Capitolo 8
CAPITOLO 8
Oscar aveva parlato senza alzare lo sguardo dal ripiano del rozzo
tavolo in legno che troneggiava al centro della camerata; sulla sua
spalla, ferma e rassicurante, stava la mano di André, da adesso
in poi il suo compagno, in piedi dietro di lei che, come faceva da una
vita, l’approvava e la sosteneva.
Quando finalmente si decise a sollevare lo sguardo, quello che vide non
la stupì affatto: visi sorridenti, luminosi, pieni di speranza
ed ammirazione erano dipinti sulle facce dei suoi uomini.
Nel muto stupore, l’entusiasmo era tale da non riuscire a venire
fuori per mezzo di semplici parole, e nessuno riusciva a rompere il
silenzio.
Come al solito, a farlo pensò Alain.
“Me l’aspettavo da voi, comandante!” disse, balzando
in piedi “Una persona così leale non poteva continuare a
fare il cane dei nobili!”; ma subito dopo corresse il suo
sproposito, ricordandosi che Oscar era nobile di nascita “Oh,
scusate!!”.
Lei sorrise “Non preoccuparti, ti comprendo benissimo. Ed hai
ragione: i privilegi nobiliari vanno abbattuti una volta per tutte! Per
questo, io ed André andremo ad unirci al popolo in rivolta, come
certamente farete anche voi”,
“Naturale! Solo… chi dice che dobbiamo farlo separatamente?”,
“Che vuoi dire, Alain?”,
“Voi siete stata fino a mezz’ora fa il nostro comandante, e
pure un ottimo comandante; perché volete smettere di
esserlo?”,
“Giusto!” gridò qualcuno dal fondo della camerata
“Continuate a guidarci, guidateci voi contro i nobili dalla parte
del popolo!”,
“E’ vero!” si unì un altro “Siete
coraggiosa, e sapete tenere bene il comando. Da soli, saremmo sbandati,
ma con voi alla nostra testa saremo una forza invincibile!”,
“Viva il comandante!!” si unirono altri.
“Ma…” Oscar restò perplessa,
“Non puoi deluderli” intervenne il saggio come sempre
André “dicono il vero, da soli sarebbero sbandati; invece,
con te saremmo un piccolo esercito, e potremmo anche organizzare il
popolo: non dimenticare che si combatte contro guarnigioni ben armate e
addestrate”.
Oscar capì che, ancora una volta, la pacata saggezza del suo uomo aveva visto lontano.
“Va bene” disse.
Un urlo di gioia si diffuse per tutta la camerata.
“Adesso siamo pronti” la voce di Alain ristabilì un
po’ d’ordine “però, prima, vi siete
dimenticati una cosa, zoticoni: dobbiamo far gli auguri a questa
bellissima coppia, la più bella che la Francia abbia mai
vista!”, disse strizzando loro l’occhio.
In pochi istanti, tutti i soldati si diedero ad abbracciare ora Oscar,
ora André, rinforzando gli auguri con vigorose pacche sulle
spalle.
Erano felici.
Erano felici.
Avevano scelto la loro strada.
Quel giorno avrebbero combattuto per
la libertà e la giustizia. Quel giorno si sarebbero battuti a
fianco del popolo oppresso in rivolta.
Mentre camminavano in mezzo ad una
moltitudine di contadini, artigiani e poveri armati in modo
improvvisato di spade ed entusiasmo, Iram e Derania erano convinti
della loro scelta.
Era inutile abbandonare Atlantide, se
laggiù i loro parenti, familiari ed amici avrebbero continuato a
soffrire, schiavi degli oppressori: bisognava abbattere la tirannia,
perché questo veniva prima di tutto.
Anche prima della propria felicità personale.
Cosa avrebbero raccontato, un giorno, ai loro nipoti, dicendo che erano fuggiti abbandonando i loro cari ad un destino crudele?
Non era possibile. Dovevano rimanere. E combattere.
Lo squadrone uscì dalla caserma al galoppo, diretto verso
Parigi; alla testa c’era una Oscar fiera e piena di coraggio, ma
con in più gli occhi colmi di una luce nuova, quella luce che
solo due occhi profondamente innamorati sanno avere.
Dalla prima fila, a fianco di Alain, André la guardava pieno d’amore ed orgoglio: la sua Oscar.
Sua, come l’aveva sempre amata, per quel suo fuoco così
forte ed inconsapevolmente femminile… quel damerino Svedese non
era stato in grado di comprendere quanta bellezza e femminilità
ci fosse in quel fuoco!
