rain
La pioggia batte leggera sulla finestra, picchiettando sul vetro con una ridondante cantilena.
Le gocce cadono lente, si uniscono e si dividono, per poi tornare insieme, attratte da una forza elettromagnetica.
Mi sento un po’ così con te, una gocciolina di pioggia che
svanisce e si dipana, eterna quanto un battito di ciglia.
Mi stringo ancora un po’ sotto le coperte e sorrido di nascosto.
Le tue braccia mi stringono forte, quasi temessi che possa scappare
via. Non lo farò, non potrei allontanarmi da te.
E’ il calore che sento dentro che ci tiene legati… Un
dolce sapore sulle labbra, così crudele e famelico, così
vivo e doloroso e intenso e insaziabile. Vorrei tenerti dentro e non
lasciare che il mondo ci divori.
Il ticchettio dell’orologio accompagna severo il rumore della pioggia.
Quante volte quella sveglietta ci ha stappato l’uno dalla braccia
dell’altra, ci ha costretto a rivestirci in fretta, a rifare il
letto, a lasciare la stanza vuota?
E ora sei qui, il mio piccolo conforto, il mio acre desiderio, il mio stupendo amore.
Ripercorro lentamente il tuo profilo con la punta delle dita, senza
svegliarti, senza turbare quel viso talvolta imbronciato come quello di
un bambino, le labbra pronunciate che ispirano morsi e gli occhi grandi
che mi scrutano l’anima.
Non me ne andrò amore, basterebbe uno sguardo a trattenermi, un bacio a vincermi.
Ed ora che siamo sotto le coperte, mentre i nostri corpi si modellano
l’uno sull’altro come se fossero stati creati per questo
attimo, ricordo.
Ricordo la mia vita senza di te, il mio dolore, i miei attimi bui e
silenziosi. E tu da lontano, solo un punto indefinito che mi fissava,
ma a cui non rivolgevo attenzione, troppo presa da un bagliore lontano
e luccicante. Una rosa nel deserto, ma non lo sapevo.
La pioggia non cessa di battere. Le tue ciglia tremano, mi stringi ancora più forte.
“Sono qui…”, ti sussurro.
E’ come tenersi dentro al cuore tanto di quell’amore che
alla fine implode senza far rumore e si riversa caldo come sangue sulla
tua bocca. E’ come raggomitolarsi sulla roccia nuda ed assorbire
la durezza della pietra e il tepore del sole primaverile.
Apri lentamente gli occhi e mi sorridi. Senza una parola, ti sporgi e mi baci le labbra.
“Dimmi che ci sarei sempre”, ti supplico.
Tu non rispondi, mi accarezzi le guancia. Ti siedi, mi prendi tra le
braccia. Mi culli lentamente, appoggiando la testa sul mio seno nudo.
“Che fai?”.
“Ascolto il tuo cuore”.
Un altro sorriso. La pioggia si è fatta più intensa.
“Potrei non esserci tra una settimana, un mese, un anno”,
rispondi infine. Non mi guardi negli occhi, tieni la testa sul mio
petto.
“Perché?”. Mi aggrappo forte a te.
“Nulla è eterno”.
Tic tac.
Chissà che ore sono. Chissà quanto tempo è passato.
E’ una strana invenzione, il tempo. Vola sempre quando sei
felice. E non passa mai quando la vita ti schiaccia addosso il suo
macigno in testa. Ma scommetto che questa l’avete già
sentita.
“Nemmeno il nostro amore lo è?”.
“Nemmeno quello. Nemmeno il sole è eterno, nemmeno la
vita, nemmeno la morte, non lo è questa casa, non lo è
questo momento. Tutto passa. Anche noi”.
Alzi la testa e mi dai un bacio leggero, un sorriso triste.
Non riesco a concepire queste tue idee, io vorrei stare con te per sempre.
Sembri leggermi nel pensiero, con quella tua capacità di comprendere ogni cellula del mio corpo.
“Anche io vorrei stare sempre con te, amore”.
Mi sciolgo sempre tutte le volte che mi chiami amore. Eppure sei
distante, non mi guardi, non sei felice. Perché? Cosa nasconde
questa tua malinconia?
Mi stendi lentamente sul letto e mi baci piano la pancia, le gambe, il
seno. Poi ti accucci accanto a me e mi osservi. I tuoi grandi occhi
scuri non si danno pace. Mi inseguono ogni attimo, ogni secondo senza
di te grava sulla mia tranquillità. Ogni volta che manchi, che
non mi sei accanto, che non mi avvolgi col tuo sorriso, il mondo
diventa insopportabilmente doloroso. Insopportabilmente vero. Vorrei
sentirti ancora mio, un’altra volta, ma qualcosa mi ferma.
Un’inspiegabile paura mi ha congelato il cuore.
“Cosa c’è?”, ti chiedo.
Un’altra stretta, ma perché? Perché mi sento
sospesa su una nuvola, come se tutto questo non stesse succedendo?
Nascondi il viso sulla mia spalla.
Guardo di nuovo fuori dalla finestra, mi sembra quasi di sentire il
profumo della pioggia. Non riesco a scacciare l’ombra che
comincia ad attanagliarmi il cuore. Vorrei uscire fuori, correre,
sbattere i piedi, picchiare i pugni, lavare via l’angoscia. Non
è così che si fa. Non è così semplice. Ma
non è nulla, vero? Solo una sensazione. Chiedo muto consiglio
alla mia goccia. E’ disperatamente aggrappata al vetro, cercando
di rimanere ancorata all’ultima speranza che ha.
Non ce la fa. Scivola via e scompare.
“Mi devo trasferire. In un’altra città”.
Il mio cuore si ferma per un attimo. La pioggia ha quasi smesso di
cadere. Mi accarezzi le gambe, mi abbracci, cerchi di spiegarmi.
Una settimana, e sarà tutto finito. Non ci sarà
più questa stanza, questo cielo, questa pioggia. Mai più
questi occhi, queste labbra, queste braccia che mi fanno sentire
l’unica al mondo. La più perfetta e completa e felice
ragazza del mondo. Non più quei dolci sogni, quelle tormentate
nostalgie, quei gioiosi incontri. Vedo solo il buio.
Mi baci ma non reagisco. Mi giro lentamente verso di te, il dolore ti divora gli occhi.
“Facciamo l’amore ancora una volta…”.
E’ una preghiera. Acconsento, ma le lacrime mi rigano il volto.
Ho già cominciato a morire.
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