Come sei veramente
Feel
Dicembre 1972
Quei due si baciavano.
Gesù.
Naturale che si baciassero; anzi, dal momento che erano una coppia, era
naturale che si spingessero anche molto più in là.
Ma saperlo era una cosa; vederli era tutto un altro paio di maniche, anche se Cassie era una donna di mondo, che ne aveva viste tante.
Ma mai fra due maschi.
Dopo appena tre giorni nel ranch di
Ennis e Jack, Cassie Cartwright aveva già capito le loro abitudini, alquanto regolari. Ennis si
svegliava per primo, alle cinque, per andare a controllare le stalle e le
scuderie prima che arrivassero gli operai. Jack si alzava alle sei e
tre quarti e, dopo una veloce doccia, scendeva a preparare la colazione
per sé e per il suo compagno, e ora anche per la nuova ospite.
Sulle sette e mezzo, Ennis tornava, prendeva il suo secondo
caffè e si sedeva a tavola... non prima di avere baciato il suo
compagno. Niente di eccessivo: ma un buongiorno con tanto di bacio
sulla bocca, labbra contro labbra, non era
uno spettacolo a cui si potesse assistere tutti i giorni.
Almeno, non fra una
coppia composta da due uomini.
E il bello era che a Cassie la cosa non era sembrata per nulla sconveniente.
Il primo giorno, quando si era
accorto di essere osservato da Cassie, in piedi allibita sulla soglia, Ennis era arrossito fino alle
orecchie e si era scusato con un mezzo grugnito, ma lei aveva
minimizzato: "Lascia stare, è casa vostra. Potete fare quel che
vi pare."
"Ma..."
Lei aveva sorriso. "Ennis, piantala. Va tutto bene... non immagini quanto siete dolci."
E a quel punto, anche Jack era arrossito, mentre dalle orecchie di Ennis a momenti non era uscito il fumo.
Ma il giorno dopo, si erano nuovamente baciati.
Li aveva visti scambiarsi un bacio vero, con
lingua e tutto, solamente una volta, due giorni dopo. Erano in
lavanderia, e Cassie li aveva raggiunti con i lenzuoli da mettere in
lavatrice. Non si erano affatto accorti di lei.
Aveva fatto dietrofront, ma era rimasta tutt'altro che sconvolta. Eccitata, più che altro.
Erano due uomini, è vero, ma entrambi bellocci - i gusti di
Cassie andavano più verso gli uomini tipo Ennis, alti,
nerboruti, di poche parole e con l'aria macha, ma doveva ammettere che
anche Jack faceva la propria porca figura, più
basso e minuto ma ben proporzionato, con il viso dolce, quegli occhi
enormi e quel sorriso che, malgrado la dentatura imperfetta,
definire affascinante era un perfetto eufemismo - e vederli che si
baciavano,
bocca contro bocca, le lingue che giocavano, i corpi a stretto
contatto,
Ennis che teneva le mani sulle chiappe di Jack e Jack che sorrideva
leggermente e teneva le mani sotto il maglione di
Ennis accarezzandogli la schiena, l'aveva maledettamente eccitata.
Diamine, la gravidanza deve averti scasinato tutti quanti gli ormoni.
Chissà com'erano quando facevano sesso. Chissà chi lo
metteva dentro chi. Si scambiavano, facevano una volta per
uno oppure...
No, doveva essere Ennis. Certamente, almeno novantanove volte su cento, Ennis era quello attivo e Jack...
Basta, Cassandra, finiscila.
Alla notte, a volte li aveva sentiti parlottare: la voce bassa di Ennis, quella roca di Jack. La loro stanza era
proprio adiacente alla sua.
Se li avesse beccati fare sesso... se avesse sentito rumori strani...
Me ne starò zitta nel mio letto. Non ho voglia di vederli sodomizzarsi a vicenda.
Ma non potrebbe essere... interessante?