Nessuno ne sarebbe stato in grado: solo lui vi era riuscito. Ed era per
questa ragione che solo lui poteva essere l’amore di Oscar. Il
suo uomo.
Giunsero a Parigi quando era sorta da poco un’altra mattina di
resistenza: dappertutto, gente in armi, uomini con zappe e picche,
donne che imbracciavano forconi, perfino bambini armati di bastoni
rudimentali. Ovunque, barricate improvvisate, fatte con mobili presi
dalle case, ruote di carri, attrezzi da fabbro, da contadino: tutto
quanto potesse servire al combattimento ed alla difesa, veniva portato
in strada.
Qualcuno stava anche distribuendo casse di fucili e munizioni,
procurate il giorno precedente dall’assalto del Palazzo degli
Invalidi.
Il reggimento di Oscar venne immediatamente fermato da una folla
minacciosa e armata, che li credeva al servizio del re; ma Oscar,
coraggiosamente, non si lasciò intimorire e, fermato il cavallo,
scese in mezzo a loro per parlare.
“Ascoltatemi, popolo! Ascoltatemi tutti!”. La folla le si fece intorno, vicinissima.
“Io ed i miei soldati abbiamo deciso di unirci a voi nella lotta
alla tirannia. Abbiamo deciso di lasciare tutto, per seguire la giusta
causa!”.
Tra la folla serpeggiava il sospetto.
“E perché dovremmo credere ad un nobile?” gridò qualcuno dal fondo; Oscar abbassò gli occhi.
“E’ vero, io sono nobile…”.
Diverse canne di fucili le vennero puntate contro.
Rialzò gli occhi.
“… Ma i miei uomini non lo sono! Essi sono figli del
popolo, come voi!! Ed è a loro che dovete credere: a loro che
stanno rischiando la corte marziale per combattere accanto ai loro
amici e parenti questa lotta giusta!”.
“Io ti credo, Oscar”, una voce giunse dal fondo della
piazza; Oscar rimase senza parole. Era Bernard, insieme a Rosalie.
I due si fecero largo tra la folla, fino a raggiungere Oscar ed a
stringerle la mano con calore; Rosalie l’abbracciò anche.
“Bernard Chatelet, amico di Robespierre e Saint-Just… se
gli crede lui, ci possiamo fidare…”, voci ed umori confusi
serpeggiavano tra la folla, per sciogliersi presto in una dimostrazione
di aperta fiducia.
Gli insorti si avvicinarono ai soldati, stringendo loro le mani e
dimostrando affetto e cameratismo; il cuore di Oscar si riempì
di felicità autentica.
Il gruppo degli insorti si era
ingrandito lungo il cammino, fino a divenire una vera e propria folla
davanti al palazzo dei sacerdoti; iniziarono a tentare di sfondarne
l’ingresso con un ariete di legno, mentre venivano scagliate
frecce, a cui gli assediati rispondevano con bombe di pece infuocata.
Derania e Iram non si tiravano
indietro: lei scagliava frecce e sassi, mentre lui e Varan
partecipavano allo sfondamento della porta. La furia del popolo, dopo
secoli di oppressione, stava scoppiando.
“Avanti, avanti! Sta per cedere!”, incitava Varan.
I soldati del tempio si stavano
scontrando con le ultime file della folla; dappertutto, era un
turbinìo di polvere insanguinata, grida, un cozzare di armi; i
caduti erano parecchi da ambo le parti.
La colonna di soldati al galoppo procedeva come un rullo compressore,
travolgendo qualunque cosa si trovasse sulla sua strada; alla guida,
c’era Oscar.
Avevano già sbaragliato due reggimenti di soldati, attaccandone
uno posteriormente e l’altro dal fianco, di sorpresa; sebbene i
nemici fossero in numero superiore, non avevano potuto opporre
resistenza a quegli attacchi fulminei.
Si trovavano adesso in una piazza, dove si stava svolgendo un altro
furioso combattimento; Oscar menava poderosi fendenti con la sua spada,
mentre Alain e gli altri sparavano in mezzo al mucchio, facendo cadere
gruppi di uomini come mazzetti di erba secca.
André stava battendosi contro un soldato molto violento, che
aveva picchiato un vecchio inerme sotto gli occhi della figlia e del
nipote: in poche parate, ebbe la meglio su di lui.
Si girò allora verso il vecchio e la figlia, aiutando l’uomo a rialzarsi; “Tutto bene?” chiese.
