ShoT
Era un
noioso pomeriggio estivo, quando il telefono squillò.
Dall'altro capo, una delle mie più care amiche. E dall'altro
capo ancora, un'altra delle mie più care amiche.
Le conferenze telefoniche erano una routine, ormai.
«Vi devo parlare.» Esordì Andrea, con
una strana nota
eccitata nella voce. Quando era euforica, c'era sempre da
preoccuparsi.
«Di che si tratta?» Chiese distrattamente Sylvia,
che
probabilmente si era svegliata da non più di due ore ed era
ancora in catalessi. Le nottate coi fidanzati sono sempre devastanti.
«Un progetto che ho in mente, niente di
particolare.» Okay,
questo era definitivamente un brutto segno. Se non voleva parlarne al
telefono, e definiva la cosa niente
di particolare, voleva coinvolgerci in qualche colpo di
stato o roba simile. Non ne sarei stata sorpresa, abituata com'ero alle
sue follie.
«Dio, non sarà un'altra missione in Africa,
Andy?
Giuro che non voglio più vedere un elefante in vita
mia.»
«No, no, è completamente diverso, stavolta!
Fidatevi di me.»
Io risi di gusto. «Moriremo giovani
per colpa tua, lo sai? E non scherzo»
«E chissene. Moriremo facendo qualcosa di significativo per
l'umanità. Basta, la riunione è indetta per
domani
mattina.»
«Mh.» Sylvia.
Io mi limitai a sbuffare.
«Ci vediamo alle sette da me, CHIARO A TUTTE?»
Allontanai
la cornetta dall'orecchio, immaginando Sylvia fare lo stesso.
«Se riuscirò a sentire la sveglia, dopo quest'urlo
sovrumano, allora sì.» Risposi, e Sylvia si
accodò.
«Bon. Au revoir.»
Aveva inizio l'avventura.
Andrea era una biologa, interessata a tutte le specie viventi
presenti nei luoghi più improbabili o
irraggiungibili della
terra, tipo la punta dell'Everest o il triangolo delle Bermuda. Spesso
e volentieri ci aveva trascinate in viaggi assurdi alla ricerca della Kochia saxicola Guss
piuttosto che della Gladiolus
inarimensis, che comunque non aveva mai trovato.
Quella volta si era fissata con una tale Barbella strongylensis,
a sua detta il fiore più bello del mondo.
«Si trova in alcune isole dell'Atlantico, più o
meno nei pressi delle Bahamas.»
E poi la famosa frase, che ormai abbiamo imparato a memoria.
«DEVO. TROVARLA. E voi verrete con me.»
«Bene, abbiamo bisogno di una barca.»
Sylvia ed io ci guardammo e alzammo gli occhi al cielo quasi
contemporaneamente.
«Una barca. E dove la troviamo questa barca?»
Chiesi sospirando.
L'ultima volta avevamo avuto bisogno di un aereo e per poco non
arrivavamo a rivolgerci a Obama in persona, tanto eravamo esasperate.
Per colpa di Andrea, s'intende. Lei è schizzata. E testarda.
«Aspetta un momento. TU.» Puntai il dito contro
Sylvia, che
indietreggiò appena. «Il migliore amico di John
non
colleziona roba per la pesca? E' un appassionato irrecuperabile,
dovrà avercela una barca. O no? Com'è che si
chiama, di
già?»
«Mike.» Annuì lei.
«Sì, forse. Magari. Devo chiederglielo.»
Andrea non badava alle ciance. Prese il telefono e glielo
passò, con una certa veemenza. E isteria, ovviamente.
«Chiamalo. Su!»
Sylvia la guardò spaesata. Lei gli agitò
l'apparecchio davanti. «ORA!»
«E va bene, va bene!» Prese l'aggeggio infernale e
cominciò a digitare dei numeri a memoria.
«E calmati Andrè, dai! La stai
stressando!» Cercai di
intervenire a favore della Syl, ma lei non mi fece nemmeno finire di
parlare.
«Zitta tu, Fò.»
Bene. Speravo non arrivasse mai questo momento, ma prima o poi avrei
dovuto parlarvene.
Mi chiamo Saffo, detta comunemente Fò. O Fiò,
più spesso.
Non chiedetemi perchè mi chiamo così,
semplicemente non
lo so. E nemmeno mia madre, in realtà. Perciò,
argomento
chiuso.
E così, tornando a noi, Sylvia chiamò John, che
chiamò Mike, che rispose «no, non ho una
barca.»
Stavamo già prendendo le flebo per Andrea, quando lui
continuò: «ma mio zio sì!» e
Andrea si
illuminò d'immenso, librandosi nel cielo leggera come una
farfalla...
Ebbene, partimmo.
Quel fatidico martedì dell'Anno Domini duemilanove, le tre
italiane naturalizzate americane,
armate di buona volontà e spirito d'avventura -e una
completa
ignoranza in materia di navigazione- salparono dal porto di New York,
alla ricerca della dannata Barbella.
La tentazione di tuffarsi in mare e tornarsene a casa a nuoto, diverse
volte risultò allettante agli occhi delle due donne sane di
mente.
Solo che una non sapeva nuotare. Cioè io. Quindi abbandonai
l'idea. Ma solo per quello, sia chiaro.
Ora che ci penso, una che non sa nuotare non affronta un viaggio in
barca verso l'ignoto, capitanata da una squilibrata fuori di testa che
non distingue una vela da un timone, ma tant'è. Cosa non si fa per le amiche.
E' pur vero che nei due giorni e mezzo di viaggio non mi separai mai dal mio
splendido giubbotto di salvataggio, color carota arrostita
e comodo su per giù quanto un palo nel culo.
«Fa un caldo della miseria, oggi.»
Sbuffò Sylvia asciugandosi il sudore che le imperlava la
fronte.
Era vero. Faceva davvero troppo
caldo. Di quei caldi insopportabili che ti rendono difficile perfino
respirare. Eppure erano le cinque del pomeriggio.
«Mi sto rincretinendo. Tra un po' comincerò a
sclerare di brutto, siete avvisate.»
«Non ti rispondo nemmeno, Andy.»
Lei mi sorrise e mi abbracciò. «Non ve l'ho detto
ancora, ma
comunque grazie per essere quì con me. Prometto che non ve
ne
pentirete.» Perchè mai avremmo dovuto pentircene?
Eravamo nel
bel mezzo dell'oceano, con miliardi di pesci e perchè no,
anche
squali che probabilmente ci nuotavano sotto, una misera e sgualcita
carta nautica con una bussola che manco Jack Sparrow avrebbe saputo
fare di meglio e un'alta probabilità che ci saremmo perse.
Non conoscevamo nemmeno il numero della Guardia Costiera. Chi stava
meglio di noi?
«Lo spero per te. Ti voglio b-» Oh, merda.
Un fulmine squarciò il cielo facendoci trasalire. Ne
seguì un tuono assordante e la pioggia cadde quasi
immediatamente.
Guardai le ragazze e loro guardarono me. Restammo a fissarci con gli
occhi sgranati per molto tempo, mentre l'acqua cominciava a inzuppare
noi e la barca.
«E ora?» Sylvia era vicina alle lacrime.
Provò a prendere
l'ombrello che ci eravamo portate dietro per scrupolo, ma il
ventò lo trascinò con sè Dio solo sa
dove.
Urlammo.
Urlammo come forsennate fino a non avere più voce. I
cellulari
non prendevano, la bussola era partita -non che servisse a molto,
comunque- e la barca cominciò ad
andare per conto suo, sballottandoci a destra e a sinistra a suo
piacimento.
Per di più, imbarcavamo acqua a non finire. Era inutile
provare
a toglierla con un secchio, perchè pioveva a dirotto.
«ANDREA IO TI AMMAZZOOOOO!» Gridò
disperata Sylvia tra le
lacrime, stringendosi forte a me, che non avevo nemmeno la forza di
parlare.
Lei si spostò una ciocca di capelli fradicia da viso e si
lascio
scappare un singhiozzo. «Mi dispiace! Mi
dispiace..» Ci
stringemmo in un abbraccio e decidemmo di non lasciarci per nessun
motivo.
Sembrava che il tempo passasse tre volte più veloce. In
breve
divenne tutto buio e non riuscivamo a vedere a un palmo dal naso.
Quando due fulmini attraversarono il cielo nero, intravidi qualcosa.
Sembrava la costa di un'isola.
Non riuscivo a parlare per l'emozione e la paura, mi limitai a indicare
davanti a noi. Andrea e Sylvia guardarono in quella direzione e un
barlume di speranza illuminò i loro occhi.
Poi arrivò un'onda.
Caddi in mare. Provai a nuotare per raggiungere la barca con tutte le
mie forze ma la corrente mi trascinò con sè
sott'acqua.
Vidi tutta la mia vita passarmi davanti agli occhi.
Vidi le mani delle mie due amiche tese verso di me.
Il buio.
E poi tossii.
Un raggio di luce mi solleticò le palpebre.
Ma non ero affogata?
Provai ad aprire gli occhi, e subito dopo sputai un fiume d'acqua.
Effettivamente avevo bevuto un po'.
Oddio, ho la nausea..
Mmmh..
Dov'ero?
Mi alzai piano, guardandomi intorno. Era una spiaggia, e
c'era.. la
barca! O meglio, quello che ne restava. Lanciai un urlo.
«ANDREA!
SYLVIA!» C'era voluto un po' di tempo, ma avevo ricordato
tutto.
L'onda ci aveva travolte e avevo sicuramente sbattuto la testa contro
qualcosa. Ma non ero caduta, nè affogata o roba simile,
altrimenti non
sarei stata su quell'isola.
Un'isola. Speriamo ci
sia qualcuno.
E non mi riferisco ai
cannibali.
Continuai a urlare il loro nome, senza ottenere risposta. Girai intorno
alla barca e le vidi: giacevano incoscienti sulla sabbia.
«ANDY! SYL! SVEGLIA, vi prego! Ragazze, andiamo! Mi
sentite?»
Provai a scuoterle e dopo un paio di tentativi Sylvia tossì.
Andrea ci mise più tempo ma rinvenì anche lei. Grazie a Dio.
Appena ebbero realizzato il tutto, e cioè siamo vive! e su terraferma!
ci abbracciammo felici. Ovviamente non avevamo più niente
con noi.
Cellulari, cibo vario, vestiti.. beauty-case e diario di bordo.. tutto
sparito.
«Andiamo a cercare aiuto. Ci dovrà pur essere
qualcuno su
quest'isola, porco Giuda!» Andy si era ripresa splendidamente.
«Se ci sono Jack e Sawyer sono anche più contenta.
Ah, Boone
nemmeno mi fa schifo.» Replicai, accodandomi. Presi sotto
braccio
Syl e insieme ci incamminammo in una direzione.
Camminammo per quella che mi sembrò un'eternità.
Non c'era anima viva, a parte qualche granchio bastardo.
«Sto per morire, ve lo giuro.» Ero a pezzi. I piedi
mi facevano
un male assurdo, mi girava la testa e non ci vedevo quasi
più
dalla fame. Non avevo mangiato nulla, a differenza loro, per paura del
mal di mare.
Il risultato era che il mio stomaco faceva più rumore della
tempesta di quella notte, oltre a farmi proprio un male fisico!
«Fiò, resisti. Troveremo qualcuno, vedrai. Ora
faccio due o
tre respiri profondi e ricomincio a urlare. Prima o poi ci
sentiranno.» Mi rassicurò Andy, prima di inspirare
profondamente.
«AIUUUTOOOOOOOOOOO! C'E' NESSUNO SU QUESTO SPUTO DI TERRA DEL
CACCHIO?! LA MIA AMICA STA MORENDO DI FAME, MALEDIZIONE!»
Tossì quando le mancò la voce.
«Tocca a te, Syl.» Le sussurrò poi.
Sylvia ripetè l'SOS, con modi più gentili.
«Ragazze..» Mi sentii mancare. Caddi sulla sabbia e
cominciai a vedere sfocato. No,
no, no, Fiò, non svenire. No, no, n..
In realtà svenni eccome. Più che altro, in
realtà,
caddi in uno stato di trance: vedevo tutto nero e non riuscivo a
muovere nulla, ma sentivo tutto.
Sentivo Andy e Syl continuare a gridare il mio nome, alternandolo a
degli AIUTO!
e a delle imprecazioni poco ortodosse che non sto quì a
ripetere.
Avrei voluto tranquillizzarle. Avrei voluto dire loro ci sono! vi sento! sto bene!,
ma era come in Anestesia Cosciente. Corpo anestetizzato, mente
cosciente.
«AIUTO! AIUTO! AIU-» Andrea si interruppe
all'improvviso.
«Vedi anche tu quello che vedo io o è un
miraggio?»
