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A_DaRk_FeNnEr
Titolo della fanfiction:
Old Patchy Football
Titolo del contest:A
year together
Pairing:UsUk
(appena leggermente accennato)
Personaggi:America,
Inghilterra, OC
Generi:introspettivo,
slice of life
Warnings:
nessuno
Credits:APH
non mi appartiene e non guadagno nulla nello scrivere questa fic.
Note personali:nessuna
Old Patchy Football
“Questo fish and chips
è davvero ottimo!”
“Parli sul
serio?”
“No,
è orrendo.”
“Lo sapevo. Bloody twat.”
America
ridacchiò, prendendo in mano una patatina e inghiottendola
quasi intera; Inghilterra storse il naso.
Camminavano per uno
degli stretti sentieri laterali di Hide Park, durante la pausa pranzo
del meeting internazionale che, quel mese, si teneva a Londra.
Aveva piovuto per gran
parte della mattinata ma, proprio un attimo prima che uscissero dal
piccolo pub dove avevano acquistato il loro pranzo, un timido Sole
primaverile aveva fatto capolino tra le nuvole scure. L’aria
era ancora umida e fresca ma alcuni bambini avevano già
iniziato a riunirsi sotto le fronde degli alberi del grande parco per
giocare.
Era domenica,
dopotutto, considerò America tra sé e
sé. Giorno in cui, nella sua opinione, avrebbero dovuto dormire, non
passare ore ed ore in una noiosissima sala conferenze a litigare
assieme alle altre Nazioni. A volte invidiava Grecia, che
apparentemente riusciva tranquillamente a compiere entrambe le
attività, addormentandosi anche in mezzo al caos
più totale.
“Vorrei
tanto essere a dormire in questo momento.” America espresse i
suoi pensieri ad alta voce.
“Odio
doverlo fare, ma sono incline a darti ragione. Altri cinque minuti di
quel putiferio e giuro che avrei bloody
murdered someone!” Commentò
Inghilterra sospirando. “Ci sediamo?” chiese poi,
indicando una panchina che aveva un aspetto abbastanza asciutto.
America
annuì, e si sedette accanto all’altro sul metallo
freddo.
Delle risate
echeggiarono da poco distante e, dopo un attimo, un gruppo di bambini
fece la sua comparsa da dietro un cespuglio particolarmente alto, che
li aveva nascosti fino ad un attimo prima.
Avevano in mano delle
pistole giocattolo, e si sparavano addosso proiettili immaginari, che
provocavano immaginarie morti e reali risate. Solo un bambino restava
isolato, leggermente distaccato dal gruppetto di coetanei. Aveva il
viso decorato da un broncio leggero, e tra le mani stringeva un pallone
rattoppato. Aveva i tratti mediorientali, gli occhi grandi e scuri e la
pelle bruna.
Poco lontano, il
gruppetto di “soldati”, lo incitò a
venire a giocare con loro.
“Dai,
Hassan! Senza di te siamo dispari!”
“Chi
vince la battaglia si porta a casa queste caramelle!”
“Tu
sei velocissimo, con te vinciamo di sicuro!”
Il bambino scosse
vigorosamente la testa, gli occhi fissi sul suo pallone.
“Testardo,
il piccoletto.” Osservò America, accennando con il
mento al ragazzino.
“Tu eri
molto peggio da piccolo, credimi.” Commentò
Inghilterra, mentre prendeva tra le mani un piccolo pezzo di pesce.
America mise il
broncio, voltandosi verso l’altra Nazione.
“That’s
not true!”
“It bloody
is.” Rispose Inghilterra senza batter ciglio.
“Chiedi a Matthew,
lui si ricorderà di sicuro, viste tutte le
volte in cui l’hai trascinato in qualche tuo gioco
fisicamente devastante.”
America aveva aperto
la bocca per ribattere che sicuramente si sbagliava, e che la sua
memoria da old man
iniziava a dare i numeri, quando la sua attenzione fu riportata sul
gruppo di ragazzini
“Hassan!”
“Non
dirmi che hai paura!”
“Da
quando non vuoi più giocare con noi?!”
Allora, il bambino,
rosso in viso, alzò gli occhi e, d’improvviso,
urlò:
“NON
VOGLIO GIOCARE A FARE LA GUERRA!”
America si
irrigidì, mentre gli occhi di Inghilterra si dilatarono
considerevolmente.
Dal gruppo di bambini,
sui quali era caduto il più assoluto silenzio,
uscì un ragazzino con i capelli rossi e le lentiggini, che
si avvicinò ad Hassan.