La ragazza, in lacrime, lo abbracciò. “Grazie infinite, signore!” gli disse singhiozzando.
“André! Vieni, dobbiamo andarcene da qui!” lo chiamò uno dei compagni.
Salutatili con un sorriso, André seguì il commilitone.
Si riunirono agli altri, che avevano fatto cerchio intorno ad Oscar.
“Dunque, la situazione è questa: abbiamo avuto la meglio,
ma si trattava di un piccolo reggimento; quelli più grandi,
ormai, sanno tutto di noi e ci staranno aspettando appostati in qualche
passaggio obbligato; inoltre, anche noi abbiamo avuto delle perdite.
Dunque, la cosa più saggia da fare, a questo punto, mi sembra
quella di unirci alla gente di Bernard e Rosalie, radunata in Place
Vendome”.
Si udì un mormorìo diffuso. Alain prese la parola.
“Comandante, è pericoloso! Dovremmo attraversare mezza
città, e siamo solo una ventina, stanchi e con poche
munizioni”.
Oscar annuì “Hai perfettamente ragione, ma se restassimo
qua la situazione non cambierebbe di molto: gli altri reggimenti ci
staranno cercando, e se non andiamo via noi, verranno loro qui, e
trovando qui queste persone, faranno una carneficina, con la scusa di
volersi vendicare del nostro tradimento; quindi, la cosa più
saggia che possiamo fare, anche se pericolosa, è raggiungere
Bernard e gli altri”.
Tutti furono d’accordo.
Il portone cedette.
La folla sfondò le ultime
difese, e si precipitò all’interno del cortile,
attraversando come un fiume in piena il cortile ed il giardino
dell’intoccabile casta, dove nessun cittadino del popolo aveva
mai messo piede.
Dall’alto delle loro finestre,
i sommi sacerdoti osservavano la scena con terrore: mai avevano visto
il popolo ribellarsi a quel modo! Cercarono di barricarsi dentro la
sala del consiglio, mentre già si udivano gli scalpiti e le
grida su per le scale.
Un fendente di mannaia si
abbatté pesantemente sull’uscio; i sacerdoti fremettero;
un attimo dopo, una marea umana sciamò dentro la sala, come un
fiume in piena che avesse rotti gli argini.
“Morte ai tiranni!” fu il
grido comune, l’ultima cosa che due degli assediati riuscirono a
sentire prima di cadere al suolo come fili d’erba tagliati da un
netto colpo di falce.
“Fermi!! State profanando un
tempio sacro ed i suoi ministri! Gli dèi vi puniranno!!”,
gridò uno dei sopravvissuti,
“A chi credi di darla a bere,
vecchio?” Varan lo fronteggiò “Noi non siamo delle
animelle intimidite! Sappiamo bene a cosa mirano le vostre assurde
dicerie!”.
Un coro di approvazione si levò dalla folla, che lo circondava.
“Bada, uomo” quello lo
fissò negli occhi, senza mostrare paura “questa tua
avventatezza potrebbe costarti molto cara!”,
“Davvero? E cosa vorreste
farmi? Cuocermi nell’olio bollente, come avete fatto con mia
madre? Non chiedo di meglio che fare la sua stessa fine, la fine di
un’eroina martire per la libertà!” gridò lui
in risposta.
Il vecchio tremò
impercettibilmente: quella gente non era disposta a fermarsi davanti a
nulla! Sotto il mantello scarlatto, iniziò a cercare il contatto
della propria mano con un affilato pugnale.
“Dunque, non hai niente da dire prima di morire, vecchio?”, continuò Varan,
“Non a te, villano usurpatore!” sibilò quello, con gli occhi scintillanti,
“Peccato, io sì! Ho un
debito nei confronti di mia sorella e di mia madre, ed ora vengo a
saldarlo” lo afferrò per il bavero del mantello.
In quel mentre, a sorpresa, il sacerdote gridò “Guardie, a me!”.
Una porta nascosta sul fondo della sala si spalancò, ed un mucchio di uomini armati a volto coperto ne uscì.
“Bastardo traditore!!”
gridò Varan; in quel mentre, approfittando della confusione e
della momentanea distrazione creatasi, il vecchio uscì la mano
armata da sotto il mantello, tentando di colpire Varan; ma questo se ne
avvide e gli bloccò il polso per tempo.
“Vigliacco!”
sibilò a denti stretti per la fatica Varan; il suo braccio e
quello del suo avversario avevano ingaggiato un braccio di ferro
serrato.
