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“Yzak!” esclamò
Dearka, entrando nell’ufficio del suo migliore amico e superiore con un gran
sorriso stampato in faccia e qualcosa tra le mani. I suoi occhi viola si
strinsero in due fessure, per poi spalancarsi stupiti alla vista di Athrun,
seduto di fronte alla scrivania. “Zala, non sapevo saresti venuto,” commentò,
lasciandosi cadere alla sua sinistra e passando un braccio attorno allo
schienale della sedia, dimenticando completamente il motivo di quell’irruzione
non richiesta. “Il cretino qua non mi dice mai niente.”
“Ammiraglio,” lo corresse l’albino, infastidito. “Non è una visita
di cortesia e tu non sei stato invitato.”
“Effettivamente è una
riunione di lavoro,” convenne l’ex-FAITH, sorridendo dispiaciuto. C’erano volte
in cui il suo amico dalla pelle ambrata assomigliava più ad un moccioso
dell’asilo che al ventenne che era. Proprio in quei momenti si capacitava alla
perfezione del perché Miriallia avesse preferito lasciarlo, ma non capiva
perché poi se l’era ripreso.
Dearka, dal canto
suo, rimase in silenzio per qualche secondo prima di scrollare le spalle ed
alzare in aria i giornaletti che teneva in mano da quando era arrivato.
Ignorando palesemente la velata richiesta di levarsi dai piedi il giovane si
stravaccò ulteriormente sulla sedia e lanciò un’occhiata al suo tesoro.
“Sapete, ho trovato delle matricole in un angolo del corridoio,” cominciò,
senza dare peso all’espressione perplessa e scocciata che accomunava i due
eterni rivali. “Dovevate vederli, quando si sono accorti della mia presenza
sono sbiancati. Erano più pallidi di Yzak.”
“Va bene, ti piace
giocare al piccolo dittatore con tanto potere,” concluse il diretto
interessato, dando inconsciamente una perfetta descrizione del suo stesso
hobby. “Ora, però, io e l’Ammiraglio Zala dovremmo continuare con la nostra
conferenza.”
“No, ma aspetta,”
continuò Dearka, sporgendosi. “Non è che avessi voluto spaventarli a morte o
recquisire loro la merce. Semplicemente ero curioso e mi sono messo dietro di
loro per vedere meglio,” fece una pausa teatrale, aspettando che i due
mostrassero un grande interesse per il suo racconto lasciato propositamente in
sospeso per renderlo più accattivante, ma l’unica cosa che ricevette fu uno
sconcertato silenzio, i due che si chiedevano entrambi come un tipo del genere avesse potuto essere promosso al grado di
Capitano. “In ogni modo,” riprese, deluso dal fiasco, ma ancora troppo euforico
dalla scoperta appena fatta. “Stavo per chiedere a quello che sembrava il
leader cosa li stava facendo divertire così tanto che loro hanno gridato come
femminucce e hanno fatto cadere questi,” agitò nuovamente la refurtiva,
vittorioso. “Inutile dire che sono scappati a gambe levate, lasciandomi
decisamente confuso.”
Yzak roteò gli occhi,
incrociando le braccia sul petto. Gli lanciò uno dei suoi sguardi assassini,
rilassandosi contro lo schienale della sua poltrona. Vide Athrun leggermente
interessato, ora, e nella sua testa non potè che deridere il suo essere così un
sempliciotto; anche quando bisognava lavorare. La sua promessa sposa,
decisamente, era un politico migliore e, nonostante i modi da scimmia per
niente addomesticata, si sbrigava in dieci minuti ogni dannata volta. Perché
avesse mandato il suo braccio destro l’albino proprio non riusciva a capirlo.
“Toh,” borbottò
Dearka, allungandogli i giornaletti. “Credo proprio che la cosa ti possa
interessare.”
“Porno?” ragionò ad
alta voce il Comandante, alzando un sopracciglio. Aggrottò la fronte, notando
che era una specie di edizione speciale sull’esercito di ZAFT, ma l’ultimo
commento fatto dal suo migliore amico prima di consegnarglieli lo fece
desistere dal porsi domande inutili. “Come ti ho già detto un milione di volte,
Elthman, la mia vita sessuale con Shiho va a gonfie vele, non ho bisogno di
idee stupide.”
A quel commento
Athrun arrossì fino alla punta delle orecchie e Dearka ghignò sadicamente,
facendo scattare in avanti il mento. “Sfogliali, idiota, prima di sputare
sentenze,” gli consigliò, per poi voltarsi verso il suo ex-compagno di squadra.
“Non potevo credere ai miei occhi quando ho visto e letto certe cose.”
L’Ammiraglio gli
rivolse un’occhiata confusa, mentre dall’altra parte della scrivania Yzak
cominciava a girare le pagine con eccessiva foga, una vena che gli pulsava
sulla tempia. Osservò i suoi movimenti e, con orrore, notò come la suddetta
sporgenza bluastra si era estesa anche alla fronte dopo che si era fermato.