Chiese a
Sylvia, che cominciò a ridere istericamente.
«Oddio, oddio. Fiò, svegliati! Svegliati!
C'è
qualcuno! C'è un tipo, sta venendo, lui.. lui.. ehi, ma
è
Lapo Elkan?!»
Lapo Elkan?
«Lapo Elkan?» Ripetè Andy, incredula.
«Ma che cazzo
dici, Syl? Non è mica.. non.. oh Gesù.
Perchè
somiglia terribilmente a Johnny Depp?»
A quel nome, infartai. Fu come se qualcuno avesse acceso un
interruttore e avessi ripreso il controllo degli arti. Provai ad aprire
gli occhi, con enorme sforzo, e ci riuscii solo parzialmente.
«Oh cazzo.» Mormorarono insieme, quando lui era
ormai a pochi metri da noi.
«Chi siete? Questa è un'isola PRIVATA, lo
sapete?!» La sua voce. La
sua voce...
«Siamo.. eravamo in barca, io sono una biologa, poi
è
arrivata la tempesta, loro erano con me, e quell'onda ci ha travolte
e..»
«Ehi, calma, calma! Non ho capito niente. Oh, cosa
è
successo a lei? E' svenuta?» Sentii il suo tono di voce
passare
instantaneamente dall'arrabbiato al preoccupato, e due secondi
più
tardi avvertii il tocco delle sue dita sul collo.
«Il battito è lento.. da qu-» Non gli
diedero il tempo di finire la frase.
«Non mangia da un giorno, quasi. E ha bevuto un sacco
d'acqua. Ha
resistito fino a poco fa, poi è crollata.. oddio, si
riprenderà, vero?»
Oh, Andy.. porti iella?!
«Credo di sì. Forse è meglio portarla a
casa.» Lo
sentii sospirare e poi due braccia forti mi sollevarono da terra.
Non mi dire che sono tra
le braccia di Johnny Depp e sono semi-incosciente.
Mugolai qualcosa -in realtà avrei voluto dire baciami e mi
riprenderò all'istante!- e lui mi strinse di
più. «Siamo quasi arrivati, resisti»
Disse dolce, e io mi sciolsi.
E poi svenni del tutto.
Mi risvegliai su un letto morbido e fresco.
Dalle tende filtravano deboli gli ultimi raggi di sole, colorando la
stanza di rosa, e
tutt'intorno regnava la pace. Il rumore delle onde che si infrangevano
contro gli scogli era estremamente rilassante, e per un momento
considerai l'ipotesi di restare a dormire ancora un po'.
Poi mi ricordai dov'ero, e chi
c'era, soprattutto.
Mi alzai, per andare a cercare le mie due folli compagne di
(dis)avventura.
Le trovai, appunto, insieme al miglior attore del decennio, che
cincischiavano allegramente, sbattendo le ciglia in maniera
spropositata tutte sporte verso di lui.
Lui alzò lo sguardo e mi vide. Sorrise. «Ehi,
guardate chi
si è ripresa..» Si alzò e mi raggiunse,
stringendomi
affettuosamente il braccio.
«Ehm, ciao.» Fiò,
riprenditi! «Mi chiamo.. Saffo. E non sono
lesbica.» Gli tesi la mano e lui la strinse, ridendo.
«Puoi chiamarmi Fiò. Sicuramente è
più comodo e meno imbarazzante..»
«Tanto piacere, Fiò. Io sono Johnny.» E vuoi essere stuprato,
ammettilo...
Aveva una camicia bianca di lino praticamente mezza sbottonata, il
costume blu scuro e una bandana che gli tirava indietro i capelli.
Assolutamente
figo, tutto abbronzato.
Andrea e Sylvia pendevano dalle sue labbra, con gli occhi a cuoricino.
«Immagino che le due pazze ti abbiano spiegato per sommi capi
com'è che ci siamo ritrovate quì..»
«Tutti i minimi dettagli.» Si intromise Andy, con
la sua solita esuberanza. Assolutamente fuori luogo, poi.
FAMMI PARLARE CON
L'AMORE DELLA MIA VITA, NO? Un po' di privacy!
«Già. Come ho detto a loro, le opzioni sono due:
io torno a
Los Angeles la settimana prossima, e credo di potervi fermare a New
York. Potete aspettare quì e
tornare con me, o dovrò chiamare qualcuno per farvi venire a
prendere... non ho altre barche a disposizione, a parte la mia, e non
mi fido a mandarvi da sole, considerati i precedenti..»
La mia mascella rotolò. Dietro di lui, Andy e Syl mimavano
uno
svenimento e poi saltellavano per la gioia, senza farsi notare.
Io risi e cercai di controllare la mia euforia nel replicare.
«Credo che possiamo aspettare, sempre se non ti crea troppo
disturbo.
Così Andy può mettersi alla ricerca della sua
amata Barbella»
Ringraziai mentalmente questa pianta e per la prima volta fui davvero
contenta di essere partita.
«Nessun disturbo. Siete le benvenute.»
Quella sera Johnny organizzò un falò, per
l'occasione.
Non avevo idea di chi vi avrebbe partecipato. Non avevo nemmeno idea
che ci fosse qualcun'altro su quell'isola!
E invece mi sbagliavo.
C'erano un sacco di ragazzi assurdamente carini. Parenti e amici di
Joh, a sua detta.
Un paio erano con le mogli, un altro paio con delle ragazze dalle gambe
lunghissime e scheletriche, e altri due erano da soli.
Più Johnny, insomma, c'erano tre scapoli per tre single
ladies.
Noi eravamo le single ladies. Anche se Sylvia era fidanzata. E
vabbè, tanto il terzo ragazzo era più brutto di
Tia
Dalma e Davy Jones messi insieme, quindi il problema non sussisteva. Si
ignoravano allegramente a vicenda.
L'altro ragazzo era su per giù sulla trentina, bello come un
dio. Cugino di Johnny.
Si chiamava Adrian. Alto, fisico slanciato e muscoloso, occhi di un
blu glaciale e capelli castano scuro. Faceva male guardarlo, tanto era
bello.
Johnny ce lo aveva appena presentato, e io non sapevo se guardare lui o
l'altro.
Allungammo le mani a stringere la sua senza staccare gli occhi dai
suoi pettorali scolpiti. Erano tutti beatamente a loro
agio, mezzi nudi, e noi con gli occhi fuori dalle orbite e un secchio
appeso al collo per raccogliere la bava.
«Questo. E'. Il. Paradiso.» Sospirò
Andy, seguita a ruota da Sylvia.
Qualcuno accese la radio e una canzone da discoteca invase la quiete
che regnava sovrana. In breve non capii più nulla.
Eravamo quattordici persone e sembrava di stare allo stadio, o alla
premiere di un film, tanto per restare in tema di attori.
Andrea si incollò ad Adrian stile cozza-scoglio e non lo
lasciò per tutta la serata. Sembravano essere entrati in
sintonia.
Sylvia casualmente mostrava a tutti il trilogy che aveva al dito, per
evitare spiacevoli e indesiderate attenzioni, e fece subito amicizia
con la moglie di un tale Charlie.
Si può dire che restai sola.
Me ne stavo seduta accanto al fuoco, a guardare il legno scoppiettare
allegro in quella splendida sera d'estate, le stelle in cielo
preannunciavano una bella giornata e mi sentivo felice.
«Disturbo?» Mi girai appena e lo vidi che mi
sorrideva. Scossi
la testa e lui prese posto accanto a me. «Come ti
senti?» Mi
domandò premuroso.
«Bene.» Sorrisi. «Sono contenta di essere
qui, in fin dei
conti.» Eccome se lo ero! «Tu stai bene?»
Lui mi
guardò un po' sorpreso per qualche istante, poi la sua
espressione si addolcì e annuì.
«Benissimo, grazie.
E' una serata incantevole.»
La luce calda del fuoco gli illuminava il viso, rendendolo ancora
più bello.
Si accorse che lo fissavo. «Ho qualcosa che non
va?»
Chiese,
sfiorandosi il viso. Scossi la testa. «No.»
Sorrisi. «Sei bellissimo.» Gli dissi la
verità.
Perchè mi
andava così e perchè non m'interessava che lui
pensasse ecco, questa
guarda solo il mio aspetto esteriore.
Sapevo meglio di chiunque altro che era un attore eccezionale e una
persona altrettanto meravigliosa, ma in un momento come quello non
potevo mica dirgli reciti
splendidamente, così, all'improvviso?
Sei bellissimo
mi sembrava appropriato, e fu la prima cosa che pensai,
perciò lo dissi senza vergognarmene.
Lui abbassò lo sguardo e sorrise.
«Grazie.»
«You're welcome.» Anywhere. Anytime. Ehm..
«Ti va di fare un bagno?» Lo disse all'improvviso,
ridendo tra
sè. Credevo scherzasse, così ridacchiai anch'io.
Poi lui
mi guardò: «No, dico sul serio.»
Si alzò e mi tese la mano. «L'acqua è
caldissima di
sera, qui.» Strinsi la sua mano e lasciai che mi aiutasse ad
alzarmi, poi indietreggiai appena.
«Non so nuotare. E ho paura dei barracuda.» Meglio
dirlo subito a scanso di equivoci.
«Ti va o non ti va?» Ma certo che sì,
idiota! C'è bisogno di chiederlo?
Lanciai un'occhiata alla banda di scellerati che se ne stavano a ridere
e scherzare -o a flirtare spudoratamente, nel caso di Andrea e Adrian-
e cominciai a sbottonarmi la camicetta. Grazie a Dio portavo il
costume, sotto. Gli unici indumenti che avevo.
Ci avviammo lentamente verso il bagnasciuga, io col terrore fin sopra i
capelli e lui calmo e tranquillo.
Dio, è tutto
buio e non si vede una mazza, dove sto andando?!
Sfiorai l'acqua
col piede: effettivamente era calda. Johnny non si accorse che mi ero
fermata, ma continuò a camminare e si voltò
quando
l'acqua gli arrivava poco sotto il ginocchio.
Io avevo appena immerso il mignolo del piede. E non avevo mica
intenzione di proseguire!
Johnny scoppiò a ridere. «Dai, Fiò!
Come on!» Fu
costretto a tornare indietro e a schiodarmi con la forza, o quasi. Non
gli avrei mai permesso di prendermi di peso! Non ero nemmeno sicura che
l'avrebbe fatto...
«Va bene, okay, arrivo.» Deglutii e mi dissi va beh, male che vada mi morde
uno squalo e muoio. Muoio felice, però: almeno ho visto
Johnny.
Rabbrividii quando mi posò la mano sulla schiena a mo' di
incoraggiamento. Feci un passo, immergendo del tutto il piede destro.
Poi così anche col sinistro, fino ad arrivare alle caviglie.
Mentre facevo il quarto passo, mandai tutto a quel paese e gli presi la
mano.
Lui mi guardò ma non disse nulla, limitandosi a stringerla.
In pochi istanti mi ritrovai con l'acqua all'altezza dell'ombelico, o
poco più su. Guardai verso la spiaggia. Nessuno sembrava
essersi
accorto della nostra assenza o quanto meno nessuno aveva voluto
seguirci.
Ho una paura fottuta!
Lanciavo sguardi terrorizzati tutt'intorno al minimo movimento che
avvertivo. «Rilassati, Fiò. Respira. Goditi il
momento..»
Sussurrava il dio con la sua voce melodiosa e sexy da morire. Mi spinse
più avanti, l'acqua mi arrivava al seno e avevo il respiro
sempre più corto e irregolare.
«Guarda, c'è una luna stupenda. E quelle stelle..
guarda i
giochi di luce sulla superficie dell'acqua, lì..»
Indicava
tutto affascinato, avvicinandosi sempre di più.
Mi strinse entrambe le braccia, mettendosi proprio davanti a me. Mi
sforzai di sorridere. Intanto immaginavo i barracuda nuotare verso di
noi a tutta velocità.
E non sapevo nemmeno com'era fatto, un barracuda!
Che incubo.
Sospirai pesantemente e gli presi la mano, portandomela al petto.
Volevo che sentisse il mio cuore che sfiorava i trecento battiti al
minuto, che diamine.
«Lo so che a trentatrè anni suonati uno non
dovrebbe avere
paura dell'acqua, ma evidentemente sono montata male.»
«E lo so che è un peccato, perchè
davvero vorrei
godermi tutto questo, te, la luna, i riflessi.. ma l'ansia mi parte da
sola» Continuai, sospirando.
«Ho un'idea.» Rispose semplicemente lui,
illuminando il mondo con un sorriso.
Sentii le sue mani scendermi lungo i fianchi, fino a sotto il sedere.
Risi, capendo dove voleva arrivare. «Al mio tre,
sali.»
