1- Lenzuola nella polvere
Il cuore nel pozzo
Lenzuola nella polvere
"Il cuore rallenta la testa
cammina,
in quel pozzo di piscio
e cemento,
a quel campo strappato
dal vento
a forza di essere vento."
Fabrizio De
André, "Khorakhané"
Lasciò l'auto un po' distante, per avere
l'opportunità di
camminare. I pochi alberi che c'erano si diradavano a vista d'occhio,
un passo dopo l'altro.
Quella strada l'aveva sempre fatta di corsa, o comunque a passo
accelerato quando il sole picchiava forte, eppure in quel momento si
ritrovò inconsciamente a rallentare.
Forse per godersela dopo tutto quel tempo; forse perché in
fondo non aveva poi così fretta di arrivare.
Fatto sta che il vento lo accolse prima ancora di vedere il campo;
sempre quel vento forte e dispettoso che infilava la polvere negli
occhi e nelle orecchie. Un vento che spazzava via le nuvole e qualunque
accenno di pioggia, tanto da rendere quel posto semi-desertico. Eppure
fu quasi contento di sentirlo, lo avvertì come un vecchio
compagno sempre in vena di scherzi.
E quando arrivò e vide una coda di cavallo fin troppo
familiare
seduta sulla terra rossa, gli sembrò che non fossero affatto
passati vent'anni.
- Ingegner Rockbell... - proferì rispettosamente.
Winry si voltò. Lui le si sedette accanto, incurante della
polvere, mentre la donna sorrideva.
- Quando ho visto il nome "dottor Elric" tra i membri della
commissione, ho faticato a credere che fossi tu. Non pensavo che alla
fine saresti diventato un cane delle multinazionali. Non eri tu
l'idealista? -.
- Non è una multinazionale, si tratta solo di una
società
piuttosto importante – le rispose lui – E poi non
stiamo
per sfruttare alcuna popolazione indifesa: il terreno è
stato
regolarmente comprato e ormai nei dintorni non abita più
nessuno. Non ci vedo niente di male -.
Eppure perché sentiva di continuo quel fastidioso pizzicore
in
fondo alla gola, come se il vento vi avesse depositato per intero la
polvere di quel posto?
Winry sorrise, tornando a guardare il campo che ardeva nel sole.
- Una volta ne avresti detto peste e corna, invece -.
Due
ragazzini all'incirca della
stessa età si erano ormai stancati dell'ennesima partita a
tris
disputata tracciando le linee nella polvere.
-
Uffaaa... e come al solito Winry
non è ancora arrivata. Pensare che poi si arrabbia se
cominciamo
a giocare senza di lei – si lamentò uno dei due.
-
Magari sta finendo di aiutare sua nonna, per questo è in
ritardo – ipotizzò l'altro.
-
Sì, ma avrebbe potuto
dircelo – ribatté il primo, per poi lanciare
un'occhiata
verso il campo ed esclamare: - Dai Al, ti sfido! -.
- Non
so se è una buona idea... - fece Al, dubbioso - Ricordi come
si è arrabbiata l'ultima volta? -.
-
Peggio per lei, doveva arrivare puntuale – ribatté
l'altro con una scrollata di spalle.
Poi si
alzò e, battendo le
mani sul didietro per togliere la polvere, si diresse verso l'unica
opera umana che si innalzasse in quel luogo.
Un
vecchio pozzo in cemento di cui
non si conosceva né il costruttore né il
possibile uso.
Da che tutti ricordavano, era sempre stato secco, come se il vento che
soffiava impietoso si fosse portato via ogni traccia d'acqua.
In ogni
caso, come qualunque bambino degno di questo nome, i due avevano
trovato il sistema di
giocarvici,
in qualche
modo.
Perciò
non appena lo
raggiunsero, Al seguendo incerto quello che era suo fratello, salirono
sulla vera (¹) e si abbassarono i pantaloni.