Maledetti ormoni incasinati.
Lo stavano facendo.
Quei due stavano scopando. Senz'ombra di dubbio.
Era passata una settimana da quando Cassie li aveva sorpresi a baciarsi
in lavanderia, erano le undici e mezzo e tutti e tre erano andati a
letto
da un quarto d'ora, ognuno nelle proprie stanze, ed Ennis e Jack ci
stavano dando dentro.
Senza alcuna ombra di dubbio.
Chissà se stavano facendo piano per fare il meno rumore
possibile e non farsi sentire da lei, o se lo facevano sempre in quel
modo.
Oltre al letto, che cigolava appena, Cassie aveva udito solo una risata
sommessa, qualche sospiro, qualche bisbiglio, qualche gemito soffocato.
Certo che fanno sesso. Sono in casa
propria, si baciano e scopano come una qualsiasi coppia, non
possono smettere solo per evitare di metterti in imbarazzo. Sei tu
l'estranea qui, cara mia. Se non ti va bene... aria.
Il problema era che le andava più che bene. Non solo non
aveva dove altro andare, per cui doveva andarle bene per forza: ma la
situazione la stava eccitando. Avere due uomini che scopavano nella
stanza adiacente alla propria, due uomini di bell'aspetto, che
avrebbero potuto avere ai piedi tutte le donne che desideravano, due
uomini che, senza conoscerli e senza averli mai visti insieme, mai
avresti potuto sospettare di omosessualità... tutto questo,
forse insieme agli ormoni
incasinati dalla gravidanza, la stava maledettamente eccitando.
Potrei andare di là e chieder loro di farmi partecipare alla festa.
Brava. Per farti cacciare dalla camera, e da questa casa, a male parole.
Fin da quando aveva iniziato a lavorare al Wolf's Ear e li aveva
conosciuti, Cassie si era accorta che fra quei due c'era qualcosa che
andava al di là di una semplice per quanto profonda amicizia, e
si era chiesta come facesse la gente a non rendersene conto. Ennis e
Jack si comportavano come due grandi amici, mai una mano fuori posto,
mai una parola maliziosa, mai un gesto che potesse dare adito a dubbi:
ma come si guardavano... completamente persi l'uno per l'altro, l'uno
nell'altro.
Due amici non si guardano così, aveva spesso considerato Cassie. Neanche se si conoscono dall'infanzia, neanche se sono soci in affari, neanche se dividono l'abitazione.
Anzi. Due amici che condividono l'abitazione, senza donne...
La gente non ha voglia di accorgersene, aveva risolto Cassie, e non a torto. A tutti fa comodo così, loro non danno fastidio a nessuno. Perché scomodarsi?
Ovviamente, non ne aveva avuto la conferma fino a quel dicembre,
ma Cassie non ne aveva mai avuto bisogno. Si era invaghita di Ennis fin
dal primo momento, ma non aveva avuto voglia di provarci,
rischiando un rifiuto con successiva delusione, o di farlo litigare con
Jack. Al mondo c'erano tanti
uomini piacenti quanto e più di Ennis del Mar, poteva benissimo trovarsi qualcun altro.
Come poi aveva fatto.
Doveva andare in bagno, non ne poteva più.
La sveglia sul comodino segnava le due e tredici di notte, e Cassie, ancora insonne, aveva la vescica piena.
Da almeno tre quarti d'ora non aveva più sentito rumori
strani. Né bisbigli, né sospiri, né semplici
parlottii.
Poteva andare.
Si alzò, cercando di fare meno rumore possibile, e raggiunse il corridoio.
La porta della stanza dei suoi due ospiti era socchiusa, e Cassie, d'istinto, sbirciò dentro.
Dormivano. Jack rannicchiato sul fianco sinistro, dalla trapunta
uscivano
solo un ciuffo di capelli scuri e un braccio avvolto dal pigiama di
flanella, abbandonato sul cuscino; Kes era ai suoi piedi,
altrettanto profondamente addormentata. Ennis, braccia e torace nudi, gli
teneva un braccio sulla spalla, protettivo, come a
dire: Quest'uomo è mio, e russava leggermente.
