Attenzione!
Il seguente scritto ha come protagonisti persone realmente esistenti. I
fatti
narrati sono frutto di pura fantasia. Nessuno scopo di lucro, nessun
intento
offensivo né pretesa di veridicità o
verosimiglianza. Nessun diritto legalmente
tutelato s’intende leso ed ogni diritto riservato spetta ai
rispettivi
titolari.
Dedicato
@Fallapart
per il suo compleanno, con mille scuse perché non
è
esattamente il regalo più bello che si possa
ricevere… ._.
N.B.
prima di iniziare la lettura si chiarisce che i “Silversun
Pickups” sono stati il gruppo di apertura dei Muse per buona
parte del tour
americano. Tra i loro componenti Nikki Monninger – unica
ragazza – è la
bassista, Brian Aubert, invece, il cantante.
Buona
lettura! ^_^
Time
to get it simple
-Io
nemmeno sapevo dove fosse Salt Lake
City, fino a ieri.
Ha
voglia di prenderlo a schiaffi.
Matthew lo sa, glielo legge in viso che ha quella voglia lì.
Non è che sia la
prima volta che Dom vorrebbe strozzarlo, del resto. E’ che
perfino la pazienza
del batterista – che è proverbiale, almeno nei
suoi confronti - può essere
messa a dura prova dopo cinque ore
di
pullman. Perlomeno se, in quel lasso di tempo, il suddetto pullman ha
fatto sì
e no cento chilometri. Se poi lui ci aggiunge lo scazzo, il computer
acceso, le
cliccate randomiche sul web e gli sbuffi sempre più alti con
cui accompagna
l’apertura di ogni pagina, è chiaro che la
pazienza di Dominic vada a farsi
benedire.
Comunque,
non è che Matthew se la prenda
più di tanto, registra l’informazione a livello
più o meno conscio dopo avergli
dato un’occhiata da sotto le ciglia, riportando subito lo
sguardo al laptop che
gli riposa in grembo. Il calore del computer, acceso già da
un bel po’, è
piacevole in quel freddo totalmente innaturale che li ha bloccati da qualche parte tra
lo Utah ed il resto del Mondo. Matthew vaga a ripetizione: il
server delle e-mail, il loro sito ufficiale e la pagina di Facebook di
Gaia.
Chissà
che
starà facendo…
Se
chiederselo è già un male, Matt ha
resistito anche troppo alla noia ed al desiderio di impiegare il
proprio tempo.
E poi Chris è sceso con Tom per cercare di capire come
venirne fuori e quella
situazione ha esasperato Dominic al punto da indurlo a chiudersi in un
mutismo
nervoso che lo fa borbottare ma, decisamente, non lo rende
l’interlocutore
ideale per due chiacchiere distendenti.
Così
i suoi approcci – i suoi di
“borbottii”, a voce decisamente più alta
e solo perché lui esige
attenzione dagli altri, non aspetta che questi gliela diano –
non sono veramente dei tentativi di cercare un dialogo, ma solo quello
che Dom
percepisce: infantili capricci di un bambino annoiato e stanco, che
vorrebbe
non avere così tanto tempo a disposizione per restare solo
con il proprio
cervello – i troppi ricordi, un
mouse ed
una pagina di Facebook da cui lei lo ha già cancellato.
Sbuffa
ancora. Chiude stizzoso il browser
e quasi lancia il mouse sui cuscini del divanetto. Dominic si gira in
tempo per
vederlo incrociare le braccia al petto, un’espressione
corrucciata sul viso e
lo sguardo sottilissimo contro il muro di indifferenza dello schermo
ultrapiatto.
-Usciamo
anche noi.- esordisce il
batterista.
Matt
sa che non è un invito, Dominic si
sta già muovendo, semplice ed efficiente, afferra il
cellulare, lo infila in
tasca, indossa il giubbotto che è troppo leggero per andare
sulla neve… Eppure
sempre lo stesso infantilismo gli consiglia una ribellione svogliata.
-No.
Fa freddo. Se mi prendo la febbre
sono cazzi.- scorcia.
Dominic
si blocca a metà, si pianta di
fronte al divano da cui Matt ha già ripreso ad ignorarlo
– cercando a tentoni
il mouse colto dal desiderio improvviso di leggere gli ultimi articoli
di NME –
e lo squadra in un silenzio che sa già di rimprovero.
Ma
poi ci rinuncia.
Ci
sono troppe cose, talmente tante che
anche ad elencarle gli viene la nausea ed immagina che per Matthew sia
pure
peggio. C’è il fatto che all’altro
l’America non è mai piaciuta – nemmeno
adesso che la gente sa anche il loro nome e non sono più
costretti a fare il
giro dei pub e dei bar come dei novellini alle prime armi –
c’è il fatto che
sono bloccati lì da almeno due ore e che, comunque, ce ne
sono volute altre tre
per arrivarci; c’è il fatto che lì
non sia proprio in nessun posto, a meno che essere tra due pareti di
montagne
coperte da quintali di neve possa essere annoverato tra le scoperte
esistenziali sull’essere
ed il non essere. E poi
c’è il fatto cardine.
Quello per cui lui, Chris e Tom ce la stanno proprio mettendo tutta
– e, ad
essere onesti, anche il resto dell’entourage sta facendo del
proprio meglio –
ma no, non si cancella da un giorno all’altro un pezzo di
vita di una persona.
-Se
ti copri, non ti prendi la febbre.-
sospira già arreso.
Matthew
schiocca la lingua contro il
palato, derisorio come il sorrisetto cattivo che gli tira un angolo
della bocca
ma che non trova altra espressione di quell’occhiata in
tralice che il
batterista si becca. La voglia di prenderlo a schiaffi si affaccia
un’altra
volta.
-Matthew!-
chiama.
-Dominic!-
cantilena in risposta, lo sguardo di nuovo catturato dalle immagini
colorate
del web.
-Alza
il culo da quel divano.
-Ah-ah.
Perché non ti siedi tu, invece.-
ritorce apatico.
Il
rumore dell’ennesimo “click”
dà alla
testa al biondo. Ringhia basso e si muove in un impeto, afferrando il
computer
con una mano e con l’altra fermando la reazione istintiva del
cantante.
-Ora
la pianti!- gli sputa contro.
-Dom,
testa di cazzo! guai a te se lo
rompi!
-L’unica
cosa che si è rotta finora sono
le mie palle, Bellamy!- scocca impietoso, continuando a tenerlo lontano
mentre
poggia di malagrazia il portatile sul tavolino alle proprie spalle.
Matthew
si acquieta il tempo necessario a
fargli portare a termine l’operazione senza causare danni, ma
riparte
all’assalto subito dopo, aggirandolo per raggiungere la sedia
ed il computer.
Dominic non riesce nemmeno a crederci e lo fissa a bocca aperta
prendere
spavaldamente posto davanti allo schermo ancora acceso.
-No!-
esclama più sconvolto che
arrabbiato. Matt gli sbatte gli occhioni in faccia, mani giunte sotto
il mento
ed aria “genuinamente” perplessa.- Oh, insomma, che
accidenti devo fare per…
-Dom!
Bells! Questa dovete proprio venire
a vederla anche voi!- tuona allegra la voce di Chris da fuori,
interrompendo a
mezzo la tirata del batterista.