“C’è
qualcosa che non va?” chiese, poggiando la mano sulla spalla
dell’amico.
L’altro non
rispose, continuando a tenere lo sguardo fissato sul suo pallone.
“Hassan…”
“È…È
il nonno…Il nonno è ancora lì, in
mezzo alla guerra. È lì e non posso fare niente
per fermare le bombe che gli cadono addosso. La nonna è
già morta, per colpa di una mina…Non voglio che
al nonno succeda la stessa cosa. Non voglio giocare a fare male, non
voglio giocare allo stesso gioco che ha ucciso la nonna e che forse
ucciderà anche il nonno. Non voglio.”
L’altro
ragazzino annuì comprensivo. Alzò il mento di
Hassan, così che potesse guardarlo negli occhi. Sorrise, e
gli tolse delicatamente dalle mani il pallone, facendoselo rimbalzare
tra le mani.
“I
see. Football, then?”
Hassan lo
guardò confuso, poi sorrise, annuendo mentre si asciugava le
lacrime.
Anche gli altri
ragazzini sorrisero incoraggianti, circondando allegri il bambino.
Così si
allontanarono, rincorrendo il vecchio pallone rattoppato.
Inghilterra aveva
ancora gli occhi fissi sul prato dove poco prima si trovava il gruppo
di bambini.
“È
colpa mia, vero?”
La domanda colse la
Nazione alla sprovvista. Si voltò; America aveva il viso
rivolto verso l’alto, il Sole che rifletteva i suoi raggi
sulle lenti dei suoi occhiali.
“America,
cosa…?”
“Questo.
Quel bambino, le sue lacrime. Sono colpa mia vero?”
Inghilterra
boccheggiò, non essendo del tutto certo di sapere quali
fossero le giuste parole da usare.
Era davvero difficile
stabilire chi avesse cominciato, chi avesse acceso la miccia che aveva
fatto esplodere tutto; probabilmente la colpa era un po’ di
ognuno di loro.
Inghilterra,
però, sapeva bene a cosa America si riferisse.
Alla guerra preventiva,
quella che il suo vecchio boss aveva iniziato, dopo l’attacco
dell’11 settembre, contro Iraq, quella nazione dai tratti
così simili a quel bambino.
Un piccolo singhiozzo
lo distrasse dal filo dei suoi pensieri.
“Un eroe non
dovrebbe far piangere nessuno, vero?.” America, allora,
abbassò gli occhi verso Inghilterra, rivelandone il leggero
luccichio.
Inghilterra allora
sospirò, catturando con un dito una lacrima che scendeva
lenta sulla guancia di America.
Per poi pizzicarlo.
Forte.
“Ouch,
Iggy, what was that for?!”
Inghilterra lo
fissò gravemente.
“Un eroe non
dovrebbe nemmeno starsene qui piangere
lui stesso sui proprio errori, se è per
questo.”
America lo
guardò, incapace di rispondere.
“Questa
guerra, come ogni guerra, è colpa di tutti. Ammetto io
stesso le mie colpe, e di sicuro anche Iraq ha le sue. Però
sai di cosa avremmo davvero bisogno?”
America scosse
debolmente la testa, ricacciando in fondo alla gola un’altra
ondata di lacrime.
“Dovremmo
scegliere tutti il vecchio pallone rattoppato. We should bloody do that.”
Sospirò Inghilterra, alzando gli occhi verso le fronde verdi
delle betulle.
America
annuì, tirando su col naso.
Inghilterra estrasse
dalle sue tasche un fazzoletto, con il quale asciugò
meticolosamente le guance bagnate di America e gliene porse poi un
altro.
“Soffiati il
naso, you git. I swear,
a volte mi sembra davvero che tu sia ancora un bambino.”
Commentò Inghilterra.
America
tentò un sorriso, e accettò il fazzoletto che gli
era stato porto. Inghilterra diede un occhiata al suo orologio.
“Shit, arriveremo in
ritardo e Ludwig ci ucciderà!”
“Nu-uh,
Iggy! L’eroe è qui per proteggerti!”
dichiarò America, portando un braccio attorno alle spalle
dell’altra Nazione.
Inghilterra
sospirò, ma non allontanò l’abbraccio.
Sapeva che il più giovane ne aveva bisogno.
E poi, alla fine, ne
aveva bisogno anche lui. Non che lo avrebbe mai ammesso, è
chiaro.
