Potere
Capitolo 1
Giochi da bambini
Giovanni aveva undici anni ed era
un ragazzo come tutti gli altri suoi coetanei, non aveva niente di particolare,
né nel fisico né nell’animo per il quale si potesse
dire che sarebbe diventato una persona importante. I suoi capelli erano neri e
gli occhi castani, se la cavava bene a scuola, anche se non rientrava tra i
migliori, tanto che nessuno, nemmeno lui, nei suoi sogni più sfrenati avrebbe mai scommesso di poter cambiare la storia.
Quel giorno Giovanni stava aiutando
i suoi genitori a pulire e mettere in ordine la camera di suo nonno, il quale
era deceduto dieci anni prima. Quella stanza era rimasta la stessa dal giorno
in cui il nonno era morto, apparte per la polvere e le ragnatele presenti un
po’ ovunque. All’inizio nessuno mise piede in quella stanza, che pareva più un
laboratorio, per il ricordo della perdita ancora troppo fresco, poi decisero di
mettere in ordine, rimandando di giorno in giorno, finquando ci si accorse del
troppo disordine e si decise di chiuderla a chiave, evitando così l’ingresso al
bambino ancora piccolo, e di aspettare le vacanze estive per sgomberare.
Erano passate
nove estati, durante le quali, per pigrizia nessuno aveva cercato di
mettere in ordine. Il ricordo di quella camera venne
accatastato in un angolo della mente, in fondo ai ricordi inutili, finchè, durante il decimo anno dalla morte del nonno, i
genitori di Giovanni decisero che era finalmente giunta l’ora di liberare
quella stanza di cui avevano ormai perso le chiavi. Tutto ciò avvenne perché il
padre del bambino aveva deciso di adibire la camera da letto a ripostiglio e di
far trasferire il figlio nella camera del nonno, la quale era molto più
illuminata.
L’undicenne era tutto indaffarato
nel ripulire la stanza dai vecchi oggetti ormai inutili
quando squillò il citofono. Giovanni alzò lo sguardo verso la madre, la
quale si era appena voltata verso di lui. Sicuramente era Massimo che era
passato a trovarlo come tutti i giorni, ma lui stava lavorando e trovava molto
difficile che i suoi lo lasciassero andare a divertirsi
mentre loro si davano da fare. La madre
interpretando lo sguardo di suo figlio gli disse che poteva andare, ma che
aveva solo dieci minuti.
Giovanni corse alla porta e
l’aprì, come si aspettava ci trovò davanti Massimo.
«Ciao, esci?» chiese lui.
«Oggi non posso, devo aiutare
babbo e mamma a mettere apposto la camera di nonno»
«Nonno?»
«Quella camera sigillata col
lucchetto»
«Ah, capito. Ci vediamo domani?»
«Si… anzi, ho trovato una cosa
stranissima in camera del nonno, ho solo dieci minuti, ma te la posso far
vedere»
«Cos’è?»
«Sembra… un
gioco… dai vieni!»
Detto questo si mise a correre
inseguito dall’amico, finché non giunse nella sua camera, dove prese un oggetto
dalla scrivania.
«Guarda!» disse trionfante mentre si volgeva verso l’amico.
«Cos’è, uno Star
Trek?»
«Star che?»
«Si
quel… quel casco, sembra di un film di fantascienza, come in Star Trek»
«Ah, allora di, Star Trek» disse calcando sulla parola ‘di’.
«Si, non puntualare sempre su tutto ciò che dico. Allora, che
è?»
Dopo aver
deciso di evitare di dire all’amico che si diceva puntualizzare e non puntualare, Giovanni portò il casco all’altezza degli occhi
e disse «Ah.. si è… un… è un… non lo so!»
ammise poi riabbassando l’oggetto. In effetti sembrava
proprio un casco, era grigio metallizzato ed aveva diversi cavi che lo
attraversavano in tutte le direzioni, ma
la cosa che più attirava i due erano due dischetti che probabilmente si
posavano sulle tempie.
«Provatelo no?» disse Massimo.
«Si» rispose
mentre si infilava il casco «come sto?»
«Sembri un cretino! Eheheh»
«Eheheh…
Ah!» esclamò Giovanni mentre compiva un balzo
all’indietro.
«Che t’è
successo?»
«Mi ha dato la scossa»
«Cavolo non…»
Ma i due vennero
interrotti da un bussare di porta.
«Giova’
saluta il tuo amico e vieni a darci una mano, i dieci minuti son passati poco
fa»
«Uff»
disse lui abbassando lo sguardo
«Anzi» riprese il padre «Vai pure, noi ci arrangiamo»
«Sul serio?»
Il tono dell’undicenne era
alquanto incredulo. Non era mai successo che il padre cambiasse idea,
sopratutto così repentinamente.
«Si, tranquillo rientra pure alle
otto e mezza»
«Ma di
solito non rientro alle otto?»
«Fregatene. Ora vado, ciao»
«Ciao»
I due amici si guardarono
perplessi
«Stai pensando anche tu a quello
che penso io?»
«Vuoi giocare per la milionesima
volta a Wrestling con la console?» chiese annoiato
Giovanni.
«No, che ne dici di Mortal Kombat?»
«Ma non pref…»
«No, dai vieni» disse mentre apriva la porta della camera per uscire.
Giovanni lo guardò stupefatto,
poi si tolse il casco e disse «Ehi, aspettami!»