«Uno, due.. tre»
Feci
leva con le mani che gli intrecciai attorno al collo e
circondai i suoi fianchi
con le gambe. Barcollammo appena, ma due secondi dopo stavamo
perfettamente in piedi. Cioè, lui stava in piedi. Io ero
praticamente avvinghiata a lui stile koala e il suo viso era a
pochissimi centimetri dal mio. Per non parlare del bacino e di quello
che c'era sotto.
Sentivo distintamente tutto.
Ça va sans dire che la situazione era molto eccitante, e il
mio
cuore non smise mica di ballare la rumba. A quanto pareva, nemmeno il
suo.
«Va meglio ora?» Disse in un soffio, sfiorando il
mio naso col suo.
«Molto meglio.»
Rimanemmo così per molto tempo. Senza parlare. Momenti fatti
di sorrisi e sospiri, attimi scanditi dai battiti dei nostri cuori.
Qualche tempo dopo
ci decidemmo a uscire e lui salì prima di me,
aspettandomi con l'asciugamano aperto, che mi posò sulle
spalle.
*Awwww* che cavaliere!
Salutammo amici e parenti e seguimmo Johnny in casa. Lo vedevo correre
a destra e a manca per procurarci pigiami, lenzuola e roba varia, e mi
sentii a disagio.
«Scusa per l'invasione. Davvero. Non puoi capire quanto mi
dispiace. E non ti preoccupare per i letti, qui.. possiamo arrangiarci
da sole! Non disturbarti, davvero»
«Nessun disturbo, sweetie. Siete mie ospiti.»
Rispose lui con un sorriso.
«Ospiti infiltrate. Non ci hai mica invitate.» Joh
smise di
infilare il cuscino nella federa e mi guardò esasperato.
«Se
non la smetti ti faccio dormire coi barracuda.»
«Okay, okay, scusa.» Mi preoccupavo troppo come al
solito.
Sylvia gli chiese un telefono per chiamare John, e Andrea uno per
messaggiare con Adrian. Le tirai una gomitata senza farmi vedere, poi
lui rise e rispose: «Guarda che Adrian dorme
quì.»
In quel preciso istante, mentre raccoglievamo la mascella rotolante di
Andy, i due cugini entrarono nel salotto portandosi dietro le sedie che
avevamo usato quella sera in spiaggia.
«Adrian dorme da solo?» Mormorò Andy e
io e Syl ci portammo una mano alla fronte, contemporaneamente.
«Tu la conosci? Io no» Le dissi. «No, mai
vista.» Rispose lei pronta.
Johnny ci guardava divertito e Andrea non ci filò per
niente. Ormai era completamente persa. Cooked.
«Il divano è pronto.»
Annunciò poi Joh fiero di
sè. Ovviamente era un divano-letto, ed era enorme. Decidemmo
che
Syl ed io saremmo state lì e Andrea avrebbe dormito di
sopra,
nella camera con due letti singoli -toh, chissà
chi dormiva nell'altro letto!-.
Johnny invece dormiva nella sua camera, con quel letto a baldacchino
troppo, troppo
stupendo tutto solo soletto. E vabbè, pazienza.
Sylvia si addormentò subito, nemmeno il tempo di poggiare la
testa sul cuscino. Io non avevo sonno. Dopotutto, avevo dormito quasi
tutto il pomeriggio.
Mi misi a osservare il soffitto colorato di blu, illuminato appena
dalla luce della luna. Non c'erano rumori, a parte il costante
viaggiare delle onde e il ticchettio dell'orologio sulla parete del
soggiorno. Sbuffai un paio di volte; non riuscivo proprio a dormire.
Odiavo quando succedeva.
Okay, mi alzo. Magari una passeggiata mi farà bene..
Lasciai Sylvia che dormiva beata con un'espressione angelica dipinta in
volto -sicuramente stava sognando John- e mi incamminai verso la porta.
Non si vedeva praticamente nulla, se non fosse stato per le stelle che
risplendevano numerose in cielo.
Lasciai che la brezza leggera mi sfiorasse icapelli e il viso, e
per un attimo pensai che avrei voluto che lui uscisse e venisse da me,
come tante volte avevo sognato.
Quando avvertii qualcuno dietro di me, perciò, infartai e mi
preparai alla vista del suo viso incantevole.
«Quel deficiente si è addormentato!» No,
non era Johnny.
Era Andrea, e sembrava piuttosto scazzata. Si era accesa una sigaretta,
e non era un buon segno.
«Chi?»
«Come chi?! Adrian! Il dio greco sceso in terra per
ammaliarmi e
farmi sbavare senza ritegno! Ma come si fa? Neanche si era seduto sul
letto che già russava!»
«No! Russa?!» Chiesi disgustata. Lei
alzò gli occhi al cielo.
«No, scema, era per dire..»
«Ah, menomale.»
«Johnny dorme?» Le domandai qualche istante dopo,
con aria innocente.
«Penso di sì. La luce era spenta. Che avete
combinato in
acqua, eeeeeh?» Mi diede di gomito e io mi sentii arrossire.
Fortunatamente era buio e non se ne accorse.
«Niente. Mi ha preso in braccio solo perchè ho
paura delle
bestie viscide e pericolose che popolano le acque.»
«Come no.» Fece lei, tirando una boccata dalla
sigaretta.
«Davvero!» Provai a rettificare, ma lei mi
smontò con una sola occhiata.
«Senti, lui è un uomo, tu una donna, vi piacete,
siete
attratti l'uno dall'altra. Non c'è bisogno di giustificarsi
o
accampare scuse.»
«Non sto accampando scuse. Sto analizzando i fatti
razionalmente. E soprattutto sono realista!»
«Stronzate.»
Sbuffai. Non mi andava per niente di illudermi con stupide
supposizioni.
«Se proprio ci sono due che si piacciono, su quest'isola,
siete tu
e Adrian. Nel vostro caso non ci si può sbagliare.»
«Sì, infatti stiamo proprio facendo sesso
selvaggio, non so
se hai notato.» Ironizzò con un sorriso, mentre
con un
colpetto del dito faceva cadere la cenere sulla sabbia.
«Questione di giorni.»
«Vale anche per te. Oh, guarda, c'è una luce
accesa. Scommetto che è Johnny. Vieni, torniamo.»
Mi trascinò a casa con la forza. Mi sentivo come una
quindicenne
davanti al più bello della scuola. Dio, che ricordi
raccapriccianti.
Prima di tornare di sopra, in camera sua, mi diede uno spintone
costringendomi a entrare in cucina, dove Johnny stava prendendo un
bicchiere d'acqua.
«Machefaistr- ehm, ciao.» Mormorai quando lui si
girò e mi vide. Deglutii un paio di volte a vuoto.
Dormi sempre mezzo nudo,
di solito?
«Ciao. Anche tu insonne?» Mi offrì un
po' d'acqua e io rifiutai educatamente.
«Già.» Non sapevo che dire. Forza, Fiò, qualsiasi
cosa! «Mi capita raramente, ma quando succede
è odioso.» Vai
con la risposta più stupida del mondo!
«Soprattutto perchè domani sarò stanca
morta e
somiglierò più a uno zombie che a un essere
umano.»
Lui sorrise. «E' davvero difficile che tu riesca a somigliare
a uno zombie.»
E se tu mi
lanci queste bombe che manco a Hiroshima e Nagasaki io che dovrei fare,
EH?
«Vedrai domani.» Va bene, dimentichiamo questa
pietosa conversazione e andiamocene a dormire.
Lui si portò una mano alla bocca e sbadigliò.
Ecco, appunto, gli ho fatto venire sonno!
«Bon. A domani. Notte.» Fuggii in salotto e mi
nascosi sotto le
coperte, da brava codarda.
Mi facevo pena da sola, per quella
vergognosa chiacchierata che avevamo avuto poco prima. Per grazia
divina riuscii ad addormentarmi.
Il giorno dopo fui svegliata da una cuscinata. Sylvia.
«Svegliati, fava! Sono già tutti a tavola e tu
dormi placidamente. Non vorrai mica mangiare da sola?»
«Mmmh.. eddai! Ohhhh..» Sospirai buttandomi di
nuovo sul cuscino.
Dalla cucina arrivavano delle urla miste a risate. «DAMMI IL
CAFFE'
O NON RISPONDO PIU' DELLE MIE AZIONI!» Andrea. Chi poteva mai
essere?
«Ma tu lo bevi tutto, egoista che non sei altro! Vuoi
lasciarne un
po' pure alla tua amica che dorme?» Adrian cercava invano di
farla
ragionare. Carino lui.
«Lasciala stare Saffo, quando si sveglia se lo fa ex
novo» Queste
sì che sono amiche!
Spostai le lenzuola e scesi sbadigliando vistosamente. Gli occhi non mi
si aprivano tanto erano gonfi.
Decisi di andare in bagno prima di spaventare tutti con la mia faccia
alla Mrs Lovett, ma vi trovai Johnny che si lavava le mani.
Sfiga cosmica vieni a
meeee!
«Buongiorno» Sorrise raggiante. «Fanno il
remake di Sweeney Todd?»
Bastardo.
Prima che potessi replicare lui rise appena e mi si
avvicinò,
posandomi due dita sul mento. «Sei bellissima anche oggi,
sweetheart.»
*E dovettero raccoglierla con un cucchiaino.*
Mi guardai allo specchio e non feci caso alle occhiaie, ai capelli
sconvolti, e ai segni del cuscino grossi come cicatrici che mi
sfiguravano momentaneamente il viso.
Mi aveva chiamata sweetheart
ed ero bellissima.
Sorrisi a me stessa come un'ebete per un bel po', prima di decidermi a
scendere.
La tavola era imbandita con ogni ben di Dio. Erano tutti seduti a
cerchio, concentrati a spalmare la nutella sul pane, versare
caffè nelle tazze, sgranocchiare cornflakes o mordere
pancakes.
«'giorno. Ho cercato di farti lasciare il caffè ma
questa
quì è una terrorista.» Si
scusò
Adrian-il-paraculo appena mi vide.
Andrea gli pestò un piede poco delicatamente.
«Fiò lo
sa quanto ho bisogno di caffè al mattino, vero
Fiò?»
Io alzai gli occhi al cielo e annuii, mentre prendevo posto tra Sylvia
e Roger, il cugino riuscito male.
«E comunque Johnny te lo sta facendo.» Aggiunse
poi, prima di addentare una fetta biscottata.
Mi voltai con gli occhi luccicanti verso di lui, che aspettava in piedi
davanti alla macchina da caffè, e poi venne a versarmelo
nella
tazza.
«Meglio di Chuck Bass come cameriere.» Fece Sylvia,
guardandolo sognante.
«Sì, però dopo vuole la
mancia.» Si intromise
Adrian, ammiccando, e io avvampai. Johnny si era seduto di fronte a me
e ghignò tra sè, quasi impercettibilmente.
«E lei è ben felice di dargliela, te lo
assicuro.»
Il giorno 2 agosto 2009
si è spenta serenamente la (ig)nota biologa Andrea Sangiorgi.
Ne danno il gioioso lieto triste annuncio i familiari e
gli amici.
Fulminai Andrea con lo sguardo e lei mi sorrise serafica.
Purtroppo non sono mai stata un tipo vendicativo, quindi lasciai
correre e mi limitai a sbuffare dal naso.
Non osai guardare Johnny; piuttosto mi sarei buttata
dall'ottantanovesimo piano di un grattacielo.
«Ehm, tornando a noi, ho ottenuto da Adone il permesso di
perlustrare l'isola per trovare la mia amata Barbella. Voi verrete con
me, ça va sans dire.»
Solo Andrea Sangiorgi poteva chiamare Johnny Depp Adone davanti a lui
senza scomporsi minimamente. Solo lei.
«Che palle, George. Mi scoccio. Vacci con Adrian.»
Disse Sylvia senza mezzi termini.
«Chi è George?» Domandò Roger
guardandola con la stessa espressività di una zucchina
scaldata.
«Andrea di cognome fa Sangiorgi, che abbreviato e
americanizzato molto
grossolanamente diventa George. Io faccio Marcucci e divento Mark.
Capito?» Spiegò Sylvia paziente.
«Ohhh.» Grugnì Roger, annuendo.
«E Fiò?» Johnny, delfino curioso!
«Saffo Di Paolo, diventa Paul. Preferisco sempre
Fiò, per la cronaca.» Risposi senza esitazione.
«Paul. Carino!» Pigolò lui prendendomi
in giro. «Ha-ha!» Feci una linguaccia e lui rise.
«Depp cosa diventa?» Roger sembrava voler
partecipare attivamente alla conversazione, povera anima.
«Depravato»
Risposi pronta.
«Ma dai!» Sylvia cercava di difendere Johnny.
«Deprimente.»
Aggiunsi, illuminata.
«Fiò..»