“Ora
sì che
mi sento al sicuro. Avanti, alza il tuo bloody arse da
quella panchina.”
America rise,
alzandosi e trascinandosi dietro anche Inghilterra.
Mentre camminavano
verso il palazzo dove si teneva la conferenza, un pallone
dall’aria familiare rotolò ai loro piedi, seguito
da un ragazzino sudato e spettinato, ma ancora perfettamente
riconoscibile.
Era Hassan.
Il bambino sorrise
nella loro direzione, prese il pallone tra le mani e fece per
andarsene, quando America lo trattenne.
“Ehy, hold on, kid! Mi
potresti fare un favore…?”
Hassan lo
guardò confuso, per poi rispondere titubante:
“Ye-Yeah,
sure!”
Inghilterra gli
lanciò un’occhiata interrogativa, alla quale
America rispose con uno dei suoi sorrisi a trecento denti.
Inghilterra allora
sospirò rassegnato, conoscendo bene il significato di quel
sorriso.
“I’m
the hero. Just leave it to me.”
E forse, per questa
volta, lo avrebbe lasciato fare.
***
Nella sala conferenze,
regnava il più completo silenzio.
“Sapete
cos’è questo?”
Un mormorio si diffuse
tra le Nazioni.
“Ve~ Un pallone da
calcio?”
America sorrise.
“Yep! Giusto Italia,
questo è un pallone! Non è un pallone qualunque,
però.”
“No?”
“No.
E’ un pallone vecchio e rattoppato.”
“Ah.”
Italia sembrava
deluso, mentre Giappone, accanto a lui, sembrava molto confuso.
“Alfred-kun…
Posso chiedere cosa ti abbia spinto a portare questo pallone nella sala
conferenze?”
Un mormorio di
approvazione per la domanda posta si diffuse tra le Nazioni.
America
sogghignò, mentre Inghilterra, accanto a lui, prese la
parola.
“Questa
è davvero un’ottima domanda, Kiku. In effetti, io
ed America abbiamo una piccola storia da raccontare, riguardo questo
pallone.”
America prese tra le
mani il pallone.
“Una piccola
anticipazione, la storia contiene un orrendo fish and chips e
una partita di pallone.”
Italia a questa
informazione sembrò illuminarsi, mentre Inghilterra
lanciò uno sguardo omicida all’indirizzo della sua
ex-colonia.
America
ignorò entrambi e continuò il suo discorso.
“ Iniziamola
così, questa storia. Io, America, Alfred F. Jones, eroe
degli eroi, la Nazione più potente e cool di tutto il
mondo,
terra dei liberi e-“
“Cut
it out, you git.”
“Alright, alright…
Dicevo, io, America, non voglio giocare a fare la guerra.”
La Nazione si godette
un secondo le facce confuse dei suoi colleghi, per poi farsi rimbalzare
il pallone tra le mani.
Un
vecchio pallone rattoppato.
End
Note
dell’autrice:
Fanfiction
partecipante all'iniziativa a
year togheter, indetta dal Fanfiction
Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 }.
Che posso dire? Sono ancora qui a scrivere su Hetalia, e nello
specifico su America ed Inghilterra. In mia difesa, posso dire che il
prompt n. 133 "non
voglio giocare a fare la guerra." mi ha obbligata a
scrivere su di loro.
Non sono sicura del perché, semplicemente mi sembrava che
quelle parole parlassero di loro, della guerra in corso e di quanto fa
male. Non sono così ben informata da saper dire con
esattezza il come ed il quando, ma ho tentato di esporre entrambi i
punti di vista. Pare infatti che Obama stia portando avanti una
politica anti-guerra in Iraq, e che l'Inghilterra stia contribuendo.
Comunque, mi sembra chiaro quale sia il nocciolo del mio discorso, e di
ciò che quel pallone rappresenta.
Volevo essere seria, ma non troppo, in tono con lo stile dell'opera di
Himaruya. Spero di avergli reso giustizia!
Io America lo vedo così, eroico e sicuro all'esterno, ma
ancora piccolo dentro. Inghilterra saggio, perchè lo
è, sarcastico e preoccupato per la sua ex-colonia. E' tutto
nella mia idea di IC, non fateci caso. =P
E sì, nel caso non si fosse notato, sono una hater di Bush.
Forse sta sera aggiornerò anche l'altra storia che ho in
corso nel fandom, ma non prometto nulla!^^
Kissu, ed alla prossima.
A_ Dark_Fenner
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