Capitolo I - Magia
Chi
avrebbe mai pensato che sarebbe andata a finire così?
Chi avrebbe mai
creduto che un altro di noi non sarebbe stato Smistato in Gryffindor
come tutti si aspettavano?
Chi avrebbe mai
scommesso sull’ennesima
sorpresa portata dall’ennesimo
Weasley nella Sala Grande di Hogwarts?
Erano queste le
domande che affollavano la mia mente, mentre osservavo il piccolo Albus
che camminava verso la tavolata verde argento.
Certo, lui non era
Weasley di cognome, ma si vedeva palesemente la sua appartenenza di
sangue alla famiglia. Non mi fu difficile notare il deciso rossore che
aleggiava sulle sue guance pallide.
Ero felice per il mio
cuginetto principalmente per due motivi: il primo riguardava la
soddisfazione di vedere James per la prima volta a bocca aperta, senza
la sua solita aria di spavalderia e controllo su tutto; il secondo era
strettamente personale e anche piuttosto sciocco.
Preferisco non dirvi
di cosa si tratta, mi farebbe sembrare piuttosto meschina.
- Weasley, Rose!
–
Oh, fantastico,
toccava alla mia cuginetta Rosie. Sarebbe finita a Gryffindor, lo avevo
previsto esattamente la sera prima. Ma non ne avrei dubitato anche se
avessi evitato di dare un’occhiata nel futuro.
Ero talmente interessata
all’inatteso
responso che mi misi a guardare con noncuranza le mie unghie
completamente mordicchiate, notando con disgusto le odiose pellicine
che rendevano le mie mani un campo di battaglia per i batteri,
ignorando il boato di trionfo proveniente dal tavolo rosso e oro.
Che non è
il mio
tavolo, ovviamente.
No, io sono inserita
in una categoria a parte della famiglia Weasley.
Non sono coraggiosa
come Fred, Dominique, James e Rose.
Non sono intelligente
come Molly e Victoire.
Non sono ambiziosa
come Albus.
Sono semplicemente una
sfigata, si dice.
Sì,
perché io sono la prima ed unica Weasley di Hufflepuff, e
questa è una disgrazia peggiore di quanto sembri.
Prima di tutto,
perché essere la nipote del Salvatore del Mondo Magico
comporta una certa dose di imprese eroiche da portare a termine ogni
anno.
C’è
un minimo ufficiale, sapete? Che si tratti di infrazioni alle regole
scolastiche, di superamento di esami di magia avanzata, di vittorie
alle partite di Quidditch o di inviti negli uffici dei professori, non
è importante.
Quello che conta
è farlo bene e numerose volte.
Quantità e
qualità, non sostanza.
Quindi, per farla
breve, una anonima Hufflepuff dall’aspetto mediocre, con un
comportamento nella media, dei voti passabili, l’abitudine di
non praticare niente di più sportivo della lettura e una
sviscerata passione per le stranezze, non sarà di certo una
punta di diamante in una famiglia largamente dotata di eroi,
principesse meravigliose, giocatori quasi affermati e cervelli da
premio Mobel.
[N.d.A. Sarebbe premio Nobel, naturalmente.]
È un
ragionamento più che logico, mi sembra.
Immagino che a questo
punto vi starete chiedendo chi possa essere questa lagnosa ragazzina
che non la smette un attimo di seccarvi con il suo noiosissimo monologo.
Roxanne Weasley,
piacere di conoscervi.
Non avete idea di chi
io possa essere, vero? Non preoccupatevi, è naturale,
considerando la fama già raggiunta dai miei molteplici e
superdotati cugini.
Nessuno si curerebbe
mai dell’esistenza della figlia dei marginali George Weasley
e Angelina Johnson, in fondo, avendo a disposizione gente del calibro
del famoso James Sirius Potter.
Quanto
– lo – odio.
Ehm… stavo
dicendo? Sì, mi chiamo Roxanne Weasley.
Come ho già
detto, sono più conosciuta nella scuola come Sfigata
– soprannome gentilmente attribuito a tre quarti della gente
della mia Casata - o Rozzie Roxie.
Questo secondo
grazioso nomignolo deriva dal mio persistere nel volermi vestire con la
vera
uniforme della scuola e non con la tanto diffusa versione
“riveduta e corretta” – consistente in
una gonna doverosamente accorciata, una camicetta improvvisamente
ristretta e un paio di scarpe inutilmente dotate di tacchi.
