Occhi di Gatti
{ La dedico a una persona per me
speciale, parte integrante della mia stessa vita.
Non temere amor mio,
anche se ora fa male, i tuoi piccoli ti ameranno per sempre,
ed ora sono felici nel
loro splendido paradiso.
Ti amo. }
Simone amava molto il suo gatto.
Aveva appena
dieci anni, quando gli regalarono Homer, un buffo gattino dal folto
pelo grigio, con una notevole peluria di un bianco candido sotto il
collo, e leggere striature del medesimo colore che contornavano i suoi
grandi occhi gialli.
Era decisamente piccino. Una gatta dei vicini aveva partorito quattro
adorabili cuccioli dei colori più diversi: uno bianco, uno
rosso, una tenera gattina marroncina e poi, lui, Homer.
Sin dal primo momento che lo vide, così piccolo e soffice,
se ne innamorò letteralmente.
« Trattalo bene, Simone. Come vedi è molto
piccino, ancor più di te, e non è un giocattolo!
Dovrai riservargli la massima cura, e volergli realmente bene. Sei
capace di farlo? » gli domandò sua madre, con un
tono caldo, ma con sguardo serio e attento.
Lui la guardò, e poi soffermò i suoi occhi in
quelli del micio che, alzando il musetto, lo fissava con insistenza,
come in attesa di una sua risposta.
« Sì, mamma! Non gli farò male, e lo
tratterò con la massima cura! » promise il bambino
e, a quella risposta, seguì il tenero miagolio del micino,
forse contento della risposta.
Il micino aveva solo pochi mesi, ma si affezionò sin da
subito al suo padroncino e, quest’ultimo, si occupava in
maniera egregia ed esemplare di lui. Gli dava da mangiare, lo
spazzolava, ma il momento più bello per entrambi era quello
del gioco: si ritrovavano, infatti, in giardino e, nonostante
l’idea più conosciuta che i felini fossero animali
solitari, il piccolo Homer seguiva dappertutto il suo padrone.
Qualche volta, di sera, l’intera famiglia si ritrovava seduta
su un divano a guardare tutti insieme la tv, e il piccolo Homer si
sedeva su un cuscino, di fianco al suo padroncino, e fissava curioso le
immagini che scorrevano su quello strano involucro rettangolare, che
forse neanche era conscio di cosa fosse.
Sembrava un vero e proprio essere umano, niente affatto un animale.
Altre volte, Simone si divertiva a parlargli e la cosa buffa era che il
tenero micino gli rispondeva.
« Che cos’hai piccino mio? » chiese il
bambino, soffermando i grandi occhi azzurri sul gatto, a terra.
« Miao » rispose il micino, come se fosse
consapevole che il padrone potesse capirlo.
« Hai bisogno di qualcosa? » continuò
Simone, e di nuovo il gatto rispose con un altro miagolio, prima di
strusciarsi sulle sue gambe, portando il bambino a sorridere.
Lo prese tra le braccia, e iniziò a coccolarlo. Poi lo
guardò negli occhi: occhi gialli che sprofondavano in quelli
azzurri. Un muto legame che si era instaurato sin dal primo momento tra
i due.
« Resterai sempre con me, vero micinone? » concluse
il bambino e, ancora una volta, il gatto proruppe in un altro miagolio
di assenso.
Sfortunatamente però, i gatti sono animali curiosi. Non
amano sempre restare a poltrire su una poltrona, seppure questa sia la
loro principale attività, e il piccolo Homer non era da meno.
Amava gironzolare in giardino, alla ricerca di un qualsiasi motivo di
gioco, o per la caccia. Ormai era passato un anno da quando Simone lo
aveva preso con sé, ed era ora di procacciarsi il cibo anche
da solo, per dimostrare forse di essere un vero gatto, agli altri nelle
vicinanze.
Un giorno, però, si spinse troppo oltre:
oltrepassò il portone principale dell’abitazione,
ritrovandosi così vicino alla strada.
In quel posto le macchine sfrecciavano veloci, e molti non davano
neanche troppa attenzione.
Il micio rimase estasiato nel vedere le luci degli abbaglianti delle
auto, quelle cose così umane e a lui non comprensibili lo
affascinavano e lo spingevano sempre più in là.
