NdT: Nulla
di questa fic mi appartiene. L’ha scritta AbstractError, che
gentilmente mi ha permesso di tradurla. Originariamente era
autoconclusiva, ma adesso è un solo capitolo di una fic
monumentale, “Understanding” (75 capitoli e ancora
in corso!), che ha per protagonisti…beh, praticamente tutti
gli Espada ancora vivi dopo l’arrivo dei Capitani allo Hueco
Mundo, e una buona metà degli Shinigami. Ma soprattutto
Szayel Aporro, Ishida, Nemu, Grimmjow e… Stark, protagonista
assoluto di questo pezzo (che, all’inizio della storia,
è la Segunda Espada, la Primera essendo Barragan).
Enjoy!
Sloth
Miei cari Espada,
buongiorno.
Miei cari Espada, buon
pomeriggio.
Miei cari Espada,
buonasera.
Costringendosi ad aprire gli occhi, Stark sbadigliò,
riconoscendo che non era tanto il saluto – naturalmente,
sempre appropriato all’ora del giorno - che Aizen-sama
estendeva caldamente ogni volta che entrava nella sala del trono ad
annoiarlo in quel modo, e, di conseguenza, a rendere così
pesanti le sue palpebre.
No, decisamente no.
Era piuttosto la così lampantemente, spudoratamente falsa
frase che l’ex Shinigami, futuro Signore
dell’Universo, e presto forse Unico Vero Dio, non mancava mai
di anteporre al saluto, a funzionare come un infallibile bottone, a
spegnere prontamente il suo cervello o, come minimo, a deviare i suoi
pensieri su piacevoli ricordi di stiracchiamenti, dormite, o
rigiramenti durante le dormite (poi, occasionalmente, anche di russate durante le
dormite, ma quelle non erano sempre memorie piacevoli: tutto dipendeva
da quanto distante era Lilinette quando succedeva, dalla durata e
volume della ronfata, e, soprattutto, dal fatto che lei fosse o meno
intenzionata a dormire nel frattempo…)
Inutile. Oggi, neppure pensare a Lilinette poteva distrarlo dallo
sconforto.
Miei cari
Espada… che le parole fossero una semplice
bugia, o uno scherzo, non mancavano mai di frantumare
l’interesse di Stark per qualunque cosa Aizen avesse da dire;
e nonostante le circostanze, quel pomeriggio non aveva fatto eccezione.
Si alzò dalla sedia, ficcandosi le mani nelle tasche e dando
un’ultima occhiata al lungo tavolo ovale davanti a lui.
Ovale. Una scelta davvero adatta: non rettangolare, per non dare
l’impressione di una gerarchia rigida, né rotondo,
per non creare futili illusioni di uguaglianza: un compromesso
perfetto… finché tutti tenevano a mente chi stava seduto a
capotavola; a giudicare dalle loro facce impassibili, Yammy, Barragan e
Halibel non avevano problemi a rammentarlo.
Stark sbadigliò di nuovo, prima di affrettarsi sulla scia di
Halibel, diretto all’arco d’ingresso e sentendosi
persino più bramoso del solito di lasciare la stanza. Come
ogni volta, Aizen si era limitato a dare gli ordini e
uscire… l’unica concessione all’urgenza
delle circostanze, il fatto che non era stato nemmeno offerto un
buon tè.
Ora il Creatore non era più lì, ma la sua voce e
il suo reiatsu ancora riecheggiavano nell’aria, avvolgenti,
dolciastri, impossibili da ignorare… simili
all’odore dei corpi in decomposizione.
Piuttosto calzante,
rifletté, accelerando il passo per non farsi distanziare da
Halibel; dopotutto, quella stanza era un posto dove si riunivano dei
cadaveri ambulanti… ma forse in realtà
l’odore proveniva dall’ignorato cadavere di
Aaroniero, che, ne era sicuro, non sarebbe stato oggetto
d’attenzione nemmeno se fosse giaciuto ( o fosse
rotolato, visto com’era ridotto ) sul tavolo di
fronte a loro.
“… proprio ora di fare un pisolino”
disse, come se le sue parole di congedo, non rivolte a nessuno in
particolare, potessero scacciare i pensieri spiacevoli che avevano
evocato.
“Tre Capitani del Gotei 13 nell'Hueco Mundo, e tu pensi a
dormire, invece di preparare il tuo spirito per la
battaglia… la tua accidia mi disgusta.”
sbottò Barragan senza preavviso. Per niente impressionato
dal ringhio dell’anziano Arrancar, Stark concluse che forse
il suo disinteresse per gli ordini di Aizen era stato un po’
troppo ovvio.
