TB10
La casa era esattamente come l’avevo lasciata prima di
andare al lavoro.
Andai in cucina, e misi nel fornetto a microonde una
bottiglia di zero negativo. Avevo sempre tenuto solo quello, perché era il
gusto preferito di Bill, ma Jessica ed Eric, se proprio dovevano, preferivano
mischiarli. Due parti di zero negativo e una di B positivo per Jessica, due
parti di zero negativo e una di zero positivo per Eric. Pazienza.
Per me preparai una tisana a base di tea.
Eric era seduto sul tavolo della cucina, e mi osservava
preparare le bevande.
“Quanto manca all’alba?” gli chiesi mentre inzuppavo la
bustina di tea nella mia tazza di acqua bollente. Già sudavo, non era stata una
buona idea.
“Meno di un’ora” mi rispose.
“Certo che dev’essere una gran scocciatura” dissi
porgendogli la bottiglia appena uscita dal microonde.
“Che intendi dire?” mi chiese, sorseggiando il suo tru:blood
con faccia molto vicina al disgustato.
“Non poter mai sforare l’orario… è come tornare ad avere il
coprifuoco. Non trovi?”
Mi sedetti sul tavolo accanto a lui.
“Non sono Cenerentola. Rischio ben peggio che trasformarmi
in una zucca” mi storse un sorriso.
“Ma vivete solo dodici ore al giorno” insistetti.
“Il tempo non ci manca. E comunque, che vuoi che faccia?!”
mi chiese con aria accigliata.
Mi accorsi di essere incappata in un ragionamento senza
sbocchi.
“Che stupida” sorrisi “non lo so, forse credevo che si
potesse indire un’assemblea interna e cambiare qualche regola.”
“Non sentiamo l’ansia e il bisogno di sfruttare il tempo,
quindi non ci disturba più di tanto. E’ un nostro bisogno fisiologico, non una
regola” mi spiegò. “Ma perché te ne preoccupi?”
“Perché ti saresti potuto trattenere di più…” dissi
sfuggendo al suo sguardo scendendo dal tavolo, andando a buttare il tea
bollente nel lavandino.
“Adesso non stuzzicarmi” disse venendomi incontro. Mi spinse
lentamente contro il lavello, rimproverandomi con il solo sguardo.
“È crudele da parte tua darmi certi segnali a quest’ora”.
Sfilò la matita che sorreggeva il mio ammasso di capelli, sciogliendomeli
sulle spalle.
“Vedo che il coprifuoco inizia a disturbarti” iniziai a
spingere la testa contro la sua mano, cercando un maggiore contatto. Sapevo di
stare approfittando della situazione, si avvicinava il giorno, e sentivo di
avere in pugno il ‘coltello dalla
parte del manico’.
“Vai a prendere il vestito di Pam” si staccò.
Vedevo che ad Eric quella situazione stava iniziando ad
infastidirlo, o innervosendo, ed io mi sentii quasi in colpa ad approfittare
del suo costretto e precario autocontrollo. Provocarci e stuzzicarci, era una
cosa che ad entrambi aveva sempre divertito, ma quella sera avevamo un po’
superato il solito limite, e anche se ora una parte di me voleva infilarsi nel caldo
lettone insieme a Mr. Northman; l’altra parte era molto rassicurata dal fatto
che l’arrivo dell’alba avrebbe portato via la mia tentazione e il mio
tentatore, impedendomi di fare un pericoloso passo di cui avrei potuto
amaramente pentirmi. Avevamo messo già troppa ‘carne sul fuoco’, sapevamo
entrambi che non si sarebbe trattato di solo ‘buon divertente e spensierato sesso’,
le cose si sarebbero complicate; e in più Eric aveva un temperamento egoista e
meschino… sì, era inutile, sapevo che me ne sarei pentita.
Salii le scale e mi fiondai in camera, lasciando Eric al
piano di sotto.
Era nell’armadio, il vestito, ma non ricordavo proprio né in
quale cassetto né in quale anta. Forse l’avevo gettato negli scatoloni?
Accidenti a me, e alla mia idea del vestito smarrito. Non feci nemmeno in tempo
ad aprire un cassetto, che mi ritrovai improvvisamente buttata sul letto,
schiacciata dal peso di Eric.
“Che vuoi fare?” chiesi confusa, e un po’ spaventata dalla
sorpresa.
