The
Scream of the Hawk
(Il
Grido del Falco) è
una long-fiction yaoi
sulla coppia Malik/Altaїr
post-game.
Nella narrazione
delle vicende, che non comprenderanno più di 15-20 capitoli,
saranno presenti scene di medio contenuto “lemon”,
un alto tasso di spoiler e un finale a sorpresa che si ricollega ad
Assassin’s Creed II.
Premetto che
potrò non essere costante negli aggiornamenti.
Per il sostegno alla
causa “Non
dimentichiamoci AC, anche se è uscito AC II” ringrazio
PotterWatch
– Elisa,
che come me ed altri ama molto questa coppia. La fan fiction
è inoltre dedicata a lei e alla sua bellissima raccolta, View
Points.
Detto questo, mi
faccio silenziosamente da parte e vi lascio alla lettura. ^^
P.S. Recensioni
gradite :3
I
Antefatto
[…]
Il vecchio Maestro si era spento per la mia lama giusto quella mattina,
e da allora, dopo la
dissipa della verità, sulla gente di
Masyaf aveva regnato un’oscura nube di pensiero che
io, Malik e gli altri assassini ci eravamo adoperati a stemperare
nell’arco delle poche ore che avevano preceduto il calare del
sole. Il rito funerario si sarebbe tenuto l’indomani al
tramonto, per volere della stessa gente alla quale, sia io che il mio
compagno, eravamo stati costretti a mentire. […]
Scegliere di non rivelare cosa realmente fosse successo,
da una parte ci aveva privato del potere
che ci spettava di diritto;
avevamo scelto di liberare il popolo da un pensiero negativo di noi e
di ciò che era stato prima di noi, ma di questo potevamo
facilmente fare a meno. Dall’altra, aveva contribuito ad
aumentare
l’inquietudine
e il sospetto nei nostri confronti, mettendo
in forse per la nostra gente il proseguirsi di una vita normale.
[…] La bugia architettata da me e Malik ci aveva esortati
verso un cammino diverso che la nostra gente aveva accettato di buon
cuore, non c’erano dubbi su questo, ma ancora ci inquietava
il fatto che molti sapessero ugualmente la verità.
Gli
uomini che Al-Sayf si era portato dietro da Gerusalemme per
accorrere
in mio aiuto alla cittadella, ovvero gli unici dentro la mente dei
quali Al Mualim non era riuscito ad intrufolarsi, ora stentavano a
mantenere un rigoroso
controllo di sé, predicando tra loro
una possibile opposizione che sia io che Malik ci eravamo prefissi di
soffocare sul nascere.
I
segreti custodi da un così portentoso oggetto sarebbero
dovuti essere racchiusi altrove, in un luogo più sicuro di
quanto poteva esserlo la nostra impenetrabile fortezza. Stolti, noi
uomini col potere di Dio tra le mani, saremmo potuti cadere senza
problemi due volte nella stessa buca. Era di questo che io e Malik ci
occupammo nelle successive ventiquattro ore, ed era di questo che io e
lui avremmo dovuto “serenamente” discutere quella
sera, all’insegna di un segreto incontro notturno che, se
saputo, avrebbe fatto correre voci.
[…]
In tale circostanza, però, sapevamo di
poterci fidare di quegli uomini che Malik ancora chiamava
“miei fedeli”, “sicari” oppure
“apprendisti”, come se il suo tenore di vita fosse
una guida spirituale
alla quale tutti i più giovani adepti
aspiravano. Malik Al-Sayf non era celebre nella Confraternita solo per
il braccio e il fratello persi, ( per mia colpa, ovviamente) ma il suo
nome era stato e sarebbe continuato ad essere sulla bocca di tutti
anche accanto alle parole “assassino”
e
“educatore”.
Prima della
missione nel Tempio di
Salomone, chiunque a Masyaf sarebbe
stato in grado di raccontare delle sue nobili gesta di uomo
acculturato, saggio e ponderante, oltremodo cauto, severo e
intransigente al cospetto di regole, imposizioni, leggi o comandi.