Nel frattempo, gli improvvisati eroi
stavano lottando con tutte le loro forze contro le guardie armate; Iram
si era trovato contro tre avversari.
Varan si accorse che le forze del
vecchio stavano cedendo, e con uno strattone riuscì a prendere
il controllo della situazione, rivolgendo la mano armata del sacerdote
contro lui stesso; poi disse: “Per te, mamma! Per te,
Ridinia!”, e lo trafisse.
“Derania…” un
grido strozzato attirò l’attenzione della guerriera che
aveva appena sbaragliato un uomo più grosso e vecchio di lei. Si
girò e vide il suo Iram a terra, in una pozza di sangue, mentre
con una mano si premeva il petto all’altezza del cuore.
“Iram, cosa ti hanno fatto? Iram, noo!”.
Si gettò sull’amato, che zampillava sangue ed andava perdendo conoscenza.
“Iram… Iram non mi
lasciare… non mi lasciare amore… dobbiamo andarcene via,
ricordi… ti prego… ti prego amore…”.
La voce della donna si andava facendo
via via più fievole ad ogni parola che le usciva di bocca; lo
scontro era terminato con la vittoria degli insorti, ed ora tutti i
compagni si accalcavano intorno alla coppia.
“Derania… è meglio se vieni via” Varan le parlava con un filo di voce,
“Non posso farlo, Iram sta
male, non vedi?” rispose l’altra con una strana vocina
“Iram sta male, Iram ha bisogno di me…”.
Due ragazze presero Derania, che
aveva perduto ogni volontà, e la trascinarono pietosamente via,
senza che lei opponesse resistenza alcuna, mentre Varan si occupava del
corpo ormai senza vita di Iram.
Stavano appostati sotto ad un ponte, i venticinque sopravvissuti,
pronti a riprendere la strada per raggiungere i compagni al comando di
Bernard; Oscar per prima si sporse, guardando fuori: c’era un
solo soldato di guardia, in quel momento distratto; in silenzio, gli
andò dietro, e quando fu abbastanza vicina, estrasse la pistola
e fece fuoco; contemporaneamente, però, anche l’uomo si
era voltato ed aveva sparato. Si udirono due spari, ravvicinati. Un
attimo dopo, il soldato cadeva a terra, morto. Oscar si voltò
“Tutti bene?” chiese.
“Sì, comandante” le rispose Alain. André
tremava: la pallottola era passata a pochi millimetri dalla sua spalla,
evitandolo per un soffio.
“Va bene, andiamo allora!” ordinò Oscar.
Uscirono nel tramonto; la strada appariva deserta. Si avviarono verso Place Vendome.
Avevano perso i cavalli, ed a piedi erano consapevoli di essere molto più vulnerabili; ciononostante avanzavano, cauti.
Non appena ebbero raggiunto la sponda del fiume, si udirono alcuni
spari; Oscar e i suoi si appiattirono contro un muro, rispondendo al
fuoco; ma poco dopo, vi fu di nuovo silenzio, probabilmente doveva
essersi trattato di un gruppo isolato.
Proseguirono per la strada, ma ad un certo punto si trovarono davanti un intero squadrone.
“Ci hanno presi come topi in trappola!” sibilò Alain, accanto ad Oscar ed André,
“Venderemo cara la pelle!” gridò Oscar iniziando a rispondere al fuoco.
Gerard Lasalle cadde per primo, seguito da altri soldati.
“Comandante, sono troppi! Non ce la faremo mai!!”.
Oscar sapeva bene che era vero, ma continuava disperatamente a combattere.
All’improvviso, si udirono altri spari, e nelle file nemiche i caduti aumentarono.
“Che succede?” Oscar si voltò.
In lontananza, si vedeva una moltitudine avanzare verso di loro,
immensa, armata; lo squadrone nemico iniziò a retrocedere.
“Sono Bernard e gli altri! Siamo salvi!”.
“Plotone, ritirata!” gridò il comandante nemico; in
poco tempo, i soldati si dileguarono, obbedendo al suo ordine.
La folla, invece, avanzava verso il manipolo di sopravvissuti di Oscar.
“Era ora!!” Alain non perdeva mai il suo spirito scherzoso.