“ Disgusta anche me, davvero.” rispose, sperando di
sembrare troppo pigro anche per litigare. “Per questo cerco
di convivere con lo schiacciante senso di colpa dormendoci sopra! Se
ora vuoi scusarmi, Barragan…”
Seguì Halibel fuori, nel corridoio, passando accanto a
Yammy, non potendo fare a meno di notare il suo sguardo preoccupato e
vacuo, fisso sul seggio vuoto di Ulquiorra. Anche quello era
stato un argomento ignorato…
Per un momento, considerò l’opportunità
di avvicinarsi, dare una pacca sulle spalle di Yammy, e rassicurarlo ad
alta voce che la Caja Negacìon non avrebbe ucciso il suo
amico… che almeno Ulquiorra, se non altro, sarebbe tornato;
desiderava dare voce al pensiero non tanto perché pensasse
che Yammy non lo sapesse, ma perché era curioso…
curioso di sapere come la verità avrebbe suonato in quella
stanza infame; probabilmente era strutturata in modo che i muri
assorbissero ogni parola onesta.
“Accidia…” disse, quando
giudicò l’arco abbastanza lontano da essere sicuro
che solo Halibel lo sentisse:
“…un’interessante scelta di
parole.”
La donna lo fissò al di sopra della spalla.
“Barragan ha ragione ad essere furioso nei tuoi
confronti” disse severa “Non hai ascoltato una sola
parola di quanto detto in sala.”
“Sapevi che quando venne inclusa per la prima volta nel
grazioso elenco dei Sette Peccati Capitali”
continuò Stark pigramente, “accidia non era
affatto sinonimo di pigrizia? Piuttosto, era la colpa della tristezza…
melanconia; depressione; assenza di contentezza – il rifiuto
di gioire della bontà di Dio e della gloria della sua
creazione… o anche, l’incapacità di
amare Dio… aspetta, com’è che
era…? Con
tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima.”
“Lo ammetto: non ho ascoltato con la tua
attenzione” aggiunse con una candida scrollata di spalle.
“Lo sai quanto la mia capacità di concentrazione
sia limitata – seriamente, avevo tutta l’intenzione
di ascoltare Aizen-sama… ma per quanto mi sforzassi, finivo
sempre per mettermi a contare le sedie vuote attorno al tavolo, e quasi
mi addormentavo con gli occhi aperti. Un po’ come contare le
pecore…”
La Tercera fece una smorfia di disgusto, ed accelerò il
passo, cercando di distanziarlo.
“E lo sai qual’era la cosa più
fastidiosa?” aggiunse, con lo stesso tono lento e sognante,
ma tallonandola, passo dopo passo, seguendo i suoi passi furiosi.
“Era il fatto che ogni volta che riuscivo a svegliarmi e a
ricominciare la conta, dovevo ripartire da zero, senza riuscire ad
andare oltre il quattro. Ma, ” e la sua voce si fece
all’improvviso tagliente e per niente assonnata “
sono sicuro che erano ben di più… tu quante sedie
vuote hai contato, Halibel?”
“Stai cercando di provocarmi?” sbottò la
donna, dandogli le spalle.
“Ma no… mi sto solo assicurando che tu sappia
ancora contare da dieci fino a quattro.” rispose Stark,
placidamente. “Vedo che è
così… quindi il mio lavoro qui è
finito.”
La bionda Arrancar si stava evidentemente mordendo la lingua per non
ribattere.
In altre occasioni, nei tempi ormai dimenticati in cui era stato
così arrogante da credere che esistesse qualcosa –
nelle sue parole, o nel suo tocco - capace di risvegliare qualche
traccia dello spirito che ancora lei possedeva, Stark avrebbe potuto
sentirsi frustrato… forse, pensò, rimirando
attraverso gli occhi socchiusi il corpo che una volta aveva trovato
irresistibile, persino furioso; ma in quel momento, non
provò nulla del genere.
L’attaccamento che la Tercera provava per Aizen era superiore
persino a quello di Ulquiorra: era adorazione, reverenza…
lealtà al di là di ogni ricompensa ed amore al di
là di ogni passione; non semplice infatuazione per il
potere, per la forza che lui le aveva dato: lo amava veramente,
genuinamente, e proprio perché lo sapeva un amore sincero,
Stark non riusciva a costringersi ad odiarlo; semplicemente, anche
quello lo annoiava… come tutto il resto.
“Sono certa che Aizen-sama non ci ha convocati solo per
ripetere i suoi ordini: voleva
che noi vedessimo le sedie vuote” ribatté Halibel,
come non lo avesse sentito “e sta’ sicuro, Stark,
che lo ha notato anche lui, e ne è rattristato
più di noi…”
“Dici?” ribatté ironicamente lui da
dietro le sue spalle. “Dici che lo ha notato? Particolari
così sottili? Aaroniero e LeRoux morti… Grimmjow
che si ribella ed infila Ulquiorra in una Caja
Negacìon… Szayel Aporro che perde
un’occasione di strisciare ai suoi piedi, mentre lancia le
sue solite occhiatine maliziose a Gin? Come avrà fatto ad
accorgersene?” e si mise a ridacchiare.
