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Donne
*
“La Voltaire è
atterrata alla perfezione, Comandante Joule,” avvisò una Verde, premendo un
dito sull’auricolare e voltandosi appena per lanciare un’occhiata al suo
superiore, in piedi dietro al Capitano della nave di classe Nazca. “L’Archangel
e l’Eternal dovrebbero essere già qui.”
Yzak annuì piano e lasciò cadere le braccia lungo il torace,
fino a quel momento rimaste incrociate sul suo petto. Si appoggiò alla sedia
con entrambe le mani e si sporse in avanti, schiarendosi la gola per attirare l’attenzione
della ciurma presente sul ponte.
“Le operazioni di
riconciliazione con i due equipaggi saranno seguiti esclusivamente da me,
dall’Ufficiale Elthman e dal Maggiore Hahnenfuss. Il resto di voi può anche
prendersi qualche ora di meritato riposo. Avvertite anche i meccanici, ma dite
loro di non rilassarsi troppo: i Mobile Suit sono stati ridotti uno schifo ed
esigo che vengano riparati al più presto possibile.”
L’albino ascoltò le parole d’assenso ed inclinò di poco il
capo davanti al saluto dei suoi sottoposti, prima di voltarsi e camminare fuori
dalla stanza con Dearka al suo fianco.
“Quanto sei serio,”
lo prese in giro quest’ultimo, alzando un sopracciglio. “Non solo quando parli
a tutti quei Verdi, ma anche quando non siamo in servizio.”
“Anche tu sei un
Verde,” gli fece notare con fin troppa calma Yzak. “E poi adesso non c’entra
niente.”
“Era solo un
tentativo di farti svagare, amico,” si difese il biondo, accettando però la
sconfitta mentre levava le mani verso l’alto.
“Per quello c’è la mia
donna,” borbottò a disagio il soldato in bianco, fermandosi improvvisamente.
“Piuttosto, è ancora in infermeria?”
“Con il casino di
feriti che c’è stato… Ovvio,” disse Dearka, afferrandogli il braccio e
mettendolo sulla strada per l’ambulatorio. “Comunque non era niente di grave,
solo qualche graffietto. Starà bene.”
Yzak grugnì qualcosa, neppure minimamente preoccupato,
nonostante avesse temuto il peggio quando il DEEP Arms era rientrato
nell’hangar, sorretto dal suo GOUF Ignited, ed il volto della sua fidanzata
aveva presentato un brutto rivolo di sangue che le correva sull’intera
lunghezza della faccia.
Raggiunsero la stanza, piena di soldati, in una manciata di
minuti e, non appena il Comandante della nave si fermò sulla soglia, tutti
quanti scattarono sull’attenti, ignorando più o meno vistosamente il dolore
alle varie parti del corpo.
“A riposo,” ordinò
pigramente Yzak, in quel momento troppo concentrato sul sincerarsi delle
condizioni della sua subordinata in rosso che a formalità di quel calibro. Li
vide aprirsi, quasi come dei fiori, al suo passaggio. Ebbe la sgradevole
sensazione che il pettegolezzo della sua storia con lei avesse già raggiunto le
orecchie dell’intero equipaggio nel momento in cui si alzò un ‘Oh’ teatrale,
quando si fermò davanti alla ragazza, seduta su una brandina, le gambe che
dondolavano come se fosse stata una bambina di cinque anni. Sentì le gote
andargli in fiamme e si voltò bruscamente, fulminando con lo sguardo ogni
singolo presente nella stanza, compreso Dearka, che era in procinto di
capitanare qualche coro spassionato da regalare alla coppia. “Fuori di qui.”
“Ma signore,” protestò il biondo, facendo il
verso agli altri. “Sono feriti.”
“Devo parlare con il
Maggiore da solo.”
“Bene, gentaglia,
lasciamo i piccioncini da soli,” Dearka battè le mani, uscendo, e seguito
immediatamente da un gruppo di solidali soldati nei confronti di chi poteva
tranquillamente vivere una storia d’amore a bordo di una nave da guerra.