“Ragazzi! Siamo qui!!” Bernard corse ad abbracciare Oscar, mentre Rosalie saltò al collo di André,
“Che gioia vedervi!” Oscar era sollevata,
“Anche per noi. Siamo arrivati appena in tempo, eh?”,
“Dobbiamo seppellire i caduti” André abbassò pietosamente lo sguardo a terra,
“Certamente. Ma non è bene rimanere a parlare in un luogo
tanto scoperto: venite alla nostra base. A proposito” fece un
cenno con il braccio verso due figure “vi voglio presentare i due
maggiori capi di questa rivoluzione: loro sono Maxime Robespierre e
Louis Saint-Just”,
“Molto piacere” fece Oscar stringendo la mano ai due,
“La famosa donna-comandante? Ce ne vorrebbero di più, di
donne come te!” esclamò Robespierre ricambiando la stretta,
“E’ la mia futura moglie, sapete!” faceva André rivolto a Saint-Just con aria orgogliosa,
“Sei fortunato, allora! Però, cerca di rigare diritto, a
casa, non si sa mai!” scherzò quello, in risposta.
“Iram, Iram!” Derania
delirava fra le lacrime; nulla poteva la vicinanza dei suoi compagni di
lotta, ora che aveva perduto il suo amore.
“Sorella mia…”
Varan lacrimava, confondendo l’immagine di lei con quella della
propria sorella “Dobbiamo essere forti. Non possiamo cedere ora:
Iram non lo avrebbe voluto. Dobbiamo andare avanti, e raggiungere il
palazzo di Idion”,
“Idion! E’ colpa sua se
Iram è morto! Lo ucciderò con le mie mani! Giuro che la
pagherà!” Derania recuperò la sua coscienza, ora
piena di rabbia.
Era ormai notte. La grande sala era illuminata da fioche candele, per rendersi meno individuabili.
Tutti i suoi occupanti avevano deciso il da farsi.
“Domani attaccheremo la Bastiglia, il simbolo del potere della nobiltà” ordinava Robespierre.
Tutti si trovavano d’accordo, il suo carisma era indiscutibile.
“Noi comanderemo i cannoni” fece eco Oscar indicando i suoi uomini,
“Molto bene. Allora, se siamo tutti d’accordo, non ci resta
che attendere che sia giorno. Bernard si è premurato di radunare
una gran folla che ci aiuti nell’impresa”.
Il sole era già alto quando una gran folla armata iniziò
a radunarsi ai piedi della Bastiglia, la poderosa fortezza che da
secoli rappresentava il potere ingiusto della nobiltà sul
popolo; intorno alle undici, ecco arrivare anche i soldati di Oscar con
i cannoni.
Bernard de Launay, il governatore della Bastiglia, non si capacitava:
“Ma dove hanno trovato quei cannoni? E i fucili? Ieri erano
armati solo di picche e spade!”,
“Ho sentito dire che hanno assaltato il Palazzo degli Invalidi” gli rispose qualcuno,
“Dobbiamo far qualcosa…” diceva il governatore pensieroso, guardando la folla radunata sul piazzale.
Alain e gli altri stavano già caricando i cannoni; tra la folla serpeggiava la rabbia di secoli di oppressione.
“Morte al tiranno!” gridava una folla inferocita radunata sotto il palazzo del gran sacerdote Idion.
“Bifolchi!! Vi farò
vedere che succede a destabilizzare un ordine costituito!”
ringhiava lui, da dietro le finestre.
“Signore, attendiamo ordini” disse il comandante della sua guardia personale, in piedi dietro di lui,
“Sterminateli, allora! Che state aspettando?”,
“Agli ordini, mio signore!” rispose quello, inchinandosi; poi, lasciò la sala.
“E portatemi il loro capo! Vivo!” aggiunse,
“Signorsì!”.
Derania era alla testa della folla; davanti a lei, solo l’ultimo, dolce sorriso del suo Iram.
“La pagherai, bastardo! E per
te sarà ancora più terribile, perché a colpirti
sarà proprio una donna!”.
Alzò la testa “Forza!
Sfondiamo quel portone!” disse, facendo un ampio cenno col
braccio agli uomini che portavano l’ariete.
Il poderoso attrezzo d’assedio
si abbattè contro il portone di legno, una, due,
tre,… infinite volte; l’ingresso si spalancò.
“Strano che non ci fossero soldati ad attenderci…” pensò ad alta voce Varan.
Per la seconda volta, la folla sciamò all’interno del palazzo; a guidarla, Derania.
Ma una volta raggiunto il cortile d’onore, ecco pararsi dinnanzi a loro una guarnigione enorme, armata fino ai denti.
“Soldati, all’attacco!” fece quello che sembrava il comandante.