Malik lo ricordo ancora oggi sempre chino a studiare antichi testi
polverosi, spesso accanto allo stesso Al Mualim che tradì la
nostra, ma soprattutto la sua fiducia.
Un’altra cosa è certa: non sarò mai in
grado di eguagliarlo in astuzia,
di carattere,
prontezza e forza di
mente, tantomeno come uomo pieno di spirito e sentimento.
[…]
In poche parole, se Masyaf avesse chiamato un
nuovo Maestro, sarei stato il primo a spingere avanti il mio carissimo
amico.
[…]
Malik aveva tutte le qualità per diventare un
ottimo Mualim,
cento volte migliore di quello che era stato prima di
lui. Dalla sua parte aveva l’ammirazione della gente e il
rispetto dei suoi pari, me compreso. Soprattutto ora, dopo le ultime
vicende, non potevo negare a me stesso di sentirmi tanto inferiore a
lui quante erano state le volte che avevo osato alzargli contro la
voce. […]
Malik sapeva che rischi stava correndo, era pienamente
consapevole di che mondo ci fosse là fuori ad attenderlo.
Nonostante lo avessi implorato di non insistere su queste tematiche,
obbligandolo a contraddire se stesso e ciò che il profondo
del suo cuore gli sussurrava ogni notte di fare, non c’era
stato verso di fermarlo. Ancora una volta la determinazione aveva
brillato nei suoi occhi e il permaloso,
avido spirito umano era emerso
da lui, sovrastando ogni residuo di freddezza,
obbiettività,
relativismo.
In lui rivedevo quella temibile parte di me venuta a galla
nel Tempio di Salomone.
[…]
Malik aveva smesso di combattermi tempo addietro ed io gliene ero stato
grato ogni giorno, da allora, rispettandolo a mia volta. Cominciai a
pregare che l’odio provato nei miei confronti non fosse stata
la causa di tutto, e che la ripicca viaggiasse ormai lontana. Le mie
preghiere furono accolte, ma presto sostituite da un temuto dolore.
[…]
Già caduto in tentazione una volta, io non
sarei stato capace di compiere nuovamente lo stesso errore. Ma siccome
non ci sono limiti sui poteri d’infatuazione del Frutto verso
una mente vergine e sana, temevo che il mio Malik sarebbe morto per
sempre, consumandosi nel gesto apparentemente così banale di
impugnare un oggetto tanto piccolo e potente allo stesso tempo.
[…]
No, purtroppo il falco
ferito non ero io, o sarei stato
in grado di controllarmi.
{ 1-160, Pagina 31*, Codice di
Altaїr }
L’oscurità della notte avvolgeva la sala del
Maestro conferendo all’intero edificio un aspetto funereo e
spettrale. Per la Fortezza di Masyaf non volava una mosca e fuori dalle
mura, dove la gente riposava nelle proprie case, un cane solitario
abbaiava alla luna. La cittadella si era assopita sotto un magnifico
cielo limpido sgombro di nuvole e punteggiato di stelle, sereno
così come aveva donato la morte di Al Mualim.
Gli stendardi degli assassini erano sospinti da una forza invisibile:
la brezza autunnale veniva dalle grate senza vetri alle spalle di
Malik. Questi sedeva sullo scrittoio nel centro della stanza con i
piedi a penzoloni; su un ginocchio riposava il gomito
dell’unico braccio piegato a sorreggere il peso del Frutto
dell’Eden, prigioniero tra le dita del ragazzo.
Malik si rigirava la sfera nella mano, saggiando la lucentezza
dell’acciaio dorato con il pollice e stupendosi di come
quell’oggetto sapesse essere tanto freddo quanto scottante.
L’assassino seguiva con l’indice una delle
arabesche incisioni geometriche che ne traversavano il perimetro,
carezzandolo col polpastrello del medesimo dito.
-A cosa stai pensando?- chiese una voce fuori campo, maschile e
penetrante.
Dopo un silenzio che parve lungo un’eternità,
Malik si assentò dalla sua contemplazione e alzò
gli occhi in quelli del suo osservatore nascosto nell’ombra.
Fu un contatto che durò giusto un istante.