La curiosità dei gatti, però, spesso li spinge
troppo in là e fu così che un’auto, che
passava troppo in fretta, investì il povero gattino, che non
riuscì neanche ad emettere il suo ultimo miagolio.
« Perché mamma, perché è
successo? » pianse Simone, non riuscendo proprio a sopportare
l’idea di non avere più il suo amico vicino. Al
sentimento di rabbia e di tristezza era subentrato ben presto un forte
sentimento di vuoto, che non riusciva a colmare. Chi ama i gatti in
maniera sincera e profonda, dopotutto, è capace di soffrire
per la loro morte, come se fossero dei veri e propri membri della
famiglia.
« Homer doveva restare con me per sempre. Lui era il mio
piccolo amico, il mio micinone… »
singhiozzò, per poi portarsi le mani sugli occhi, col chiaro
scopo di cacciar via le lacrime che, incessanti, continuavano a
scendere dai suoi tristi occhi color del cielo.
Sua madre lo strinse a sé. In un primo momento, Simone si
fece rigido, col chiaro tentativo di non lasciarsi abbracciare, ma poi,
la tristezza e la voglia di sentire dell’affetto si fecero
sentire e si abbandonò completamente a un pianto, rotto solo
da singhiozzi più frequenti.
« Lo so come ti senti piccolo mio. »
esordì, tentando di trattenere le lacrime, unicamente per
essere più forte e sostenere il suo amato figlio.
« ora fa male il pensiero che il tuo piccolo amico non
c’è più. Lo capisco perfettamente,
perché anch’io ho perso la mia piccola Flora,
quando ero piccina. Era una gattina dal pelo rossiccio e due splendidi
occhi verdi. L’adoravo come non avevo mai fatto per nessuno;
lei mi era sempre vicina, e ogni volta che mi sentivo triste si
strusciava a me, col chiaro tentativo di farmi star meglio e, non so
perché, ma riusciva sempre a farmi affiorare un sorriso.
» si fermò per qualche istante, accarezzando la
schiena del suo bambino, così fragile ora.
« anche lei, sfortunatamente, è stata investita.
Il colpo per me è stato molto duro. Non riuscivo a smettere
di piangere, non riuscivo a vivere senza. Come se una piccola parte di
me fosse stata portata via. » sospirò, al ricordo
che ancora bruciava un poco nel cuore. « ma poi, la tua
adorata nonna mi ha raccontato una specie di favola, che secondo me
è vera. Vuoi sentirla? » il piccolo
sollevò il viso verso sua madre. Gli occhi erano rossi e
gonfi per le tante lacrime versate, e sembrava tremare come una foglia,
per il dolore. Non riuscì a parlare, ma fece un piccolo,
leggero segno di assenso con il capo e la madre gli sorrise. Prima di
iniziare, posò una mano delicata sul suo volto, e
portò via quelle piccole gocce salate, mentre il piccolo
tentava di trattenere ulteriori piccole, perfide, lacrime che volevano
tornare a bagnargli il viso e bruciargli gli occhi.
Poi, la madre iniziò a raccontare:
« Ascolta bambino, il dolore che provi per la morte di Homer
è naturale. Ora senti il tuo cuore trafitto come da tante
piccole lame sottili, che te lo fanno sanguinare. Ti senti immensamente
triste, e lotti per trattenere le lacrime, che, tuttavia continuano a
sgorgare dai tuoi occhi. Vorresti prendere chi ha ucciso il tuo gatto,
e fargliela pagare. Ma a cosa servirebbe?
Homer ti amava intensamente, e continua ad amarti tuttora.
Lui non è scomparso nel nulla. Quel tenero gattino ha
raggiunto altri gattini sfortunati in un mondo perfetto, dove non ci
sono strade pericolose, dove le macchine non esistono, dove non ci sono
persone crudeli pronte a fare loro del male.
Prova ad immaginare immensi prati verdi, con fiori di vari tipi, alberi
dove uccellini cinguettano felici, e il cielo è sempre
azzurro. Il sole brilla alto nel cielo, e la notte lascia il posto alla
luna, come qui.