Quindi,
“rozzie” sta per “rozza”. Ma
immagino l’aveste già capito.
Non ho molto da dire
su di me, forse è proprio questo che mi rende noiosa agli
occhi di tutti gli altri.
Vado abbastanza bene a
scuola, anche se non brillo di eloquenza; sono educata con i
professori, proprio come è giusto che sia, e non ho mai
preso punizioni degne di nota; passo le giornate a studiare, a volte
esco in giardino con le mie compagne di dormitorio, però
preferisco leggere una moltitudine di libri al giorno piuttosto che
buttarmi nella solita mischia – anche perché
frequentare gli stessi posti degli Slytherin e dei Gryffindor durante
il pomeriggio è abbastanza mortificante, per noi Hufflepuff.
Se non vogliamo
incassare una valanga di insulti nel giro di pochi secondi, ci conviene
stare alla larga dall’élite.
Ma continuo a
divagare, scusatemi. Potrei tranquillamente concludere la mia scialba
descrizione con una frase del tipo “non ho nessuna grande
passione, grazie e arrivederci”, ma non sarebbe la
verità.
Perché alla
fine, forse, è proprio la mia grande passione che mi ha
rovinato la vita.
Prevedo il futuro
attraverso le rune.
***
Era il
giorno di Natale del 2014, quando ricevetti in regalo il pacchettino
che avrebbe determinato la nascita di tutto. Avevo nove anni ed ero
afflitta da un enorme angoscia: il sospetto che potessi non essere
dotata di magia.
Tutti i miei cugini e
mio fratello Fred avevano manifestato la loro appartenenza al mondo dei
Maghi nella fascia compresa tra i cinque e i sette anni. Io avevo
sforato di ben due anni rispetto alla tradizione di famiglia, anzi non
avevo ancora combinato un bel niente.
Feci quindi fatica a
sedermi, come per tutti i pranzi di famiglia, tra la precoce Dominique
e il geniale Albus.
Nonna Molly aveva
adottato il metodo dell’ordinamento per età
dall’anno della nascita del piccolo Louis, dicendo che era
l’unico modo per riuscire a mantenere un minimo
d’ordine in tutta la baraonda che tutti i presenti
– in perfetta atmosfera Weasley – creavano a tavola
durante le varie rimpatriate.
Quindi, per colpa
della moltitudine di gente che mi attorniava, ero stata costretta ad
ascoltare in silenzio per cinque lunghissimi anni i discorsi colti dei
due cugini posizionati ai miei fianchi.
Avrei voluto unirmi
alle loro conversazioni, dire qualche battuta brillante, coinvolgerli
nei miei interessi, ma purtroppo non ero abbastanza intraprendente o
forse intelligente
per i loro standard.
Restavo
così seduta rigida per ore, a fissare l’adulto di
turno che mi veniva posizionato di fronte, immaginando nella mia testa
di parlare alla zuppiera, a rimuginare su quanto fossi inferiore
rispetto a loro.
In più,
quel lontano Natale, alle mie angosce si era aggiunta la frustrazione
di non poter essere all’altezza delle persone che mi
circondavano. Non mi sentivo per niente amata.
Alla fine, boccone
dopo boccone, ora dopo ora, tra un’occhiata
all’orologio infarcito di decine di nuove lancette per tutti
i membri della famiglia [N.d.A. Il famoso orologio della famiglia
Weasley con “casa”, “lavoro”,
“scuola”, “pericolo di morte”,
etc. al posto delle ore] e un mezzo mugolio di assenso alle domande
distratte di Dominique, scoppiai a piangere.
E nessuno, dico nessuno, si
accorse della mia disperazione. Tranne zia Hermione.
Lei si alzò
da tavola senza attirare l’attenzione, senza staccare un
attimo da me il suo sguardo preoccupato, e nel giro di qualche secondo
mi fu vicina. Mi sussurrò nell’orecchio di
seguirla, e io obbedii.
Ci ritrovammo quindi
noi due, chiuse in una delle stanze che immaginai essere stata quella
di uno dei miei zii, a parlare dei miei problemi e dei suoi
suggerimenti per risolverli.
Mi
abbracciò, facendomi starnutire con i suoi cespugliosi
capelli profumati di lavanda, mi consolò a lungo, senza
spazientirsi, senza mai dare segno di annoiarsi.