Prima
che possa rendersi conto di
qualcosa, Dominic vede Matthew sporgere la testa in direzione della
voce,
incuriosito, e poi saltare su ed afferrare al volo il piumino appeso
vicino
alla portella del tourbus. Fa appena a tempo ad inseguirlo che Matt sta
già
camminando a passi ampi in mezzo alle auto bloccate. Devono
circumnavigare
anche l’ultimo degli enormi camion con rimorchio che il
baraccone mediatico del
loro tour ha smosso da un lato all’altro
dell’oceano (e sì che la maggior parte
della strumentazione è in viaggio dalla sera prima, con
buona pace dello staff
al lavoro a Denver ormai da ore) per ritrovare la voce – e la
risata – di
Chris. In fondo alla fila c’è un pullman simile al
loro, anche se più piccolo,
su un lato una scritta brillante recita “Silversun
Pickups” a lettere cubitali,
i due amici si affacciano alla fiancata e sbucano proprio al limitare
del
guardrail innevato. Il primo che beccano è Brian Aubert, sta
ridendo a
crepapelle, tra i ciuffi di capelli biondi e perfino tra la barba
spuntano
rimasugli di quella che Matt, ridacchiando, riconosce essere una cara,
vecchia palla di neve. Il tempismo
con cui
realizza la cosa lo salva dall’arrivo di un secondo
proiettile: lui lo evita
per un pelo, saltando indietro fino a riportarsi al sicuro di lato al
bus, ma
Dominic non è altrettanto pronto e la palla lo colpisce in
pieno viso con un
suono sordo che gli strappa a mezzo una bestemmia soffocata. Poi arriva
Chris -
che è l’autore dell’assalto, scopre
Matthew quando torna a sporgersi cautamente
- Dom è già partito al contrattacco, braccia a
terra lui e Brian stanno
raccogliendo manciate di neve mentre Chris si allontana in direzione di
una
retroguardia formata da Tom Kirk e Joe Lester.
-Questa
me la pagate cara, traditori!-
ulula Dom, ma sta già ridendo come tutti gli altri e nessuno
ci fa caso, senza
contare che lui ed il vocalist dei Silversun non ci mettono troppo a
creare una
nuova fazione che si contrapponga a quella, altrettanto mista, che li
fronteggia.
Matthew
si fa due conti in tasca: dal
boschetto di pini che spunta poco più in là sta
emergendo la sagoma del
batterista della band supporter, anche lui “armato”
e pronto al combattimento, la
sua intelligenza gli suggerirebbe di affrettarsi a battere in ritirata
od
offrirsi come nuovo membro di quella che appare a tutti gli effetti la
“squadra
vittoriosa”. Ma la sua coscienza mai sopita di rivoluzionario
anarchico prende
il sopravvento – senza contare che Dom non lo perdonerebbe
mai! – e lui si
ritrova a saltare fuori dal proprio nascondiglio ed oltre il guardrail
in
compagnia del proprio migliore amico e dell’altro cantante.
-A
mooorte!- grida Tom, guidando il
proprio fronte con il cipiglio fiero di un autentico condottiero
bretone.
La
cosa finisce in semplice baruffa
quando, scaricati i proiettili, si arriva alle mani ed entrambe le
parti si ritrovano
a rotolarsi a terra, infilarsi la neve dentro lo scollo di giacconi e
magliette
e lanciarsi conseguentemente in deliranti danze che scatenano
l’ilarità degli
autisti seduti nelle macchine ferme lungo l’autostrada.
In
un concerto di clacson esultanti,
Matthew si ferma stremato a riprendere fiato, portandosi fuori del
campo di
battaglia ed appoggiandosi pesantemente alla fiancata del tourbus dei
Silversun. Mentre respira affaticato pensa che avrebbe davvero dovuto
dare
ascolto al proprio scazzo
perché come
minimo quella sera avrà la febbre a quaranta e non
sarà in grado di salire su
un palco nemmeno da morto. Però, anche se lo pensa, il cuore
gonfio di sangue e
la mente leggera gli dicono che non stava tanto bene – che non si sentiva così vuoto!
– da troppo tempo. E, quindi,
scrolla le spalle e si lascia andare di schiena sulla fiancata gelida
del bus,
testa all’indietro ed occhi socchiusi… Chris
finirà per uccidere Dominic se
continua così!
La
risatina sottilissima di lei lo fa
sussultare. Per un momento si era anche dimenticato che esistesse.
Non è piacevole da pensare, ma è anche
realistico; in
fondo quella ragazza è…inconsistente. E se
questo, di pensiero, è anche peggio,
a Matt viene istintivo nasconderlo dietro un sorriso di circostanza
mentre si
volta a guardarla, affacciata alla portella del bus, spiare un
po’ lui un po’
il gruppetto che si agita ancora nella neve.
-Ciao!-
la saluta allegramente.
-Ciao.-
risponde lei a voce bassa, ed il
suo di sorriso è imbarazzato ma sicuramente più
sincero.
Nikki
Monninger sembra sempre sul punto
di scappare. Matt lo ha notato dalla prima volta che ha avuto modo di
trovarsela davanti; in quell’occasione non le ha dedicato
più di un’occhiata
vagamente interessata, classificandola come un’incorreggibile
timida – sì, perfino
più di lui – ma trovandoci
poco altro che potesse spingerlo a voler approfondire la conoscenza.
Lei
appartiene proprio a quel genere di donne lì, riflette
ancora, quello che
rimane invisibile agli occhi degli altri: non è bella
– carina forse, ma decisamente non
il suo tipo – è troppo poco sicura
di sé da sopperire a questa mancanza, ed è
spaventata dagli altri come lo sono
sempre le ragazze insicure.
-Non
vieni a…giocare con noi?
L’uso
di quel verbo, che Matt ha trovato
con difficoltà, fa ridere entrambi stavolta e scioglie un
po’ della tensione
impacciata che sentono.
-No.-
rifiuta appena.- Lo so come va a
finire poi, che mi bagnano dalla testa ai piedi, ed io mi ammalo con
nulla.-
spiega divertita.
Matthew
sospira.
-A
chi lo dici!- esclama con una smorfia
mentre, a rimarcare il concetto, scuote via dal cappuccio del piumino
ciò che
resta di uno degli ultimi attacchi di Joe.
Il
silenzio che segue erige una nuova
barriera tra loro, Matt lo avverte e vorrebbe anche liberarsene
– tornare con
una scusa dagli altri, magari… - Nikki ha ripreso a fissare
dritta davanti a
sé, ma lui ha la sensazione che sia quasi del tutto
disinteressata a quello che
sta succedendo e si sente in dovere di non lasciarla completamente
sola. Scava
alla ricerca di un argomento di conversazione qualsiasi senza che gli
venga in
mente nulla di intelligente – o interessante – da
dire, così dice la prima
cazzata che gli passa per la testa con il solo scopo di mettere a
tacere la
propria coscienza.
-Non
ho mai reputato il basso uno
strumento femminile.- afferma.
Ha
voglia di mordersi la lingua da solo.
Bene. Pur senza dover vedere la sua espressione sorpresa e ferita, sa
da solo
di aver appena collezionato una figura di merda proverbiale. Nikki lo
studia
con sospetto, adesso, sulla difensiva più di quanto non sia
stata fino a quel
momento, e Matt si pente un milione di volte della propria
incapacità di
gestire le donne. Dom ha davvero ragione nel dire che ha la grazia di
un
elefante.
-Non
intendevo dire che tu non sia
femminile.- sbiascica riuscendo, se possibile, ad essere ancora
più
inopportuno. Se ne rende conto e sbuffa, infilando le mani in tasca e
sollevando gli occhi al cielo alla ricerca di un intervento divino che
lo salvi
da se stesso.- O.k., sono orribile e se non mi rivolgerai mai
più la parola
avrai la mia comprensione.- recita d’un fiato-
C’è qualcosa che posso dire o
fare per evitare di essere del tutto pessimo e riuscire a convincerti
ad avere
ancora una qualche forma di relazione con me? No, dimmelo tu,
perché da solo
penso che farò solo un altro disastro.
-…perché
pensi che il problema sia tu?-
la sente sussurrare in risposta, dopo qualche istante di silenzio
pesante.
Ed
è una cosa talmente strana
da dire che Matt sgrana gli occhi
e torna a puntarglieli addosso con un “prego?!”
attorcigliato sulla lingua, e
che non si decide ad uscire solo perché lei ha ripreso a non
guardarlo e sembra
troppo imbarazzata per poter veramente sostenere quella discussione.
Quindi si
zittisce, terrorizzato all’idea che un’altra
sillaba possa infrangere Nikki
come fosse una statua di neve e ghiaccio, e la fissa per un
po’, senza dire
altro ma senza che la cosa risulti fastidiosa come credeva.