-Dicono che i poteri del Frutto siano illimitati…-
cominciò Al-Sayf per poi interrompersi, tornando a posare lo
sguardo assorto sulla Mela.
-Dove vuoi arrivare?- eruppe l’altro con voce profonda.
Emergendo dall’ombra, la misteriosa figura si
mostrò: addosso non aveva altro che una tenuta serale da
riposo; era nudo delle sue armi, con un sottile strato di lino grezzo
che copriva la muscolatura superiore, pantaloni e stivali leggeri. Era
in piedi a pochi passi dall’amico, lo fissava con la stessa
intensità con la quale lui scrutava il Tesoro dei Templari
nella propria mano. Immobile come un chiodo fisso nel pavimento, Altaїr
studiava ogni suo piccolo gesto o respiro. Le sue intenzioni erano
più forti della luce della candela posata sulla scrivania
dove lui stesso sedeva, Altaїr captava i suoi pensieri ancor prima che
Malik riuscisse pronunciargli. Ma nonostante l’aquila sapesse
già il motivo per il quale l’amico
l’aveva convocato quella notte, inizialmente si
limitò ad osservare senza agire.
-Il Potere di Dio sulla terra- rise Malik con una nota
d’isterismo. –Che sciocchezze…-
borbottò gettando la mela da parte sul tavolo.
Altaїr restò allungo interdetto di
quell’improvviso cambio di stato, e tacque. Dalla
contemplazione più assorta, Malik aveva respinto
l’oggetto da sé con scetticismo, disprezzo.
-Eppure…- ma Malik indugiò ancora, lanciando
un’altra occhiata alla Sfera scintillante che, tracciando
piccole orbite concentriche, lentamente si stava assestando sopra il
legno della scrivania. Quando raggiunse
l’immobilità, Al-Sayf allungò
l’unico braccio e strinse nuovamente la sfera tra le dita.
Questa s’illuminò più intensamente nel
momento in cui il calore di un palmo umano ne sfiorò la
superficie.
Malik si portò l’oggetto in grembo e
tornò ad ammirarlo col doppio dell’infatuazione.
-Eppure penso che, nonostante il numero sempre crescente di leggende
che gli gravitano attorno, abbia la sua utilità- disse.
–La vera domanda è… saremmo mai in
grado di controllarlo?- si chiese guardando verso l’amico per
attendere una risposta.
Altaїr ignorò del tutto la domanda. -Perché non
sei a letto, Malik? Oggi è stata una giornata molto dura-
tentò facendosi avanti.
-Oh, non lo metto in dubbio- pronunciò pensieroso
aggrottando la fronte. –Ma la verità è
che non riesco a dormire, amico mio- confessò scrollando le
spalle.
-Come mai?- domandò cupo.
-Non dormo da tempo, in realtà- confessò Malik
smontando dal tavolo con un balzo. –Tutto è
successo così in fretta ed io ne soffro molto-.
-Di cosa parli?-.
-Di questo- disse sollevando il palmo con la Mela.
Altaїr continuava a non voler capire, ignorando il suo incubo peggiore
anche adesso che lo avevo di fronte, a portata di mano. Avrebbe potuto
alzare il braccio e toglierglielo da sotto il naso, fermandolo prima
che fosse troppo tardi, ma Malik non si sarebbe mai permesso di violare
la sua fiducia. Era con questo pensiero che pigramente andava
giù nel baratro… e diventava sempre
più cieco di fronte alla realtà.
-Quelle notti che i miei occhi stentavano a chiudersi ho studiato,
studiato più di quanto non abbia mai fatto in tutta la mia
vita, Altaїr. Al Mualim aveva riempito pagine, volumi scaffali dei suoi
pensieri su questa… cosa, ed io ho letto e riletto i suoi
appunti dal primo all’ultimo rigo. Ora che posseggo le
conoscenze necessarie, anch’io, come lui, posso controllarlo-.
-Malik, stai vaneggiando, non…-.
-Taci!- gli urlò contro d’un tratto, azzittendolo.