E nessuno venne a
cercarci.
- Sai, Roxie, a volte
le persone un po’ più lente delle altre
nell’apprendere non vengono considerate giustamente. Io non
credo che tu non sia dotata di magia, anzi, io penso che tu nasconda un
enorme potenziale… devi solo avere il coraggio di mostrarlo
a tutti noi, e prima di tutto a te stessa… -
Mi sorrise,
scompigliando leggermente i miei capelli, senza mostrare disgusto per
il loro orrendo colore misto tra il rosso sanguigno e il marrone
cioccolato fondente.
Infatti, grazie a
questo colore bizzarro, sembra quasi che io mi diverta a tingere i miei
capelli mischiando due tinte diverse senza un minimo di scrupolo
– o almeno, è quello che penso tutte le volte che
mi guardo allo specchio.
In ogni caso, dopo
aver tentato di aumentare la mia autostima, si mise una mano nella
tasca del vestito e ne tirò fuori un sacchettino di velluto
rosso.
Quel sacchettino di
velluto rosso, quello che ancora porto sempre con me.
- Questo è
il mio regalo per te, piccola Roxie – mi disse lei, con uno
sguardo triste e la voce un po’ esitante – in
principio volevo conservarlo per la mia Rosie, ma credo che a lei non
serva poi molto. Mentre tu sembri essere in disperato bisogno di
aiuto... –
Ricordo che lo aprii
con timore, ma con un insano calore nel petto per la soddisfazione di
aver tolto all’odiosa Rose uno dei regali che sua madre
avrebbe voluto destinare a lei.
Un regalo che lei,
incredibilmente, non sembrava all’altezza di poter ricevere.
Sentii sotto le mie
dita una fredda superficie liscia, levigata, come acqua solida, quasi
ghiaccio. Afferrai uno dei ciottoli contenuti nel sacchetto, lo
estrassi per portarlo alla luce, fissai con curiosità il
simbolo che vi era inciso. Mia zia si sporse verso di me per osservarla
meglio, poi mi sorrise con soddisfazione.
- E’ la runa
Ehwaz, significa che ci sarà un cambiamento nella tua vita.
Dato che la sua incisione è rivolta verso l’alto,
rappresenta un’evoluzione in meglio… questa
è un’ottima notizia, direi! –
Sbattei un paio di
volte gli occhi, incredula davanti alle sue parole, memore di alcuni
aneddoti che mi aveva raccontato mio padre riguardo a mia zia quando
frequentava Hogwarts.
Mi era stato detto che
era completamente contraria
alla Divinazione, nemica di tutto quello che non era razionale,
lottatrice fino allo stremo per la chiarezza e la precisione della cose.
E quel giorno di
Natale, invece, se ne usciva con un sacchetto di rune e una predizione
così azzardata sulla mia vita?
- So a cosa stai
pensando, Roxie, se conosco bene George… ma sappi che tutti
abbiamo il diritto di cambiare, o meglio, di fantasticare un
po’ sul nostro futuro – mi spiegò lei,
con gli occhi brillanti di una strana determinazione – e
anche se queste previsioni non dovessero funzionare, cosa piuttosto
comune, sono comunque divertenti e a volte incoraggianti –
Il suo discorso mi
sorprese piacevolmente, mentre un moto di speranza si accendeva nel mio
cuore. Le chiesi ulteriori informazioni su quella pratica e lei non
esitò a darmele, senza rimarcare con ironia quando non
credesse in quelle cose – come invece mi sarei aspettata.
Restammo fino a sera a
parlare di quel particolare regalo, delle sue potenzialità e
del suo significato.
Una volta entrata a
far parte di Hogwarts, provai a prevedere alcune piccole cose
quotidiane – come i risultati delle partite di Quidditch
– con discreto successo. Era un gioco, però,
niente di serio o impegnativo.
Avrei avuto il
coraggio di riscoprirlo seriamente solo una volta arrivata al terzo
anno di Hogwarts, quando imparai a distinguere con esattezza le Rune
grazie alle lezioni più intensive ed esigenti.
Ah, quasi dimenticavo:
una settimana dopo quel famoso Natale, mi ritrovai a compiere la mia
primissima magia accidentale.
Coincidenza, fortuna
o… altro?
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