La folla si intimidì per un attimo, per la sorpresa inaspettata; poi, riprese coraggio e avanzò verso il nemico.
I due schieramenti si scontrarono, si
fusero, in un enorme, orribile e sanguinoso scontro; a chi avesse visto
la scena dall’alto, sarebbe sembrato un gigantesco ballo di
piazza, con una folla multicolore che si avvolgeva su sé stessa.
I ribelli si battevano con grande
coraggio, ma erano male in armi e stanchi per i precedenti scontri
già sostenuti; i militi, al contrario, erano bene armati e
riposati.
Derania menava fendenti di spada
spaventosi, decapitando i nemici che le si presentavano davanti; la sua
furia era incontrollabile: voleva eliminare ogni ostacolo per poter
raggiungere Idion, l’assassino del suo amore e causa di tutti i
mali di Atlantide.
“Via, bastardo!!”
gridò, spaccando la spalla ad uno dei soldati e dirigendosi
verso le scale che portavano all’interno del palazzo.
Nei corridoi trovò altri
soldati; riuscì a sfuggire ad alcuni e ne uccise altri,
proseguendo il suo tragitto, inesorabile, fino a raggiungere la stanza
dove si trovava Idion.
Spalancò la porta.
“E’ me che volevi, bastardo?” gridò.
Il vecchio la guardò torvo, ruggendo sommessamente; capì di trovarsi di fronte il capo della rivolta.
“Così sei stata tu! Dovevo aspettarmelo!”,
“Che cosa? Che la tua vittima
si vendicasse? O che una donna venisse a punirti per i tuoi misfatti,
avido bastardo?”,
“Sporca popolana!” Idion sguainò la spada,
“Pagherai per la morte di Iram!” gridò lei, mettendosi in guardia.
L’uomo l’attaccò.
“Vi siete ribellati agli déi, ed ora la pagherete!”,
“Quali déi? Quelli che
ci propinate per poter continuare ad arricchirvi? Non ci ho mai
creduto! Io credo che esiste un solo Dio, e che sia giusto e buono, che
non tolleri le vostre nefandezze! Egli non tollera il vostro voler
essere più simili alla bestia che all’umano!”,
“Che accidenti vai dicendo, donna?”,
“La verità! Una verità che a quelli come te piace poco!”.
I due stavano combattendo furiosamente, nella stanza vuota; si udiva solo il cozzare delle loro lame e le loro parole concitate.
La furia di Derania era cieca e
feroce; cionondimeno, ella non era abituata al combattimento più
di tanto: i pochi insegnamenti avuti dal padre in merito erano lontani
anni, oramai.
In breve, l’avversario
riuscì a metterla in difficoltà, facendola finire spalle
al muro; la sua spada volò via, mentre la lama di Idion le
puntò la gola.
“E’ finita, donna ribelle!” le disse,
“No, non è affatto
finita. Puoi uccidermi adesso, ma i tuoi misfatti non sopravviveranno:
tra cento anni, mille, duemila, diecimila… verrà il
momento per te di pagare tutte le tue nefandezze. E sarò io a
punirti, dovessi attraversare i secoli per farlo!”,
“Taci, strega!!” gridò il vecchio, trafiggendola.
Il corpo di Derania scivolò
lungo il muro, fino a terra; sul viso, un sorriso compiaciuto; nella
mente, l’ultimo pensiero “Iram, vengo da te…”.
Giù nel cortile, continuava ad infuriare la battaglia.
“Fuoco!!” Oscar alzò in aria la spada; un secondo
dopo, un tremendo colpo echeggiò, ed una palla di piombo
andò a sfondare il ponte levatoio della Bastiglia.
Era già il quarto colpo che veniva sparato contro la fortezza,
ed il ponte stava ormai per cedere; la folla non aspettava altro che
entrare per fare strage di soldati, sfogando la sua rabbia.
“Fuoco!!” un altro colpo si abbattè sul legno. Il ponte cedette.
Una folla urlante si precipitò al’interno della tetra costruzione.
Mentre li osservava, Oscar fu presa da uno dei suoi “ricordi
inconsci”: una folla immensa, armata, che sfondava le difese di
un grande palazzo, simbolo di oppressione ed ingiustizia, in un altro
tempo ed un altro luogo…
E’ la resa dei conti…
Non seppe dire cosa fosse, ma sentì l’impulso di entrare anche lei.
L’immagine di un vecchio dallo sguardo viscido e crudele le si parò davanti.
Allora, capì.
