualunque parte del mondo. La sua mente volò all’arrivo in
aeroporto, appena cinque giorni prima. Era avvolto in un cappotto imbottito di
pelliccia, un ridicolo colbacco premuto sui capelli sciolti, una sciarpa
indicibilmente pesante avvolta intorno al collo e, nonostante tutto, continuava
a battere i denti. Era sceso dall’aereo privato e Michail lo aveva accolto con
un sorriso smagliante, perfettamente a proprio agio.
“Benvenuto nella vecchia Madre Russia” gli aveva detto, non osando
baciarlo davanti alle guardie del corpo. Di Fei, beninteso, il leader della
Baishe immaginava che quelle di Michail fossero più che abituate al
comportamento estroverso del loro capo.
“Fa sempre così freddo, in questo posto?” aveva ribattuto Fei, salendo
in macchina.
Michail si era messo a ridere. “Freddo? E questo lo chiami freddo?”
Adesso aveva cominciato ad abituarsi alla neve e al gelo, in fondo
doveva soltanto passare da un’automobile ad un locale riscaldato, da un locale
riscaldato ad un’automobile. Si sarebbero spostati a piedi lo stretto necessario
ed esclusivamente nelle ore più calde del giorno, Fei era stato chiaro al
proposito. Il freddo gli faceva venire un terribile mal di testa e, cosa ben
peggiore, odiava dover coprire la propria chioma con un qualsiasi cappello.
Michail non aveva opposto obiezioni, avrebbero avuto tempo per visitare la città
in momenti più favorevoli dell’anno e l’enorme parco coperto che occupava
un’intera ala della sua umile dimora era più che sufficiente per far
sentire Fei un turista in visita in un paese tropicale. Certo, nonostante
l’accettazione di tutte le condizioni impostegli, all’inizio il suo ospite era
sembrato un po’ dispiaciuto, il leader della Baishe sapeva quanto amasse la sua
patria e probabilmente avrebbe avuto piacere nel fargliela visitare,
tuttavia…davvero, non poteva, non riusciva a tollerare quell’orribile clima.
Scosse la testa, adirato. Michail lo sapeva, lo sapeva benissimo.
E allora perché diavolo lo aveva fatto uscire di casa, stanco e
irritato, nel gelo pungente delle prime luci dell’alba?!
L’autista gli indirizzò un’occhiata interrogativa attraverso lo
specchietto retrovisore. “Dove la devo portare?”
“Da Mr. Arbatov, mi sembrava di essere stato chiaro”
“Ma Mr. Arbatov si trova ad un incontro d’affari…”
“Un incontro d’affari, come no. Un incontro d’affari alle quattro del
mattino. L’incontro d’affari si è tenuto ieri sera alle nove. Ieri sera alle
nove era ad un incontro d’affari. Adesso è ad un festino o chissà cos’altro”
“Però…”
“E tu sai benissimo dove”
L’autista tornò a fissare la strada davanti a sé. Gli occhi neri di Liu
Feilong erano animati da un riflesso strano, strano e pericoloso. Non sarebbe
voluto essere nei panni di Michail Arbatov quando l’altro lo avesse finalmente
trovato.
Le luci della strada erano ancora accese, ma la città sembrava deserta.
Bianca e silenziosa, pigra e sonnolenta come un grosso cane addormentato, la
zarina di Russia affascinava abbagliante con il suo freddo splendore. Fei
guardava fuori dal finestrino. Aveva ricominciato a nevicare. Fissava i fiocchi
che cadevano dal cielo come intenti in una danza gioiosa, silenti e puri,
sorridenti e cristallini. Gli venne in mente Michail, la sua pelle candida e i
suoi capelli biondi, i suoi trasparenti occhi azzurri e la sua risata spontanea.
Sentì una fitta ad una tempia. Dove diavolo è finito? E un’altra alla
bocca dello stomaco. Cosa diavolo sta facendo? E un dolore indistinto, ma
chiaramente percepibile dalle parti del cuore. Con chi?
“E’ veramente sicuro?”
Fei si riscosse. Non si era nemmeno accorto che la macchina aveva
accostato e si era fermata.