Lei
si mordicchia le labbra. È una cosa
che fanno - le donne - quando si
concentrano. Perlomeno lo faceva Gaia. E sua madre. Sta tormentando con
un’unghia il binario della portella, grattando via uno strato
sottile di
grasso, che le lascia inevitabilmente una scia scura sul polpastrello.
S’imbroncia, fissando il proprio dito come fosse qualcosa di
vivo, una sorta di
animaletto dispettoso che debba
rimproverare, e poi si volta a guardarlo. E Matt sa che lo sta facendo
perché
si vergogna di essersi sporcata a quel modo, come una bambina piccola,
e spera
che lui non se ne sia accorto – come invece ha fatto
– per cui arrossisce
ancora.
Matthew,
invece, sorride.
-Aspetta.-
le dice, rovistando nella
tasca dei jeans alla ricerca di qualcosa. Le si avvicina con il
pacchetto di
fazzoletti in mano, sale i gradini che portano sul tourbus e Nikki
indietreggia
per lasciargli spazio.- Altrimenti finisce che sporchi il vestito.- si
giustifica Matt, porgendole uno dei fazzolettini.
-...grazie.
Matthew
si sporge da sopra la sua spalla
spiando all'interno del pullman. E' decisamente più ordinato
del loro e profuma
di pulito; nota distrattamente i fogli sparsi sul tavolino nella zona
giorno,
il basso posato accanto al divanetto ed un televisore che trasmette,
ignorato,
cartoni animati dei Looney Tunes. Accanto ai fogli c'è un
netbook rosa che Matt
immagina appartenga alla ragazza.
-Stavi
facendo qualcosa in particolare?-
chiede aggirando Nikki e puntando dritto al tavolo.
-Uhm?-
ritorce lei, voltandosi a seguirlo
con lo sguardo, leggermente spiazzata dal ritrovarselo nel
proprio regno che scorrazza liberamente con una dimestichezza
invidiabile.
Matt
si siede davanti al pc, ma ha appena
il tempo a fuoco che la pagina è aperta su un qualche sito
familiare che non
riesce ad identificare, l'istante dopo Nikki lo ha raggiunto ed abbassa
di
scatto lo schermo del portatile, sottraendolo alla sua vista.
-...mi
spiace...- borbotta Matthew,
rendendosi conto all’improvviso di quello che stava facendo.-
Non volevo essere
invadente.- si scusa.
-No...Non
lo sei...!- si affretta a
smentire Nikki, afferrando però il netbook per toglierlo
dalla sua portata.
Inizia a ruotare su se stessa come una trottola, cercando un punto dove
lasciare il pc e, contemporaneamente, tentando di riprendere il
controllo della
situazione a sufficienza per poter fare da «padrona di
casa»- Insomma,-
conclude abbandonando il netbook su una mensola e voltandosi di scatto,
una
mano a sistemare i capelli arruffati e le guance rosse come mele.-
è normale
tra colleghi, no?
-...farsi
gli affari altrui?- domanda
Matt perplesso.
Nikki
sobbalza e poi scuote la testa,
frenetica.
-Intendevo
dire che è abbastanza normale
che si crei una certa...familiarità - E quella parola sembra
provocarle una
nuova ondata di disagio, tanto che la voce si spegne in appena
più di un
sussurro flebile.- …a stare tanto tempo assieme...
-Sì,
beh...Noi tre in realtà siamo
abbastanza riservati.- spiega Matthew vago, riprendendo a guardarsi
attorno.-
Generalmente ce ne stiamo per i fatti nostri e Tom ci ha pure
rimproverato un
bel po’ di volte per questo... E' che non lo facciamo nemmeno
apposta - inizia
a straparlare come suo solito. Lei però non dà
segni di fastidio ed anzi lo
incoraggia con brevi cenni di assenso.- Noi siamo proprio
così. Sai...come
quando hai un feeling tutto speciale con una persona ed alla fine
diventate
autoreferenziali e non è che tieni gli altri a distanza, ma
loro non riescono
semplicemente a trovare una sintonia con quello che dite e...Ti sto
annoiando?-
s'interrompe di colpo.
-...n-no.-
mormora Nikki.
Matt
ride, lasciandosi andare con le
braccia e le spalle sul ripiano del tavolo e fissandola da sotto in su
con un
sorriso enorme.
-A
questo punto, la maggior parte della
gente mi ha già mandato al diavolo.- confessa.
-Ah.
Io, di solito, sono brava ad
ascoltare.- si schernisce lei, ruotando intorno al tavolo per potersi
accomodare
dall'altra parte del tavolino.- Se vuoi parlare ancora...- lo invita
dopo. E si
dà mentalmente della stupida non appena vede la sua
espressione interrogativa.-
O.k, era una cosa idiota da dire.- riconosce socchiudendo gli occhi,
ferita.
Matt
sbuffa un sorriso nuovo e diverso,
più dolce, che Nikki si trova, nonostante tutto, a spiare
con riconoscenza.
-Era
una cosa carina.- dice Matt.- Magari
detta in maniera idiota,- prosegue, ed è Nikki la prima a
ridere. Con una mano premuta sulla bocca!
- però
era gentile.- ammette con facilità.
-Uhm...Brian
dice sempre che io sono
così.
-...
“idiota”?
Nikki
lo guarda a bocca aperta e Matt si
affretta a sdrammatizzare con una risata, confessando pianamente uno
“scherzavo!” che strappa una risatina anche a lei.
Deve ammettere che quando
ride le si illuminano gli occhi in un modo davvero bellissimo, e poi le
guance
le diventano rosse come quelle di una bambolina…
-“Gentile”!-
lo bacchetta lei, un po’ più
sciolta di quanto non si sia mostrata finora.
-Beh,
meglio sì. Anche perché mi sarebbe
seccato dovergli dire che è un gran cafone.- commenta Matt
con gravità.
Nikki
lo fissa chiedendosi se sia serio,
ma Matthew non aggiunge altro e lei scrolla le spalle.
-Però
non hai risposto- gli fa notare.
-Su
cosa?
-Se
hai qualcosa che vorresti dire e che
gli altri non vogliono ascoltare, puoi dirla a me.- ripete con
semplicità.
Ed
è il turno di Matthew di fissarla
senza capire, a bocca aperta.
Un
momento soltanto, che passa rapido
quando sopraggiungono le risate degli altri fuori dal bus, la voce di
Dominic
che lo chiama e Tom e Chris che commentano che, se si è
perso, stavolta lo
lasciano in mezzo al niente e se ne vanno per i fatti loro.
È la normalità di
sempre. Ed è quasi consolante, si ritrova a riflettere
Matthew. Per cui lascia
perdere, cancella la domanda che Nikki gli ha fatto e si solleva per
lasciarsi
trascinare via dalla routine affidabile della sua
“famiglia”.
-Brian
ha ragione. Credo.- concede senza
nessun calore.
Ai
suoi occhi lei ha già perso
l’interesse che aveva, quello che si riduceva allo spazio di
un luogo
sconosciuto ed al momento di un sorriso e di una voce estranei ma
caldi, e
dolci, e rassicuranti.
Nikki
lo guarda, i suoi occhi sono
indecifrabili adesso, specchi di una cortesia distaccata in cui balena
un
attimo diverso, che lui non sa cogliere affatto. Matthew non
è mai stato bravo
nel capire gli altri, per questo Gaia lo completava così
bene.
-Ci
vediamo.- la saluta quando è già alla
portella, accennando con due dita un cenno che non accompagna nemmeno
con uno sguardo.
E
poi salta giù e la voce di Dom, la
risata di Chris e l’allegria di Tom lo investono e lo
trascinano via.
-Pare
che non riusciremo a passare per
stanotte.- notifica il batterista.
-Scherzi?!-
sbotta.
-No,
niente da fare, Matthew. - conferma
Tom - Mi spiace, ma stasera il concerto siamo costretti ad annullarlo...
***
Fissa
la pagina di Twitter con indolenza.