“Oscar, dove vai?” le gridarono dietro André ed Alain.
Lei non rispose; sguainò la spada e con passo deciso si unì al popolo che entrava nella Bastiglia.
L’ultima cosa… per
chiudere con il passato. Attendimi, André! Poi, ci saremo solo
noi due, ed il nostro futuro insieme.
La folla si stava battendo con successo contro la guarnigione; Oscar
attraversò il corridoio senza che nessuno la attaccasse, quasi
fosse stata invisibile.
Cento anni, mille, duemila, diecimila…
Nessuno sfugge alla propria nemesi!
Guidati da un percorso invisibile, i suoi piedi sapevano dove dovevano
andare. Salì le scale, dove giacevano corpi di soldati e persone
comuni morti, diretta alla sala di guarnigione.
La porta era aperta, de Launay era solo.
Non appena la sentì entrare, si voltò.
“TU!!” l’uomo spalancò la bocca, anche lui catturato da una memoria che veniva da un altro tempo,
“Io, Idion! Te lo avevo detto: attraverserò i secoli per ritrovarti!”,
“Ti ho eliminato già una volta!” ruggì il governatore,
“Non puoi più sfuggirmi, ora!” Oscar gli si avvicinò; l’uomo sguainò la spada.
Iniziò il duello.
“Cosa hai fatto alla mia gente dopo la mia morte, tiranno?”,
“Credevo che quelle fandonie che Cagliostro mi aveva detto
riguardo alla reincarnazione fossero solo storielle della sua mente
malata, finché non ho iniziato ad avere quelle visioni!”,
rispose lui,
“I conti si saldano sempre, in una vita o nell’altra. Ti avevo avvertito!”.
Il duello sembrava volgere decisamente a favore di de Launay; ma con
uno scatto inaspettato, Oscar lo disarmò, facendolo cadere a
terra.
“Ti ho riconosciuta da quando ti ho vista là sotto!”,
“Quali sono le tue ultime parole?” Oscar gli puntava la spada alla gola,
“Non morirò per mano di una donna!”,
“Vedo che non hai perso il vizio di considerare l’essere
umano simile alla bestia, e di comportarti di conseguenza! Ma ora
è finita, Idion! Finita davvero!”,
“No!!” l’uomo gridò con tutte le sue forze,
cercando di riprendere la propria spada a pochi passi da lui per
colpire Oscar, ma lei fu più veloce, e gli trapassò la
gola.
Il comandante della Bastiglia cadde in avanti, gli occhi sbarrati che si facevano sempre più vitrei.
“Giustizia è fatta!” mormorò Oscar.
“Oscar! Dove sei?” André entrò nella sala,
seguito da Alain; videro l’uomo morto a terra, poi guardarono
Oscar.
“E’ finita!” disse lei per tutta risposta “Come
va, là sotto?” aveva ripreso un po’ il controllo di
sé stessa.
“Bene, comandante” fece Alain “la guarnigione ha
ceduto: abbiamo conquistato la Bastiglia. Adesso inizia la Rivoluzione,
davvero!”.
“Molto bene, soldato Alain” fece lei “adesso, ho due
ordini per te. Primo, non chiamarmi più
“comandante”, chiamami Oscar; secondo: vuoi farci da
testimone alle nostre nozze?”.
Il gigante bonaccione fece un largo sorriso “Ne sarei onorato, Oscar!”,
“Grazie, Alain. Ora lascio a te l’incarico di
“mettere in ordine” qui; io ed André andiamo a dare
una mano agli altri”.
Forse per l’ultima volta, Alain fece il saluto militare.
Oscar ed André iniziarono a scendere le scale;
all’improvviso, André si fermò, voltandosi
“Ho sentito bene? Vuoi davvero sposarmi?”,
“Sì, mio Iram! Avevi dubbi in merito?”.
André la prese tra le braccia e la baciò; poi, guardandola intensamente chiese “Era lui, vero?”,
“Sì, André, era lui. Ma adesso è finita; la
nostra porta col passato si è chiusa. Abbiamo davanti a noi solo
un magnifico presente ed un bellissimo futuro”.
Si baciarono ancora.
Intorno a loro, da ogni parte giungevano le urla festose della folla vittoriosa.
**********
Settembre 1792.
Oscar ed André sedevano al tavolo come ogni sera, insieme a Bernard e gli altri.
Erano entrati nel club dei giacobini per meriti d’onore, e tutti li stimavano e li volevano bene.