“Aizen-sama conosce ogni
cosa.” disse Halibel, con innegabile furia nella
voce.
“Beh, in effetti, Szayel Aporro è un tantino
trasparente” concesse Stark. “In sua difesa,
comunque, non credo che sia omosessualità, quanto piuttosto
narcisismo…”
“Se la giornata di oggi avrebbe dovuto insegnarti qualcosa,
è che non c’è spazio per la
disobbedienza quando il nemico bussa alle nostre porte!”
sibilò lei, voltandosi ed incrociando il suo sguardo:
“Aizen-sama ci aveva ordinato di aspettare: e noi
aspetteremo!”
“Ehi, nessun problema per me, ” replicò
l’altro, alzando le mani in gesto difensivo.
“Aspettare è la cosa che mi riesce meglio. Certo,
non so nemmeno che cosa
stiamo aspettando, ma dopotutto, non lo sai neanche tu... nessuno di
noi due ha ritenuto di doverlo domandare. Né Aizen ha
ritenuto di dovercelo dire.”
Gli occhi azzurri di Halibel lo fissarono, penetrando
nell’anima della Segunda e dietro la facciata del suo
atteggiamento.
“Sei… arrabbiato.” disse; la scoperta
sembrò darle una certa soddisfazione, perché le
sue sopracciglia si arcuarono, come se, dietro l’alto
colletto del suo abito, stesse sorridendo maliziosamente.
“Arrabbiato?” ridacchiò la Segunda.
“Io? Naah…”
Prese a stiracchiarsi le braccia e sbadigliò, superandola
per andare ad appoggiare la schiena al muro: si sentiva così
stanco che persino reggersi in piedi era diventata un’impresa.
La misurò con lo sguardo per un bel pezzo, prima di dare
voce all’impensabile: “Sto solo…
peccando di Accidia.”
La donna scomparve dalla sua vista non appena le parole furono
pronunciate, e Stark immaginò che, prima che avesse smesso
di correre, il suo Sonido l’avrebbe portata
all’altro capo di Las Noches... proprio davanti alle porte di
Aizen.
“Eppure, mia cara Halibel” continuò,
come se lei fosse rimasta lì ad ascoltarlo, “non
c’è davvero bisogno di correre da Dio e rivelargli
che rifiuto di gioire alla vista della sua creazione; non ti
ricompenserà con un miglior posto a tavola solo
perché sei così gentile da fare la
spia… perché lo sa già fin troppo
bene. E resteresti stupita nel sapere che… non potrebbe
importargliene di meno .”
Non aveva ancora finito la frase, che fu investito un poderoso cazzotto
all’altezza del fegato, così potente che quasi lo
spiattellò sul muro.
“Guarda che ha tagliato la corda,
idiota…” gridò Lilinette, apparsa come
per magia al suo fianco nel preciso istante in cui Halibel era sparita.
“Piantala di parlare da solo come un ritardato!”
“Ti sembrerà forse strano, ma me n’ero
accorto, piccolo genio, ” sospirò Stark, inarcando
un sopracciglio e guardando la ragazzina senza rancore. “Temo
che il mio senso dell’umorismo non sia
apprezzato…”
“E’ perché non ne hai neanche un
po’!” replicò la Fraccìon con
un sorriso dispettoso.
“Ah, davvero?” ribatté l’altro
con noncuranza “Invece penso proprio di averne. Lascia che ti
racconti una barzelletta fantastica che ho sentito l’altro
giorno: l’ha raccontata proprio Aizen-sama!”
Anche se la sua voce era ancora scherzosa, i suoi occhi avevano perso
ogni traccia di calore.
“Finché
sarete dalla mia parte, sarete invincibili!”
mormorò, scandendo lentamente ogni parola. “Non fa
morire dal ridere? E' un po’ sottile, ma credo che Gin
l’abbia capita, perché il suo ghigno arrivava da
un orecchio all’altro... Tosen mi sa che non ci è
arrivato, invece. Secondo te è anche sordo, oltre che
cieco?”
Improvvisamente, stringendo i denti, le afferrò la spalla,
come se avesse bisogno di appoggiarsi a lei per stare in equilibrio; in
risposta, lei lo guardò con un’espressione che
rese i suoi lineamenti graziosi mortalmente seri.
“Ma vedo che non stai ridendo, Lilinette… e
neanche io l’ho trovata molto divertente.”
sussurrò Stark, con lo sguardo perso nel vuoto.
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