-
L'ultima volta hai vinto tu, ma
stavolta non ci riuscirai – lo avvertì Ed
– Ho
bevuto un sacco prima di venire qui, ho una riserva infinita -.
Senza
troppo entusiasmo Al lo imitò, ed entrambi iniziarono a fare
la pipì.
Il
"gioco" consisteva nel far
cadere l'urina nella bocca del pozzo; il getto più alto
avrebbe
decretato il vincitore.
Avevano
appena iniziato, quando una voce fin troppo nota li fece sobbalzare e
rischiare di cadere dentro.
- Adesso
basta! La
volete
piantare? Non avete un minimo di pudore! Un giorno prenderò
un cane, e
vi giuro
che vi
farò azzannare da lui! -.
Ora,
per quanto la voce di quella
ragazzina bionda e decisa fosse fin troppo minacciosa, entrambi
sapevano che non si sarebbe avvicinata finché non si fossero
risistemati i vestiti. Tuttavia l'idea che prima o poi avrebbe davvero potuto fare
ciò che andava sbraitando, rossa in viso, li convinse a
tirare finalmente su mutande e pantaloni.
- Vedi
di arrivare puntuale, la
prossima volta – ribadì Ed, saltando
giù dal
muretto che delimitava il pozzo.
- Vedi
di diventare civile prima dei
vent'anni – ribatté lei.
Il
ragazzino sghignazzò.
- Entro
i vent'anni? Bene, vuol dire che ho ancora un mucchio di tempo. Quindi
non c'è alcuna fretta! -.
- Non capisco perché te la prendi tanto – stava
dicendo lo
stesso Ed, nello stesso posto, vent'anni dopo – Insomma, non
è neanche vivo!
Non c'è nemmeno un albero! -.
- Ci credo – rispose Winry, tranquilla - I pochi fili d'erba
che c'erano li hai ammazzati a forza di pisciarci sopra -.
Una risata, dietro di loro, li fece voltare.
- Toh! Ecco l'altro
dottor Elric – esclamò la donna con un sorriso.
- Mi sembra così strano rivedervi qui – disse lui,
prendendo posto accanto a Winry.
La visione di quei tre adulti seduti per terra, incuranti della polvere
rossa che si sarebbe inesorabilmente attaccata ai loro pantaloni, era
quantomeno bizzarra.
Ma nessuno li avrebbe visti, perché non c'era nessuno nel
raggio di qualche chilometro.
C'era
tanto di quel
vento che una
volta si erano portati dietro un lenzuolo e, correndo giù da
un
brullo pendio, erano riusciti praticamente a planare per qualche metro.
Era stata di Winry
l'idea:
all'inizio Ed era stato piuttosto scettico, ma lei aveva insistito che,
data la forza del vento e il loro peso di ragazzini, ci sarebbe potuta
riuscire.
E ce l'aveva fatta.
- Wow! Funziona! -
gridò Al entusiasta, mentre Ed le corse incontro chiedendo:
- Posso provare?
- Solo se ammetti che
sono un genio – fece lei con sufficienza.
- Sì,
sì, sei un
genio. Dai, adesso fammi provare! - agguantò il lenzuolo e
raggiunse in fretta la cima di quella specie di collinetta, iniziando e
correre e "prendendo il volo", se così si può
dire.
- Anch'io, anch'io! -
gridò Al, facendosi passare quel grande pezzo di stoffa che
ai loro occhi aveva del miracoloso.
Quando giunse la sera,
il lenzuolo
aveva ormai perso il candore originale e sembrava ricamato di terra
rossiccia. Un risultato piuttosto artistico, a dire il vero, che
tuttavia la nonna di Winry non ritenne tale.
E lo espresse in modo
tanto chiaro
che alla fine nessuno dei tre provò più a
sgraffignare un
lenzuolo; anche se quel pomeriggio passato a planare assunse, nel
ricordo, delle connotazioni quasi mitiche.
- Ve la ricordate quella volta del lenzuolo? - chiese Al rompendo il
silenzio, perso nei ricordi.
