SCRITTORI DA UCCIDERE -
PARTE PRIMA
1. La via del samurai è la via del
bene comune.
L'angelo di pietra fissava i due intrusi a passeggio nel parco. I
lineamenti sporcati dall’umidità e le ombre della sera donavano al suo viso
un’espressione maligna.
Teo Leoni distolse lo sguardo, si
sentiva nervoso. Nell’ultimo periodo le crisi d’ansia e i momenti di
spaesamento erano aumentati, tanto che il medico gli aveva consigliato uno
psichiatra. Ma Teo non aveva nessuna intenzione di farsi sgonfiare il cervello
da un gommista della mente. Stava tentando di digerire la ricchissima cena
offerta dall’editore Lucio Guglielmi, organizzatore
del premio letterario “Anime Sulla Carta”.
A complicare i problemi digestivi di Teo, ci pensava Pietro Zampis, un’attaccabottoni professionista. Entrambi erano
tra i finalisti del concorso, che nell’ultima fase prevedeva un soggiorno
nell’antica villa veneta dell’editore.
«Non capisco chi è l'ubriaco che ha selezionato
i racconti. A parte i nostri, intendo. Quelli degli altri fanno veramente
schifo, fanno! Ho dovuto masticarmi la lingua per non ridere quando il tipo con
i baffetti si è messo a leggere. Tutto esaltato come un D’Annunzio dei poveri.
Roba da matti, roba!»
Pietro rigirava lo stuzzicadenti in bocca mentre parlava. Teo si impose di mantenere la calma e
reprimere il fastidio che provava nei suoi confronti.
«Ormai non mi stupisco di niente. Puoi
pubblicare solo se sei famoso o imiti qualcun'altro. L'individualità e
l'originalità artistica non contano niente in questo mercato.»
Pietro fece un cenno di approvazione, sputò lo stuzzicadenti e riprese il
discorso.
«Ma quella roba ambientata a New York che sembra
Bologna? Dove sono i portici a New York? Poteva almeno leggersi la guida Only Planet, poteva!
Non puoi imitare gli americani. Nel mio
racconto ho cercato di mischiare lo stile pop di Tarantino con la cronaca nera
padana. Penso sia venuto originale, penso!»
« Beh, il
tuo racconto è molto… realistico. C'è qualcosa nel discorso di fondo che mi è
piaciuto.»
«Grazie collega. Secondo me ce la giochiamo noi
due la vittoria. Il Conte è sparito già ieri sera, D’Annunzio e Agata
Poveri-Cristi non si vedono dal pomeriggio. Potevano almeno salutare, potevano!»
«É tipico dei perdenti. Quando li metti di
fronte alla loro mancanza di talento, ti tolgono pure il saluto.»
«Hai ragione da vendere, hai! Comunque, sto Guglielmi ne ha di soldi da buttare. Come gli sarà venuto
in testa di organizzare una finale da Grand Hotel?
Non so mica, non so.»
«Non ne ho la minima idea». Teo si lisciò il pizzetto, pensieroso. I
giorni precedenti alla finale del premio erano stati pesanti. Il contratto di
lavoro al call center era scaduto e le lamentele
degli utenti avevano fatto sì che non fosse rinnovato. Il suo ex datore di
lavoro si vantava di non aver mai letto un libro in vita sua. Maledetto
sfruttatore analfabeta.
Pietro aprì la porta che dava sull’atrio e vide qualcuno in lontananza.
«Ecco gli altri poeti estinti!» Disse. «Vediamo se hanno voglia di fare due
tiri a biliardo.»
«Mhh. Io devo andare
un momento di sopra. Vi raggiungo più tardi.»
Finalmente libero, Teo salì in fretta i gradini di pietra. Un dubbio
stava lentamente insinuandosi tra le pieghe dei suoi pensieri: aveva
dimenticato qualcosa? Entrò in camera e frugò nella valigia, nervoso e veloce.
Aprì il portasapone e trovò quello che cercava: cartucce di piccolo calibro.
Rimise tutto in ordine e si sdraiò sul letto sciogliendo la tensione.