Oro
Questa
one shot l'ho scritta molto tempo fa, quando ho iniziato a viaggiare un
po' troppo con la mente creando pensieri scoclusionati. Questa storia
non riprende alcun fatto reale, non ho mai vissuto un'esperienza del
genere in prima persona e non conosco nessuno da cui avrei potuto
prendere spunto, questo per dire che ogni riferimento a fatti e/o
persone, è puramente casuale.
Ho cercato di revisionare la storia migliorandola per quanto concesso
dalla trama, che è quella che è. Essendo una "Non sense"
appunto non ha un vero e proprio senso, più che altro ho voluto
lasciare libero arbitrio alla mente del lettore. Non mi soddisfa molto
e non è uscita fuori come volevo, ma essendo un argomento troppo
più grande di me (ripeto che poi ognuno può vedere
ciò che è alla base della storia in modo diverso, quindi
può risultare semplice o meno), non sono riuscita ad arrivare ad
essere pienamente convinta di ciò che ho scritto. Ritengo di non
essere riuscita a creare quel tipo di introspezione che volevo creare.
Ora,
dopo questo sproloquio, vi lascio alla storia. I commenti sono sempre
graditi e con i commenti anche gli eventualio punti di vista su
ciò che avete letto e su ciò che vi ha o non vi ha
trasmesso.
1. ORO
Il passato.
Ricordo fin troppo bene il passato, ogni singolo momento del mio
passato.
Non è molto difficile dimenticare un passato come
il
mio, nella mia vita ho sempre visto il vuoto, non ho mai amato nulla,
non ho mai odiato nulla, non ho sentito felicità
né
tristezza.
Le mie giornate passavano così, come se nulla fosse,
rinchiusa
nella mia camera, quella camera troppo grande, troppo lussuosa, troppo
luminosa.
Le mie giornate, ancora, passavano così, sul letto seduta a
guardare fuori dalla grande finestra alla mia destra, il grande
giardino, la fontana, le rose e l'orizzonte verde. La sera leggevo
libri e assimilavo.
Non rimpiango il mio passato, perché non sento di averlo mai
avuto. Non sono infelice, mi ritengo una persona come le
altre, solo un po' più vuota.
Nessuno mi ha insegnato la felicità, nessuno mi ha insegnato
la tristezza, di conseguenza non sono capace di provare questi
sentimenti come tanti altri, forse tutti gli altri.
Provo indifferenza forse quella
sì, ma l'indifferenza vuota.
Non ho mai avuto amici, non ho mai avuto dei genitori, non ho mai avuto
una famiglia, una sorella o un fratello da amare, un migliore amico con
cui parlare, ridere e scherzare.
Non ho avuto nient'altro nella mia vita se non la mia stanza, la
finestra, la vista sul giardino e i libri. Mi devo ritenere
un'autodidatta, non ho avuto un maestro che mi insegnasse qualcosa, i
miei insegnati sono stati i libri.
Gli unici rumori che abbia mai sentito erano i passi al di fuori della
mia stanza, gli uccellini che cantavano, il vento e la tempesta.
Nessuno mi ha
mai fatto visita, non ho mai dialogato con una persona. L'unica persona
che abbia mai visto in vita mia è un uomo,
colui
che mi porta il cibo, un manichino: bussa, entra, posa il vassoio e se
ne va. Ormai nemmeno lo guardo più, ma ricordo bene i suoi
tratti, l'unica persona che abbia mai visto. Un uomo, non saprei dirne
l'età, alto, magro, potatura
regale,
diritta, il passo silenzioso, il volto bianco e i capelli bianchi. Gli
occhi, li ho visti poche volte di sfuggita perché lui
non
mi ha mai guardata nemmeno per sbaglio, i suoi occhi erano chiari,
freddi, forse grigi, forse azzurri, vitrei a mio parere
perché
evidentemente il suo lavoro era quello di dover essere un'ombra, anzi
doveva essere aria, come veniva poi andava via, questo per tre
volte
al giorno: colazione, pranzo e cena.
Mangiavo quel che potevo, lo stretto necessario. I sapori, quelli sono
l'unica cosa che forse stento a ricordare, così tanti sapori
diversi, uno solo però era il mio preferito: il sapore del
salmone.
Anche gli odori, sì, gli odori, anche quelli tanti e
diversi, ma
il mio odore preferito era l'odore della rosa bianca che ogni volta era
posata sul vassoio d'argento dei pasti.
Vicino alla rosa c'era sempre un bigliettino con su scritto, con
inchiostro nero e calligrafia elegante: Milady.
Non sapevo chi lo scrivesse, non sapevo perché lo scrivesse.
Per qualche periodo ho creduto che fosse l'uomo che mi portava
sempre il pasto, ma non c'era una spiegazione logica del
perché
lo facesse e così ogni mio dubbio si dissolse nell'aria.
Un giorno, lo ricordo nitido più degli altri, un giorno
particolare, un giorno in cui feci qualcosa di diverso, durante
l'inverno dei miei diciannove anni.