«Aspetta, ne ho un altro. Deplorevole! Che ne
pensi?» Sorrisi a trentadue denti.
«Chi disprezza vuol comprare.» Adrian era passato a
supportare la causa di Andrea, a quanto pareva.
«Ma qualcuno che sta dalla mia parte no eh?» Chiesi
disperata.
Sylvia mi guardò combattuta e poi alzò la mano.
«Io. Anche se un po' hanno ragione e voi non volete
ammetterlo.» Concluse diplomatica.
«Mah.» Non sapevo che altro dire.
Johnny poi, non parlava. Se ne stava lì a contemplare la
marmellata con un sorrisino malefico stampato in faccia.
«Ehi Fiò. Perchè non hai il
reggiseno?» Andrea
guardò Adrian, che guardò Sylvia, che
guardò
Roger, il quale aveva osato
parlare.
Poi, tutti insieme, guardarono me. O meglio, guardarono il mio pigiama:
una maglia di Johnny color panna che effettivamente mostrava qualcosa
che non avrebbe dovuto mostrare.
Mollai coltello e nutella e mi alzai di scatto, diretta in bagno.
Sylvia mi seguì.
«Ma vaffanculo. Siete tutti contro di me oggi? Che ci posso
fare se
tutti i panni sono finiti in mare, e l'unico costume che avevo era
bagnato dopo la nuotata di ieri?!» Sbuffai.
«Fiò, calmati! Non è successo niente.
Nessuno l'ha notato.»
«Noooooo..»
«Che vuoi che sia! Credi che Johnny non abbia mai visto un
paio di tette al vento?»
«Le mie non erano al vento.»
«E perciò, di che ti preoccupi?»
«Non lo so.. se la finiste di fare gli stronzi per
appiopparmi a lui sarebbe tutto molto più facile.»
«Okay, ti do ragione. Vado a dirlo agli altri.»
«Possibilmente senza Johnny davanti, thanks.» Lei
annuì e sparì per le scale.
Giustamente, Johnny doveva pur andare da qualche altra parte, e
così lo incrociai nel corridoio.
Incrociai le braccia al petto e lui scosse la testa. «Non si
vedeva
nulla, se ti può consolare. E' Roger che è
malato.»
Feci un cenno col capo e mi girai per andarmene.
«Fiò» Mi sentii chiamare e tornai a
guardarlo.
«Dimmi.»
«Forse ci sono ancora dei panni di Vanessa. Magari un
reggiseno lo
rimediamo.» Disse sorridendo e io non riuscii a trattenermi
dal
ridere.
«Sylviaaa prendi la borsa termica!»
«L'ho presa! Tu hai preso la crema?»
«No! La prende Johnny»
«Johnny già sta fuori, prendila tu!»
«Adriaaaaan tu sei più vicino!»
«Non dare ordini al mio AMORE!»
Insomma, cercavamo di prepararci per andare in spiaggia.
Johnny aveva deciso di portarci in barca dall'altro lato dell'isola,
dove il mare era ancora più bello e di solito si avvistavano
i
delfini.
«I delfini non mordono, vero?» Domandai con
nonchalance guardandomi le dita delle mani.
«E' sempre così paranoica?» Johnny a
Sylvia. Lei
annuì: «Abbastanza. Per il resto però
è a
posto.» Che dolce.
«Vuoi guidare, Paul?» Si rivolse poi a me indicando
il timone.
«Non chiamarmi Paul.» Mi alzai e andai vicino a
lui, che si fece da parte per farmi mettere alla sua postazione.
Afferrai il timone gigante e guardai davanti a me, timorosa.
«Dovevamo per forza prendere il Titanic? Un gommone
no?»
Domandai, riferendomi alla stazza mastodontica della barca.
«Non ci entravamo tutti nel gommone, Einstein.»
Sussultai
quando si mise dietro di me, poggiando la sua testa alla mia.
«Gira appena di qua, che ci sono degli scogli. Tra poco
c'è la punta dell'isola e dobbiamo andare tutto a
destra.»
«Oddio. Ci schianteremo.»
«Ma famo le corna!» Andrea ogni tanto rinsaniva e
poi tornava a tubare con Adrian.
«Rilassati Paul..» Sussurrò Johnny molto
sensualmente a due millimetri dal mio orecchio.
«Ma non ti senti un po' frocio quando mi chiami
Paul?» A Sylvia
scappò una risata che tentò di camuffare con un
colpetto
di tosse, e Johnny mi diede un pizzico sui fianchi.
«Ahia.»
«Gira tutto gira!» Non ci eravamo mica accorti che
stavamo
andando dritto, quindi ci ritrovammo a dover girare il timone come
forsennati.
Al secondo giro io rinunciai e mi coprii gli occhi con le mani.
«Oddio oddio!»
«Non vedo niente, sposta un po' sta selva oscura»
Fece
riferendosi ai miei capelli, che raccolsi in una coda improvvisata.
Riuscimmo a girare senza schiantarci e un dieci minuti dopo stavamo
scendendo dalla Vajoliroja.
«Come stanno Jack e Lily?» Gli chiesi mentre
posavamo gli asciugamani e le borse varie.
«Ottimo argomento,
Fiò. Davvero.» Mi disse Andrea in italiano, e
mancava poco che mi facesse un applauso.
«Ma che vuoi, mi sto informando. Sono educata!»
«Si può sapere che state dicendo?»
Chiesero in coro Adrian e Johnny, guardandoci strane.
«Niente, niente.» Li liquidò con un
gesto della mano e si
stese sull'asciugamano, aprendo il flacone di crema solare.
«Stanno bene comunque, grazie. Hanno passato il mese scorso
quì. Adesso sono in Francia con Vanessa e il suo
compagno»
Feci un sorriso di circostanza e presi a togliermi gli shorts.
Un fischio di approvazione si levò nell'aria e io mi girai
con sguardo assassino.
Cioè, Roger,
tu non solo sei brutto come la morte, ma ti permetti pure di fare il
malato ninfomane con ME?!
Non so cosa mi trattenne dal dirlo.
«Chi viene a fare un bagno?» Adrian e Andrea erano
già pronti per tuffarsi e ci guardavano impazienti.
«Io devo mettermi la crema» Proferii solenne. Non
volevo sentire ragioni.
«Eddaiiii vieni con noiiii» Roger provò
a caricarmi in
spalla e io mi divincolai inorridita e indietreggiai, finendo per
sbattere contro Johnny.
«Lascia stare, Ro'» Mio eroe!
«La prendo io.»
Giuda mi prese per le gambe e mi tirò su
come un sacco di patate, mentre mi dimenavo come una
forsennata.
«Lasciami lasciami lasciamiiiiiiiiiiiiiiiiii!»
Cominciai a
tirargli pugni ovunque sulla schiena -col suo culo perfetto a venti
centimetri dal mio naso- ma lui era già arrivato in acqua.
«Johnny non ti azzardare che-» Troppo tardi.
Cacciai un urlo in si bemolle prima di cadere in acqua e portai Johnny
con me, tirandolo per le braccia.
Riuscii a salirgli sulle spalle e mentre riprendevo fiato lo spinsi
sott'acqua.
«Ma così lo uccidi sciagurata!» Andrea
si avventò
su di me e provò a strozzarmi, così che eravamo
in due su
Johnny, che mandava segnali di SOS ai barracuda.
Adrian prese di peso Andrea e me la tolse di dosso. Sylvia intanto
osservava la scena dal bagnasciuga e faceva il tifo per Johnny.
Quando ebbi quasi esaurito le forze, Johnny smise di muoversi.
«Oddio, l'ho ucciso»
Andrea lanciò un urlo sovrumano e Adrian non
riuscì
più a tenerla. «Per lo Ziooooooooooooo!»
La vidi che
correva verso di me con un braccio alzato, stile battaglia delle
Termopili, e Sylvia si accodò, urlando «Per
Narniaaaaaaaaaaa!»
Si stavano per avventare su di me, quando mi sentii alzare in aria -
Johnny si era alzato - e fui costretta ad aggrapparmi alla sua faccia
per non cadere.
Andrea e Sylvia si fermarono, quasi svenute per la commozione, e poi
Andy urlò: «Non toccargli il naso che ti spezzo le
gambe!»
Alzai le mani in segno di resa e Johnny ne approfittò per
scaraventarmi di nuovo in acqua, stavolta tenendosi a debita distanza.
Quando risalii, dopo aver bevuto settanta litri d'acqua, trovai Andrea
e Sylvia che lo abbracciavano attaccate a lui stile ventosa.
«Ho temuto il peggio. Ero pronta a ucciderla, ma tu.. tu..
ehi, ma non sarai mica un vampiro?»
«Ma quanto sei scema, Andy.» Dissi scuotendo la
testa. Lei si girò verso di me puntandomi il dito contro.
«Tu, disgraziata che non sei altro, lo sai che c'è
una
condanna a morte se danneggi il patrimonio universale dell'UNESCO,
EH?»
Scoppiammo a ridere.
«Ha cominciato Roger, comunque.» Aggiunsi, a titolo
informativo, mentre tornavo al sicuro sulla sabbia.
Lo trovai che si era steso sul mio asciugamano.
«Gesù,
qualcuno lo uccida.» Mormorai al limite dell'esasperazione.
«Mettiti qua, vicino a me» Sylvia stese un altro
asciugamano tra lei e Johnny, tanto per cambiare.
Mi ci buttai sopra -all'asciugamano, non a Johnny- a pancia sotto, con
braccia e gambe stile uomo di vitruvio, cercando un po' di pace.
«Sono stanca morta, accidenti a voi»
«Se non avessi provato a uccidermi, magari..»
«Ma hai sempre da ridire..» Biascicai a occhi
chiusi, godendomi la brezza leggera che conciliava proprio il sonno.
«Fiò, un po' di crema?» Chiese Sylvia e
io mugolai appena.
«Mmh.. lasciatemi dormire un pochino. Dieci
minuti.»
Dormii un po' più di dieci minuti.
Quando mi svegliai, il vento era sparito e mi accorsi che la schiena mi
bruciava in un modo assurdo.
Provai ad alzarmi e mettermi seduta. Sembrava mi avessero messo a
rosolare su un barbecue.
«Potevate avvertirmi che stavo friggendo,
però!» Sbottai scrollando la sabbia
dall'asciugamano.
Nessuno mi rispose.
Mi girai a destra: Sylvia dormiva con la bocca schiusa appena e l'iPod
nelle orecchie -dove l'aveva preso? Boh-.
A sinistra invece c'era Johnny, supino, con un braccio sugli occhi
chiusi e l'altro abbandonato sulla pancia.
Sbuffai. Accanto a Johnny c'era Roger che leggeva un libro dall'aria
noiosa, e ogni tanto mi lanciava occhiate maliziose. Bleah.
«Che fine hanno fatto Andrea e Adrian?» Pronunciare
quei nomi era come dire uno scioglilingua.
Roger scrollò le spalle. «Sono andati a fare una
passeggiata.»
Tradotto: scopano come tori imbizzarriti sugli scogli. Okay, afferrato
il concetto.
Lo sguardo mi cadde sulla crema solare e decisi di metterne un po' per
salvare almeno l'altra metà del mio corpo.
Mi avvicinai a
Joh e gli sollevai il polso per vedere l'ora. Mezzogiorno e
quarantacinque. Proprio il momento ideale
per mettersi al sole!
Notai che stava cominciando a diventare rosso sul petto,
così decisi di mettere la crema anche a lui.
Mi inginocchiai sul suo asciugamano e con un sorriso che mi partiva da
un orecchio e arrivava all'altro presi a stendergli la crema.
Che pelle morbida...
I miei quattro neuroni cominciarono a ballare la samba e a fare il
trenino sculettando a più non posso, mentre le mie mani
accarezzavano per la prima volta quella pelle tanto sconosciuta quanto
invitante.
Risi tra me quando lui mugolò qualcosa nel sonno e non mi
fermai, proseguendo per il torace e poi per l'addome.
Ebbene sì, ci avevo
proprio preso gusto.
Quando arrivai all'elastico del costume lo vidi sorridere. Era sveglio!
Gli diedi uno schiaffo forte sulla pancia e lui si piegò in
due «ahia!», poi scoppiò a ridere.
«Ma fai proprio pena!» Mi girai dall'altra parte,
fingendomi offesa. Lui mi abbracciò
da dietro, tirandomi verso di lui. Mi schioccò un bacio
sulla
guancia.
«Sì, sì, fai pure il
lecchino!» Cercai di divincolarmi, invano.
«Era parecchio rilassante, sei brava con i massaggi»
«Ti stavo solo facendo un piacere. Sai, non volevo finissi
ustionato come la mia schiena, che a proposito brucia da
morire!»
«A casa ricambierò il favore. Ti passo una crema
che fa miracoli, promesso.»