Al terzo messaggio di scuse ai fan di Denver, non si stupisce poi
troppo che la
Musewiki ci tenga a
prenderli per il culo chiedendosi quanti post gli servano per
informarli di
essere rimasti bloccati nel mezzo del niente.
Un
gomito piantato nel materasso per
sorreggere la testa sul palmo della mano, le dita che scorrono lente
sulla
tastiera del portatile – come alla ricerca di qualcosa
nella plastica grigia e gommosa che sfiorano –
Matthew è
l’immagine stessa della noia. Una compagna fedele, a quanto
sembra, che si è
ripresentata solerte non appena si sono fermati in quel motel,
parcheggiando i
bus sulla piazzola ghiacciata. Aveva pensato, all’inizio, che
sarebbe potuta
essere perfino una cosa stuzzicante,
quel posto ha il fascino sconsiderato delle location di certi thriller
visti al
cinema: in mezzo al niente, isolati dalla realtà, gli eroi
si fermano in un
lugubre motel che si staglia all’improvviso sul loro cammino
nella notte più
buia… Nella realtà dei fatti, a parte rispettare
a menadito il topos di “ritrovo
per camionisti e battone” – con i
mini-appartamenti, tutti allineati a formare
un edificio ad un solo piano di una sfumatura di arancio che ha visto
tempi
migliori, e le moquette nelle stanze che sanno di polvere, di scarpe
pesanti e
di vecchio – il motel offre ben pochi spunti
“romantici”. Perfino ad una
fantasia fervida come la sua. Per cui, scomparsi Dominic, Chris e Tom,
Matthew
ha guardato i Silversun Pickups chiudersi allegramente in una delle
camere in
fondo alla linea continua, sparendo in un coro entusiasta di risate, e
poi è
rimasto da solo con la chiave della propria stanza.
-Hai
idea della stronzata stratosferica
con cui se n’è uscito il custode di questo posto?!
Dominic
si annuncia come al suo solito,
con una porta che sbatte ed una frase urlata al vento con tutta
l’indignazione
entusiasta di cui è capace. Matt vorrebbe rispondere
qualcosa, ma la voglia gli
passa già mentre l’altro avanza nella camera e si
butta a peso morto sul letto,
facendo rimbalzare mollemente il materasso e strappandogli una smorfia
di
fastidio.
Comunque
il biondo non ha bisogno di
troppi incoraggiamenti:
-…uhm…
-Mi
ha chiesto se fossimo del circo
itinerante! Cioè! non pretendo certo che sappia chi siamo,
ma c’è una bella
differenza tra un tourbus ed i camper pidocchiosi di un circo!
-Avrà
visto la tua camicia.- ribatte
apatico Matt, senza neppure voltarsi a guardarlo mentre riprende a
girellare
tra i siti.
Dom
si blocca, Matthew sa che si sta
guardando la camicia,
probabilmente si sta anche tastando il petto come alla ricerca di una
spiegazione fisica alle sue parole.
Sorride al sicuro del riparo che gli offrono le spalle.
-…cos’ha
la mia camicia?- interroga alla
fine il batterista.
Matt
lascia perdere il computer, si volta
di scatto, braccia spalancate, e si abbandona all’indietro
sul materasso,
voltando la testa nella sua direzione ed osservandolo in silenzio per
qualche
minuto prima di rispondergli.
-Niente,
Dommy. È solo leopardata. E
credo che nessun essere umano usi più una camicia leopardata
dai tempi dei
Virgin Steel.- osserva asciutto.
-Sei
inutilmente polemico.- ritorce con
flemma l’amico, grattandosi distrattamente il risvolto dei
jeans a caccia di inesistenti
macchie.
Matthew
ridacchia e torna a rotolare su
se stesso, puntando ancora l’attenzione allo schermo e
ricominciando a vagare su
una pagina a sfondo rosa che Dominic non riconosce.
-Bells.
Nel
silenzio il “click” del mouse.
-…Bells?-
lo chiama ancora. Ma nessuna
risposta. Dom allunga il collo ma Matthew occupa per intero la visuale
e tutto
quello che riesce a strappare alla sua schiena piegata sul laptop
è ancora quel
riquadro di rosa antico e ghirigori senza
senso.-…Matthew…non starai mica di
nuovo…?!- inizia frettolosamente, accusatorio.
L’altro
lo interrompe senza dargli retta.
-Hai
mai notato quanto è interessante la
grafica del sito dei Silversun Pickups?- chiede
all’improvviso. Dom strabuzza
gli occhi e boccheggia.- Voglio dire…è
essenziale, semplice e diretta, ma non
ha niente della semplicità matematica
del nostro sito, per dire. È una cosa che…ti
coinvolge a livello emozionale…
-Penso
che tu sia l’unico al mondo a dire
che il nostro sito è “semplice”.
-…è
come se eccitasse la
sensibilità di chi guarda!- continua imperterrito
Matt.
-…vuoi
davvero sapere come la penso?- è
la domanda cortese di Dominic, non appena la voce dell’altro
si spegne in un
nuovo silenzio.
Matthew
sbuffa perché sa riconoscere i
suoi toni e sa che quello è il tono del “adesso
parte una paternale sul senso
della vita e su quanto io la stia buttando nel cesso”. E
sì che credeva che
simili discorsi fossero una prerogativa esclusiva di Paul, in ragione
del suo
ruolo di “padre sostitutivo” nella vita di
“quello
sbandato di mio fratello minore”. Ma a Dom piace
non fargli sentire la
mancanza di casa!
-Sentiamo!-
ringhia infastidito,
chiudendo il computer e voltandosi – pancia sotto –
a guardarlo.
-Penso
che tu abbia seriamente bisogno di
scopare.- scorcia Dominic.
E
Matt si dice che è la soluzione a
qualsiasi problema, perlomeno per il biondo.
-Dom…
-No,
sul serio, Matthew.- lo interrompe.-
Accidenti, lo facevi con più frequenza quando stavi con una
donna che ora che
sei single!
-Sarà
stato perché avevo una donna con
cui farlo!- ci scherza su.- Impegni di lavoro permettendo,
s’intende.
-Ma
tu hai una donna con cui farlo! Hai
centinaia di donne con cui farlo
ogni sera!
-Se
ti stai riferendo alle nostre fan, ti
ricordo che l’età media è 14 anni.-
osserva Matt blandamente.
-Piantala.-
lo rintuzza il batterista,
secco e deciso.- Ce ne sono di molto più
“vecchie” e ce ne sono…da
schianto!
Sei tu che ti ostini ad essere gentile solo con
“cosette” che indossano
orecchie da cane e zampe da gatto, sono almeno dieci chili in
sovrappeso e di
sette anni sotto l’età legale!
Esistono le groupie, Matt – continua impietoso –
procaci donnine dai facili
costumi.- traduce subito dopo, mimando volgarmente un paio di enormi
tette
ballonzolanti e strappandogli così una risata.
-Sì,
ma loro preferiscono te o Chris…- si
schernisce Matthew con un sorriso provocatorio.
-Questo
perché io sono figo e lui è
raccomandabile.- annuisce Dom con convinzione, incrociando le braccia
al petto
in una posa che fa molto maestro di scuola.- Sai, il classico tipo che
ti fa
credere che tu possa metterci su famiglia.
-Infatti
Kelly ci ha messo su famiglia.-
commenta Matt, con un accenno di amarezza di troppo.
-In
ogni caso, tu non avresti nessun
problema a trovare una donna se lo volessi davvero!- torna
all’attacco il biondo,
ignorando volutamente quel tono.
-Sicuro.
-Dico
sul serio!- abbaia Dominic.-
Impazziscono per te! Sono tutte lì a guardarti adoranti e
chiedersi “cosa starà
pensando quel genio di Matt Bellamy?”.
-E
cosa sto pensando?- ritorce lui
ricominciando a ridacchiare.
Dominic
lo fissa attentamente. Poi
sospira.
-“Perché
questo rompiballe non si leva
dai coglioni così mi metto a dormire”.