Lo fulminò con lo sguardo mentre scendeva dall’auto. “Aspettami qui.
Sistemo quel russo borioso e torno indietro”
L’autista annuì, osservando l’elegante figura dell’ospite del suo
padrone mentre apriva la piccola porta del locale. Prese una sigaretta e la
accese. No, decisamente non sarebbe voluto essere nei panni del proprio capo.
Una zaffata di aria calda investì Fei mentre un uomo pelato
all’ingresso della stanza lo fermava con un gesto imperioso della mano. Il
leader della Baishe gettò un’occhiata all’enorme salone che si intravedeva al di
là di una tenda semiaperta dinanzi a lui.
“Kto vy?”
Fei conosceva il russo quel tanto che bastava per capire la domanda.
“Liu Feilong. –scandì lentamente- Ja snaju shto Michail
Arbatov sdes’. Gde on?”
L’uomo lo squadrò per un attimo, parve riconoscerlo, fece un passo
indietro e gli indicò la sala adiacente.
“Tam” disse semplicemente.
Il leader della Baishe scostò la tenda e si ritrovò immerso nel
pittoresco ambiente del locale. Un enorme androne occupato da tavoli da
biliardo, banconi presi d’assalto da avventori di ogni tipo, divani colonizzati
da ricchi uomini d’affari e le loro donne più o meno ufficiali, ballerine
seminude che si dimenavano aggrappate a pali argentei e musica assordante. Una
cappa di fumo rendeva impossibile discernere il soffitto da cui pendevano
lampadari dorati che spargevano intorno una luce sufficientemente fioca per
rendere il tutto sfumato e oscillante, quasi al pari di una visione onirica.
L’odore pungente dell’alcool si mischiava a quello acre dei sigari, le risate si
intrecciavano con il suono martellante e ipnotico che si spargeva nell’aria come
una melodia ritmicamente rituale. Fei strinse gli occhi, non sapeva ancora bene
come, ma avrebbe individuato Michail anche in mezzo a quella folla.
All’improvviso, un uomo seduto ad un tavolo attirò la sua attenzione. Sapeva di
averlo visto da qualche parte, ma non riusciva a ricordare dove. Fu solo quando
quello si alzò che il leader della Baishe riuscì a ricostruire le circostanze in
cui lo aveva incontrato: lo aveva visto a casa di Michail, avevano avuto un
colloquio. Istintivamente lo seguì, se quel tizio conosceva Michail, era molto
probabile che fosse uno degli altri partecipanti alla sua riunione d’affari.
L’uomo si diresse verso una porta sulla parete opposta della sala, la
aprì e la richiuse alle proprie spalle. Fei lo seguì, una mano saldamente
stretta intorno al manico della pistola che portava nella tasca interna della
giacca. Si ritrovò in una stanza stretta, davanti a lui una rampa di scale. Salì
lentamente, guardandosi intorno, attento. Un pianerottolo e un’altra porta
chiusa. Sentiva delle voci provenire dalla camera accanto, risate, parole e
frasi che non riusciva a capire. Poi, improvvisamente, la riconobbe.
L’inconfondibile voce di Michail, non avrebbe mai potuto sbagliare, non avrebbe
mai potuto confondersi. Era lui, ed era proprio dietro quella porta. Afferrò la
maniglia con il forte, bruciante proposito di fargliela pagare.
Questa volta non la passerai liscia, Mr. Arbatov…
Spalancò l’uscio. Sei paia di occhi si volsero verso di lui. Fei passò
in rassegna tutti i visi seduti a quel tavolo prima di scorgere lo sguardo
d’acquamarina di Michail. Quando lo vide, ebbe la netta sensazione che il sangue
avrebbe smesso di fluirgli nelle vene.
Michail Arbatov lo fissava con uno sguardo interrogativo, la mano
stretta intorno al manico di una pistola, l’indice poggiato sul grilletto.
L’arma puntata alla tempia.