Appoggiò la testa sulla mia spalla, inserendo il volto
nell’incavo del mio collo, e iniziò a baciarmi. Una scia di lievi e delicati
baci, di quelli che fanno venire il solletico.
“Ho deciso che voglio passare gli ultimi attimi di questa
notte con te” mi sussurrò.
Spingeva il viso contro la mia pelle, come un animale che
chiedeva attenzioni. Istintivamente lo abbracciai, e cercai di spostare il suo
peso su un fianco, in modo da rimanere uno di fronte all’altro. Lo accarezzai,
e lui rimase immobile a guardarmi. Aveva i lineamenti distesi, lo sentivo
rilassarsi ad ogni mio tocco, ma gli occhi erano arrossati, come se fossero
molto irritati: segno che il suo corpo avvertiva l’avanzare dell’alba, ormai
prossima.
All’improvviso sentii un lacerante vuoto allo stomaco.
“Perché ho come l’impressione che dopo stanotte, non ti
rivedrò per molto tempo?”
“Perché anch’io ho questa sensazione?” si fece più vicino,
ed io mi strinsi contro di lui, cingendogli il fianco con la mia gamba. Non
resistetti, buttai i buoni propositi, e lo baciai, di nuovo. Baciai le sue labbra
disegnate, così dolci anche se fredde, così morbide…
“La tua pelle ha un sapore strano, dolce e amaro allo stesso
tempo, come le mandorle” gli sussurrai.
Mi sorrise, formando quei piccoli archi intorno alla bocca
che adoravo tanto, e lo baciai ancora.
“Tu invece, non hai nulla di amaro. Forse leggermente salato,
scommetto che il sole ha il tuo stesso sapore.”
Si lasciava baciare, mentre mi accarezzava e mi stringeva
contro il suo corpo freddo. Un freddo che apprezzai molto, dato il caldo che
provavo.
“Non te ne andare” dissi contro la sua bocca.
“Rimarrò qui finché non ti sarai addormentata.”
“Lo farai davvero?”
“Se non ci impiegherai più di tre quarti d’ora, si” sorrise.
“Come ti senti? Sei stanco?” chiesi guardando i suoi occhi
rossi.
“Mi sento cadere.”
Parlava lentamente.
“Ti tengo” lo strinsi più forte, ricambiandogli il sorriso.
“Ti vorrei vedere anche domani” si fece più serio.
“Mi arrabbierei se non fosse così.”
“Vorrei passare con te tutta la notte” disse appoggiando una
mano sulla mia gamba.
“Dovresti comportarti bene.”
“Sarei molto dolce.”
“Non troppo.”
“Non lo sono mai.”
Mi baciò anche lui, fece scorrere la mano sotto il vestito,
dalle mie gambe fino alla schiena. Si girò supino e mi sollevò, mettendomi a
cavalcioni sopra di lui.
“Scopami”, mi disse “anche se dovessi bruciare”, si
riattaccò alla mia bocca.
“Sta zitto.”
Diventarono baci rabbiosi. Sapevamo di non poter finire ciò
che stavamo iniziando.
Mi ribaltò sul letto, sdraiandomi sulla schiena e mettendosi
sopra di me, continuando a sfregare il suo ventre contro il mio. Mi abbassò la
scollatura del vestito fino alla vita, scoprendomi i seni, e si attaccò
avidamente ad uno, azzannandolo, strappandomi un sussulto prese a succhiarlo
energicamente. La sua bocca su di me e l’idea di nutrirlo, mi procurava un tale
piacere da non rendermi conto, di stare affondando le unghie nelle sue spalle. Fu
un dolore sopportabile, che scomparve definitivamente quando Eric si preoccupò
di rimarginare le ferite con la sua saliva.
Non volevo che se ne andasse, non volevo che arrivasse il
giorno, non volevo staccarmi da lui. Mi ritrovai a pregare che la luce
dell’alba non arrivasse mai, che non venisse mai a portarmelo via.
Che sentimenti guidavano questi pensieri? Perché mi
ritrovavo a desiderarlo a tal punto? Perché continuavo a temere che una volta
andato via non sarebbe più tornato? Che avrei dovuto aspettare molto tempo per
riavere questo momento…
Coricò la testa sopra il mio petto, e lo circondai con le
braccia. Rimanemmo così. Iniziai ad accarezzarlo, e mi accorsi che il corpo di
Eric emetteva delle strane e profonde vibrazioni; mi sentii come se avessi
avuto tra le braccia un grosso e pericoloso felino sedato, che mi faceva le
fusa.
