One-shot a muzzissimo. PROIBITO
LEGGERLA SENZA Bird Guhl - di Anthony & The Johnsons di
sottofondo.
PROIBITO,CAPITO????
xD
Buona letturaaa
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L’aria è secca,
così secca che vibra, elettrica e fredda
sotto le mie dita.
Cos’è?
Cos’è
quest’elettricità?
È uno spasmo che ti fa
arrancare, che ti fa piangere muto,
che ti fa trattenere il cuore in gola e ti solleva il diaframma,
impedendoti di
respirare.
No, no, no.
Non riesco.
Non riesco a respirare.
Il fazzoletto scivola dalla mia mano
tremante e quasi lo
vedo sparire a rallentatore nella neve.
La neve che non cade, che rimane
ferma al suolo e che
risucchia tutto, i tuoi passi, la tua forza, la tua anima.
No, no, no.
Non si trova.
Non c’è.
C’è solo neve e
neve e neve.
E adesso la neve inizia a cadere e ce
n’è sempre di più.
No.
No.
Cos’è?
Questo sangue che cola?
Scivola lento sulla guancia, sfiora
ripido il mento.
Tocca il suolo.
Viene risucchiato dalla neve.
Piango sangue.
Sangue.. bianco?
“Lacrime.”
Il mio sangue è bianco.
Bianco come quello di Leo.
C’è questo che
ci rende uguali.
Almeno questo.
Ha il fiato corto ed è
ansimante.
Mi raccoglie una mano.
E si sfiora la guancia pallida con la
mia mano arrossata e
tagliata dal vento.
Sospira.
Il suo viso brucia di febbre.
“Sono lacrime,
Lapis.” Uno spasmo lo coglie impreparato,
mentre pronuncia queste parole.
No,nemmeno il sangue ci rende uguali.
Il suo è più
puro.
È bianco da molto
più tempo.
Leo è neve.
Se lo tieni in mano per troppo tempo
si scioglie, diventa
acqua.
Diventa bianco e liquido come il suo
sangue.
“Voglio trovare un posto
dove non possono più trovarmi.”
Sono parole spezzate, che fluiscono
dal mio cuore come
mosche ronzanti, senza ali.
Rozze.
“Non voglio stare solo in
quella scuola.”
Singhiozzo.
“Non potrai mai essere
solo.”
La voce di Leo è
accompagnata da farfalle bianche,
lattiginose e vaporose come la schiuma del latte appena fatto.
Bacia la mia mano tagliata con le sue
labbra vermiglie,
unica fonte di colore nel raggio di chilometri.
“Perché mi hai
seguito, imbecille?” Chiudo gli occhi nel
dirlo.
Sussurri flebili che mi fanno
rannicchiare ai suoi piedi e
piangere perle ghiacciate.
Chiude gli occhi rantolando per la
tosse.
Si pulisce la bocca con la manica
della divisa.
Mi fissa risoluto.
“Ti braccherò,
Lapis, dagli occhi di ghiaccio. Ti seguirò per
farti sentire perennemente osservato.”
Si china di fronte a me, sorridendo
amaramente per quel
soprannome che odio.
“Ti possederò
per sempre.”
Lo vedo spalancare gli occhi per una
fitta al petto.
Le mie lacrime bianche non si
fermano.
Spasmo.
Uno spasmo solo.
L’ansia mi attanaglia il
petto.
Il cuore si chiude.
Tu sei una farfalla di latte, Leo,
non potrò mai possederti,
io.
Il mio sguardo sale sul suo naso
lentigginoso e raffreddato
e sui suoi occhi neri.
Occhi di pece, che sembrano piangere
fuliggine.
Perché tutto il nero di
Leo è nei suoi occhi.
Tutto quel nero vermiglio che
avrebbero dovuto indossare le
sue vene è racchiuso in quelle iridi piangenti.
Piange a stento.
Non riesce a parlare.
Si guarda intorno.
No, Leo, guardami. Non piangere.
“Lapis, io..”
No, Leo. Ti prego.
No.
“Lapis, scusa se non ci
sarò sempre.”
No, Leo, NO.
“Ti prego!”
Lo abbraccio, dimentico di tutto,
desideroso di sentire un’unica
menzogna.
“Ti prego Leo,
menti.”
Piange,
singhiozza.
“Porca puttana,
menti!”
Mi stringe attaccandosi al colletto
della mia divisa.
“Lapis…”
“Ti prego, Leo.
MENTI”
Grido.
“MENTI,CAZZO,MENTI!!!!”
Il respiro si fa di nuovo
difficoltoso e perdo qualche
battito.
Mi stringo a lui.
“Menti..”
Una sua lacrima mi bagna la guancia.
Sangue bianco contro sangue bianco.
Leo e Lapis.
LL.
In questo siamo uguali.
“Lapis…”
Lo sento barcollare
all’indietro.
Lo stringo.
Lo stringo, ficcandogli le mie unghie
mangiucchiate fin
dentro i muscoli di carta.
Muscoli di carta.
Carta bianca.
Nonostante la sua leggerezza, il suo
corpo ci trascina
entrambi nella neve.
I suoi occhi sono secchi di pianto e
mi fissano felici.
Sfioro quelle labbra piene e
vermiglie con le mie, sottili e
pallide.
Ancora.
Ancora e ancora.
E lui rimane lì a fissarmi
con gli occhi ridenti e neri .
Occhi neri e vermigli.
Mi stringe leggermente un braccio.
E quella sottile stretta mi distrugge
ogni speranza
“Ti prego, Leo…
menti…”
Ormai non ho forza di fare niente.
Mi abbandono sul suo petto, ormai
flebilmente mosso dal suo
respiro.
“Leo…”
Il suo sguardo si incatena al mio e
si ammorbidisce più del
solito.
Ti amo, Leo.
Singhiozza avido di aria tra i
rantoli della tosse.
“Lapis.”
Una lacrima cola.
So che è una lacrima.
“Lapis, sarò
lì.”
Perché è calda
e brucia la mia faccia pallida e congelata.
“Sarò
lì con te.”
È una lacrima
perché la vedo rossa.
“Lapis, sarò
lì con te”
Rossa come il nero vermiglio dei suoi
occhi immobili,
spalancati.
È una lacrima rossa che
cade, che bagna la sua guancia
affiancata da mille fiocchi bianchi.
Guancia pallida.
Sorride.
Una guancia immobile e bianca di neve
che sorride.
Il “per sempre”
lo sottintendono le sue iridi spente e nere.
Ridenti, ma spente
Il nero vermiglio non
c’è più.
È solo nero.
E le farfalle di latte…
Ora possono volare.
Libere.
“Per sempre.”
L’aria è secca,
ma non vibra più.
È spenta e ha smesso di
ronzare, come le mie parole, come il
mio sangue, che scorre rosso sulla neve, silenzioso.
Sorrido, perché Leo me
l’ha promesso.
“Per sempre”.
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