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Un piccolo cammeo per un'opera stupenda, che ha saputo trasmettermi una dolcezza di sentimenti unica. Per un personaggio che sembra quasi troppo buono per essere vero. Per tutti coloro che, come me, vorrebbero vivere su un pianeta così.
***
La luce filtrava leggera dalla grande finestra rotonda che
si affacciava sull’immenso oceano di acqua. I primi, pallidi raggi di sole si
posavano con delicatezza sulle piccole onde che increspavano la superficie
salata, regalando agli occhi dei più mattinieri limpidi giochi di luce.
Una tenue brezza volava per la città, sui canali e tra le
calli, portando con sé il denso odore del mare e quello appena accennato dei
fiori, assieme a quell’idefinibile qualcos’altro che annunciava sempre l’arrivo
della primavera su Aqua.
Akari, divisa estiva indossata e direttore Aria al fianco,
sedeva sul molo dell’Aria company, godendosi ad occhi chiusi il piacevole
tepore.
“Akari!”
Si voltò verso la sua senpai, sorridendo lieta.
“Buongiorno, Alicia!”
La ragazza ricambiò il sorriso con la solita espressione di
comprensiva dolcezza, accovacciandosi di fianco alla sua kohai. “Come siamo
mattinieri oggi, Direttore” commentò, accarezzando la testa del grosso gatto
marziano, ricevendo in risposta un sonoro “PNYU!”.
“Probabilmente anche il diretto Aria ha sentito l’arrivo
della primavera!”
Alicia sorrise di nuovo, annuendo. Poi, osservando il volto
sempre entusiasta di Akari, aggiunse: “Perché non ti prendi la mattinata
libera?”
“EEEH?” La ragazza si voltò di scatto, incredibilmente
sorpresa “Davvero posso?!”
Ridendo, l’altra rispose “Certo. Questa mattina abbiamo
poche richieste, e ti meriti un po’ di riposo.”
“Aaaah, grazie mille, Alicia!” Akari scattò in piedi di
colpo e, con un ultimo sguardo grato alla sua senpai, corse a prendere il remo
della gondola.
Alicia rimase a fissarla allontanarsi sulla superficie
limpida del mare, con un sorriso malinconico che trasmetteva tutto il suo
affetto per lei.
Perché in Akari rivedeva se stessa, ed era incredibile come quella ragazza
proveniente da un pianeta meccanizzato come la terra fosse entrata in simbiosi
con Aqua, arrivandone a scoprirne gli aspetti più peculiari, e nello stesso
tempo riuscendo ad amare anche le cose più comuni; era quel suo continuo
sorprendersi per tutto che la rendeva tanto autentica, tanto simile allo spirito
che pervadeva la città.
E per quello spirito, tutti finivano per amarla.
*
Akari remava tranquillamente, per una volta lasciando
perdere gli allenamenti, la bravura tecnica, e le altre regole che le Undine
dovevano seguire. Remava solo per il piacere di sentir scivolare l’acqua dei
canali sotto alla gondola, per il rumore delle onde contro il legno, per il
vento tra i capelli.
La mattina volò senza che quasi se ne accorgesse.
Tra i saluti delle persone che conosceva, le chiacchiere
allegre dei neo-veneziani, la riscoperta di alcuni canali interni ancora più
tortuosi al suono di “Passa una gondola!”, ben presto il sole salì fino al suo
punto di culminazione, accecando quella città fantastica di bagliori dorati.
Voltando l’imbarcazione in direzione dell’Aria Company, le
capitò sott’occhio la pasticceria dove Aika conduceva sempre lei ed Alice quando
non avevano nulla da fare, e fu sorpresa di vedere l’amica seduta ad un tavolino
di fronte ad Al.
Sorrise, divertita. Lo gnome doveva tenere particolarmente all’amica se era
disposto a lasciare il suo lavoro per salire in superficie a vederla quell’ora
del giorno.
Decidendo di non disturbarli, proseguì inosservata.
“PNYU!”
“Direttore Aria, ha fame?” rise, osservando il muso
speranzoso del gatto “adesso torniamo a casa, non si preoccupi.”
Socchiuse gli occhi, pervasa da una felicità pressoché
totale.
Amava quel pianeta, venerava quella città. Così diversa dai
ritmi meccanizzati della Terra! Così immediata, così vera ed autentica!
Lì, potevi ancora conoscere il gusto di un gelato, provare
l’eccitazione di smarrirti tra le vie e scoprire giorno dopo giorno qualcosa di
nuovo e di ancora più bello!
Era la magia della luce del tramonto che si spandeva dolcemente sulle acque, il
canto dei gabbiani la mattina presto, il sapore familiare delle feste
tradizionali, i misteri delle calli coperte di nebbia, l’aroma delle patate con
burro durante l’inverno, il calore di una città che tutti amavano e
proteggevano. Era l’amicizia di Aika ed Alice, il sostegno di Alicia, Akira ed
Athena, la presenza costante del direttore e il perenne impegno che tutti
mettevano nel proprio lavoro.
Una volta Al glielo aveva spiegato; era ciò che Aika aveva
sintetizzato in un perfetto “E’ tutta colpa della forza di attrazione!”.
Aqua era soggetto a due forze, quella di attrazione
gravitazionale e quella di repulsione centrifuga. La risultante di quelle due
forze era la gravità, che attirava verso il pianeta tutti i corpi, uomini
compresi.
Ma lei di fisica non ci capiva nulla, e se quella legge le
era rimasta impressa era perché, per lei, era più una cosa interiore: la
bellezza di Neo-venezia catturava l’animo, e lo tingeva irrimediabilmente coi
suoi colori, accettando tutti senza discriminazioni.
Anche lei, piccola straniera terrestre, si sentiva ormai
parte di quel grande organismo che era Acqua, tanto che era certa che non
sarebbe mai riuscita a trovare un luogo in cui sentirsi più a proprio agio.
Sentì cantare un’Undine che poteva essere soltanto
Athena-senpai, mentre pensava quella cose; e con un ultimo sorriso colmo di
quello che poteva essere amore e soltanto amore per ogni singola fibra di quella
città, si apprestò a raggiungere Alicia che, già lo sapeva, la attendeva
sorridente per il pranzo.
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