–Sei ancora così pieno di te stesso che dimentichi
pigramente quello che hai imparato dai nostri conflitti?!- il suo tono
si era fatto imponente all’improvviso. I residui di calma e
compostezza erano scomparsi del tutto dal suo volto.
-Non puoi controllarlo, Malik. Nessuno può farlo-
precisò l’aquila.
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio, eh? L’arroganza, la
presunzione, Altaїr! Ciò che pensi tu non sempre
è legge per altri!- ringhiò cominciando a
camminare avanti e indietro sul pavimento.
-Sentiamo, allora! Cosa avresti intenzione di fare?- domandò
secco.
Malik arrestò i suoi passi nel centro della stanza,
continuando a fissare il Frutto nella propria mano. Tacque allungo, fin
quando non si accorse che Altaїr gli si era fatto troppo vicino per i
suoi gusti. A quel punto si spostò indietro di un metro,
senza acquietare quei suoi occhi fiammanti di una collera senza pari.
-Lo rivoglio, Altaїr- disse, freddo.
-A cosa ti riferisci, ora?- chiese l’assassino seriamente
confuso.
Malik indugiò un istante. –A lui,
Altaїr… a Kadar-.
Tutto si fece chiaro come il giorno.
Le sue parole avevano solo confermato le ipotesi di Altaїr, le stesse
che pregava ogni giorno di non veder realizzate. Sarebbe stato un peso
troppo grande da sopportare, una responsabilità enorme.
Altaїr non poteva, si disse, non doveva permetterlo …
-Malik, sai bene che non potrà mai succedere-.
-Tu dici?- formulò ilare. –Pensi che Dio come
toglie la vita non possa ridarla? È questo quello che pensi,
Altaїr?-.
Il suo tono da saputello cominciava a dargli sui nervi, ma soprattutto
a farsi molto pericoloso. L’aquila di Masyaf si tese sulle
zampe e preparò a spiegare le ali.
-Sì. È questo quello che penso-
annunciò freddamente, sperando che Malik gli desse retta e
rinunciasse alle sue intenzioni di partenza.
-Allora non sei cambiato affatto in meglio…-
mormorò Al-Sayf avviandosi dietro la scrivania e sedendo ad
essa. –Sei sempre il solito testardo presuntuoso,-
sottolineò -ed io ti dimostrerò che hai torto-.
Prima che Altaїr riuscisse ad avvicinarsi abbastanza da fermarlo, Malik
sollevò la Sfera sopra la propria testa e, mentre le sue
labbra si tendevano in un sorriso felice al ricordo del fratello, dal
palmo chiuso si sprigionò una luce dorata e accecante.
Altaїr non indietreggiò, ma preferì pararsi
dietro all’ombra del braccio. -No, Malik! NO!-
gridò correndo e gettandosi su di lui.
A quel punto l’incantesimo si ruppe: mentre Malik e Altaїr
cadevano, avvinghiati, ai piedi della scrivania, nella sala del Maestro
ripiombò un oscuro silenzio, rotto solo dal tonfo metallico
della Sfera che, per l’impatto, il falco si lasciò
sfuggire di mano.
Il Frutto dell’Eden cozzò a terra tre volte, poi
rotolò giù per le scale. Ogni suo saltello sui
gradini diffondeva tra le pareti di rocca della Fortezza uno squillante
scampanellio.
-Stupido! Non intralciarmi!- gridò Malik spingendo via
l’amico, alzandosi e correndo dietro l’oggetto.
Ancora disteso sul tappeto, Altaїr strinse i denti e lo
afferrò per la caviglia prima che potesse allontanarsi. A
Malik sfuggì un urlo isterico quando ricadde al fianco
dell’assassino, mentre velocemente quest’ultimo si
alzava e correva a riprendere il Frutto dell’Eden.
Malik si gettò su di lui con tutto il suo peso e un grido
euforico. Insieme ruzzolarono sulle scale e, tra un gemito e un altro,
si riempirono di lividi, la maggior parte dei quali inferti a suon di
pugni e morsi. Il tintinnio del metallo contro la pietra scandiva la
loro come una lotta forsennata tra leoni che si contendono una vecchia
carcassa.