Fei sentì il cuore perdere un battito, la bocca semiaperta, le parole
bloccate in gola. Avrebbe voluto urlare, ma non poteva. Non ricordava quello che
aveva intenzione di dirgli. Non ricordava quali insulti avrebbe voluto
rivolgergli, con quali epiteti avrebbe voluto apostrofarlo. Gli occhi sbarrati,
lo sguardo pieno di paura, il viso improvvisamente pallido. Se non avesse avuto
le dita ancora strette intorno a quella maledetta maniglia, probabilmente si
sarebbe accasciato al suolo.
Che cosa diavolo mi sta succedendo?
“Fei? Che cosa ci fai qui?”
Era la voce di Michail, ma non poteva esserne sicuro, tutto gli
sembrava attutito da uno strano ronzio che continuava a risuonargli nelle
orecchie, implacabile.
“Fei? Fei, mi hai sentito? Che cosa…”
La stanza oscillava intorno a lui, si muoveva, ma non avrebbe permesso
a quella visione di sopraffarlo. Scosse la testa con forza, strinse gli occhi,
li riaprì. Fu un attimo, si voltò, sbattè la porta alle proprie spalle e corse
giù per le scale. Si ritrovò di nuovo preda della musica e degli odori e dei
colori soffusi della sala principale. Era tutto così orribile, tutto così
grottesco, stava male, gli sembrava di dover vomitare. Scostò la tenda, evitò il
buttafuori che lo guardava interrogativo e uscì in strada, dimentico del freddo
pungente, dimentico di aver lasciato il proprio cappotto lì, in quell’ingresso
buio. No, non voleva più tornare in quel locale, non voleva più rimanere lì, né
in Russia. Doveva tornare a casa, subito. La testa gli girava, faceva troppo
freddo, la strada era deserta. Si gettò nel mezzo della carreggiata, voleva solo
ritrovare l’auto che l’aveva portato fino a lì, ma non riusciva a vederla.
Due grandi luci bianche ferirono il mantello nero della notte,
all’improvviso. Un’automobile a tutta velocità. Vicina. Troppo vicina. Fei non
sarebbe mai riuscito ad evitarla.
Chiuse gli occhi.
Sentì afferrarsi per un braccio, poi una corrente d’aria passò a pochi
centimetri da lui. Perse l’equilibrio, cadde, ma non si fece male. Qualcuno lo
aveva protetto.
“Idiota! Cosa cazzo credevi di fare?!”
Riaprì gli occhi e si ritrovò seduto per terra, sul marciapiede,
stretto tra le braccia di Michail.
“Mi hai sentito?! Cosa cazzo stavi facendo?! Perché non ti sei
spostato?! Quello poteva ucciderti!”
Sbattè le palpebre, e tutta la confusione si trasformò in un mare di
rabbia, un fiume rosso d’ira capace di rompere qualsiasi argine. Si alzò di
scatto e fece per andarsene, Michail lo imitò, gli afferrò un polso, lo
costrinse a voltarsi.
“Fei! Ma che cazzo ti prende?!”
Il leader della Baishe non riusciva più a controllarsi. Lo spinse via
con tutta la forza che aveva.
“Bastardo!” urlò, gli occhi pieni di rabbia.
Michail lo fissò di rimando, sinceramente stupito. “Cosa?”
“Ho detto che sei un bastardo! Sei un bastardo! Un grandissimo bastardo
idiota!”
“Fei, ma cosa cazzo…”
“Cosa cazzo stavo facendo io?! Cosa cazzo stavi facendo tu!
Tu e quegli altri mentecatti in quella cazzo di stanza!”
Michail inarcò le sopracciglia, mentre tutti i pezzi del puzzle
andavano lentamente al loro posto. “Ti avevo detto che avevo un incontro
d’affari…”
“Un incontro d’affari?! E quello me lo chiamo un incontro d’affari?!
No, ti dico io che cos’era quella! Quella era una gara di roulette russa!”
“Beh, sì, di tanto in tanto…per divertirsi…”
Fei si fermò, immobile di fronte all’uomo dai capelli biondi, gli occhi
che lanciavano fiamme, il respiro affannoso. Non riusciva a credere alle proprie
orecchie, non riusciva a pensare, non riusciva ad impedire al proprio corpo di
tremare. E non era colpa del gelo delle prime ore del giorno, era solo rabbia e
frustrazione e paura. Un’immensa, irrazionale paura. Strinse i pugni, distolse
lo sguardo.