Tu vuoi farmi morire
prematuramente, ammettilo.
Johnny non mollò la presa nemmeno a pregarlo. Quando Sylvia
si
svegliò ci trovò abbracciati, e sorrise sorniona.
Accortasi che i due piccioncini se l'erano filata allegramente, decise
di lasciare campo libero anche a noi e si portò via Roger,
non
so dove.
Che anima pia.
«Ma perchè dobbiamo andarcene, scusa? Non
vog-» Roger
provava a opporsi, ma Sylvia lo spingeva senza sentire ragioni.
«Muoviti, cammina» Replicò categorica.
«Povera, temo per la sua incolumità.»
Mormorai guardandoli allontanarsi.
«Io temo per la mia. Non vorrai provare ad affogarmi di
nuovo, ora che non c'è nessuno?»
«Sì, guarda, lo scopo della mia vita è
ucciderti.
Sono stata ingaggiata dalla CIA e tu sei il loro obiettivo principale,
pensa un po'.»
«Buono a sapersi.»
Che conversazione intellettuale e impegnativa.
«Come stai,
Johnny?» Gli chiesi, dopo qualche istante di silenzio.
Lui aggrottò le sopracciglia, confuso. «Con
Vanessa e tutto il resto, intendo.» Aggiunsi con un sorriso.
Lui ricambiò e alzò le spalle. «Beh,
sono
contento che lei si sia rifatta una vita. Credo sia felice, e sto bene
così.»
«E tu? Sei felice?» Non potei fare a meno di
chiederglielo. La questione mi premeva davvero tanto.
«Per quello che vale, adesso sì.»
«Anche se ho cercato di affogarti?» Sorrisi.
«Anche se hai cercato di affogarmi.» I suoi occhi
incatenarono i
miei, pieni di parole non dette ma che riuscivo a sentire lo stesso.
Quando le nostre labbra seguirono la stessa sorte degli occhi, sentii
che qualcos'altro, qualcosa di più grande si legava
irrimediabilmente a lui e gli sarebbe rimasto dentro, volente o nolente.
Fu un bacio perfetto.
E anche quello dopo. E quello dopo ancora.
Mi fece stendere sull'asciugamano e lui si sistemò su un
fianco, reggendosi sul braccio dove poggiai la testa.
Le nostre labbra si ritrovarono, e con la punta delle dita
cominciò a tracciare lentamente il profilo del mio corpo,
facendomi morire istante dopo istante.
Ero totalmente abbandonata tra le sue mani.
«OMMIODDIOMMIODDIOMMIODDIO! FINALMENTEEEE!» Un urlo
lontano e gridolini di gioia. Andrea.
«Ma vuoi stare zitta, CRETINA?!» Il rumore di uno
schiaffo. Sylvia.
«Ahia! Mi hai fatto m-»
«Shhh!»
Sorrisi, con la sua bocca ancora sulla mia, e lui si
allontanò
appena, guardando indietro verso le due schizzate che si pizzicavano a
vicenda.
«Ecco, brava, hai rovinato il momento! Un applauso ad Andy,
su.» Sbuffò Sylvia venendoci incontro.
Mi tirai su a sedere, sorridendo come un'idiota.
Intorno a me putti svolazzanti lanciavano in aria cuoricini e suonavano
dolci melodie.
«SAFFO!»
«Eh?» Sbattei le palpebre due volte, guardando
Andrea con espressione vacua.
«Se ti decidi a uscire dal mondo dei sogni, magari. Ti stavo
parlando»
«Dimmi.»
«Seh, domani. Vieni un po' con me, ti devo
parlare.» Mi
tirò letteralmente per un braccio, trascinandomi lontano da
Adone, in una conca poco distante. Sylvia ci raggiunse qualche istante
dopo.
«Allora, bacia bene?» Mi chiese tutta elettrizzata
con gli occhi luccicanti.
«E TU MI HAI FATTO VENIRE FIN QUI' PER CHIEDERMI SE BACIA
BENE?!» Il suo collo era molto invitante. Mi pregava, dicendo
"strangolami!".
«E ti sembra poco, scusa?» Replicò lei,
e io guardai
disperatamente Sylvia, che fece spallucce. «Concordo con lei,
stavolta.»
Sbuffai dal naso. Ci pensai un po' su, e un sorriso mi nacque
spontaneo. Intravidi di nuovo qualche putto qua e la.
«Eccome se bacia bene..» Continuavo a sorridere
come una deficiente, col cuore che andava a mille per l'emozione.
«Perciò fatemi tornare da lui, subito!»
Feci due passi in
avanti e poi tornai indietro, a bocca aperta. «E tu?! Non hai
niente da dirmi?»
Andrea assunse un'espressione indifferente e cominciò a
fischiettare, tentando di nascondere un sorriso.
«Avete fatto presto, però. Ha qualche problemino,
il ragazzo?» La provocai sghignazzando.
«Un problemino ce l'avrai tu, sorella!
Tzè» Rispose
indignata. «Voglio proprio vedere se lo Zio ce la fa
ancora»
Aggiunse con una linguaccia.
«Ma stai zitta, mandrillona!»
Ci guardammo malignamente per qualche secondo e poi scoppiammo a ridere.
«Uff, mi manca John..» Mormorò Sylvia
con l'aria di
un cane bastonato che mi fece una tenerezza assurda.
«Beh, c'è sempre Roger.. un pensierino ce lo
farei..» Andrea invece era la solita.
«Ma sparati!» Le diede un leggero spintone, mentre
lei se la rideva.
«Adieu. Torno dal mio amour.» Me ne tornai
sgambettando felice, e trovai Adrian che mi fissava tutto allegro.
Johnny andava avanti e indietro per il bagnasciuga, era al telefono con
qualcuno.
«Sai con chi parla?» Ecco, facevo già la
fidanzata gelosa.
«Roba di lavoro. Un certo Frank.»
«Oh.» Annuii interessata -e sollevata-.
«Perchè
ridi?» Gli chiesi poi leggermente irritata da quel sorrisino
beffardo.
«Perchè gli piaci.»
«Che genio! Wow.. se non me l'avessi detto tu..»
Sylvia si finse
sconvolta e poi alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa.
Adrian la ignorò.
«Me l'ha detto. Cioè, gliel'ho chiesto. Testuali
parole: "sì, mi piace. e non poco."»
SBAM.
Rumore della mascella che si schianta al suolo.
Mi portai una mano sul cuore, che sembrava voler uscire dal petto da un
momento all'altro.
«Cosa sono quelle facce?» Johnny tornò e
si sedette tra me e Adrian, e
io cercai di assumere un'espressione consona a una persona sana di
mente.
«Love is in the air..
la-la-la-lallarallà..» Andrea
fischiettava trattenendo una risata, e tutti ci guardavano sornioni.
Tranne Roger, ovviamente.
«You gotta check into rehab..» Le dissi intonando
le note della
canzone di Rihanna, e lei mi rispose per le rime: «Baby he's your
diseaseeeeeee»
«Siete proprio in-.. oh, che è?» Sentii
una vibrazione sulla
coscia sinistra. Johnny sussultò e tirò fuori
dalla tasca
il cellulare.
Lo vidi guardare sul display e aggrottare le sopracciglia.
«Pronto?» La sua espressione cambiò
almeno dieci
volte in
venti secondi.
Era assurdo quanto fosse espressivo e soprattutto trasparente nel
mostrare le sue emozioni.
«E' per te» Annunciò allungando la mano
verso Sylvia. Le
si illuminarono gli occhi quando sentì la voce di John.
«Amore mio! Sì, sto bene.. tu? Sicuro? Ma sei
proprio..
okay, ti credo. Cosa? COSA? PORC- è vero!»
Gridò
portandosi una mano alla bocca.
La guardammo tutti allarmati, temendo il peggio. «Il
matrimonio di mia cognata! Tra due giorni!»
Alzammo tutti le mani in un gesto eloquente. Ci aspettavamo
chissà cosa!
«Merda, hai ragione. Va bene. A dopo. Anch'io.»
Riattaccò, e si piazzò davanti a Johnny
guardandolo stile
gatto con gli stivali.
«Johnny, luce dei miei occhi, amore della mia vita. Avrei un
favore enormissimo da chiederti.»
«Spara.»
«Potresti dare la posizione esatta dell'isola al mio
fidanzato?
Così mi viene a prendere lui, senza che ti scomodi. Prometto
che
rimarrà tra noi, assolutamente.»
«Certo, Syl. Nessun problema. Tanto se mi vogliono
trovare mi
trovano comunque.» Disse, riferendosi
probabilmente a paparazzi e giornalisti.
«E se solo mettono un piede
sulla mia isola vanno in
prigione.» Aggiunse con un sorriso smagliante.
Feci un'associazione di pensieri pressochè immediata e Sì, arrestami...
fu la
prima cosa che partorì la mia mente malata.
Il pensiero di lui
che mi ammanettava mi sconcentrò parecchio.
«Partirete tutte e tre?» Si informò
Adrian, già
caduto in depressione, mentre stringeva in un abbraccio Andrea.
«NO!» Sbottò Sylvia, scuotendo la testa
come
un'ossessa. «Macchè, voi restate quì!
Non se ne
parla!»
«Ma.. no, è ingiusto..» Provai a
replicare, anche se mi
costò parecchio. La sola idea di dover abbandonare l'isola e
Johnny mi lacerava.
E notare il parolone.
«Ingiusto una sega, Fiò! E' ingiusto che voi
dobbiate
seguirmi come delle carcerate a vita. Ma scherzi?»
Borbottò in
risposta lei puntando il naso per aria.
«E va bene. Joh, speravi di esserti liberato di noi, e invece
no..
sono desolata.» Scherzai passandogli una mano sul braccio.
Ogni scusa è
buona per toccarlo? Sì, esatto. Imparate in
fretta!
«Cercherò di farmene una ragione.»
Rispose con finta aria grave.
«Seh, si sentiva solo come un cane, prima del vostro arrivo.
Ululava disperato nella notte e passava il tempo giocando a carte con i
macachi. Poi è
scesa la manna dal cielo, al secolo conosciuta come Saffo Di Paolo,
e il vecchio Joh è rinato!» Fece Adrian,
ammiccando, e
ricevette un bel pugno da Johnny. Amichevole, s'intende. «Ma
la
vuoi smettere, idiota che non sei altro?»
«Ma è vero!»
«Sì, se vuoi fare un annuncio mondiale a reti
unificate fai
pure eh. Ti chiamo la CNN.» Fece Joh con un tono di voce
talmente
ironico che era impossibile non scoppiare a ridere.
«Secondo me si è offeso perchè gli hai
detto che
è vecchio.» Commentai divertita, ricevendo un
pizzico in
risposta.
«Non ho detto niente di strano. Ma don't worry,
Fiò, ce la fa ancora!» Mi diede una pacca d'incoraggiamento
sulla spalla, guardando Johnny di sottecchi con un ghigno stampato in
faccia. Ovviamente tutti capimmo a cosa si riferiva. Non ci si poteva
sbagliare.
«Eheh! Lo sa lui che ha toccato con mano!» Lo
sfottè
Andrea, e a Sylvia sfuggì un risolino nasale, che
camuffò
abilmente con un colpo di tosse.
Johnny si passò una mano sul viso, probabilmente maledicendo
il
giorno in cui aveva acconsentito a farci rimanere sull'isola.
«Questa
era squallida.» Biascicò Adrian che era diventato
serissimo.
«Sto scherzando, trottolino amoroso du-du da-da-da. Come sei
permaloso.» Sembravano Sandra e Raimondo fatti e finiti.
«Sembra di stare in una sit-com. Stiamo proprio male. Matti
all'ennesima potenza.»
Johnny si sporse verso di me, ammiccando. «Tutti i migliori
sono matti»
John arrivò prima del previsto, per la gioia di Sylvia. Le
mancava troppo. Per lei era essenziale come l'aria, e nessun Johnny
Depp avrebbe potuto mai sostituirlo.
Lo convincemmo a restare a
pranzo. Organizzammo una braciata e ci divertimmo tantissimo. John
legava subito con tutti, aveva un carattere stupendo.
L'unico che non gradì la sua presenza fu Roger. Aveva
frainteso il comportamento di Sylvia e pensava che lei avesse un certo
interesse per lui.
Povero.
Quando si trovò John davanti sbiancò e
sembrò sul punto di piangere. «Che isola di
merda» Disse, e andò ad affogare la sua
disperazione nelle salsicce.
Arrivò anche per
loro il momento di partire.
«Ciao amourrrrrrrr! Fai buon viaggio e buon matrimonio!
Chiamami appena arrivi, capito?!»