-Cazzo,
Dominic! O tu sei un genio o i
miei processi mentali sono più lineari di quello che le fan
credono!
***
-Fragole
e lamponi.
Nikki
lo guarda, occhi spalancati e bocca
socchiusa. Ha un rossetto chiarissimo – forse
un…lucidalabbra? non ci ha mai
capito un tubo di ‘ste cose da femmina – e poi un
po’ di trucco sugli occhi. Ha
le guance rosse per il freddo, un cappello di lana che le schiaccia i
capelli,
le mani gelate su cui stava soffiando, meno di un secondo fa, per
recuperare
sensibilità alle dita. Ed è ferma fuori dalla
porta della stanza, sotto il
porticato da farwest del motel da thriller. Un filmaccio, insomma, con
una protagonista
improbabile.
-…prego?-
sussurra.
-Dominic
dice che la gente quando mi vede
si domanda cosa mi frulli per la testa, così mi sento in
dovere di dirtelo e
sfatare un mito. Sto pensando “fragole e lamponi” e
questo, inevitabilmente, fa
di me un “non-genio”.
Ride.
Di nuovo nascondendosi dietro la
mano e, stavolta, nel collo di pelliccia del giaccone. Matt infila le
mani in
tasca e si concede un sorriso.
-Come
mai in giro a quest’ora?- gli
chiede.
Lui
fa spallucce. Butta un’occhiata alla
distesa di niente che li circonda.
Dalla stanza alle spalle della ragazza arrivano le risate degli altri
componenti della sua band; la luce dell’interno - che
è pessima, come nella sua
stanza – fa pensare che ci sia calore, ma probabilmente
è il rumore a dare
quella sensazione.
-Non
riesco a dormire. Immagino di avere
una qualche forma di idea che mi frulla in testa. Ed è
abbastanza strano,
perché in genere non scrivo niente quando siamo in tour.
Focalizzo le energie
tutte sugli show…finisco per non avere…fiato
per dedicarmi ad altro o per concentrarmi sulle cose. Ma sto
ricominciando come
mio solito a parlare troppo e tu dovresti fermarmi quando lo faccio.-
conclude
senza soluzione di continuità.
-Pensavo
che avessimo già discusso di
questo.- osserva Nikki, gentilmente.- Non mi da fastidio.
-Oh,
beh.- borbotta Matthew, voltandosi
ancora a fissare la piazzola di sosta ingombra di camion e neve.
Nikki
non dice nulla. Matt, a guardarla
di sottecchi, si accorge che sta facendo proprio come lui e sta
fissando la
notte dritta davanti a loro, sullo sfondo nero le luci lontane delle
macchine
che passano sulla strada ora sgombra dal traffico. Dopo aver annullato
la data,
loro non hanno fretta di ripartire e sembra che tutti – a parte lui, forse… - abbiano
preso quella “sosta forzata” come un
gioco piacevole. Tom, Dominic e Christopher sono scesi a piedi fino ad
un fast
food più avanti ed hanno promesso birra e panini caldi per
tutti.
-…senti…-
inizia ad un certo punto. Nikki
si volta ma Matt non la guarda, perché un po’ lo
imbarazza quello che deve
chiederle ed un po’ ha paura che possa imbarazzare lei.-
…quella che stavi
guardando oggi…mica era la Musewiki?-
tentenna.
Nikki
arrossisce e fa per nascondersi
ancora nel collo del giaccone. Poi si riprende – Matt ha il
dubbio che il suo
sia più un cipiglio, forza di volontà, che reale
voglia di affrontare quel
discorso – solleva la testa e torna a puntare la notte.
-Sono
una vostra fan praticamente da
sempre.- spiega.- Fan fan, intendo.- ci tiene a precisare.
-…oh.-
osserva Matt stupidamente.
-…“oh”?-
ripete Nikki, perplessa,
sbattendo le ciglia come una bambina di altri tempi.
Il
risultato è che ridono entrambi.
-Sì,
insomma, non ho da dire nulla di
interessante!- obietta Matt piccato.
-Sì,
scusa!- ride ancora lei. E poi
aggiunge piano – Ora tocca a me. – con un sorrisino
che è indecifrabile. Matt
annuisce senza sapere a cosa stia assentendo.- Perché
pensavi “fragole e
lamponi”?- domanda lei con semplicità.
-Per
via delle guance. E poi del
rossetto.
Immagina
da solo quanto quello che ha appena
detto possa essere fuori luogo e totalmente folle. Lo immagina solo nel
momento
esatto in cui esplicita il concetto – Dom dice sempre che con
le donne è un
disastro…ma forse è un pensiero già
espresso. Di sicuro, Dom ha le sue ragioni
di dirlo.
La
porta alle spalle di Nikki si apre ed
è il volto sorridente di Brian Aubert a fare capolino dalla
soglia. Come
pensava, Matt sente il calore che scivola fuori dalla stanza con la
presenza
ingombrante del biondo, ed è un momento perfetto.
Soprattutto perché a
spezzarlo rapido arriva la presa di coscienza molteplice delle parti
coinvolte
in un gioco a tre voci, adesso. Brian vede Nikki, ed il suo sorriso
è come la
luce dentro l’appartamento. Brian vede Matthew, e quel
sorriso assume un gelo
sottile che brina la superficie stessa della realtà in un
quadro
incomprensibile.
Nikki
vede Brian e l’imbarazzo sulle sue
guance assume la stessa tinta lampone che aveva al freddo della notte.
Ma
Matthew non sa come interpretare tutto questo. E vorrebbe che Nikki vedesse anche lui, si voltasse a
guardarlo e cercarlo con gli occhi. Lo vorrebbe in un moto di gelosia
infantile
– la stessa che fa battere i piedi a terra ai bambini quando
perdono
l’attenzione dell’adulto che sta giocando con loro
– che non si spiega, così
come è troppo annoiato, e pigro, per spiegarsi lo sguardo
dell’altro cantante.
-Ciao,
Matthew.- constata gelidamente
Brian.
-Ciao.-
mormora in una risposta
svogliata.
Brian
abbassa gli occhi sulla ragazza,
Matt nota solo ora come, allungandosi oltre la soglia e posando le
braccia alle
colonne che reggono l’arcata del porticato, lui la
“avvolga” in una spirale
protettiva che gliela sottrae impercettibilmente, quasi con
delicatezza.
-Che
fai ancora fuori? Finirai per
prenderti un raffreddore con i fiocchi!- la sgrida, ma sta sorridendo
di nuovo
e lei non sembra farci troppo caso visto che ride e poi scuote la
testa,
leggera.
-Arrivo.
Due minuti.- lo congeda.
Brian
non sembra felice, fa una smorfia,
si volta a guardare Matthew ancora e poi entra con un
“o.k.” trascinato.
-…non
gli piaccio, vero?
-E’
quella cosa che non sembrate
particolarmente socievoli. – spiega lei. – Tu in
particolare.
-Fantastico.-
commenta senza allegria
Matthew.
-Beh…è
solo la sua opinione, no?
La
voce di Dominic arriva squillante ad
interrompere qualsiasi replica.
-Udite,
gente! Siamo tornati vincitori e
gaudenti!
I
passi pesanti dei tre “eroi” di ritorno
dalla loro missione risalgono l’asfalto del piazzale in uno
scricchiolio
sinistro di ghiaccio contro suole armate di scarponi, Chris deve avere
convinto
il batterista dell’opportunità di indossare
qualcosa di più idoneo di un paio
di converse ed evitare di morire rompendosi l’osso del collo
sulla strada per
Denver. Peraltro è proprio il “gigante
buono” ad accorgersi per primo della
scena di Matthew e Nikki in piedi sotto la luce aranciata di una
vecchia
lampadina malandata.
-Guarda
chi c’è!- tuona sorpreso.- Il
Bells in dolce compagnia!
-Ah,
Matthew!- rincara Tom ridacchiando.