Kes alzò la testa, guardò Cassie.
"Ssst", fece Cassie, con un dito sulla bocca.
La Kelpie riabbassò la testa sulle zampe anteriori e la guardò, quasi con complicità femminile. Io non li disturbo, tu non li disturbi, okay?
"Okay", disse Cassie. Quei due non si sodomizzavano, considerò. Assolutamente
no. E se era per quello, non scopavano, e non facevano
nemmeno sesso.
No, quei due facevano l'amore.
Ed erano, accidenti, erano così dannatamente teneri...
Ed erano due uomini.
Erano due uomini,
maledizione, ma si amavano, ed erano riusciti a
costruire quella che per lei poteva benissimo essere definita una famiglia con tutti i crismi, seppure
la maggior parte della gente non fosse dello stesso parere. Si amavano
così tanto da essere riusciti
a superare tutte le avversità e...
E invece lei, Cassandra Linda Cartwright, donna quasi trentaduenne ed eterosessuale, cos'aveva costruito nella vita?
Guai. Solo guai. Guai su guai.
Quello che la gente diceva di lei in parte era vero. Non aveva un
figlio abbandonato nel Montana né da nessun'altra parte, ma in
quanto al resto...
Fino ai quindici anni, aveva abitato a Rock River con i suoi genitori,
padre mandriano e madre casalinga che a fatica sapeva
spiccicare sì o no in presenza del marito, e
sua sorella più grande, Rose. Poi Rose si
era sposata ed era andata a vivere a Jackson, e in capo a due mesi
dal matrimonio, Cassie aveva deciso che anche per lei era meglio
cambiare
aria: dopo avere bevuto, suo padre spesso e volentieri la
picchiava e ogni tanto tentava di accarezzarla in un modo che non le
piaceva per niente. Così, una notte aveva preso la paga che
il vecchio aveva riposto nel cassetto (duecentocinquantatre
dollari
sui trecento che aveva
ritirato quel pomeriggio, che si sarebbe sputtanato in bevute durante
le sere
seguenti allo stesso modo dei quarantasette di quella sera: una
destinazione certamente peggiore di quella a cui li avrebbe destinati
lei) e se l'era filata.
Non aveva mai imparato un vero e proprio mestiere: a Laramie aveva fatto la
cameriera in un pub, poi a Natwick la donna delle pulizie in un piccolo
motel, poi di nuovo la cameriera in un ristorante di Slater, poi la
commessa in un emporio di Glendo, e così via, spostandosi ogni
volta nel Wyoming sudorientale, fino a che, a ventitre anni,
era approdata a Cheyenne, e aveva trovato lavoro come
spogliarellista in un night, dove cercavano una sostituta per
una ballerina che era rimasta incinta.
Durante quei quattro mesi, per la prima volta, aveva arrotondato
con prestazioni sessuali più o meno estemporanee verso qualche
cliente.
Niente di eclatante, o che non fosse mai successo prima a qualche altra sua
collega: qualcuno aveva iniziato a chiederglielo, lei glielo aveva
concesso, e
aveva scoperto che non era poi tanto terribile: era un buon modo per
arrotondare il magro stipendio, anche se a volte bisognava chiudere gli
occhi, o turarsi il naso, o tapparsi le orecchie, o tutte e tre. Mai
che le fosse capitato un bel
giovanotto simpatico, elegante, profumato e ricco sfondato. O
anche vecchio e brutto e antipatico e puzzolente, ma ricco
sfondato comunque.
Cheyenne non era il posto giusto: forse il Wyoming non era il posto
giusto per quel genere di colpi di fortuna, se avesse voluto intortarsi
un riccone avrebbe fatto meglio a migrare in luoghi come Las Vegas.