“Un penny per i tuoi pensieri” dissi, distogliendo
l’attenzione dai miei.
“L’alba” disse, e appurai che furono gli stessi. “Dovrò
lasciare qui la macchina.”
“Te la riporterà Ginger, quando verrà a lasciarmi la mia.”
Annuì.
“Dovresti darle un aumento!” dissi ridendo.
“Ha già fin troppe cose da farsi perdonare” disse ruotando
gli occhi.
“Vuole diventare una di voi, ma mi pare di capire che non
accadrà mai”
“E’ patetica. Non è decisamente il mio tipo. Né di Pam.”
“E quale sarebbe il tuo tipo?” chiesi prendendo a giocare
coi suoi capelli.
Alzò lo sguardo, fino ad incontrare i miei occhi.
“La voglio appetitosa, curiosa, impavida, acuta, schietta… dal
carattere forte,e un po’ sfacciata.”
“Come Pam.”
“Come te.”
Mi schioccò un bacio sulle labbra, e inaspettatamente
arrossii.
Non sapevo se dovessi sentirmi offesa o lusingata, per aver
alluso alla trasformazione; ma in quel momento, stavo talmente bene con
lui, da decidere di prenderlo come un suo modo di fare complimenti.
Ora ero io ad essere sdraiata sopra di lui, immersa nelle
sue grosse e forti braccia.
Affondai il volto nel suo petto, e le strane vibrazioni che
emanava, simili alle fusa che faceva la mia gatta Tina, mi pervasero il corpo,
rilassandomi. Scorreva fluidamente le dita sulla mia schiena, disegnando
ghirigori incomprensibili. Senza rendermene conto, mi assopii, e scivolai in un
sonno profondo.
Quando riaprii gli occhi, il sole splendeva e illuminava la
mia stanza. Ero sola nel letto.
La giornata era calda e assolata, anche troppo per essere le
sette del mattino…
Guardai l’orologio e saltai giù dal letto in preda all’ansia.
Erano le due del pomeriggio, e sarei dovuta essere al lavoro già dalle otto.
Presi il cellulare e vidi cinque chiamate perse di Sam. Mi affrettai a
richiamarlo.
“Dove diavolo eri finita?! Vuoi farmi preoccupare?!” rispose
al primo squillo, era arrabbiato, naturalmente.
“Scusami Sam” dissi dispiaciuta “sta notte ho avuto la
febbre, e l’antibiotico mi ha intontito un sacco, non sono riuscita a
svegliarmi.” Non potevo certo raccontargli che ero stata fino all’alba insieme
ad Eric!
“Ma stai bene ora?!” calmò il tono, era davvero preoccupato.
“Si, ti prometto che verrò al turno serale!” glielo dovevo.
“Ho mandato a casa tua Arlene prima di mezzogiorno, mi ha
detto che è rimasta mezz’ora attaccata al campanello! Che razza di sonno
pesante hai?!” aveva ripreso ad urlare.
“Scusa” non sapevo che altro dire.
“Vuoi che ti ricordi come ho trovato l’ultima camerieriera
che non è venuta al suo turno di lavoro senza avvisare?!”
“Veramente l’ho trovata io!” mi stizzii.
“Sookie…” sospirò.
“Scusa Sam, non capiterà più. Sarò lì per il turno serale,
ok?” dissi con tono calmo e accondiscendente.
“Va bene, ti aspetto per le cinque” riagganciò.
“Uff” sbuffai ributtandomi sul letto, cercando di riordinare
le idee. Lì mi accorsi di essere, sotto le coperte, mezza nuda! Il vestito che
credevo di avere ancora indosso, era accomodato sulla sedia vicino al letto. Eric…
dinuovo non sapevo se essergli grata o arrabbiata. Poi mi ricordai che per come
era finita la notte, il vestito poteva solo essermi di impiccio. Si era
preoccupato di farmi dormire comoda.
Sciovolai giù dal letto e andai verso il bagno, imbattendomi
nel riflesso dello specchio. Indossavo solo un paio di mutandine, ero
spettinata da far spavento, e avevo i seni gonfi. Uno in particolare era livido,
intorno al capezzolo, ma stava già guarendo. Lo toccai, e arrosii ripensando
all’accaduto.