Matt valuta che sono già ubriachi tutti e tre – o
quantomeno ben più che
alticci – anche se sembra che la cosa non li abbia
scoraggiati minimamente dal
tornare carichi di buste e bottiglie come scolari in gita scolastica ed
in
libera uscita dai prof.- E poi con noi sei sempre lì a
piangerti addosso!
-“Gaia
mi ha lasciato!”- mima Dom
piagnucoloso, buttando le braccia al collo di Tom in un frastuono
inglorioso di
vetro che urta il vetro.- “Come potrò vivere senza
di lei! L’unica! La sola! La
donna della mia vita!”- E poi cambia bruscamente tono,
raddrizzandosi di colpo
ed assumendo un’aria seria e grave.- “Almeno
finché non mi chiede di sposarla
ed ingravidarla”- precisa agitando un ditino “up-puntatore”.
Matt
si volta verso Nikki, un mezzo
sorriso rassegnato sulla faccia ed un accenno di scuse nella voce:
-Beccato.-
le dice soltanto.
Nikki
si stringe nelle spalle magre.
-Non
fa nulla.- gli risponde, voltandosi
poi verso la porta mentre il coro dissonante delle risa di Chris e dei
motteggi
di Dominic e Tom si fa sempre più vicino. Nikki bussa alla
porta della stanza,
ruota la maniglia e si affaccia dentro, ed il suo tono è
allegro quando
annuncia ai ragazzi riuniti- Sono arrivati i rifornimenti, truppa!
Eppure
Matt un po’ in colpa ci si sente.
E non è nemmeno tanto per le battute stupide che lei
dovrà tollerare.
***
-Se
intendi dirgli qualcosa, devi farlo
stasera.
Nikki
si volta a guardarlo. Brian sembra
serio. Ma sembra anche terribilmente arrabbiato, ed è
davvero raro che si
arrabbi proprio con lei. E poi non la guarda negli occhi mentre le
parla, la
scusa ufficiale è il dover districare il filo infinito
dell’amplificatore ma la
verità è che quel discorso gli fa male.
Nikki
arrossisce involontariamente. Poi
ringrazia proprio il fatto che lui non la stia guardando,
perché non le piace
quando finiscono a fare quei discorsi – e lui si comporta
come un fratello maggiore
– figuriamoci quando gli dà modo di capire quanto
a disagio possano metterla le
sue osservazioni.
-Te
lo stai mangiando con gli occhi da ore.-
osserva stizzoso il cantante.
Lei
non ha bisogno di chiedergli di chi stiano
parlando, e nemmeno di negare o di domandargli perché la
cosa lo infastidisca.
Sono tutte cose di cui, pur senza averne mai parlato davvero, hanno
discusso
indirettamente fino alla nausea. Ogni volta che lei si prende quel
genere di
sbandate, Brian è sempre lì a sorvegliare la cosa
e, quindi, Nikki lo sa che
lui è in grado di capire esattamente cosa
debba sorvegliare.
-Perché
mi dici che devo parlargli se ti
da noia?- chiede temporeggiando.
Brian
sbuffa un sorriso che rappresenta
tutto il suo pensiero al riguardo: sarcastico, affatto convinto, come
l’occhiata che le concede di striscio un secondo dopo. Nikki
stringe le dita
attorno al basso che abbraccia senza aver ancora infilato a tracolla,
è un
gesto che le dà sicurezza a suo modo.
E
probabilmente fa capire a Brian quanto
si senta scoperta,
perché addolcisce
il tiro un istante dopo.
-Non
mi da noia, Nik, è solo che ti ci
stai tormentando da settimane, ormai. E mi sembra una stronzata.-
sussurra.
Nikki
si chiede se sia una forma di
cortesia, per evitare che Joe, lì di fianco, afferri troppo
di un “segreto” che
lei è sempre stata brava a mantenere. Ogni volta.
Perché
Nikki è anche una di quelle
ragazze che passano sotto silenzio i propri sentimenti, e li vedono
appassire
nel tempo perché non sono in grado di coglierli al momento
giusto.
Abbassa
il viso, i riccioli morbidi
cadono davanti nascondendo le guance che sente in fiamme. Aggancia
dietro
l’orecchio una ciocca, studiandosi poi le scarpe come se
potesse trovare nella
cinghia blu o nel bottoncino dorato che la fissa di lato la risposta ad
una
domanda che è vecchia quanto la vita degli uomini sulla
Terra. Ma la decolté
tonda da bambolina resta muta alla richiesta e Nikki sospira soltanto,
come
tante altre volte.
-Neanche
ti guarda.- esplicita ancora
Brian, al posto suo.
Vorrebbe
dirgli “lo so”. Vorrebbe
mettersi a piangere. Vorrebbe un mucchio di cose, ma il tono disperato
con cui
lui pronuncia quelle poche parole le dà la misura di quanto
sarebbe ingiusto
farlo, caricarlo anche del peso delle sue lacrime dopo che si
è già fatto
carico dei silenzi e degli sguardi. Per cui, invece, sorride.
Sollevando la
faccia in faccia al fratello di sempre
e socchiudendo gli occhi perché non premano troppo forte
contro la sua vita. Le
labbra diventano ancora più sottili e lei le stringe nella
morsa dei denti,
ringraziando di non averle truccate per non rovinare il lavoro di
qualcun
altro.
-Ma
sì, non mi aspetto nulla!- concede
allegra. Ridendo anche, se pure dentro sta morendo un altro
po’.
Brian
la soppesa con gli occhi e scopre la bugia una volta di più.
Valuta se dirlo,
se cercare una risposta ancora, ma poi ci rinuncia e scrolla le spalle.
Tra
poco si va in scena e con la musica scompare tutto, anche le ferite a
cuore
aperto. La abbraccia mentre si sposta, arrendendosi al cavo ed al suo
guazzabuglio privo di senso e lasciandolo ricadere a terra con un tonfo
appena
accennato. Nikki si lascia portare via come una bambina, aggrappata
all’ancora
solida che il basso esercita in una realtà ostinata a
ruotare su se stessa.
Anche se lei, ogni tanto, ha desiderato fermarne le evoluzioni.
***
Matt
è sudato ed ha il fiato corto, le
gambe gli tremano ed un paio di volte ha rischiato seriamente di
sbandare,
inciampare nei suoi stessi piedi o, a scelta, in uno dei tecnici del
suono a
caso che gli si affollano attorno in un coro di complimenti di cui
afferra la
metà ed archivia il resto come spazzatura. Vorrebbe
vomitare, ed ha la netta
sensazione che dipenda dal fatto che è esausto
come non si sentiva più da secoli. Per cui, preferisce
concentrare le energie
rimaste nel compito ingrato di guadagnare la porta del camerino, tra
gli
spintoni di Tom e Dominic e le risate a voce spianata di Chris; ci si
infila
per primo, sgattaiolando dentro come un ladro appena la porta si
schiude abbastanza,
e poi molla il battente ai due compagni di band senza neppure
assicurarsi che
siano ancora alle sue spalle ma gettandosi a peso morto sul divano.
Pronto e
disponibile come lo sono sempre gli oggetti!
Rotola
pancia all’aria, la giacca
fradicia spalancata su una maglietta che da bianca è
diventata quasi
trasparente, una mano sugli occhi e l’altra sospesa nel
vuoto, tira un respiro
lunghissimo e prende fiato come non lo facesse da una vita, come se
quel
concerto se lo fosse fatto in apnea.
Dom
è comunque il primo a rompere
quell’attimo di quiete ritrovata dopo che Tom ha premurato di
chiuderli dentro.
-E’
stato il miglior concerto del tour!-
afferma con convinzione. Matt apre un occhio, attraverso le dita, e
coglie
l’immagine dell’altro arrampicato sullo schienale
imbottito di un secondo
divano. Sorride e batte le mani, sfregandole tra loro, come un bambino
felice.-
Matthew è stato grandioso!
-…troppo
buono.- borbotta il diretto
interessato prima di tornare a nascondersi al riparo delle palpebre e
del palmo
aperto.
