Per colpa sua

di Dea Elisa
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Dr. Gregory House.
Dr. Gregory House.
Dr. Gregory House.

Tre fatture a nome suo, di cure improbabili, esami costosi, medicine provenienti da laboratori in capo al mondo.
Ti viene da sorridere.

“Che hai su quella scrivania, mie foto?”
Alzi le sopracciglia mentre drizzi il busto.

“No. Che peccato, eh?”

“No, nessun dispiacere. Sono degno di essere guardato solo dal vivo!”
Chiude la porta con strana cortesia e ripassa il bastone nell’altra mano.

Mentre continui a scuotere la testa assecondando il suo cronico narcisismo, House non perde tempo a chiudere le veneziane delle vetrate dell’ufficio che davano sull’atrio.

“Sto lavorando” lo informi.

“Anche io.”

“Dov’è il paziente?”

“In sala operatoria: Chase gli sta aprendo il cuore per evidenziare anomalie… è una maglietta nuova?”
Ti fissa l’abito, strabuzzando gli occhi.

“House, ti prego, non scherzare…”

“È con le amorevoli manine del chirurgo plastico che ha rinunciato al suo posto eccetera eccetera; ora sei contenta?”

Sbuffi.
Per colpa sua ogni santo giorno eri indagata da capo a piedi con particolare attenzione per le zone medie, ma la cosa peggiore è che adoravi tutte quelle attenzioni, anche se provocatorie, annoiate, offensive…

“Dovresti affiancare i tuoi collaboratori, lo sai questo?” ti alzi in piedi.

“Dovrei affiancare ogni tanto anche la mia donna.”

“Non sul luogo di lavoro. Non sul luogo di lavor-”

“Taci, Stachanov!”

Per colpa sua gli sorridevi mentre, dopo aver gettato a terra il bastone, ti cingeva tra le sue braccia.

“Oooh. Mi mancavano, le gemelle.”
Ti metti a ridere.
“Poi con questa maglia…”
Infila una mano sotto la stoffa, percorrendo la tua schiena.
Inspiri con la bocca ora che avevi ancora un po’ di tregua.

“Stanotte non ti è bast-”
“Non mi basti mai, Cuddy.”

Per colpa sua perdevi minuti preziosi di lavoro amministrativo: un pacco di cartelle da archiviare digitalmente, buste paga del personale, richieste di ogni genere…

Per colpa sua eravate a baciarvi attaccati al muro del tuo ufficio.

Per colpa sua se vi avesse beccato qualcuno non sarebbero stati guai, ma tutto il male possibile coagulato in una particella densa e unitaria paragonabile alla singolarità primordiale.

Poggi le mani sul suo petto, per distanziarlo da te.
“È ora di tornare al lavoro!” lo solleciti.

“Sei il mio capo, potresti essere un po’ più indulgente con me!” frigna.

Ti alzi sulle punte per parlargli ad un orecchio: “Non tirare troppo la corda, altrimenti non rifornirò più la clinica dei lecca-lecca alla fragola.”

“Naah. Ho trovato una droga migliore.”

S’incammina indietreggiando verso la porta, lasciando in te un briciolo di curiosità.

“Meglio del Vicodin?”

“Del Vicodin, della morfina e del metadone dosati insieme in alta concentrazione.”

“Allora deve essere roba forte!”

“Forte, Cuddy. Fortissima.”

Apre la porta.
Prima che ti potesse lasciare alle tue pratiche, lo blocchi trattenendolo per un braccio.
“E come si chiama?”

“Ha un nome un po’ strano… somiglia al tuo, sì.”
E si congeda con un sorriso.

Per colpa sua, per colpa sua, per colpa sua... anche tu stavi sorridendo.



Fine.




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