«Certo darling! Ohhh, già mi mancateeee»
«Anche tuuuuuuu»
Dopo smancerie e piagnistei vari -che manco due fidanzati-, la vedemmo
allontanarsi sulla barca con John.
Li salutammo finchè non divennero un puntino microscopico
perso nell'orizzonte.
«Speriamo vada tutto bene.» Mormorai agitata, e
Johnny mi
strinse per rassicurarmi. «Non ti preoccupare.»
«Se ci penso mi sale l'ansia a palla.»
«E allora non pensarci.» Rispose lui semplicemente.
Io lo
guardai scettica, e lui sogghignò appena. «Ti
terrò
occupata io.»
Era sera, e come al solito ero con Andrea sulla spiaggia, per la nostra
chiacchierata notturna.
«Sai, credo proprio che Johnny sia pronto a sancire l'accordo.»
Incalzò lei, ammiccando. Alzai un sopracciglio.
«Che accordo?»
«Dio, Fiò. Hai presente Chuck Bass? La frase che
dice a
Nate? Ti dice niente?» Mi schioccò le dita davanti
agli occhi
e io sbattei le palpebre.
«Ah!» Esclamai, ricordando. Poi deglutii
terrorizzata. «Oh,
merda. Non so se sono pronta.»
«Come non sei pronta?! Ma se ieri sera stavi sclerata al
massimo
che volevi sbattertelo sul tappeto!» Mi ricordò e
io risi.
«Sì, ma mancano ancora quattro giorni alla nostra
partenza. Non sarebbe meglio farlo la sera prima così non mi
faccio inutili complessi se non dovesse piacergli?»
«Ma perchè devi privarti della
possibilità di farti
Johnny Depp la mattina, il pomeriggio e pure la sera? Per non parlare
della notte, il tutto moltiplicato per quattro!»
Scherzò
esagerata come al solito.
Io non risposi. Lei mi afferrò per le spalle e mi scosse un
paio
di volte. «Dai, non ti fare le pippe mentali! Ma ti sei
vista, quanto sei bella? Di certo non può chiedere di
meglio!»
«Eh, come no.»
«Ti fracasserei il cranio contro quello scoglio, se non ti
volessi così bene. Anzi no, lo faccio e basta.»
Sbuffai affranta.
«Scava dentro di te, nel profondo, e vedrai che
lo vuoi anche tu» Disse solenne unendo le mani alla Dalai
Lama in
piena meditazione karmica.
«Uh, guarda un po' chi sta arrivando..»
Gongolò dandomi
di gomito. Mi voltai e lo vidi, che avanzava lentamente accendendosi
una sigaretta.
«Non ti azzardare ad andartene che ti uccido»
Mormorai a denti
stretti. Lei poteva mai starmi a sentire? Certo che no!
Salutò Johnny con una leggera pacca sulla spalla e gli disse
qualcosa che non riuscii a sentire. Ridacchiarono, poi lei
tornò
in casa.
Si voltò un'unica volta per guardarmi e io le lanciai
un'occhiataccia.
Avrei potuto sputare fuoco e fiamme tanto ero furiosa, ma non era il
caso.
«Sylvia ha
chiamato?» Mi domandò alzando appena la testa per
soffiare
via il fumo. Mi costrinsi a distogliere lo sguardo dal suo collo.
«Sì.
Apparentemente solo noi ci abbiamo messo quasi tre giorni per arrivare
quì, mentre loro sono arrivati in si e no dodici
ore»
Lui rise piano. Quel suo giggle
che adoro tanto.
«Qualche
giorno ti insegnerò a leggere le carte nautiche, usare una
bussola, pilotare una barca e orientarsi con le stelle.»
Uh, per tutte queste
cose ci vuole un sacco di tempo, no? L'idea non mi
dispiaceva per niente.
«Sarò tutta orecchie, Capitan Findus»
«Chi è Capitan Findus?»
«E' un tipo della pubblicità dei bastoncini di
pesce. Non puoi capire.»
«Certe cose esistono solo in Italia.» Disse
scuotendo la testa e io gli diedi uno schiaffo sul braccio.
«Idiota. La Findus è nata in Svezia ed
è presente anche in Inghilterra»
«Vedo che sei parecchio informata sull'argomento.»
«Sì, ho preso una laurea in multinazionali leader nella
distribuzione di surgelati»
«Interessante.»
Ci guardammo per un secondo e scoppiammo a ridere. Per un istante
pensai a Vanessa.
Tutto quello che aveva detto di Johnny era vero. Con lui potevi parlare
di tutto, dal meteo ai surgelati. Non ti accorgevi di stare con una
delle persone più famose al mondo.
«AH, SI!»
Un urlo strozzato si librò nell'aria. Urlo femminile, per la
precisione.
Ci voltammo entrambi verso la casa. Sfortunatamente la camera di Adrian
dava proprio sulla spiaggia, e nonostante la luce fioca riuscivamo a
vedere delle ombre che si muovevano in un modo piuttosto eloquente.
«Non hanno perso tempo» Dissi scioccata. Un attimo
prima Andrea era accanto a me, e ora..
«Avranno
approfittato della casa vuota.» Rispose Joh con aria
da
esperto, dopo aver tirato l'ultima boccata dalla sigaretta.
«Non avevi detto che avresti smesso?»
Mi guardò contrito.
«E' vero. In realtà avevo smesso. Ho ripreso dopo
la.. dopo tutto il casino con Vanessa»
Motivo numero duemilanovantanove per odiarla. Se arrivi a tremila vinci una
bambolina!
Dalla camera, intanto, arrivavano ancora sospiri e gemiti e..
vabbè, non c'è bisogno di elencare tutto.
«La prossima volta dille di chiudere la finestra»
«La prossima volta usano di nuovo gli scogli.»
Replicai inflessibile.
«Ohhh, ora non possiamo entrare in casa perchè ci
sono loro. Ti sembra normale?»
Lui fece spallucce. «Io farei lo stesso.»
Mormorò, e poi mi guardò.
E' ufficiale. Ti odio.
Tu e le tue fottutissime frasi ambigue!
Aspettammo la conclusione dell'amplesso e
tornammo in casa. Johnny mi aiutò a preparare il letto e
insieme
salimmo di sopra per andare in bagno a lavarci i denti.
Incontrammo i due piccioncini in corridoio, tutti svestiti e sudati,
probabilmente avevano bisogno di una doccia.
«Santo cielo, copritevi!» Sbottai disgustata. Beh, per
Adrian potevo anche fare un'eccezione...
«Scusa, scusa! Ce ne andiamo» Entrarono nel bagno e
Andrea chiuse la porta. Poi la riaprì.
«Comunque,
sappiate che domani vado a cercare il mio fiore.»
Proferì
solenne, con la sua solita mania di protagonismo.
«Verremo con te.» Suggerii, e i due uomini di casa
Depp si accodarono.
Ho la sensazione che ne
vedremo delle belle.
Per l'appunto, il giorno dopo...
«Fiò? Che hai? Ti vedo.. spaventata»
Adrian voleva morire. Era certo. Se la rideva mentre io attraversavo la
giungla col cuore in gola e la pelle d'oca. Il fatto che vedessi Lost ogni settimana
sicuramente non aiutava.
«Come fate a stare con gli shorts voi due? Santo cielo, io
faccio
un salto di tre metri a ogni filo d'erba che mi sfiora»
Eravamo,
come si è capito, in una foresta. Era nella parte sinistra
nell'isola,
dove non avevano costruito nulla, per non danneggiare ulteriormente
l'ambiente. Andrea era assolutamente euforica.
«La
troverò. Me lo sento.» Ripeteva ogni due secondi
come un
mantra, come se dirlo in continuazione servisse a qualcosa.
Ovviamente ero la più lenta del gruppo.
Grazie
a me in due ore avevamo percorso si e no dieci chilometri. Ne avremmo
potuti percorrere almeno quindici, se fossi stata meno paranoica.
Ma non era colpa mia. Era la foresta che emetteva strani rumori.
Quasi quasi mi aspettavo che uscisse il fumo nero da qualche parte, o
un orso polare, o qualcuno che ci tendesse un'imboscata.
Niente di tutto ciò accadde.
Decisamente, vedere Lost
non è consigliato a chi deve intraprendere un viaggio in una
foresta.
«E' quasi notte. Non dite che dovremmo accamparci?»
Domandò Johnny passandosi una mano sulla fronte.
Non dite che dovremmo
tornare a casa?
Lo dissi ad alta voce, ovviamente, scatenando l'ira di Andrea.
«MANONSENEPARLAPROPRIO! Riconosco l'ambiente, stiamo per
trovarlo!»
Sì, come no.
«Lo Zio Joh ha ragione. Accampiamoci.»
Andrea
era il Grande Capo della missione e tutti dovevano obbedirle. Secondo
lei. Ma dico, un po' di orgoglio maschile!
Dio,
l'ultima cosa che volevo era campeggiare in una giungla schifosa piena
di animali.. macheschifo! Perchè ero voluta andare con loro?
Perchè?
Qualcuno me lo ricordi.
Perchè c'era
Johnny.
Ah, già.
Avevamo portato due tende, e almeno non avevamo dovuto
montarle. Erano del tipo che le lanci in aria e si aprono da sole. Una
figata.
«Io dormo con Adrian.»
«Proprio no, Andrea!
Già bastano le cicale a fare rumore, non c'è
bisogno pure di voi due» Voglio. Andare. A. Casa.
«Non faremo rumore.»
«Ssst, come no.»
Secondo voi mi sta a sentire? Bravi!
«Giuro che al primo rumore sospetto entro nella tenda e vi
bastono» Fui convincente, credo, nella mia isteria.
Li vidi chiudere la zip e sparire nel tessuto acrilico.
Bene, io ora dormo
con... AAHH!
Mi ero appena resa conto che se Andrea dormiva con Adrian, e le tende
erano due... porco spino.
Entrai nella tenda e mi sbrigai a chiuderla, sperando che nessuna
bestiolina avesse avuto il tempo di infiltrarsi.
Mi voltai di scatto e finii appiccicata a Johnny. Era minuscola!
«Ma sei sicuro che ci entriamo tutti e due?»
Lui si guardò intorno, e annuì poco convinto.
Già mi mancava l'aria!
Mi stesi, coprendomi con un telo blu. Voglio un letto e un cuscino!
Non
dovevo pensare che eravamo in una tenda, nel bel mezzo della giungla,
con chissà quali animali fuori e forse dentro, e Johnny che
dormiva
spiaccicato dietro di me. No, non dovevo pensarci.
«Hai paura?»
No, sono completamente a mio agio! La foresta e gli scarafaggi sono il
mio habitat naturale! «E' una domanda
retorica?» Lui ridacchiò.
«Ma dai, ci sono io!» Disse, e mi
abbracciò da dietro. Quando fece
combaciare la mia schiena col suo petto il mio cuore
triplicò i suoi
battiti. Praticamente sarei morta entro pochi secondi.
Sentii un soffio delicato sul collo e rabbrividii. Lui sorrise contro
la mia spalla e vi posò un bacio.
«Rilassati» Sì,
rilassati un corno! Togli subito quelle mani dai miei fianchi, e
smettila di passarci sopra la punta delle dita, che...
Non avevo nemmeno la forza di pensare. Avrei voluto dirgli di
smetterla, ma era come se avessi perso l'uso della lingua.
Inaspettatamente, sentii i muscoli rilassarsi, e presi a respirare a un
ritmo più accettabile. Bene,
Jasper dei miei stivali, ora puoi anche finirla.
Non seppi mai quando finì. Mi addormentai all'istante.
«Sveglia,
belli addormentati, è una bella giornata di sole e dobbiamo
sbrigarci se non vogliamo finire arrostiti come al mare!»
Andrea Sangiorgi, io ti
detesto.
«Azz, e poi eravamo noi a fare rumore!» Rise quando
aprì la tenda, scoprendoci abbracciati.
«Senti, lo spazio era poco e faceva freddo, non ti ci mettere
pure tu» Grugnii alzandomi.
«Se il buongiorno si vede dal mattino...»
Mormorò Adrian, scuotendo la testa. Le ultime parole famose.
Stavamo camminando in direzione nord-est, secondo la bussola di Johnny,
quando Andrea mi incitò ad accelerare il passo.
A
quel punto, era la terza volta in dieci minuti che me lo chiedeva, e mi
ero stufata. Raccolsi tutte le forze e mi diressi spedita davanti a
loro, superandoli.
Mi
stupii delle falcate da gigante e di quanto
veloce stessi andando, e quando mi girai per vedere di quanto li avevo
superati notai che erano a una decina di metri da me. Mi voltai, e...
SBENG!
Dritta dritta contro un albero.
Caddi
a terra come un sacco di patate massaggiandomi la fronte. I tre mi
raggiunsero e il primo che vidi fu Johnny, che rideva come un pazzo.