Sentivo ancora il sudore appiccicarmi la pelle, necessitavo
urgentemente di una doccia.
Sotto il getto
tiepido dell’acqua, ripensai alla notte
appena trascorsa: alla follia che mi aveva guidato verso il Fangtasia,
all’irresponsabilità che mi aveva portato ad accettare
l’invito di Eric, al
romantico e bizzarro momento trascorso in riva al Red River a bere
strani
intrugli voodoo, al bacio passionale da vecchio film hollywoodiano
vicino al
fiume, e a come tutto era precipitato poi… il punk che spacciava
sangue per
conto di Eric, il locale putrido pieno di V-addict, la storia delle
streghe… io
ed Eric in macchina, a quel pensiero arrosii dinuovo… poi mi
ricordai della
litigata, e quasi mi risalì la rabbia. Ma avevamo chiarito, e mi
rattristai al
pensiero di come in seguito tutto era diventato perfetto, quando ormai
era già
troppo tardi. Io che non lo lascio andare, che mi tradisco invitandolo
in casa,
dichiarando quando mi piaccia ‘la sua compagnia’; lui che
fa di tutto per
passare gli ultimi minuti con me… e io che mi addormento tra le
sue braccia.
Che strano, avevamo deciso di vederci anche quella sera, ma era come se
sapessi
già che non sarebbe accatuto, che lui non ci sarebbe stato... ma
era una sensazione diversa dalla sfiducia, una sensazione che non
riuscivo a capire.
Fuggii da quel pensiero uscendo dalla doccia.
Ancora in accappatoio, andai a prepararmi qualcosa da
mangiare. Mangiai lentamente e soprapensiero, un grosso toast imbottito,
accompagnato da un fresco succo di frutta. Tra non molto sarei dovuta andare al
Merlotte’s, a servire clienti volgari e a subire la paternale di Sam. La serata
sarebbe stata lunga e stressante…
Quella notte finii il lavoro sfinita, Sam non aveva fatto
altro che ripetermi le sue ramanzine per tutta la sera, ed Eric non si era
ancora né visto né fatto sentire. Avevo tenuto il cellulare dentro il taschino
del grembiule, e l’avevo tenuto controllato più volte, anche mentre ero in
servizio, anche se andava contro le regole. Nessun messaggio, nessuna chiamata,
nessuno squillo. A quel punto, disillusa, non mi rimaneva che un solo
desiderio: tornare a casa e infilarmi nel mio comodo letto, a dormire, e
mandare a fanculo il mondo.
Salii in macchina salutando Sam, Tara e Lafayette.
“Ehi bella, come va?!” disse Tara, venendomi incontro alla
macchina.
Tara era davvero una persona sagace, con un pessimo
caratteraccio, dovuto secondo me a questa misera cittadina, oltre che ai
problemi con sua madre, ma le volevo bene. Aveva una personalità troppo
esplosiva per Bon Temps. Tara era quella che io definivo ‘una persona da un
litro, in una bottiglia da mezzo litro’.
“Buona notte Tara” la abbracciai.
“Allora non vuoi proprio dirmi che ti succede” disse
guardandomi dritta negli occhi.
“Ti ho già detto che sto bene, ho solo avuto un po’ di
febbre questa notte, si vede che devo ancora smaltirla” mi divincolai dal
discorso.
“Mi prendi in giro Sookie, pensi davvero che io creda alla
storia della febbre?! Non hai mai un medicinale in casa quando serve, e la
storia dell’antibiotico che ti ha steso, traballa come le gambe di mia madre
quando era ubriaca” disse incrociando le braccia. Brutto segno, non mi avrebbe
lasciato andare senza una scusa convincente o una verità.
“Arlene oggi è venuta a citofonarti, ed eri in casa, perché la
tua macchina era parcheggiata, quindi dovevi davvero dormire come un sasso, ma
perché?! Con chi sei uscita? Dovevi vederlo anche stasera non è vero?”
continuava ad avvicinarsi. “Avanti Sook, a me puoi dirlo, non lo dirò a Sam!”
mi diede una pacca sulla spalla.
Non mi andava davvero di raccontare la parentesi della notte
precedente, non sentendomi così stipida ed ingenua.
“Devi aver fatto molto tardi ieri notte per essere stata
così stanca sta mattina. Fammi indovinare: sei andata a dormire all’alba.”