Spiattellati sul pavimento del pian terreno, Altaїr e Malik si alzarono
allo stesso tempo, si guardarono attorno ed individuarono assieme la
Sfera.
Questa era rotolata ai piedi di un alto scaffale colmo di libri e li
aspettava impaziente.
Entrambi col fiatone e i sudori freddi, si scambiarono una lunga
occhiataccia.
La lotta a mani nude che ne nacque aveva buttato giù dal
letto i primi spettatori, che a poco a poco si affacciarono dalla
balaustra del piano superiore osservando sbigottiti lo spettacolo messo
in scena dai due.
Una furia portentosa alimentava quell’uomo. Altaїr non aveva
mai visto Malik così virilmente capace, persino senza un
braccio e, nonostante fosse un scontro ad armi impari, era nettamente
in svantaggio. L’aquila si ritrovò segni di morsi
e calci nei punti più impensabili: era un duello senza
regole, privo di tattica o stili d’improvvisazione,
più comunemente chiamata “rissa”.
Nell’aria si sentivano già alcuni sussurri di voci
estranee che commentavano quella follia. Due guardie dal cappuccio
grigio entrarono nella sala con le armi alla mano, ma non mossero un
solo passo oltre l’ombra dell’ingresso che la luna
e le sue stelle proiettavano sul pavimento.
-Non ti lascerò tenerlo tutto per te!- ruggì
Malik colpendolo con una medesima ginocchiata.
Altaїr indietreggiò piegandosi dal dolore. –Malik,
per favore, fermati! Hai perduto il senno!-.
-No, fratello, tu hai perduto il senno!- strillò.
Il Frutto dell’Eden sembrò balenare alle spalle
dell’assassino, e la sua luce si rifletté negli
occhi neri di Malik. Questi tentò di sorpassare il suo
avversario con uno scatto di gambe degno di un maestro, ma non
prevenendo il più fulmineo spostamento di Altaїr, per quella
volta toccò a lui trovarsi un suo ginocchio tra le costole.
Altaїr approfittò della sua breve debolezza per farlo
voltare e spingerlo via, di nuovo a parecchi metri dalla meta tanto
ambita.
-Malik! Basta!- tentò ancora, disperato.
L’assassino senza un braccio sondò nuovamente il
muro invalicabile che il corpo dell’amico forniva attorno al
perimetro della Sfera. Sfortunatamente per Altaїr, fu solo una banale
finta: Malik afferrò dal tavolo accanto un penna
d’oca e gliela scagliò contro con violenza.
Altaїr schivò l’oggetto torcendo la
spina dorsale, ma non riuscì a sottrarsi alla trattoria di
un secondo: la boccetta d’inchiostro lo colpì in
faccia. I frammenti di vetro gli graffiarono la pelle del viso,
l’inchiostro gli entrò in gola.
Momentaneamente cieco, Malik gli venne incontro, gli afferrò
il polso e gli contorse dolorosamente il braccio dietro la schiena. Di
fronte alla sua forza disumana, Altaїr non poté trattenere
un gemito.
Successivamente, governandolo come una marionetta, Al-Sayf spinse
l’aquila contro il tavolo più vicino e lo
costrinse a premere la faccia su di esso. L’impatto
causò il rovesciarsi di un calamaio per
l’inchiostro e qualche volume impilato con ordine in
verticale.
-Siamo un po’ arrugginiti, eh?- ridacchiò
prendendosi gioco di lui.
Altaїr strinse i denti. –Malik, fermati, basta-
sibilò.
L’assassino irrobustì la presa arrecandogli
ulteriore dolore. –Non mi fermerò
finché non sarà di nuovo insieme a noi-.
-Guarda cosa ti ha fatto, Malik. Guarda in cosa quel malefico oggetto
ti ha trasformato. Il Frutto fa promesse che non può
mantenere. Ti ha reso schiavo dei tuoi stessi desideri!-.
-Smettila di ciarlare su quello che non conosci. Tu non sai nulla del
Frutto-.
-È qui che ti sbagli. Lo conosco sicuramente meglio di te!-.