Ma quello è il paradiso dei gatti. Lì vanno tutte
quelle tenere creature che sono morte, o per sfortuna, per malattia o
per vecchiaia. Sono felici lì, perché possono
rincorrersi felici, possono giocare, divertirsi. Possono arrampicarsi
sugli alberi, e trovare cibo di ogni genere.
Il tuo piccolo Homer è volato lì, ed ora corre
felice per quei prati, insieme alla mia piccola Flora. Sono felici, e
sorridono come sanno fare solo i gatti. Miagolano allegri. Si
rincorrono e giocano. E nei loro piccoli cuori noi ci saremo sempre.
Perché, anche se i gatti sono animali solitari, amano
fortemente i padroni che gli hanno donato tutto l’amore
possibile, come hai fatto tu piccolo mio. » si
fermò per qualche istante, mentre il piccolo fu scosso da
nuovi singhiozzi, ma poi proseguì.
« Ma, non credere che rimarrai senza di lui tanto a lungo.
Lui tornerà, magari non sarà perfettamente
uguale, ma tornerà da te quando meno te lo aspetti. Ti
ricordi i suoi occhi? L’espressione che avevano? Focalizzati
su di loro, e ben presto, guardando altri piccoli gattini, riuscirai a
scorgerne uno con i suoi stessi occhi, e allora saprai che il tuo
piccolo Homer è tornato, solo per te. Non ti
lascerà mai. Lui tornerà sempre, e
riuscirà ad alleviare quel tuo cuoricino che ora
è terribilmente ferito.
Può sembrare solo una favola, ma sono certa che è
vero.
Io ho trovato altre volte la mia Flora nel corso degli anni, e lei, mi
ha sempre riempito il cuore di felicità. Credici piccolo
mio. » gli posò delicata le labbra sulla fronte,
donandogli un tenero bacio e, quando tornò a guardarlo, vide
un nuovo sorriso negli occhi del bambino. L’aveva compreso.
Un altro luogo.
Un luogo,
all’apparenza fatato: verdi prati si estendono per miglia e
miglia, sembrano non smettere mai. Non ci sono strade, non ci sono
rumori di macchine o altri mezzi di trasporto appartenenti al mondo
degli uomini.
Solo prati fioriti,
tanti alberi di diversi tipi, e un cielo immensamente azzurro senza
l’ombra di alcuna nuvola. Si ode il dolce cinguettio degli
uccelli, il frinire dei grilli, e il frusciare delle lucertole, che
rapide si posano poi su una pietra a prendere tutto il sole possibile.
Ad un tratto, si
iniziano a scorgere varie figure e in breve tempo prendono forma: una
moltitudine di palle di pelo dai colori più svariati corre
lungo quei prati. Si odono miagolii continui, alcuni più
sottili, altri più acuti, altri ancora leggeri come il vento.
Tra quelle palle di
pelo, si scorge infine un gattino dal folto pelo grigio, con una grande
macchia bianca sul collo, e delle striature del medesimo colore intorno
agli occhi. Si guarda intorno, un poco confuso, come se fosse appena
arrivato in quel nuovo mondo. I suoi grandi occhi gialli sono tristi.
Dov’è il suo padroncino? L’ha lasciato
solo?
Non riesce a comprendere
ciò che gli è successo. Quella luce era cosi
attraente, ma poi…
Avanza incerto,
osservandosi intorno. Si sente confuso, spaesato, e il suo Simone gli
manca tremendamente. Emette un miagolio, per poi appiattirsi a terra.
Si sente solo, seppure quello sia un luogo così magico.
Poi, al suo fianco si
palesa un altro gatto, o forse sarebbe meglio dire una gattina. Ha il
pelo folto e rossiccio, e i suoi occhi sono di un verde intenso. Sembra
essere più felice, seppure un poco di malinconia si scorga
ancora nel suo sguardo. Guarda il gatto grigio, ed emette un miagolio:
« Sei nuovo di
qui, non è vero? »
Homer torna a rialzare
il musino verso di lei e, dopo qualche istante, miagola:
«
Sì… ma dove mi trovo? E
dov’è il mio padroncino ? »
La gattina sembra
sorridere, e gli gira intorno.
« Sei nel
paradiso dei gatti. Purtroppo non potrai rivedere qui il tuo
padroncino. Lui non può raggiungerti. »
Il gatto grigio sembra
ampliare gli occhioni, mentre si fanno umidi.