«DAMMI UNA MANO INVECE DI
RIDERE COME UNA SCIMMIA!» Sbottai isterica e
dolorante.
Lui mi tese una mano e mi aiutò ad alzarmi.
«Stai bene?»
«Una meraviglia guarda.» Notare il tono sarcastico.
Mi bruciava la fronte.
Notai che Johnny fissava le mie sopracciglia. «Che
c'è?»
«Ti sei tagliata»
Bene! Niente
più? Ahia, la gamba!
Abbassai
lo sguardo e vidi il ginocchio sanguinante. Una serie di imprecazioni
mi imploravano di essere urlate a squarciagola, ma riuscii a
trattenermi.
Adrian porse a Johnny una valigetta del Pronto Soccorso. Pure infermiere era?
Notò l'espressione diffidente e mi rassicurò.
«Non sai quante volte mi
sono tagliato io. E' una sciocchezza» Inorridii vedendo che
prendeva
ago e filo e pensai di non aver lasciato nemmeno un testamento.
«Ecco fatto» Cosa?
Già?! Non avevo nemmeno avuto il tempo di
pensare al dolore.
«Oh.»
Commentai, senza riuscire a dire altro. Oltretutto, era a un palmo dal
mio naso e non riuscivo a respirare normalmente.
«Vediamo la gamba» Mi fece sedere su una roccia e
si inginocchiò
davanti a me. Passò acqua ossigenata, mercurio e non so
cos'altro,
perchè chiusi gli occhi per il bruciore, e poi mi mise un
cerotto
enorme. Nell'esaminare il resto della gamba, saliva sempre di
più con
la mano, sotto il pantalone, con un'espressione indifferente. Gli tirai
un calcio e lui rise.
«Avete finito di giocare al dottore?» Io la ucciderò. L'ho
già detto? Beh, lo ripeto.
Ripartimmo, io malferma ma col supporto di Johnny e loro due davanti
che perlustravano il terreno.
A un certo punto, proprio quando stavo per cacciare un urlo dalla
disperazione, Andrea esclamò:
«L'HO TROVATOOOOOOO!»
Si buttò a terra stile calciatore dopo un goal, e ci mancava
solo che si sollevasse la maglia e se la portasse sopra la testa.
Allungai il collo per vedere questa dannata Barbella e per la prima
volta le diedi ragione. Era un fiore bellissimo.
Finalmente. F i n a l m e n t e.
A momenti svenivo dal sollievo.
Il ritorno a casa fu più facile del previsto, anche se alla
fine sembravamo quattro superstiti di guerra.
La
giornata era iniziata male e ovviamente la sfiga non aveva ancora avuto
fine, perchè a due passi dalla villa mi accorsi di aver
perso il mio
adorato bracciale d'oro bianco. Lo avevo da anni, c'era il mio nome
sopra ed era l'unica cosa che mi restava dei miei amati nonni.
«Devo tornare indietro» Mio malgrado, avrei
affrontato anche uno yeti pur di recuperarlo.
«Vengo con te» Johnny si offrì di
accompagnarmi. Andrea e Adrian mi guardarono titubanti.
«Voi andate pure a festeggiare.» Li congedai con un
sorriso e tornai a guardare Joh.
«Non sei obbligato. Dai, sarai stanco»
«Non ti lascio mica da sola nella foresta, sei pazza?
Considerati i
precedenti...» Indicò il taglietto sulla fronte
con un cenno del capo.
«E va bene. Andiamo.» Sospirai e ci avviammo nella
selva.
«Quando caspita può essermi caduto?»
«Forse quando ti sei arrampicata sull'albero»
Sì, in un eccesso di zelo alla Indiana Jones.
«Giusto. Ehm.. tu ricordi qualcosa dell'albero?» Lo
guardai e lui storse la bocca.
«No. Però era prima che ti facessi male, no? Se
troviamo la roccia dobbiamo tornare indietro.»
«Okay.
Proviamo.» Trovammo la roccia un'ora dopo, circa, e
fortunatamente riuscimmo a distinguere l'albero. C'erano le impronte
delle mie scarpe tutt'intorno.
Setacciammo il terreno in lungo e in largo, e decisi di salire di
nuovo, con tutto il ginocchio incerottato.
«Eccolo,
eccolo! Vedo una cosa che luccica» Strinsi gli occhi e
allungai
un braccio verso il ramo alla mia sinistra. Lo sfiorai ma stavo per
perdere l'equilibrio, così mi ci aggrappai con forza e lo
feci
cadere. Il ramo, intendo.
Non so come non caddi anch'io. Tant'è, riuscii a scendere
sana e salva e Johnny recuperò il bracciale.
«Oh,
menomale.» Sospirai, appoggiandomi all'albero. Che
stanchezza.
Provai a schioccare le dita per teletrasportarmi a casa ma non
funzionò.
Tesi il braccio
verso Johnny e lui mi mise il bracciale. Fu un momento
così..
romantico. Era come stare in un film, al rallentatore, vivere ogni
secondo, ogni sguardo, ogni brivido.. con una di quelle musiche
stupende in sottofondo.
Mi accorsi troppo tardi che ci eravamo avvicinati parecchio, e che
morivo dalla voglia di baciarlo. Quando lui sfiorò le mie
labbra
con le sue, però, mi spostai. Non sapevo perchè.
Mi
maledissi da sola, me e le mie stupide pippe mentali.
«Ahm.. tor-niamo a casa.» Balbettai incerta,
defilandomi.
Dio, come si
può essere così coglioni?
Per tutto il viaggio non feci altro che pensare a quegli attimi.
Sapete, quando la mente rimugina sulle cose accadute, e tu vorresti
pensare ad altro ma lei torna sempre sugli stessi ricordi, tempestando
i tuoi pensieri di "e se avessi fatto così, se avessi detto
questo?". E' una cosa che odio.
Stavo borbottando qualcosa tra me quando una sfigatissima pietra mi
intralciò il cammino. Johnny era accanto a me e mi
afferrò per la vita prima che mi sfracellassi al suolo per
la seconda volta.
Mi rialzò e trovai nuovamente il suo viso a pochi centimetri
dal mio. Stavolta non mi diede il tempo di realizzare.
Mi passò una mano dietro la nuca e mi attirò a
sè,
baciandomi in un modo quasi violento, possessivo. Le sue mani corsero
sotto la maglia e sospirai forte quando cominciarono ad accarezzarmi la
schiena dolcemente, poi scesero sui fianchi che strinsero con desiderio.
La sua bocca si spostò sul mio collo, lasciando una scia
infuocata e una serie di brividi che mi attraversarono da capo a piedi.
Mi scoprii a
sbottonargli la camicia e a desiderare il calore del suo torace,
attraverso il quale riuscivo a sentire i battiti frenetici del suo
cuore.
«Dio,
quanto ti desidero..» Mi sussurrò all'orecchio
prima di
lambirlo con quella sua bocca perfetta che avrei voluto sentire su ogni
centimetro del mio corpo. Ero eccitata a livelli impensabili.
Sentii il suo torace sul mio seno nello stesso momento in cui la mia
schiena sfiorò la corteccia ruvida dell'albero di prima.
Aveva ritrovato la mia bocca e stava per raggiungere il bordo dei
pantaloni quando mi spostai, di malavoglia, gemendo appena.
Lui mi sorrise e posò la sua fronte contro la mia,
accarezzandomi delicatamente una guancia.
Mi passai la lingua sulle labbra e presi un respiro. «Senza
offesa, ma mi fa un po' schifo farlo contro un albero»
Johnny rise piano e si allontanò, intrecciando le sue mani
alle mie.
«Hai ragione. Siamo ancora degli esseri umani,
dopotutto»
Scoppiammo a ridere e fortunatamente evitammo l'imbarazzo, riprendendo
il cammino verso casa.
Tutto quello che volevo era
una doccia fredda e rigenerante. E un letto. Magari con Johnny dentro.
Ero stanca morta.
«Finalmente siete arrivati! Avete dovuto setacciare l'isola
intera?» Ma
un etto e mezzo di fatti tuoi mai, eh, Andrè?
«Più o meno. Vado a farmi una doccia.
Adieu.» Biascicai e mi trascinai in casa. Destinazione:
bagno.
Andrea mi seguì. «Perchè
lo Zio ha la camicia mezza sbottonata?» Sgranai gli occhi,
vergognandomi come una ladra. Non ci avevo nemmeno fatto caso!
«Ehm, perchè faceva caldo» Azzardai. Era
una buona scusa. Banale, ma plausibile.
«Saffo Di Paolo, guardami.»
Sono brava a mentire quanto una pecora è brava a cucire.
«Che c'è? Okay, stavamo per farlo nella foresta,
contenta?» Sbottai, chiudendo la porta della doccia.
«Uh, alla Kate e Sawyer»
«Già, alla Kate e Sawyer.»
«E.. ehm, perchè "stavate per"?
Siete stati aggrediti da una tigre del Bengala?» Cacciai la
testa fuori dalla doccia e le lanciai un'occhiataccia.
«Ma che schifo, mica mi metto a farlo sull'erba! Ma come
ragioni, idiota?»
«Ragiono
come ragionerebbero tutte le donne del pianeta! Che ti frega se sei su
un letto o alle falde del Kilimangiaro?! E' Johnny Depp, non il primo
brufolo che passa!(*)»
«Senti, lui mi ha dato ragione, quindi taci»
Uscii e mi avvolsi con un telo bianco. Andrea aveva l'espressione di
chi vuole prendersi a testate nel muro.
«Ti ha dato ragione perchè è un
gentleman. Non significa che-»
«Okay, basta! Ormai è fatta e non posso tornare
indietro. E comunque rifarei la stessa cosa.»
«Però stanotte dormite insieme. Non voglio sapere
NULLA. Trovatevi una scusa»
Stavo per replicare ma mi interruppe.
«Ci sono! Do fuoco al divano-letto!»
«Ma che dici, cretina!» Scossi la testa,
imprecando.
E' pazza. E' proprio
pazza.
Fortunatamente, Andrea non si vide costretta ad appiccare il fuoco
perchè Johnny mi invitò a dormire da lui. Di sua
spontanea volontà, eh.
Avevamo appena finito di cenare e stavamo lavando i piatti. Andrea e
Adrian ci avevano deliberatamente lasciati soli -seh, per non fare i
piatti, che credete!- e lui lo disse così, mentre gli
passavo un
bicchiere insaponato.
«Stanotte dormi con me»
Non era propriamente una domanda.
Il bicchiere cadde tra le altre stoviglie, e credo che questa gli
bastò come risposta.
Santa me.
Questo fu quello che pensai rendendomi conto che non avevo nemmeno
l'ombra di un completino vagamente sexy col quale presentarmi da Johnny.
L'unico intimo che possedevo consisteva in un completo bianco
-reggiseno e culotte- di cotone, assolutamente anonimo, che avevo
trovato tra le cose di Vanessa.
Non potevo presentarmi con quello, accidenti.
Guardai l'orologio e pensai che forse avrei potuto frugare ancora, per
trovare un completo decente! Non dico pizzo o raso, ma almeno qualcosa
di nero!
Anche se indossare qualcosa di Vanessa gliel'avrebbe fatta ricordare. O
no?
«Un penny per i tuoi pensieri» Guardai Johnny completamente
stralunata.
«Hai smesso di insaponare l'ultimo piatto
all'improvviso» Spiegò.
«Ehm..» Ripresi a pulire e glielo passai,
sciacquandomi le mani.
Bene, a mali estremi,
estremi rimedi.
«Finisci tu qui? Vado a.. mmm.. prendere il
pigiama» Lui annuì e io sparii di sopra.
Il pigiama stava in salotto, per la cronaca.
Dieci minuti dopo ero nel suo fantastico e morbidissimo letto,
abbracciata a un soffice cuscino. Il paradiso.
Provai a calmarmi pensando a cosa sarebbe accaduto di lì a
poco.
Il cuore si fermò quando Johnny entrò nella
stanza e si
tolse la camicia.
Mi sentii morire quando il materasso si abbassò appena sotto
il suo peso, e le sue gambe trovarono le mie.
Sorrisi, cercando di immaginare che faccia avrebbe fatto una volta
scoperto che.. avevo risolto il problema dell'intimo alla radice.
«Che fine ha fatto il pigiama?» Sorrise malizioso,
attirandomi a sè per i fianchi nudi.
Alzai le spalle, mettendomi a
cavalcioni su di lui. «Beh, avremmo dovuto toglierlo
comunque»
#Brrrr-brrr-brrrrrr#
Hahaha, chiunque tu sia
non pensare che aprirò un solo occhio per risponderti.
#Brrrrrrr-brrrrrrr-brrrrrrrr#
«Eccheppalle»
Allungai un braccio e trovai l'aggeggio vibrante. Che poi era di Johnny, e
poteva essere chiunque.