Un colpo di reni e Altaїr riuscì a capovolgere la
situazione, comprimendo Malik tra la sua schiena e la superficie del
tavolo. Lo stordì con una capocciata, dopodiché
lo fece voltare, sollevare dal tavolo e lo sbatté in fine
sulla libreria accanto.
-Malik, guardami- s’impose.
Per un attimo gli sembrò di sentirlo esitare, tremare
là dove stringeva con violenza l’unico polso che
gli restava. Il suo sguardo smarrito, agitato, guizzava spesso
tutt’altra parte pur di non assecondare quel semplice ordine.
Approfittando della sua debolezza Altaїr permise maliziosamente al
proprio corpo di adagiarsi meglio al suo, aderendo completamente ad
esso, imprigionandolo tra sé e gli scaffali pieni di libri.
Dimezzò la distanza dei loro visi così da poter
finalmente incatenare i suoi occhi nei propri.
Malik serrò la mascella e portò indietro la
testa, irrigidendosi. La presenza di Altaїr così vicina alla
sua, in quel momento di grande furore e agitazione, lo metteva
fortemente a disagio.
Trascorsero alcuni lunghi istanti di silenzio, spesi ad ascoltare i
loro respiri accelerati e i cuori battere forsennati nel petto. Altaїr
percepiva, fissandolo, l’odore della paura che Malik aveva di
lui in quel momento, mai come prima di allora. L’aquila era
riuscita a catturare il falco nella maniera che lo infastidiva.
-Parti dal presupposto che io non ne abbia sofferto. Ed è
qui che ti sbagli-.
-Spiega meglio, se ne sei capace- ringhiò di tutta risposta.
Altaїr inarcò un sopracciglio, irritato dalla sua reazione
almeno quanto Malik si sentiva impotente di fronte a lui in una
circostanza così ovvia. D’altronde non era altro a
tenerlo inchiodato con le spalle alla libreria se non
l’incompetenza: se ne avesse avuta la forza, o anche solo
l’opportunità, Malik avrebbe afferrato la prima
cosa che gli fosse capitata a tiro scagliandola contro
all’assassino con un grido di rabbia, esattamente come aveva
fatto poco prima che quella scomoda conversazione avesse inizio.
Altaїr si permise un istante per pulirsi il viso
dall’inchiostro, strusciandoci la manica della camicia di
lino. –C’era bisogno di arrivare a questo?- chiese
alludendo alla macchia viola comparsa sul tessuto, dovuta al mescolarsi
di inchiostro e sangue.
Malik sembrò calmarsi un poco. Rilassò il collo e
le spalle. Scosse la testa, e in fine guardò a terra.
-No- mormorò quasi piangendo.
Finché si era trattato di qualche innocuo pugnetto sullo
stomaco, Malik aveva saputo confrontarsi con lui senza mai tirarsi
indietro. Adesso che sotto al naso aveva il puzzo del sangue di un caro
amico, si sentiva estremamente in colpa.
-Perdonami…- disse. –Ero fuori… di me-.
Altaїr sorrise. –Lo so-.
-È solo che…- singhiozzò Malik,
sollevando il mento e guardandolo negli occhi, mentre i suoi
s’inumidivano. –Lui era tutto per me, capisci?-.
L’altro annuì. –Anche per me. Gli volevo
bene, Malik, sicuramente non quanto te, ma gli volevo bene
anch’io-.
La loro zuffa notturna si concluse in un caloroso abbraccio.
Altaїr sentì le sue unghie graffiargli la carne della
schiena e la sua fronte premere con forza sulla clavicola, quasi da far
male. Strinse a sé Malik con altrettanta
intensità, tenendolo per la nuca e baciandolo in testa.
-È tutto finito- sussurrò Altaїr per compiacere
l’amico, i singhiozzi del quale si facevano più
intensi. A quel punto qualcosa di caldo ed umido prese a scorrergli sul
petto, certo che non era inchiostro.
-Malik, è tutto finito- ripeté, capendo che si
trattava, piuttosto, delle sue lacrime.
*La pagina 31°
del Codice è una mia invenzione adattata alla trama di
questa storia*
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