“Dunque, queste sono le ultime leggi che ho proposto. Che ve ne pare?” stava chiedendo un giovane deputato.
Robespierre si grattava il mento, pensieroso “A me sembrano ottime. Tu che ne dici, Oscar?”.
La donna sorrise; sebbene non fossero molte le donne che frequentavano
quel club, lei era stata stimata e benvoluta dal primo istante, forse
in virtù del suo valore e del suo coraggio dalla parte del
popolo; André ne era contento quanto lei.
“Sono d’accordo. La povera gente ha diritto ad una vita dignitosa”,
“Molto bene. Allora domani la legge sarà discussa ed approvata” concluse Robespierre.
“Scusate, noi dobbiamo proprio andare. Sono le nove, e si
è fatto tardi per Pierre, vorrà mangiare!” Oscar si
alzò.
“Ma… non c’è Rosalie con lui?” chiese Saint-Just,
“Certo, ma un bambino di quattro mesi vuole vedere anche i
genitori, ogni tanto” gli rispose scherzosamente André,
“D’accordo. A domani, allora!” li salutò Robespierre mentre Bernard li accompagnava alla porta.
“Ci vediamo, non fate tardi, eh?”, diceva loro Bernard,
“Non preoccuparti!” fu la risposta di André, che abbracciava la moglie.
Lo salutarono un’ultima volta, poi salirono sul loro calesse.
Si guardarono intensamente negli occhi: la loro vita era felice, al
contrario di quella che non aveva potuto essere di Iram e Derania; i
loro antenati si erano sacrificati affinché loro due potessero
avere un mondo migliore in cui vivere: sebbene fossero morti, qualcosa
di loro rimaneva nelle loro gesta immortali, ed in quello che di buono
avevano lasciato in eredità ai secoli successivi: il senso di
giustizia e l’uguaglianza.
O forse non erano mai veramente morti, ma avevano solo fatto un salto
attraverso le epoche per potere avere un’altra occasione: in
circolazione per la seconda volta, se così si vuole dire.
Nota: Bernard de Launay, governatore
della Bastiglia al tempo della Rivoluzione, fu in realtà portato
fuori dalla fortezza dopo che questa era caduta, ed ucciso a colpi di
picca; non aggiungo particolari al raccapricciante trattamento
riservato al suo corpo dopo la sua morte... non avevo nulla contro di
lui, ma la sua identificazione con Idion è stata necessaria a
fini narrativi.
E
con questo capitolo, si chiude questa storia; spero che vi sia
piaciuta, e desidero innanzitutto ringraziare sentitamente tutti coloro
che mi hanno sostenuta ed incoraggiata con le loro bellissime
recensioni, e che hanno apprezzato questa storia scritta in tempi e
modi improbabili, ma con il cuore; desidero poi augurare BUONA PASQUA a
tutti, e mandare un bacione grande a chi mi segue già da tempo.
Adesso, i ringraziamenti personali:
Ninfea Blu: grazie
sempre, sei un vero tesoro, e spero che questo lieto fine ti sia
piaciuto; aspetto i tuoi commenti, e le tue prossime storie!
Bay: se ci sei, fatti viva...
StregaGrianne: come hai fatto a capirlo?
Beatrix 1291 e Lady in blue:
in effetti, sapevo bene che il repentino cambiamento del generale
avrebbe fatto storcere il naso a qualcuno :-) (ha fatto sorridere
persino me), ma ho voluto dargli un'altra opportunità... in
fondo, tutti abbiamo diritto ad una seconda occasione, no? :-)
Patrizialasorella: hai
perfettamente ragione quando dici che il capitolo precedente è
stato un tantino affrettato, io stessa l'ho pubblicato un pò
perplessa... e solo rileggendolo, dopo la pubblicazione, mi sono resa
conto che un lieve rallentamento alle vicende dei nostri eroi non
sarebbe stato tanto male; ma tant'è...
Khristh: anche questo
capitolo è giocato sui due piani temporali che si intrecciano,
non so se sono riuscita a renderli... ad ogni modo, fammi sapere!
Pry: ti
ringrazio dei complimenti, penso che la vigilia di un grande evento
come una rivoluzione sia quanto di più bello e difficile ci sia
da descrivere; tanto più che io adoro il periodo della
Rivoluzione Francese, la base dell'epoca moderna!
Un bacio anche a chi ha letto senza recensire e a chi ha messo questa
storia tra i preferiti ed i seguiti (spero di non dimenticare nessuno).
A presto, Tetide.
|