In the night

di Anthy
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In the night Tendenzialmente inserisco le note a fine capitolo, ma preferisco metterle ora, visto che mi accingo ad entrare per la prima volta in questa sezione come autrice.
Piacere a tutti, in punta di piedi tento il mio ingresso – o magari cerco la morte ^^ - nel fandom di Merlin.
Mi interesso già da un po’ a questa sezione, ma solo da poco ho cominciato a documentarmi sul telefilm in maniera esauriente. Sono ben lontana, tuttavia, dal ritenermi in grado di gestire i personaggi in maniera quantomeno discreta.
Ci provo. ^^’
Nella speranza di non aver scritto qualcosa di particolarmente idiota ed orripilante, vi lascio alla lettura.
E mi scuso per eventuali OOC: pian piano – forse – prenderò la mano!

Avvertimenti: in qualche punto potreste trovarla nonsense. Diciamo che è un flusso di pensieri e parole non dette – ovvero, quando non chiarire i propri dubbi porta a logorarsi lo stomaco -.-’
Probabilmente banale. Mah... Spero di non aver plagiato/preso ispirazione/copiato da nessuno: non conosco tutte le storie, per cui non era mia volontà fare nessuna delle tre cose sopracitate, come non desidero che siano fatte per le mie di storie.


Un bacione a tutti,
Anthea.



 In the night 

"La notte è calda,
la notte è lunga,
la notte è magnifica per ascoltare storie."
~ Antonio Tabucchi ~




Quando Arthur si alzò, le coperte erano ancora umide e calde, di quel calore che solo un amplesso poteva lasciare – amplesso effettivamente consumato non molto tempo prima.
Solitamente era una cosa che trovava confortevole, quella: sarebbe rimasto disteso nel letto, ad inspirare l’odore di corpi sudati, di piacere versato, di orgasmo raggiunto.
Un momento di pace, di quiete dei sensi.
Del resto, erano le prove tangibili che qualcosa di piacevole si era svolto.
Ma ora... ora quelle prove risultavano essere troppo reali.
Accusatorie, quasi.
E non appena percepiva il suo amante assopirsi, si alzava in piedi, in preda ad un oppressione che rischiava di lasciarlo senza fiato. E non esisteva più nessun piacere, nessun odore, nessuna quiete.
Esistevano sensi di colpa, brucianti e logoranti.
Verso chi?
Non lo sapeva.
A quel punto, tanti potevano condannarlo, biasimarlo, disprezzarlo.
Suo padre, il suo popolo... Merlin stesso.
Già, Merlin, il suo servitore idiota ed irriverente.
Merlin, così incompetente ed imbranato, dalle orecchie grandi ed il corpo spigoloso.
Merlin, di cui si era ritrovato attratto e con cui aveva condiviso una notte d’Inverno troppo fredda da passare da solo. Ed ad essa ne era seguita un’altra ed un’altra ancora.
Ed i giorni passavano...
Ed il nodo al petto si stringeva, inesorabilmente.
Doveva essere un’attrazione passeggera e si era invece trasformata in... che cosa?
Non ne aveva idea.
Certamente era qualcosa di pericoloso, qualcosa da tenere nascosto.
Forse... da soffocare, prima che piantasse radici profonde nel suo cuore?
E se fosse ormai tardi?
Scosse il capo, a quel pensiero.
Non era troppo tardi, non poteva esserlo.
Soprattutto, non poteva permetterselo.
Doveva troncare questo... questo qualcosa. Bloccarlo, sradicarlo, estirparlo.
Aveva un onore da rispettare, aveva dei doveri da compiere.
E Merlin...
Cosa stai per dire, Arthur Pendragon? Che Merlin non ne fa parte? Arriveresti al punto di mentire a te stesso?
Strinse i pugni, mentre il suo sguardo percorreva la schiena del suo valletto, la linea spigolosa delle anche, l’incurvatura della schiena, l'attaccatura delle natiche... E così, messo di spalle, poteva ben notare il profilo di una più che sproporzionata orecchia.
Si ritrovò a sorridere, di un sorriso amaro.
A chi voleva darla a bere? Sradicare, soffocare? E poi... morire?
Si passò una mano fra i capelli, sospirando afflitto.
In un modo o nell’altro, tutto sarebbe andato a storto.
Qualcuno avrebbe sofferto, qualcuno avrebbe perso fiducia nella sua figura... qualcuno avrebbe smesso di amarlo.
Era una questione di scelte.
E tu, nobile e valoroso principe di Camelot, quale scelta farai tua?

***

Merlin poteva essere tante cose: imbranato ed idiota, ad esempio, ma non stupido.
E sicuramente non era né cieco né sordo.
Sentiva chiaramente quando l’asino reale abbandonava il loro – loro? C’era un loro? – giaciglio, in preda a pensieri di cui non conosceva la natura, ma che spesso adombravano il volto del suo signore.
Lo sentiva camminare per la stanza.
Lo sentiva sospirare.
Ed il suo stomaco si stringeva in una morsa di paura, ogni volta.
Paura che non sopportasse più la sua presenza accanto a sé.
Paura di sentire la sua voce che, con indifferenza, lo invitava ad alzarsi e tornare alle proprie stanze.
Paura di leggere nei suoi occhi un sentimento – sentimento? Quando era nato? – non corrisposto.
Era il primo a rendersi conto che la sua posizione non era certo la migliore, per giudicare – era il primo a tradire la fiducia di Arthur, nascondendogli la propria natura – però...
Si ritrovò a stringere con forza il cuscino, mentre la consapevolezza che quella storia – storia, quale storia? – non aveva futuro si faceva sempre più strada dentro sé.
E faceva male, dannatamente male.
E quel che faceva più male, di tutto quello, era la certezza di non essere abbastanza.
Di non essere la persona giusta – da amare, da desiderare, da volere al proprio fianco.
E quando si diceva di mettere fine a quella messinscena, di liberare entrambi da quel circolo vizioso che li avrebbe portati solo a soffrire, ecco che l’asino reale tornava a letto, abbracciandolo da dietro e premendo il volto fra i suoi capelli, in una stretta quasi disperata.
Quasi... vitale.
O erano illusioni?
Sarebbe stato sbagliato illudersi, almeno una volta?
Ma da quanto tempo ti stai illudendo, Merlin?
Senza risposte, lasciò che la schiena trovasse posto contro un ampio petto allenato; e le gambe magre s’intrecciarono ad altre più robuste; ed il cuore prese a battere forte, troppo forte, inconsapevole – o forse no? – che speculare ad esso un altro cantava confuso ed ansioso. Cantava di sentimenti.



E la notte passava, ancora ed ancora, nascondendo un grande peccato.
O forse, solo uno sfortunato amore...



***









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