“Come al solito non
ha capito un cazzo,” si lamentò Yzak, tornando a fronteggiare la giovane, che
intanto se la rideva sotto i baffi. “Come stai?” domandò poi, alzando un dito
per toccare i vari cerotti che le coprivano lembi di pelle sulla parte sinistra
del volto. “Stiamo per incontrarci con quelli dell’Archangel e dell’Eternal, te
la senti di unirti a me e Dearka?”
“Ovvio,” rispose
Shiho, scendendo dalla sua sedia improvvisata e sorridendogli. “In ogni caso
sto benissimo, mai sentita meglio.”
“Ottimo,” disse Yzak,
afferrandola per un polso e trascinandola fuori dall’infermeria. Fece un cenno
agli altri, che gli rivolsero ghigni maliziosi e scettici, vista la breve
durata del loro incontro, e a Dearka, che li seguì verso l’uscita della nave.
“Ti sei fatta la
doccia prima di farti medicare?” notò curiosamente il Verde, sporgendosi verso
la più bassa dei tre. “Non ti bruciavano le ferite?”
“Per una volta dice
qualcosa di intelligente,” convenne Yzak, rimproverandola con uno sguardo. “Sei
stata una sciocca.”
Shiho scrollò le spalle e continuò a marciare senza dire
mezza parola. Quando capì che i due dietro di lei aspettavano una spiegazione,
sbuffò e si voltò.
“Puzzavo da fare
schifo, avrò anche i pantaloni, ma rimango una ragazza,” puntualizzò scocciata.
“Sapevo che avremmo parlato con quelli dell’altra fazione e volevo rendermi
presentabile.”
“Ammetti una volta
per tutte che sei una fan sfegatata di Lacus Clyne e vuoi solo brillare ai suoi
occhi,” la prese in giro Yzak con il solito tono cattivo, così che lo scherzo
risultasse pressappoco irriconoscibile alle orecchie della sua fidanzata e del
suo migliore amico che, con un sorriso sornione, passò un braccio attorno alla
spalla di lui.
“Qualcuno è geloso,
Joule?”
Shiho ridacchiò ed inserì il codice di apertura del
portellone, mentre il suo innamorato si esibiva nel suo invidiabile repertorio
di insulti, ringraziando il cielo di essere ormai immune al volume spropositato
della sua voce.
“Adesso basta, non
vogliamo apparire irragionevoli agli occhi del Comandante Clyne, vero?”
sussurrò, effettivamente elettrizzata all’idea di poterla finalmente
incontrare. Si chiese se le avrebbe cantato qualcosa, ma la prospettiva di
sentire le urla di Yzak ancora più alte per averle chiesto una stupidaggine del
genere la fece desistere prim’ancora di poter scegliere una canzone.
Attese pazientemente che il pannello fosse completamente
spalancato per cominciare la sua discesa sul suolo di Sextilis, su cui erano
atterrati, ma i suoi occhi si fermarono sull’equipaggio dell’Archangel, più in
particolare su una giovane ragazza dai capelli castani e corti. Alle sue spalle
anche Dearka fu sul punto di gridare il suo nome, ma la sua collega dagli occhi
viola fu più veloce e, agitato il braccio a destra e sinistra, sorrise felice.
“Miriallia!”
Il mulatto rimase attonito davanti ai gesti di Shiho, che
ormai era già a terra e stava correndo in direzione della Natural, per
abbracciarla, tutta giuliva e gioiosa. Se non ci fosse stato il suo migliore
amico a dargli una gomitata nelle costole, molto probabilmente, sarebbe rimasto
sulla scaletta con la bocca spalancata per un bel po’ di tempo.
“Forza, non perdiamo
minuti preziosi,” lo riprese Yzak, continuando a scendere i gradini, nonostante
fosse altrettanto basito di fronte alla calda reazione della sua sottoposta.