«
Sono… morto? »
« Purtroppo
sì… »
« Ma non posso
restare qui, il mio padroncino si sentirà solo e triste, io
devo tornare da lui. Come posso fare? Dimmelo ti prego. »
sembra scongiurarla di aiutarlo. Ama così tanto il suo
padroncino!
La micina rossa scuote
il capo, prima di miagolare di nuovo.
« Non
è possibile, mi dispiace. Anch’io appena arrivata
qui, avrei voluto tornare indietro dalla mia padrona. Ma non
è proprio possibile. Ma, non disperare… noi non
scompariremo per sempre dal cuore e dalla vita dei nostri amati
padroni. Presto, il tuo spirito si rincarnerà in un altro
gatto delle tue medesime sembianze, o comunque molto simile a te. Il
tuo padroncino lo vedrà, e sarà come tornare
insieme. »
Una luce di speranza si
accende negli occhi della gattina, per poi essere condivisa da Homer.
« Oh, spero
che questo possa succedere molto presto. Simone è un
ragazzino così adorabile. Non voglio che soffra, e mi manca
molto. »
« Ti comprendo
più di quanto tu creda. »
« Beh, e qui
cosa si fa ora? » chiede curioso Homer, guardandosi poi
intorno.
« Oh, qui puoi
fare tutto quello che vuoi. C’è cibo in
abbondanza, molti altri gatti con cui divertirsi e…
soprattutto non ci sono quelle strane cose luminose e rumorose degli
umani. E’… il paradiso! » emette uno
strano suono, come una sorta di risata, al quale seguono una serie di
fusa.
« Beh, non
sembra male…»
« Non lo
è. Vieni con me… Ops, ma prima mi presento: io
sono Flora. »
« Ed
io…»
« Homer! » esclamò Simone,
nell’osservare un gattino all’interno di una cesta,
presso una fiera della città in cui viveva. Dopo la storia
raccontatagli dalla madre e aver superato il suo momento di estrema
tristezza, aveva osservato con più attenzione ogni gatto che
vedeva.
Poi, quel giorno alla fiera, si era soffermato su quella cesta,
all’interno della quale vi erano vari piccoli gattini, tra
cui uno grigio, dagli immensi occhi gialli, e qualche macchia bianca su
varie parti del pelo e delle zampe. Non era esattamente uguale al suo
primo amico, ma in quegli occhi riusciva a leggere qualcosa. Era come
aver dinanzi ai suoi occhi di nuovo il suo micino adorato.
Lo prese tra le braccia stringendolo a sé, e il micino
rimase mansueto, per nulla aggressivo come fosse consapevole che il suo
posto era con quel ragazzino.
« Mamma, è proprio Homer. E’ tornato da
me!» esclamò con allegria.
La madre lo guardò un poco e sorrise.
« Sì, hai visto? Quella favola è
diventata realtà »
Poco dopo, spostò lo sguardo anche lei sulla cesta, e rimase
colpita da due immensi occhi verdi che la guardavano con insistenza.
Il suo cuore iniziò a battere più forte, e si
ritrovò a sorridere immensamente.
« Mia piccola Flora, sei di nuovo tornata da me! »
esclamò, andando a prendere tra le braccia una graziosa
micina dal pelo fulvo, che le donò sin da subito delle
adorabili fusa.
« Hai visto mamma? Forse Homer ha incontrato Flora
lassù in quel mondo magico per i gatti, e hanno deciso
insieme di tornare da noi. E’ meraviglioso. »
esclamò di nuovo il bambino, coccolando il suo gatto.
« Lo è davvero, piccolo mio. »
E, con una nuova felicità, avanzarono verso casa, con i loro
due piccoli nuovi amici.
E la stessa felicità era condivisa anche dai gattini che
ancora corrono su quegli infiniti prati verdi, e giocano, si
rincorrono, si amano, e pensano ogni singolo giorno ai loro padroni che
non smetteranno mai di amare.
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Questa storia
è nata in un momento di tristezza. Credo che
sia giusto vederla come una favola, anche se, può essere
realtà.
Agli amanti dei
gatti, e soprattutto a te, amore.
L'immagine
è mia. E' stata fatta da me, a quei due angeli felini.
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