«Mh?» Risposi, senza nemmeno leggere il nome sul
display.
«Ammmmoreeeee! Come
stai? Mi mancate tantissimo!!» Mi spiace signora, ha sbagliato
numero.
«Syl?»
«No, nonna Caterina.
Certo che sono io, idiota. Stavi dormendo?»
«Seh.»
«Ma sono le dieci
passate! Vabbè. Sorvoliamo.»
«Com'è
andato il matrimonio?» Le chiesi ricordando.
«Dei, non me ne
parlare. Quella str.. bast.. bellissima
cognatina mi ha costretto a mettere un vestito ATROCE. Hai
presente 27 dresses, quello giallo?»
Scoppiai a ridere.
«No, sul serio?»
«Sì!
Proprio un pugno in un occhio! Con tanto di ombrellino, diamine! Volevo
strozzarla»
Stavo rotolando dalle risate,
immaginando la scena.
«Poi però
è andato bene.»
«Menomale»
«Come va sull'isola?
Vorrei capirci qualcosa, visto che Andrea mi manda messaggi
incomprensibili»
Mi passai una mano sul viso, pensando a che genere di messaggi si
riferisse. Johnny si mosse e mi strinse a sè, facendomi
perdere la capacità di parlare per qualche secondo.
«Che tipo di
messaggi?» Riuscii infine a chiedere.
«Ma che ne so, non
mette soggetti, parla in codice. L'ultimo era "L'aereo è
quasi atterrato." Oppure "Ce l'hanno quasi fatta". Me li
spieghi??»
«Mmm.. chi
è?» Mi chiese Johnny, mordicchiandomi una spalla.
Risi appena.
«Sylvia»
«Con chi sei? Sei
con Johnny?!» Non era certo scema. E nemmeno sorda.
«Ehm,
sì.»
«AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH
CHE BELLOOOOO!!» Fui costretta ad allontanare il cellulare di
venti centimetri. Fortunatamente stava parlando in italiano e Johnny
non aveva capito. Spero.
«Stanotte?»
Ecco, ora mi aspettava l'interrogatorio.
Sbuffai e risposi.
«Sì.»
«Quante
volte?»
«SYLVIA!»
Risi incredula, ma manco due ninfomani parlano di queste cose!
«Scusa, è
che sono curiosa! E.. ehm, okay. Allora buon divertimento. Ti chiamo
stasera.»
«Okay. Ci
sent-»
«No, aspetta! Credi
che.. insomma, durerà?» Mi chiese improvvisamente
seria.
Chiusi gli occhi e sentii lo
stomaco stretto in una morsa. «Non lo so»
«Andrà
tutto bene, dai. Goditi questi giorni. Ti voglio bene. Saluta quella
scellerata, e Johnny»
«Certo. Tu saluta
John. Un abbraccio fortissimo!»
Posai il telefono e tornai da Johnny.
«Ti
saluta» Mormorai, baciandolo. E, sapete, un bacio tira
l'altro, e...
«Salve»
«UAAARGH!»
Raccolsi tutto il lenzuolo e mi coprii fin sopra il naso. «Roger, che cacchio
ci fai qui?! MA NON SI BUSSA?!» Johnny era visibilmente
alterato. E visibilmente nudo.
«Ehm, mi manda
Andrea» Rispose quello, tutto imbarazzato.
«E perchè
non è venuta lei, visto che non si è mai fatta
tanti scrupoli a interromperci?» Chiesi, alzando gli occhi al
cielo.
«Perchè,
testuali parole: "se vedo lo Zio nudo non rispondo di me. E poi Saffo
mi uccide."»
«Simpatica.»
Berciai ironica, guardandolo torvo.
«Che vuoi,
comunque?» Sbuffò Joh tirando un po' del lenzuolo
per coprire almeno i gioielli di famiglia. E che gioielli. Uno
scettro...
«Niente. Voleva
chiederti se poteva prendere il gommone per andare in
spiaggia»
Johnny sospirò pesantemente, stava proprio per perdere la
pazienza. Sant'uomo.
Alla fine annuì e
congedammo Roger.
«Potevi
semplicemente dirle di andare a nuoto» Commentai, acida.
«Non ci sarebbe
andata. E non avremmo avuto la casa libera» Rispose lui
ammiccando.
«Perchè,
che intenzioni hai?» Quel sorrisetto sghembo non lo
dimenticherò mai.
Settimo giorno.
La fine dell'avventura.
Ci alzammo all'alba, anche se non avevamo dormito granchè,
quella notte. Sì, per quella
ragione.
Facemmo colazione in silenzio. L'aria della partenza non è
mai felice. Oltretutto eravamo stanchissimi. Voglia di parlare: zero.
Stavamo riordinando, io il
piano di sotto e Andrea e Adrian il piano di sopra. Facevano sempre
tutto insieme, quei due.
«Fiò,
vuoi aiutarmi a portare queste?» Mi chiese Johnny indicando
le valigie.
«Certo»
Presi due borsoni e lo seguii fino alla barca. Un improvviso senso di
angoscia mi investì in pieno.
E' finita. E' davvero
finita.
Guardavo Johnny caricare le valigie a bordo e a tratti mi mancava il
respiro. Mi faceva male guardarlo, e pensare che probabilmente non
l'avrei più rivisto.
Non avevamo affrontato l'argomento. A nessuno dei due -o meglio, dei
quattro- era mai passato per la testa di parlarne ad alta voce.
Sapevo che Andrea era nella mia stessa situazione, più o
meno, ma almeno Adrian non era un attore, non era Johnny Depp! C'erano
tutte le circostanze favorevoli per loro. Lui viveva in un attico a
Manhattan, noi in un appartamento a New York. Era più che
facile continuare, o meglio, iniziare la loro storia.
Per me no.
Era così.. un casino. E la cosa peggiore era pensare che
l'avrei incontrato spesso comunque, visto che la mia migliore amica
frequentava suo cugino.
Sbuffai, affranta.
Vabbè, meglio avventura di una settimana che niente. Almeno
avevo condiviso qualcosa con lui, e non mi riferisco semplicemente al
sesso.
Era stata la settimana più bella della mia vita, di sicuro.
L'avrei portata nel cuore per sempre.
Mi costrinsi a pensare positivo, durante il viaggio.
Johnny aveva lasciato il comando a un tizio vestito di rosso e ce ne
stavamo sdraiati a prua,
su una specie di divani azzurri -una cosa DIVINA-, abbracciati.
«Potrei viverci su
questo yacht» La buttai lì, accoccolandomi di
più a lui. Yacht, poi. Miniatura del Titanic sarebbe
più appropriato.
Davvero avrei potuto viverci. Non mancava niente. Degli interni
favolosi che manco la regina Maria Antonietta, un televisore enorme e
una lista infinita di Dvd, accesso Wi-Fi, per non parlare della vasca
idromassaggio del bagno...
«Sai, pensavo di
cambiare il colore delle poltrone. L'ha scelto Vanessa e non mi
è mai piaciuto. Potremmo prenderle panna. E cambiare quelle
tende oscene nella camera degli ospiti. Facciamo in tinta, o magari
dorato.» Disse all'improvviso tutto disinvolto.
Mi mancò l'aria.
Aveva detto potremmo,
o avevo sentito male? Potremmo
chi? Lui e..? Oddio.
Questo poteva significare che...
«Mmh..»
Non sapevo che dire! Avevo troppi pensieri per la testa. L'imbarazzo
era palpabile e il cuore mi batteva all'impazzata.
«Tu.. tu sei
arredatrice d'interni, no? Che proponi?» Proseguì
impacciato.
Un brivido mi attraversò la schiena, vertebra per vertebra.
Certo, aveva semplicemente chiesto la mia opinione, in
qualità di arredatrice. Era il mio lavoro e non c'entrava
nulla con la nostra storia.
Un sorriso amareggiato mi increspò le labbra.
«Panna è
perfetto.» Replicai atona e mi alzai.
Dovevo parlare con qualcuno. Sylvia.
«Pronto?»
Cinguettò lei allegra.
«Penso che mi
lascerò affogare»
«Che
succede?»
«Niente. E' quello
il punto. Non succede una mazza di niente. Ci comportiamo normalmente,
come se il nostro idillio non dovesse finire mai, ma la
realtà è che tra qualche ora saremo a New
York!» Sbottai. Avevo voglia di piangere.
«Oh, tesoro! Questi
sono i momenti in cui odio non esserti vicina. Sfogati, hon'.»
Cinque minuti e un bel pianto dopo, le raccontai della frase al plurale
di poco prima e lei sospirò.
«Senti. Lo so che
è una frase fatta, ma sono sicura che andrà tutto
bene. Davvero. Comunque vada, è stata una settimana
meravigliosa. La ricorderemo per tutta la vita.»
«Già»
«Ehi, non potresti
mandarci Adrian a parlare? Fallo indagare un po', che ne so. Potresti
sapere qualcosa in più»
L'idea non
era male, ma sinceramente non ero pronta ad alcun tipo di rivelazione. Glielo dissi.
«Ti capisco. Beh,
chiamami quando arrivate. Ti voglio bene, e cerca di non angosciarti
troppo»
Il Vajoliroja arrivò troppo presto al porto di New York.
Radunammo le valigie sul ponte e ci preparammo a scendere.
«Come
stai?» Mi bisbigliò Andrea, guardandomi
preoccupata. Risposi con un'alzata di spalle.
«Come vuoi che stia»
Notai che teneva per mano Adrian. Sorrisi. Almeno loro sarebbero stati
felici, insieme.
Johnny arrivò alla mia destra con le ultime cose. Non
avevamo parlato dall'ultima conversazione sui divani blu.
«Bene, è
arrivato il momento di salutarci» Incalzò Adrian.
Volevo morire, piuttosto.
Prima lui, poi Andrea. Toccava a me.
Non osavo alzare lo sguardo. Guardavo tutto tranne i suoi occhi.
Poi, un dito mi si posò sotto il mento e mi costrinse a
incrociarli.
Feci un sorriso di circostanza, per non destare sospetti. In
realtà stavo morendo, attimo dopo attimo.
Mi schiarii la voce e mi
decisi a parlare. «Beh, ci.. vediamo. Grazie di
tutto»
Senza lasciargli il tempo di replicare, mi alzai appena sulle punte e
gli diedi un bacio sulla guancia.
Un passo dopo l'altro arrivai
sul pontile del porto.
Non guardare indietro,
non guardare indietro, non...
«Fiò!» Mi bloccai sul posto, col cuore
in gola. Mi aveva chiamato.
Mi voltai e lo vidi venirmi incontro, aveva qualcosa in mano.
Il mio braccialetto. Si era rotto e dovevo averlo dimenticato sul ponte.
Sospirai. «Dovrei
farlo aggiustare» Dissi, più a me stessa che a
lui. Lo presi e lo misi in tasca.
«Io-io conosco un
negozio che potrebbe fare un bel lavoro, potremmo andare
lì» Disse velocemente, quando stavo per girarmi.
Stavolta non riuscii a
trattenermi. «Potremmo?»
Lui sorrise.
«Certo.» Io lo guardai confusa.
«Credevi davvero che ti avrei lasciata andare
così?»
Non
risposi. Johnny rise, prendendo il mio viso tra le mani.
«Neanche per sogno»
Ehm, salve.
Rieccomi con questa nuova
shot su sua Figheria Reale Johnny Depp.
Ci ho messo un sacco di
tempo a scriverla però ce l'ho fatta! Fosse stato per me
sarebbe rimasta nella cartella delle fic per parecchio tempo, ma il mio
ammmore Rak mi ha obbligata a finirla oggi XD
Che dire ancora.
Spero vi piaccia! Mi sono divertita troppo scrivendola. Le due
personaggeH sono (molto) ispirate alle due pazze Fede e Rak (ovvero
Princesseelisil e Christine_, sicuramente le conoscete.. e se non le
conoscete dovreste assolutamente ù_ù)
Saffo è ispirata a me myself, come tutte le mie
protagoniste. Ormai vi siete fatte un'idea di me. Spero buona, in fondo
XD
Sempre about le mie splendiderrime personagge, GRAZIE,
tesori miei <3
Mi hanno aiutato proprio tanto, e questa fic è tutta per
voi.
Non so se riuscirò mai a dimostrarvi quanto vi voglio bbbene
(L)
Bon. Spazio smancerie terminato XD
Ah. (*) La
cosa del brufolo è di proprietà di SomethingSpecial, che una volta c'era su Efp ma
non riesco a trovare il profilo °-°
Vi lascio, credo.
Prometto solennemente alle lettrici di Wonderwall che
tornerò presto, sisi.
Lasciatemi un commentino, se vi va.
Un abbraccio,
Sara.
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