Ci aveva pensato, ma terminato il contratto
il titolare del locale le aveva proposto un contratto a tempo
indeterminato, e lei aveva accettato.
L'unico problema era la voce di sua madre, che ogni tanto la
disturbava: nei sogni, ma anche da sveglia. Soprattutto quando andava
con un cliente. La disturbava chiamandola prostituta, redarguendola che
certe cose non si fanno, non era così che le aveva insegnato a
vivere.
Cassie cercava di ignorarla, e per lo più ci riusciva.
Quando non ci riusciva, si diceva che era l'unico modo in cui poteva
tirare avanti. Con cosa avrebbe pagato l'affitto e le bollette? Cosa
avrebbe messo sotto i denti? La maledetta morale non serviva a pagare i debiti, né ti riempiva la pancia.
Era rimasta a Cheyenne per altri cinque anni, fino a che il night
aveva chiuso, perché il proprietario, ormai settantenne, aveva
deciso di averne avuto abbastanza e l'aveva venduto a un riccone che
l'aveva rinnovato, licenziando tutte le lavoranti sopra ai venticinque
anni, cameriere o spogliarelliste che fossero, per rimpiazzarle con
altre sotto ai venti.
Cassie si era trasferita a Casper, dove aveva scoperto che al Wolf's Ear George Thompson cercava una cameriera.
Si era proposta, ed era stata assunta.
Aveva smesso di prostituirsi
(prostituirmi? Io non mi sono mai prostituita)
(ah no?)
ma al Wolf's Ear, anche se era un semplice pub, c'era sempre qualcuno
che le faceva complimenti, che la corteggiava... e lei ne approfittava
abbondantemente. Si concedeva, e in cambio a volte riceveva regali,
inviti a cena, o a pranzo, qualcosa da bere. Niente di esagerato,
Casper non era Las Vegas, non era nemmeno Cheyenne, i regali
consistevano al massimo in un mazzo di rose e gli inviti a cena in una
bistecca con contorno e una bottiglia di vino, ma quelle attenzioni la facevano
sentire importante e desiderata.
La facevano sentire potente.
Usava gli uomini per ricavarne non sesso, non calore umano, non
regali... ma per tenerli in pugno, per sentirsi in qualche modo
potente.
(tu credi di usare loro, ma sono loro che usano te)
(non è vero)
(sì invece. Tu ti sei anche
innamorata, spesso è successo, e lo sai bene... ma chi si è mai
innamorato veramente di te?)
(basta, mamma, smettila)
(nessuno ti ha mai promesso niente,
nessuno ti ha mai amata davvero. Solo sesso, sesso in cambio di
qualche piccolo regalo, di qualche piccola attenzione... non è
prostituirsi, questo?)
(BASTA!)
Cassie distolse la testa dalla visione dei suoi ospiti addormentati,
sentendosi improvvisamente colpevole per quell'intrusione.
Dannata
curiosità.
Dannato carattere del cazzo.
No, non incolpare il tuo carattere.
Non è colpa del tuo carattere, è colpa tua, è ora
che te ne rendi conto.
E' colpa tua se finora non hai
combinato nient'altro che guai, e alla fine sei riuscita pure a
rimanere incinta di un figlio di puttana.
Era sempre stata attenta. Sempre. Aveva perso il conto degli uomini con
i quali era stata, ma con tutti quanti aveva sempre, sempre, sempre usato
il profilattico: poteva condurre una vita dissoluta, ma non aveva
voglia di prendere malattie o di ritrovarsi con un bel ricordino di
altro tipo. Da una malattia venerea si poteva anche guarire, da un
figlio
no, e Cassie non aveva mai avuto voglia di prendersi una tale
responsabilità, non in quel modo. Non da sola, facendo la
cameriera o la spogliarellista, senza un compagno fisso.