“Di tanto…in tanto…” sillabò, il corpo scosso dai brividi.
Michail fece un passo avanti. “Fei…”
“Stammi lontano…”
“Fei, ma cos’hai ? Cosa ti prende?”
“Cosa…mi prende?”
“Fei…”
“Ti rendi conto di quello che stavi facendo?! Ti rendi conto che avresti potuto
morire?!”
“Ma dai, smettila…”
“Sta’ zitto! Tu…tu non puoi nemmeno immaginare! Entrare in quella
squallida stanza e vederti con quella pistola puntata alla tempia! Non da un
sicario o un traditore, ma da te stesso! Tu…sei un bastardo…”
Michail lo guardava, il volto serio, così strano senza l’eterno sorriso
stampato sulle labbra perfette. “Perché sarei un bastardo?”
L’uomo dai capelli lunghi sollevò gli occhi, e non si accorse nemmeno
delle lacrime che cominciavano ad offuscargli la vista, d’altronde non poteva
essere vero che stesse piangendo per quel pezzo di idiota che adesso lo fissava
con l’espressione del più sincero stupore dipinta sul viso. A quanto pare, non
se lo aspettava nemmeno lui. Ma allora…significava che aveva davvero
cominciato a piangere?
Si portò le mani sul viso, giusto in tempo per sentire l’umida
consistenza di una lacrima disegnare una riga sottile sulla guancia pallida. Poi
le gambe smisero di rispondergli e si sarebbe di certo accasciato al suolo, se
qualcuno non lo avesse sorretto.
Sentì il calore delle braccia di Michail intorno alle spalle gelate,
così noto e così gradevole. Tentò di spingerlo via, di lottare contro di lui, ma
non poteva. Si sentiva troppo debole, troppo spaventato.
“Sei un bastardo perché non hai pensato nemmeno per un attimo a me. Mi
hai preferito un gioco. Uno schifosissimo gioco. Cos’è? Lo trovavi eccitante?
Più di me? Non hai pensato che mi sarei svegliato e non ti avrei trovato e avrei
aspettato il tuo ritorno…e tu saresti potuto non tornare mai più. Sei un
bastardo perché non te ne è fregato niente di me, nemmeno per un momento. Sei un
bastardo perché per mesi non hai fatto altro che tormentarmi, perché volevi che
ci fosse una relazione vera, volevi che fossimo un...noi. Sei un
bastardo perché adesso lo voglio anch’io…ed è soltanto colpa tua…”
Si strinse a Michail, forte, premendo il viso contro il suo petto largo
e muscoloso, con furia, e l’altro sorrise tra i suoi capelli d’ebano, tenendolo
tra le braccia. Lo allontanò appena, gli asciugò le lacrime con le dita calde e
si chinò sulle sue labbra, ne leccò il profilo con la lingua, se ne appropriò in
un bacio caldo e profondo, così diverso e così simile all’aria tersa e gelida
che li circondava, acuminata come pugnali di ghiaccio rovente.
Michail gli sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Scusa”
gli mormorò a fior di labbra.
Fei scosse la testa. “Bastardo...stavolta non credere di passarla
liscia”
L’uomo dai capelli biondi sorrise di nuovo. “Non chiedo di meglio”
Dall’altro lato della strada, l’autista accese l’ennesima sigaretta. In
fondo, essere un dipendente di Michail Arbatov era sempre stato molto
divertente.
*****
Michail fece correre un dito sulla spalla nuda di Fei, si piegò su di
lui e gli baciò il collo, lento, sensuale.
“No”
L’uomo dai capelli biondi sospirò. “Eh dai, Fei…”
“Ti ho detto che te l’avrei fatta pagare. Mi sembrava di essere stato
chiaro”
“Ma io credevo che intendessi…”
“Lo so cosa credevi. E questo rende la punizione ancora più
interessante”
Michail tornò dalla sua parte del letto, sconfitto. Incrociò le braccia
dietro la nuca, mentre un riflesso dorato dietro la tapparella semi sollevata
annunciava l’arrivo dell’alba, colorando la stanza buia di striature ambrate.