Nevicava, il colore candido e puro della neve ricopriva l'intero
giardino, tutto fuori dalla finestra era bianco, tutto era avvolto in
un'aura di candore immacolato. Non ho mai toccato la neve con le mie
mani, anche se ho letto che la neve è fredda, io non so cosa
sia
il freddo.
Quel giorno, presi il bigliettino accanto alla rosa sul vassoio della
colazione, lo lessi, contemplai quella parola scritta sulla carta, mi
alzai dal mio letto dirigendomi verso la scrivania su cui ogni tanto
annotavo delle parole, presi la stilo con l'inchiostro nero e scrissi
dietro al bigliettino: Milord.
Non sapevo se avessi sbagliato, se quel qualcuno che mi scriveva ogni
volta quel biglietto fosse un uomo o una donna, andai a tentativo,
scrissi solo ciò che sentivo.
Il giorno seguente sentii bussare alla porta, come al solito
entrò qualcuno, io guardavo sempre fuori dalla finestra. Silenzioso si avvicinò al mio letto, posò il
vassoio e
poi invece di andare via, si sedette sul mio letto.
Non mi voltai subito, lo feci solo dopo qualche secondo e quando lo
vidi sentii qualcosa di diverso, il mio cuore sentì
qualcosa,
iniziò a battere più forte.
Sguardo d'oro: subito mi imbattei nei suoi occhi che erano dello
stesso colore dell'oro fuso, la sua pelle poi, quella era chiara,
sembrava fatta di porcellana, i suoi capelli, fili d'oro che ricadevano
delicati ai lati del volto, erano legati dietro in una coda bassa.
Un volto nuovo, un volto maschile, candido, evidentemente giovane,
sembrava finto per quei tratti delicati
e fini.
Le sue labbra rosee erano leggermente ricurvate verso l'alto.
Osai alzare una mano e andare a sfiorare il suo volto, la sua guancia, e
il mio cuore fece un balzo. Sentii il cuore battere forte nel mio petto,
era strano, era una sensazione mai provata, anomala ed indefinibile.
-Milady-
Il suono della sua voce, leggero come il volo di una farfalla,
penetrante e profonda, mi fece sentire, per la prima volta in diciannove anni di vita, qualcosa di diverso.
Se ne andò, non disse più nulla, non venne
più
nella mia stanza, mi lasciò con il solo ricordo di quel
momento
in cui, per la prima volta, toccai il volto di qualcuno. Quell'attimo
in cui sentii qualcosa, non la solita indifferenza, non so spiegarla,
non so cosa sia, perché nessuno mi ha mai insegnato cosa sia
quell'emozione e nemmeno i libri sono stati capaci di darmi una
risposta.
Ho cercato a
lungo quel significato, quella sensazione, il forte battito che nei
libri di medicina erano chiamati "tachicardia", ma non era la stessa
cosa che avevo sentito, quella tachicardia era un malanno, un dolore al
cuore, io invece in quel breve attimo sentii solo un grande sollievo.
Lessi qualche
romanzo rosa e diverse volte vi era scritto di quello strano battito,
della bella sensazione e della gioia: dell'amore. Ma non seppi mai cosa
fosse in realtà, non seppi mai nulla perché non provai
più quella sensazione.
E di nuovo tornarono i giorni monotoni mentre nella mia mente lasciavo stampata l'immagine di quel giovane uomo: il mio milord.
Non gli
scrissi, lui non mi scrisse più e l'uomo che mi portava i pasti
era sempre lo stesso, con lo stesso atteggiamento, con la stessa
assenza.
Il vassoio
d'argento era stato sostituito da un vassoio d'oro, con piatti di
finissima e pregiata porcellana. Sopra il vassoio non c'era più
una rosa bianca, ma solo un petalo bianco, candido, liscio e fresco di
quella rosa e uno ad uno li conservavo nel cassetto della scrivania
accorgendomii di come con il tempo diventavano marroni e secchi.
Non ci volle
troppo tempo prima che il mondo attorno a me cadesse come le foglie
degli alberi in autunno e in quel letto grande lascio esalare il mio
ultimo respiro.
L'immagine del
mio milord si scioglie in una cascata di brillante oro e scivola via
dalla mia mente come la vita che scivola via dal mio corpo.
Ho solo un ricordo del passato: l'oro.
Aggiungo
una piccola cosa, che magari può essere gradita oppure può non fregare
nulla a nessuno (opterei più per quest'ultima), questa storia è stata
creata con l'intento di iniziare una raccolta. Questa raccolta mi
toglierebbe un sacco di tempo e forze e ci metterei tutta la mia anima,
quindi, se vi piace la storia, sono graditi insieme ai commenti, oltre
a critiche e opinioni sulla storia, anche idee che potrebbero venirvi
in mente in base a questa storia. Questo non perché non abbia fantasia
o perché voglio rubare idee a qualcuno, ma perché mi pare più che
giusto che di tanto in tanto siano i lettori a scegliere.
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