Avrebbe voluto avere un figlio, questo sì, ma innamorata di un
uomo che la ricambiasse, regolarmente sposati, magari non
ricchissimi, ma con denaro a sufficienza per vivere una vita
soddisfacente e dignitosa.
Cazzate, si era spesso detta. Una favola. E le favole sono favole, la
realtà è ben diversa.
Non troverai mai un uomo che ti
ama, non riuscirai mai a sposarti, non avrai mai l'occasione di mettere
al mondo un bambino e mostrargli quanto può essere bello il
mondo.
Perché il mondo è schifoso, e non vale la pena di mettere al mondo un bambino, se la si pensa in questo modo.
Invece, era successo. C'erano ragazze che scopavano a
destra e a sinistra usando nient'altro che il coito interrotto come
precauzione, e mai una malattia, mai una gravidanza.
E lei invece...
Bella sfiga. Avrebbe potuto vincere il Campionato del Mondo, ce ne
fosse stato uno. Non si era nemmeno mai accorta che il preservativo si
fosse rotto.
Il figlio era di George, su questo non aveva dubbi. Da quando si era
stabilita a Casper, non aveva mai avuto più di una
relazione alla volta, e in confronto a quelle precedenti, erano tutte
state piuttosto durature - con Mark Levine, operaio dei pozzi trentottenne,
atletico e ancora piacente, era durata la bellezza di otto mesi:
peccato che lui fosse sposato con due figlie, e si sentisse in colpa
verso la famiglia.
Sfiga su sfiga.
Guai su guai.
E in ultimo, un bambino nella pancia, che per chi la conosceva e
conosceva la reputazione che si era costruita, poteva essere di
chissà chi.
Aveva deciso di ammazzarsi. Per quanto tremenda, le era sembrata l'unica soluzione possibile: ammazzarsi e
ammazzarlo. Sarebbe finita all'inferno, ma probabilmente ci sarebbe
finita comunque, e quel povero bambino non avrebbe
sperimentato l'inferno nascendo in questo mondo di merda? Tanto valeva
risparmiare una vita di sofferenza anche a lui.
Com'era stata stupida. Stupida, idiota, e crudele.
E irresponsabile. Era rimasta incinta, okay, e la soluzione migliore
che aveva trovato era stata morire, portando con sé un piccolo
innocente, quando invece avrebbe dovuto prendersi le proprie
responsabilità e cercare di tirare avanti, come aveva sempre
fatto... anzi meglio di come
aveva sempre fatto, cercando di cambiare vita, anche se la strada per
una ragazza madre poteva solo essere in salita, piena di ostacoli e
impedimenti.
Nonostante tutto, questi due uomini le avevano dato
un'opportunità. Non l'avevano condannata, bensì stavano
cercando di aiutarla.
Jack in modo più evidente, era da lui che era partito tutto:
l'aveva invitata ad abitare con loro, in cambio solo di qualche
faccenda domestica.
Ma anche Ennis, in un modo più sottile: inizialmente non era
stato d'accordo, ma poi si era forzato ad accettarla. Cassie
conosceva Ennis del Mar a sufficienza per sapere che, se era convinto
di qualcosa che riteneva importante, s'impuntava
fino a che non l'aveva vinta contro chiunque fosse in disaccordo. Ennis
non l'avrebbe voluta in casa,
chiaramente non amava interferenze nella propria privacy (il che era
perfettamente comprensibile, considerando il tipo di rapporto che aveva
con Jack), ma l'aveva
accettata comunque, forse convinto che la propria privacy
fosse una
faccenda insignificante, in confronto ai problemi di una ragazza madre
sola, senza casa e senza lavoro.
Come le aveva spiegato Jack, anche loro si erano trovati in
difficoltà. Erano stati vicini a toccare il fondo, ma avevano
trovato qualcuno che li aveva aiutati, che aveva dato loro fiducia, e li aveva aiutati a costruirsi una vita dignitosa.