Non la sopportavo quando iniziava a fare il detective, ed io
rimasi impassibile, cercando di non far fuoriuscire risposte involontariamente.
“Deve essere stata una serata molto movimentata se eri così
stanca. E a te il tipo piace, ma non è Bill, altrimenti lo saprei. Ti aveva
promesso un altro appuntamento per stasera, ma non si è fatto sentire. E sai come
lo so?” sorrideva, fiera delle sue deduzioni.
Io non risposi, se avessi aperto la bocca in quel momento,
non avrei saputo se piangere o inveire.
“Lo so perché quando sta sera sei venuta al lavoro, avevi la
testa tra le nuvole e camminavi volando sopra le farfalle, e da qualche ora
invece, hai l’umore che è peggio del mio!” mi guardava con un sorriso sghembo,
in attesa di una conferma.
“Ciao Tara” mi limitai da dire, sventolandole la mano
davanti alla faccia.
Misi in moto la macchina allontanandomi dal parcheggio del
Merlotte’s, lasciando Tara con un pugno di mosche.
La notte era quieta, e il buio mi diffondeva tranquillità.
Volevo tornare a casa, guardarmi un bel film, mangiare schifezze e andare a
dormire. E dimenticare quella pessima giornata, fatta di attese, ritardi e sogni
ad occhi aperti. “La prossima volta che mi chiama per un favore, o si azzarda a
provarci o a provocarmi, gli sputo in un occhio” pensai innervosita. “Calma
Sookie, pensa al bel film che ti guarderai stasera. Niente di nuovo però, non
ho voglia di dover stare attenta a seguire la trama, un vecchio film andrà
benissimo.” Conoscere già la fine dà una piacevole sicurezza, e ne sentivo il
vitale bisogno, anche se si trattava di una sicurezza futile. “Mi riguarderò
per l’ennesima volta Via Col Vento.”
Poi venni improvvisamente distratta dai miei pensieri,
quando vidi che i fari della mia vecchia auto illuminarono qualcosa di insolito.
Sobbalzai. Un uomo correva sulla stada vicinale come se ne fosse andato della
sua stessa vita. Incuriosita e confusa lo raggiunsi con la macchina, ed
abbassai il finestrino.
“Hai bisogno di aiuto?” domandai. Lui mi scoccò un occhiata
terrorizzata, ed io mi sentii il cuore salirmi in bocca, quando lo riconobbi.
“Eric!” urlai. Lo superai, bloccai la strada mettendo la
macchina di traverso, e gli corsi incontro.
Si fermò di scatto dinnanzi a me, sibilando con le zanne del
tutto estese.
Rimasi impietrita, non gli avevo mai visto rivolgermi uno
sguardo così minaccioso, così all’erta. Era pronto ad attaccarmi.
“Eric sono io. Che hai? Così mi spaventi” dissi sporgendo le
mie mani tremanti in avanti, lentamente, con fare conciliante.
Non avevo mai visto uno sguardo così perso e confuso come quello
di Eric in quel momento. Mentre mi osservava sulla difensiva, mi avvicinai
cautamente.
“Eric?” gli sfiorai il volto con una mano.
La situazione mi era totalmente incomprensibile, e
dall’espressione che teneva in volto, lo era per me quanto lo era per lui.
“Eric?” ripetè con una voce insolitamente rauca.
Non capivo.
Appoggiò una mano sopra la mia, come per risucchiarne il
calore e l’energia.
Si sporse verso di me, scrutandomi, guardandomi come se
fosse la prima volta.
“Chi sei?”
Pensai di stare sognando, quando quella domanda mi colpì in
faccia come una secchiata di acqua gelida. Guardai nuovamente i suoi
occhi spaventati, il suo viso stressato, e il suo corpo ferito,
e realizzai che Eric non era lì con me.
Eh si ragazze la fanfiction è finita.
So che probabilmente molte di voi rimarranno deluse, ma come avrete capito, io sono un "coito interrotto vivente"...
D'altronde era stata pensata fin dall'inizio come una semplice parentesi pre-quarto-libro...
(ok ci sn delle differenze, qui siamo in piena estate mentre nel libro
in pieno inverno; nel libro Chow è ancora il barista... va bhe,
sottigliezze... ^_^')
Spero almeno di essere riuscita a distrarvi dall'attesa della terza stagione!
Grazie infinite alle commentatrici!!!
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