Non che fosse fredda, ma quella era probabilmente la prima volta che la vedeva
alle prese con un’amica femmina. Nascose un sorriso intenerito mentre lui e
Dearka passavano alla destra delle due giovani, ancora strette in un abbraccio.
Arrivarono di fronte al capitano dell’Archangel, Murrue Ramius, che li accolse
con un cortese inchino, prima di stringere loro la mano.
“Quelli
dell’Eternal?” domandò Yzak, dopo che la donna ebbe finito di spiegare i loro
piani. In sottofondo vi erano le chiacchiere concitate di Shiho e Miriallia ed
il borbottio di Dearka, sia per aver rivisto la sua ex, sia per la presenza di
Mwu La Fllaga al fianco della bella Murrue, che l’aveva scioccato non poco.
“Si scusano, ma hanno
preferito dirigersi direttamente su Aprilius One,” spiegò lei, incurvando leggermente
le labbra verso l’alto. Si voltò poi verso il mulatto soldato con la divisa
verde. “Sono contenta che tu stia bene, Dearka-kun.”
Lui si grattò nervosamente la nuca, ghignando come un vero
mascalzone: non aveva mai fatto mistero dei suoi pensieri riguardanti il
Capitano Ramius. Se solo avesse avuto dieci anni di meno… l’età di Miriallia,
circa.
“Non sei cambiato di
una virgola,” borbottò Mwu, afferrandolo per un orecchio bonariamente. “La mia
donna non si tocca.”
“Tsk, non c’è bisogno
di dirlo,” si offese l’altro, incrociando le braccia sul petto. Sentì il
sommesso ridacchiare degli altri, Yzak escluso, ovviamente. Con la coda
dell’occhio riconobbe anche Neumann e sentì un’ondata di gelosia invaderlo,
realizzando che quel pallone gonfiato era sempre stato nello stesso equipaggio
di Miriallia. Sperò intensamente che non si fosse fatto avanti, nel frattempo,
ma giudicando dalla distanza che separava i due poteva stare tranquillo. Forse.
“Yzak?” domandò
Shiho, che intanto si era unita al gruppetto con la sua impensabile amica alle
calcagna. Gli rivolse un sorriso a trentadue denti, mentre gli afferrava la
stoffa della manica e la strattonava, neanche avesse avuto tre anni.
“Dimmi,” sospirò
pazientemente l’albino, fulminandola però con lo sguardo. “Comunque fai in
fretta, questo è un incontro di lavoro, se non l’avessi capito.”
“Noioso,” lo prese in
giro la ragazza, strusciando la testa contro il suo braccio. Vide le sue gote
andare a fuoco e dovette reprimere una risata. Puntò l’indice verso Miriallia,
rimasta per tutto il tempo a debita distanza da Dearka e con lo sguardo
piantato sul terreno. “Possiamo portarla a casa?”
Yzak alzò entrambe le sopracciglia, tanto che sparirono
sotto la frangia chiara.
“Shiho, non è un
cane… a meno che non sporchi l’appartamento, comunque, va bene” biascicò,
terrorizzato dalla prospettiva di vedere disordine nella loro casa, un po’
troppo immacolata per i gusti della sua fidanzata dal primo giorno in cui ci
aveva dormito.
“Ma non in quel
senso!” replicò la tedesca, questa volta ridendo sonoramente. Gli battè un
colpo sulla spalla. “Ho invitato Miri a stare da me per qualche settimana, su
Aprilius, e ha bisogno di un passaggio. Sulla Voltaire c’è posto, no?”
“Quindi te ne vai da
casa?” fu l’unica cosa che riuscì a dire Yzak, dopo qualche secondo di
silenzio.
“Solo per un po’,”
asserì Shiho, stringendosi nelle spalle. “Allora… andata?”