Ora stavano facendo lo stesso
con lei. La stavano aiutando, e le avevano fatto comprendere la portata dei suoi errori.
Esisteva anche gente buona, a questo mondo. Ne esisteva tanta, troppa,
di cattiva: gente che si approfittava di te, che ti usava, che in cambio di un pò di sesso ti
offriva un drink o non ti offriva nient'altro che un'illusione... ma esisteva anche gente buona.
Altruista. Che sapeva cosa voleva dire soffrire, trovarsi in
difficoltà, e invece di chiudersi e di abbrutirsi, offriva il
proprio aiuto a chi si trovava nella stessa situazione.
Aveva vissuto trentadue anni di dissolutezza, di sbandamento, ma
sarebbe cambiata, o almeno ci avrebbe provato. Per il suo bambino, per
i due uomini che la stavano
aiutando: lo doveva a tutti loro.
E lo doveva anche a se stessa. Alla fine, se lo meritava. Era ora
che iniziasse ad amarsi almeno un pò, invece di cercare inutilmente
amore dove non poteva trovarlo.
Nota 1: inizialmente, Cassie
Cartwright mi serviva solo per dare alla luce C.J., ma mi ci sono
affezionata
scrivendone, e mi sono accorta che in "Leave out" non faceva
una gran figura. Qui ho voluto cercare di "riabilitarla", visto che
nel precedente racconto non potevo farlo - non era centrato su di lei,
ed era completamente in POV Jack. Giusto un appunto: anche se i "miei"
Ennis e Jack, per quanto riguarda l'aspetto fisico, sono un insieme fra
le descrizioni che ne fa la Proulx (che tende a sottolinearne i difetti
più che i pregi, facendoli apparire come due perfetti
spiantati), le controparti cinematografiche (due attori decisamente carini), il tutto mixato con la mia immaginazione, Cassie l'ho sempre
vista come la Linda Cardellini del film.
Nota 2: questo breve racconto è nato in un modo che mi vergogno
un pò a confessare (ma lo confesso, come espiazione della mia
stupidità): negli ultimi tempi non sono mai riuscita a
scrivere per mancanza di tempo (oltre a tutto il solito e
impegnativo tran tran, mi sono pure messa a imparare a fare
tatuaggi, cosa che a dir poco mi entusiasma, ma che richiede tempo, e
una calma e una concentrazione assolute). Ora però sono di nuovo
a casa dal lavoro, ingessata al piede destro, essendomi infortunata in
maniera oltremodo idiota durante un corso di kettlebells (se avessi mollato il peso quando ho visto che non riuscivo a tenerlo,
invece di cercare stupidamente di controllarlo! Ma ormai è
successo, e mi serva di lezione per la prossima volta), e così
ora ho tutto il tempo che voglio per scrivere e tatuare e leggere
e dedicarmi a tutte le altre mie svariate passioni (hahahaha, sai che
soddisfazione...).
Comunque, nella sfiga sono stata fortunata: un peso da dodici chili in
volo che termina il suo atterraggio sul tuo piede può farti
molto, molto peggio di una piccola frattura a un ossicino (si vede che
ho la pellaccia dura, non solo la testa, come dice mio marito).
L'unica cosa che mi tira davvero è per il mio Tommy, con il
quale non posso fare tutti i giochi "matti" che facevo prima, e che non
capisce come mai la sua mamma abbia il gambone e debba stare
relativamente ferma - però si diverte un sacco a fregarmi le
stampelle!
Credits: "Feel" è una canzone di Robbie Williams, cantante adorato dalla mia sorellina.
Disclaimer: I
personaggi di Cassie Cartwright, Jack Twist ed Ennis del Mar appartengono ad
Annie Proulx.
Se qualcuno
riconoscesse nella mia storia idee che ritiene di sua proprietà,
mi creda se gli dico che non l’ho fatto apposta, e spero non si
offenda.
Infine, preciso che questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
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