Pure il suo viso ora era bordeaux, ma non di certo a causa dell’imbarazzo: se
del fumo avesse cominciato a uscirgli dalle orecchie Athrun non si sarebbe
sicuramente sorpreso.
“Ecco che arriva il
bello,” gli sussurrò Dearka, sempre più maligno. “Forza amico mio, leggi ad
alta voce. E, magari, fai vedere quelle foto al nostro Madonnino qui. Sia mai
che si lasci andare, una volta per tutte.”
“N-non intendo
riferire queste porcate! Neppure al Bastardo!” lo informò Yzak, gli occhi
praticamente fuori dalle orbite. “E giuro che se trovo il pezzo di merda che si
diverte a stampare certa immondizia gli taglio gli attributi e glieli faccio
mangiare!”
“Noiosissimo Joule,”
si lamentò Dearka, strappandogli il giornaletto di mano e tendendolo, aperto,
allo Zala che, riluttante, ma curioso come poche volte nella sua vita, lo
accettò. Con il cuore in gola spiò la pagina e sentì il muscolo nella parte sinistra
del suo petto iniziare a galoppare. Se Cagalli fosse stata lì sicuramente non
sarebbe stata contenta del genere di articoli che ora si ritrovava a leggere.
“HAWKE!” tuonò Yzak,
spingendo il pulsante dell’interfono. “Voglio la Hahnenfuss in questo ufficio
in meno di cinque minuti!”
“S-signorsì,”
balbettò dall’altra parte Meyrin, delusa dalla richiesta: sperava che Athrun
avesse bisogno di un giro turistico della nuova Sede Centrale, senza sapere che
il suo idolo era troppo impegnato a mantenere un contegno mentre guardava gli
scatti rubati del Maggiore della Voltaire sotto la doccia dello spogliatoio femminile.
“Credevo che
avrebbero eletto Lunamaria come la più sexy dell’esercito, ma evidentemente
quei pervertiti preferiscono fantasticare su che tipo di corpo abbia la nostra
Shiho, nascosto dall’uniforme maschile, piuttosto che trovarsi la pappa
pronta,” commentò spassionatamente Dearka, sporgendosi verso Athrun. Il pezzo
d’alto giornalismo, infatti, riportava una classifica delle donne più affascinanti
di ZAFT e la vittoria apparteneva proprio alla promessa sposa del suo eterno
rivale; il premio un bel servizio non richiesto senza censura alcuna.
“Sto per svenire,”
balbettò, il volto pallido e gli occhi verdi colmi di un’indefinibile emozione.
“Curioso,” continuò
Dearka. “Io, invece, alla vista di quelle foto stavo per venire. Chi l’avrebbe
mai detto che aveva certe poppe abnor-” non riuscì a finire la frase a causa
del poderoso pugno sferrato da Yzak, paonazzo.
“ASPETTA CHE LO DICA
A MIRIALLIA!” ritorse, facendo il giro della scrivania per mollargli un calcio.
Sbuffò scocciato quando il suo migliore amico gli si aggrappò ad una gamba,
pregandolo in maniera per niente virile di non fare quel determinato appunto
alla sua fidanzata.
Quando Shiho entrò
nell’ufficio, tallonata da Meyrin che non aveva perso l’occasione di poter
rimirarsi il bel viso dell’Ammiraglio Zala, trovò quest’ultimo sul punto di
perdere i sensi ed i suoi due colleghi impegnati in un curioso corpo-a-corpo in
cui Dearka, il sangue che gli colava dal naso, strusciava la faccia contro la
coscia di Yzak, intento a spingerlo via. “Meyrin, grazie, puoi anche andare
adesso,” disse, non curandosi dell’espressione affranta della ragazzina ed
avanzando a grandi falcate sul pavimento. “Mi hai chiamata? Sappi che ero in pausa
e sono a dir poco furibonda: non puoi sempre
avere bisogno di me, Yzak!”
L’albino si scrollò
di dosso il suo amico e si parò davanti alla sua innamorata, torreggiando su di
lei ed ispezionandola da capo a piedi. “Da domani esigo che tu venga con il
burqa! Giuro che se ti esce fuori anche solo un capello potrai ritenerti
responsabile della morte di tutti quei Verdi che non hanno niente di meglio da
fare!” Poi, memore del commento sulla fantasia delle sue potenziali vittime
fatto poco prima da Dearka, si risolse a lasciarsi cadere sulla poltrona e
lanciarle un’occhiata penetrante. “Anzi! Ora chiamo il sarto e ti faccio fare
una gonna che sia ancora più corta di quella della Hawke, così vediamo chi
vince la prossima volta!”
Non trovando appoggio
alcuno dagli altri due, Shiho sospirò stancamente, portandosi una mano sulla
fronte. “Chi ti capisce, mio caro, è davvero da premio Nobel.”