“Per me è uguale,
basta che non trovi il cadavere di Dearka davanti alla mia camera: sai che non
sopporto i cattivi odori. Ora, se vuoi continuare a giocare alla mocciosa,
allora, tornatene sulla nave. Qua dobbiamo stipulare un paio di trattative.”
“Signorsì, mi
dispiace Comandante,” annuì lei, mettendosi sull’attenti. Mascherò la propria
delusione per l’assenza della sua idol preferita, ma si girò comunque per
strizzare l’occhio a Miriallia, che ricambiò con un sorriso gentile.
*
“Vuoi dirmi come
diavolo facevi a conoscere la ex di Dearka?” domandò Yzak, puntando contro
Shiho il cucchiaio con un pezzo di budino sopra, prima di infilarselo in bocca
ed attendere la sua risposta, curioso come poche volte in vita sua.
“Niente di
particolare. Prima dello scoppio della seconda guerra era venuta su Aprilius
One per un servizio fotografico ed io ero a capo del team di sicurezza. Non ti
ricordi? Me l’hai affidata tu quella missione,” spiegò con nonchalance totale.
“Ci siamo conosciute e ci siamo confidate, soprattutto.”
“Ti conviene
spiegarmi, allora, perché ha lasciato quel cazzone,” ringhiò l’albino,
rubandole il dolce che si apprestava a mangiare. “Non che mi interessi, ma
l’abbiamo dovuto sopportare fin troppo tempo!”
“Non te lo dico,
ladro,” borbottò lei, incrociando le braccia sotto al seno. Le bastò, comunque,
un’occhiata di fuoco per farle sputare il rospo. Si sporse in sua direzione per
avere più privacy, conscia che, in quella nave, anche i muri avevano le
orecchie. “Non è nulla di piccante o tragico, nonostante i piagnistei di Dearka
suggerissero il contrario. Semplicemente lui ha fatto troppe pressioni a Miri
nel momento sbagliato e lei non ha retto lo stress.”
Yzak finì la torta e si appoggiò allo schienale, incrociando
le dita sotto al mento. Una versione deludente, non c’era che dire, ma qualcosa
nello sguardo della sua compagna gli fece venire un dubbio lancinante.
“Sicura che non ci
sia altro?”
“Smettila di leggermi
nel pensiero!” rise lei, appoggiando i gomiti sul tavolo per potergli mollare
una leggera sberla sulla sommità del capo. “Beh, vedi… Lei era anche gelosa
marcia di te.”
“Me?!” esclamò l’albino, scandalizzato. “Perché?”
“Tu e Dearka siete
pappa e ciccia. O, almeno, lo siete stati fin quando non ci siamo messi insieme
all’inizio della guerra,” spiegò la tedesca, con ancora strascichi di
risentimento nella voce. “Io ho avuto la fortuna di appurare che non siete omosessuali,
vivendo con entrambi qua a bordo della Voltaire, ma Miri… Beh ha preferito
scaricare quell’idiota prima ancora di avere delle conferme.”
Finita la frase, Shiho si alzò e camminò fino alla sua
sedia, battendogli delle amichevoli pacche sulla schiena, un sorriso di scherno
sulle labbra.
“Non preoccuparti,
comunque. Ha deciso di dargli una seconda chance. Noi donne siamo magnanime,”
disse teatralmente. “Ci vediamo dopo in camera, ma tu intanto non lasciare che
ti divori il senso di colpa.”
Yzak rimase in silenzio per qualche frazione di secondo,
fissando Shiho che stava uscendo dalla mensa con stampato, sulla faccia
sfregiata, il più grosso dei sorrisi divertiti.
“NON MI SENTO IN
COLPA, HAHNENFUSS!” urlò, paonazzo, mentre sbatteva ripetutamente le mani sulla
superficie liscia del tavolo. L’unica cosa che si potè udire nel silenzio
surreale che regnava nella stanza da che lui si era alzato in piedi fu la
cristallina risata del Maggiore.