-Ah
no! – protesta Chris, entusiasta.-
Sei stato eccezionale, Bells! Sembravi un indemoniato! Ma che accidenti
ti è
preso sul quel fottuto palco? Sembrava che dovessi fargliele pagare
tutte!-
tuona enfaticamente.
Matt
accenna un mezzo sorriso. In
effetti, avrebbe voluto davvero fargliele
pagare tutte. Il problema è “a
chi”.
-Va
bene.- s’intromette
Tom recuperando da qualche parte un po’
dell’efficienza che, in quanto manager, dovrebbe sfoggiare
molto più spesso.-
Datevi una ripulita, ché dopo abbiamo la cena con tutto lo
staff e l’aftershow
in hotel. Stasera salutiamo i supporter e, quindi, vi tocca!
Chris
mugugna una protesta che Matthew
non capisce affatto, mentre sente invece Dominic commentare come sempre
che
quel genere di cose lo annoia da morire…a meno che Tom non
gli permetta di
uscire un attimo a raccattare qualche ragazza da invitare alla festa!
Matt non
ha modo di capire quale sia la risposta del manager, comunque
– e tanto lo sa
che alla fine Dom raccatterà qualche ragazza e se la
porterà alla festa – i due
escono di nuovo, la porta aperta, il caos di voci e di passi che si
rincorrono
in corridoio, e poi tutto si chiude e l’unico suono che resta
è Chris, che si
muove nel camerino e poi se ne va in doccia.
Matthew
resta da solo. Sul tavolo da
toilette è appoggiato il Blackbarry, quando volta la testa
sul cuscino lo vede.
Si ferma un secondo per vincere la pigrizia, oscilla
nell’intorpidimento quel
tanto che basta a solleticare il suo orgoglio e la sua
vanità. Poi scatta. Si
allunga giù dal divano, afferra il telefono e compone un messaggio correndo
velocissimo sulla
tastiera.
Non
si da il tempo di ripensarci. Lo
invia prima ancora di rileggere cosa abbia scritto e rimane a fissare
lo
schermo.
***
E’
la scia di fumo quasi invisibile a
dirle che non è sola come aveva creduto. Proprio
perché è quasi invisibile non
se n’è accorta prima, quando è uscita.
Adesso si volta da quella parte – alla
propria destra – concentra lo sguardo ed intravede
un’ombra più scura sullo
sfondo già nero della sera. È il tuffo che sente
al petto che le dice chi è.
-Non
dovresti fumare. Rischi di rovinarti
la voce.- consiglia colloquiale.
Matthew
sbuffa il fumo, scrolla la cenere
sul margine estremo del tacco in cemento che delimita
l’aiuola.
-In
realtà ho praticamente smesso.-
confessa piattamente. Scuote le spalle.- Ogni tanto me ne concedo una
per
ricordare il sapore del tabacco.
-Uhm…-
mormora avanzando verso di lui
finché i suoi occhi non riescono a distinguerne con
precisione il viso – è
un’occasionalità studiata oppure è
realmente casuale?- chiede con leggerezza.
Peccato
che la domanda leggera non lo sia
per nulla. Matt non
le risponde, si gingilla con ciò che resta della cicca tra
le sue dita,
osservandola in un silenzio che la mette volutamente
a disagio, stavolta. Lo percepisce nel modo in cui l’aria
sembra essersi fatta
molto più densa attorno a loro e
nell’intensità con cui lui trascina quello
stesso silenzio prolungandolo oltre il tempo che la cortesia
imporrebbe. Per un
attimo si sente inappropriata come mai prima in vita sua – e sì che di episodi in cui ha desiderato
essere altrove o, più
onestamente, essere un’altra,
non gliene sono mai mancati – abbassa
di sfuggita gli occhi a cercare l’orlo della gonna a balze, a
volersi sincerare
che non sia troppo corta, perché è proprio
così che si sente davanti a quello
sguardo ed a quel silenzio: nuda.
-Nikki.-
esordisce Matthew. Ed il tono
lei lo interpreta subito, è quello di chi sta cercando
ancora le parole esatte
per dire ciò che deve
dire. Matt non
ci mette troppo a trovarle, soprattutto perché è
uno che alle conseguenze
dell’esporre un’idea non ha mai pensato.
– Tu hai la meravigliosa capacità di
capire come le persone si sentano in un certo momento. –
spiega lentamente – Ed
è una cosa fantastica, credimi! …ma posso
assicurarti che non è sempre vero che
vogliano sentirselo dire.- aggiunge implacabile.
Avvicina
la sigaretta alle labbra,
aspirando piano il fumo mentre Nikki pensa che non sta parlando davvero
di lei,
le parole di Matthew sono piene di un rancore troppo radicato per
essere solo
l’effetto del fastidio che prova nel trovarsela attorno
quando credeva di poter
stare un po’ in pace. In fondo, riflette, anche lui doveva
essersi accorto
della sua presenza quando è uscita dalla sala, eppure non ha
fatto nulla per
richiamare la sua attenzione, è stata indelicata a volersi
intromettere nei
suoi pensieri.
-Scusami.-
afferma svelta, raccogliendo
se stessa in un movimento della gonna e della giacchetta di lana e
preparandosi
ad andarsene. Matt appunta gli occhi e segue quei gesti sgraziati con
un
interesse nuovo- Hai ragione tu e non avrei mai dovuto farmi gli affari
tuoi.
-…oppure
dirmi che sono un gran
maleducato a parlarti così.- ritorce a mezza voce lui.
Nikki
accenna un sorriso spento, che
muore a metà del viso e non riesce a farsi strada fino ai
suoi occhi.
-Non…sono
quel genere di persona.-
risponde con uno sforzo. E poi si spiega.- Il genere di ragazza che
riesce a…
“difendersi” dalle accuse degli altri.
-Sì,
lo avevo intuito.- obietta piatto
Matt. E Nikki si chiede perché abbia la sensazione che lui
la stia quasi
rimproverando per questo.
Lo
vede buttare a terra la sigaretta e
rimettersi in piedi. Matthew Bellamy è basso ed orrendamente magro, l’esatto
opposto di un uomo “imponente”, eppure
Nikki si sente intimorita lo stesso e fa un passo indietro comunque,
perché
quella sensazione che qualcosa non vada affatto come dovrebbe
è ancora lì e
lei, con istinto animale, la fiuta.
Ma
forse si sbaglia. Lui non resta lì e
non aggiunge niente. Le gira attorno, precedendola sulla strada che
porta
dentro la sala e Nikki, nel guardare le spalle curve che si trascinano
nervosamente sul vialetto del giardino, smette di provare paura e
ricomincia a
sentire il punzecchiare fastidioso di un sentimento ben diverso.
-Matt.-
lo richiama, solo per vederlo
voltarsi quando è già sulla portafinestra, con
una mano appoggiata al vetro
socchiuso. – Anche se ho detto che hai ragione e che dovrei
farmi gli affari
miei, non voglio farlo.- s’impunta con la cocciutaggine di
una bambina.
Matthew
sgrana gli occhi, sinceramente
sorpreso. Nikki resta ferma sui suoi propositi. Anzi, prende un respiro
e si
raddrizza.
-C’è
qualche motivo per cui sei così giù
oggi?- chiede insolentemente.
Gli
stadi della confusione nella testa
del suo interlocutore si avvicendano in modo chiaro ed evidente. Nikki
sa che
lui è indeciso se ritenersi offeso, arrabbiato o
semplicemente se arrendersi. E
che voglia, in qualche modo, confessarsi
è un’altra di quelle cose che, per dono, ha capito
già da un po’. Così come
che, magari, non trovi in chi gli è da sempre vicino una
risposta accettabile.
O ancora, che non voglia proprio cercarla lì, ed allora
offrirgli un
alternativa può essere un gesto gentile da parte sua, anche
se la gentilezza è
l’ultima cosa per cui vorrebbe smettere di essere invisibile
ai suoi occhi.
-…c’è.