“Fei?”
“Lasciami dormire”
“Questa volta hai ragione. Me la merito, una punizione. E sai perché?
Perché sono felice di aver fatto quello che ho fatto”
Il leader della Baishe si voltò di scatto verso di lui, i lunghi
capelli sparpagliati sulla spalla nuda. “Come, scusa?” chiese, tagliente.
Michail gli rivolse uno dei suoi irresistibili sorrisi, contento di
essere riuscito ad attirare la sua attenzione. “Perché se non fossi stato così
stupido, non avresti mai capito quanto davvero mi vuoi nella tua vita”
Lo sguardo di Fei sfumò dal furioso all’incredulo in un battito di
ciglia. Si passò una mano sul viso, mentre un sorriso spontaneo gli saliva alle
labbra. “Idiota” disse semplicemente, trattenendo a stento un’inopportuna nota
di tenerezza nella voce.
Si rigirò nel letto, dandogli la schiena. Chiuse gli occhi, e sentì il
corpo di Michail acquattarsi contro il suo, come quello di un bambino. Lasciò
che l’altro lo abbracciasse e gli baciasse la nuca, avvertì il suo eterno
sorriso riscaldargli il corpo. Nel silenzio ovattato di Mosca, poteva percepire
soltanto il respiro regolare di Michail.
Sapeva che fuori dal palazzo aveva ripreso a nevicare, il giorno si
preannunciava particolarmente freddo e grigio. Poco male, avrebbero sempre
potuto trascorrere l’intera giornata sotto le coperte, quel russo
bastardo aveva ancora tanto da farsi perdonare.
Un bisbiglio ruppe il silenzio. “E comunque, non ho mai creduto che uno
stupido gioco potesse essere più eccitante di te”
Fei continuò a fingersi addormentato. Nel buio della stanza, striato da
incostanti onde rosa-dorate, sorrise di nuovo.
E faresti meglio a ricordartelo.
The End (???)
*****
Ciao a tutti! E fu così che le minacce si trasformarono in
realtà e il povero Fei giunse a Mosca per farsi coinvolgere in una sequela di
avventure più o meno serie dal suo adorabile neo compagno di vita! Sono pronta a
ricevere insulti e quant'altro per questa one shot forse eccessivamente mielosa,
forse eccessivamente OOC, ma insomma, ho provato ad immaginare cosa si potrebbe
provare nel vedere una persona a cui si tiene che si punta una pistola alla
tempia, soprattutto se è per gioco...immagino non debba essere particolarmente
bello e ho fatto reagire Fei un pò a modo suo...ditemi voi cosa ne pensate!
Inutile dire che la fan fiction si colloca ipoteticamente dopo tutto quello che
è successo nel precedente delirio parto della mia mente,
la mia precedente ff "Dobrij Den'", ma può benissimo essere letta come una one
shot a sè stante. A voi la scelta, insomma!
Qualche chiarimento riguardo al titolo, non credo sia
difficile da capire, comunque significa nè più nè meno che Roulette Russa,
per l'appunto in russo.
Piccola traduzione del dialogo tra Fei e il buttafuori:
"Chi siete?"
"Liu Feilong. So che Michail Arbatov è qui. Dov'è?"
"Là"
Niente di trascendentale, insomma, d'altronde le mie
nozioni di russo continuano a non consentirmi di fare discussioni sui massimi
sistemi, per cui mi limito a scambi di battute di livello elementare XD
Che altro dire? Ringrazio in anticipo tutti coloro che
leggeranno o vorranno commentare e so che non ve ne importerà un fico secco, ma
non è finita qui! Nella mia testolina sta frullando una PWP, sempre su questa
coppia, che potrebbe vedere la luce a breve. Tutto questo in attesa che
Yamane-sensei ci illumini sulla sorte dei nostri mafiosoni preferiti!
Vi lascio e auguro a tutti buone vacanze e Buona Pasqua!
Un saluto.
*Ilaria*
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