- La volta della mia
idea del lenzuolo? - gli ricordò Winry.
- Non ti ripeteremo più che sei un genio, se è
questo che
speri – disse Ed – Oltretutto non credo che
funzionerebbe
ancora, visto il nostro peso attuale -.
- Forse il tuo
peso attuale, io non sono aumentata poi molto –
precisò la donna.
Ed represse a malapena una risata, camuffandola in uno sbuffo.
- Sì, come no -.
- Ehi! - ringhiò lei.
- Cambiando discorso, Al, cos'è che si farebbe se
l'estrazione
non risultasse abbastanza remunerativa? - chiese Ed, fingendo di
ignorare Winry.
- L'intero affare passerebbe nelle mani di un'altra società
che
si occupa di energie rinnovabili – rispose il fratello
–
Verrebbero eretti dei generatori eolici: visto l'isolamento di questo
posto, non si disturberebbe nessuno -.
- Capisco -.
- Beh, direi che rimanendo qui non risolveremo niente –
intervenne Winry, per poi rivolgersi a Ed – Tu devi prendere
qualche campione, giusto? -.
Lui annuì, e dal pendio su cui si trovavano si avvicinarono
al
campo vero e proprio. L'unica cosa che si innalzava da quella
superficie piatta era un muretto in cemento sistemato a cerchio, che
sapevano nascondere un buco profondo qualche metro.
- Pensare che abbiamo rischiato di lasciarci la pelle, qui dentro
– commentò Ed – Forse è un
bene che lo
eliminino una volta per tutte -.
- Veramente – precisò Winry, scambiando
un'occhiata con Al
– L'unico che si è fatto male là sotto
sei stato tu
-.
Una
sera, verso cena,
la ragazzina
era tornata al campo perché convinta di aver perso qualcosa.
Quel pomeriggio si era messa in tasca un bullone che le serviva per
sistemare una bici, e una volta tornata a casa non l'aveva
più
trovato. Era perciò sgattaiolata fuori senza dir niente a
nessuno e lo stava ora cercando intorno al pozzo, quando udì
un
guaito.
Un
guaito?
Esterrefatta, si
guardò
intorno: non c'erano che sterpi, e non notò alcuna ombra in
movimento che ricordasse anche solo vagamente un cane.
Lo udì di
nuovo.
E allora, incredula,
si sporse sulla vera del pozzo, cercando di scrutarne il fondo.
Lo udì di
nuovo.
(¹) Vera:
nome del parapetto che solitamente circonda un pozzo
Primo capitolo della
storia con cui mi sono classificata terza al concorso "A
Contest for Faber" indetto da RoyxEd 4Ever.
Ne sono veramente
contenta, anche
perché mi sono iscritta al concorso in extremis, scrivendo
per
una settimana i vari pezzi della storia che mi venivano in mente su dei
fogli, per poi riunirli su Word una volta tornata a casa. Un po' come i
pezzi di un puzzle...
Dovevamo ispirarci ad
alcuni versi di
Fabrizio De André, senza però utilizzare l'intera
canzone
da cui erano presi. Io ho scelto quelli che ho riportato all'inizio,
anche se poi la canzone "Khorakhané" parla degli zingari,
mentre
questa storia è completamente diversa.
Vi consiglio comunque di
ascoltarla,
soprattutto la parte finale. Io l'ho fatto scrivendo questa fic,
cercando di non ascoltare le parole ma basandomi sulle sensazioni date
dalla musica, e mi piacerebbe sapere se riscontrate un qualche
collegamento tra le due.
Detto questo ringrazio
la giudice e faccio i miei complimenti alla seconda e prima
classificate, in particolare a DarkRose86!
È stato
proprio un bel
contest, mi sono divertita a trattare per l'ennesima volta il rapporto
tra Ed, Al e Winry. Quando scrivo una fic su "Full Metal Alchemist", mi
ritrovo sempre lì. Ma ogni volta c'è qualcosa di
nuovo da
dire, secondo me.
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