È
un sussurro talmente mesto che Nikki fa
fatica a percepirlo davvero. Si accorge che Matthew ha preso una
decisione solo
perché lo vede allontanarsi di nuovo dalla vetrata. Ed
è un po’ come se si separassero
dalla realtà che li circonda: ad ogni passo che lui fa per
scivolare più in là
nel giardino e nella notte che lo avvolge, lei sente il suono della
festa farsi
distante, come fosse il sottofondo in playback di un film.
L’inquadratura
stringe su di loro.
Trattiene
il fiato. Lo fa in modo
visibile, prendendo il respiro e stringendo le labbra. Confida che lui
non
possa vederla perché, in effetti, non la sta guardando.
-Le
ho mandato un messaggio. Prima.-
inizia a dire Matthew, in un tono appena più udibile. Si
appoggia con le
braccia alla balaustra che separa la parte alta del giardino dal parco
sottostante.
Nikki
fa un paio di passi in avanti, solo
per riuscire a sentirlo meglio mentre parla. Non pensa di chiedergli a chi abbia mandato un messaggio, che ci
fosse una lei lo aveva sempre
sospettato dai discorsi degli altri, da come Dominic e Chris, ogni
tanto,
parlottassero tra loro di cosa “avesse
ridotto Matthew in quello stato. Ed è assurdo vederlo
così!”. E poi, tra
gli scherzi da ubriachi della sera prima, quante frecciatine aveva
incassato
Matthew senza battere ciglio, chiudendosi dietro un sorriso tirato ed
uno
sguardo di scuse quando loro la tiravano in mezzo.
Quindi,
lei non aveva un nome, ma ha da
sempre un’identità nei timori e
nelle speranze di Nikki.
-Mi
ha risposto che devo smetterla e
lasciarla in pace. Che non gliene frega più niente se i
nostri concerti vanno
bene o male, se restiamo bloccati per la neve e dobbiamo dormire in un
motel
oppure se nell’albergo che Tom ha prenotato
c’è una Jacuzzi grande come tutto
il suo bagno…!- singhiozza. La voce che si strozza e rimane
incastrata nella
gola. Nikki avverte tutta la difficoltà che ci mette per
parlare, per esprimere
quei concetti, eppure è chiaro che non stava aspettando
altro che di poterlo
fare.- Ed io ho pensato che può essere.- mormora a fior di
labbra.- Che può
essere che non le interessi più… Ma a me
interessa ancora dirglielo.
-E
allora fallo.
Lo
vede girarsi di scatto. Per un istante
crede che lui si fosse anche dimenticato della sua presenza, ma non
è quello. È
solo l’aver fornito la risposta più assurda al
quesito più semplice – lei
lo sa. E quindi lui la guarda e si
chiede se sia folle, e lei pensa che può
essere!
E
ride nel
pensarlo.
Può
essere
che sia folle ostinarsi
in qualcosa, ma allora? Cosa cambia? C’è una vita
soltanto da vivere, anche non
aspettandosi niente in cambio; il fatto di non ricevere nulla, infatti,
non ci
esime dal viverla.
-Fallo.
Lei ti respingerà un milione di
volte e per un milione di volte tu ne resterai ferito.- scandisce con
precisione inesorabile.- E poi ci sarà una volta in cui te
ne dimenticherai, o
non avrai voglia, o avrai di meglio nella tua vita. Tu non glielo
dirai, lei
non ti respingerà, e la volta successiva sarà
più facile.- prosegue allo stesso
modo. Nessuna inflessione e nessuna esitazione, nessun sentimento che
non sia
quella quieta coscienza di sé e degli altri. Nikki
è lo specchio di un pensiero
e Matthew la osserva stregato.- Sarà più facile
non farlo, non chiamarla e non
dirle nulla. Restare in silenzio o, invece, parlare con qualcun altro.
E
succederà senza che nemmeno te ne accorga…o lo
voglia, smetterai di cercarla e
di averne bisogno. E sarà terribile quel giorno, ma avrai
girato la pagina e
sarai andato avanti una volta di più. E sarà davvero terribile, – e qui la
voce le manca, incespica e cade, ed
il suo sguardo si perde a terra, nel cercare il coraggio di
ammetterlo.- perché
è terribile perdere anche il dolore di
un’assenza.- confessa. Quando solleva
gli occhi una volta di più, Matthew pensa che può
guardarle attraverso. Gli
specchi sono trasparenti e riflettono una realtà che è oltre.- Però
credo che sia questo che vuol dire vivere.
Stavolta
tocca a lei restare sorpresa e
con il fiato corto – essersi
accorta di
come anche il respiro abbia smesso di far rumore. Le parole
che lui le
rivolge dopo sono delicate di tutta
la delicatezza che la sua voce può dargli.
-E’
a me che stai parlando, Nikki? o a te
stessa?
Probabilmente,
se non fosse per quella
morbidezza, lei si sentirebbe ferita. Ma non ci riesce, non mentre lui
le si
avvicina e la guarda ancora negli occhi – tanto che
scappargli sarebbe
impossibile e sorridergli con tutta la tristezza che sente è
l’unica
possibilità che le resta. Matthew solleva una mano, vorrebbe
toccarla ma non lo
fa e lei vorrebbe pregarlo di farlo, ma resta zitta. Tutto si riduce ad
una
bolla di sapone, debole e sospinta lontano dal vento, perché
è solo un istante
ed è già passato prima che assuma consistenza.
Se
lo sfiori, scoppia.
…con
un rumore troppo fragile.
Lo
spintona via. Lo fa per reazione,
ridacchiando istericamente e smorzando in quel suono la tensione che
avverte
salire dallo stomaco. Matt oscilla sulle gambe, la studia un attimo e
poi
asseconda quella menzogna.
-Ma
dai!- esclama vivacemente Nikki.- In
realtà dovresti solo farla semplice!
Matt
la segue con lo sguardo mentre lei
si volta e raggiunge l’ingresso, muovendosi leggera nella
gonna con la
giacchetta che fa bon ton, con i
capelli raccolti dietro le spalle da un fermaglio di lana cotta a forma
di
farfalla.
-E
trovarmi qualcun'altra?- chiede
impulsivamente.
Nikki
ride, ma non dice niente ed entra
dentro senza più voltarsi.
E
Matt si ritrova a sorridere senza
sapere nemmeno perché.
“Time to get it simple”
MEM 2010
Nota
di
fine capitolo della Nai:
Ah,
l’inutilità e le storie di nainai!
Note
tecniche, sproloqui e battutacce.
Anzitutto
è vero che il concerto Denver è stato annullato
perché i nostri eroi, di
ritorno da Salt Lake City, non sono riusciti a raggiungere la
città in tempo
per lo show.
È
vero
anche che ci hanno tenuto a darne notizia tramite sito, Twitter e
qualsiasi
altro mezzo informatico ed, avendovi provveduto tanto i Muse quanto i
Silversun,
il risultato è stato che la Musewiki
ci ha tenuto a prenderli sanamente per il culo per il
numero infinito di post sull’argomento. Tramite Twitter.
Matt
e la
sua fidanzata storica si sono lasciati (quando, come e
perché non mi interessa
saperlo. O meglio, mi interessa, ma non in questo spazio). Pare che lui
abbia
anche dichiarato che smuoverà mari e monti per riprendersela
ed io gli auguro
ogni successo nell’impresa perché mi piaceva
l’idea che l’Italia lo avesse
adottato a vita.
Per
quel
che mi riguarda Nikki Monninger e Matt Bellamy sono una delle coppie
più
improbabili su cui la mia mente poteva dilettarsi, ma sono anche
incredibilmente belli assieme e credo di essermene veramente
innamorata. Da qui
l’idea di questa fan fiction – idea nata per caso e
senza alcuna pretesa, come
è evidente –
che poi ha preso un po’
troppe cose della mia vita attuale e le ha piazzate qui e lì
a casaccio come al
solito.
Loro
due
continuano ad essere Amore – di quello con le maiuscole e
pure i cuoricini –
nella mia testa!
Confidando
che non vi siate annoiati troppo, vi saluto tutti ed alla prossima!
MEM
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