Io
sono un sognatore; ho vissuto così poco la vita reale che attimi come questi non
posso non ripeterli nei sogni.
(Dostoevskij, Le notti
Bianche)
Le notti
bianche
…Fu creato forse allo scopo
di rimanere vicino al tuo
cuore,
sia pure per un attimo?...
(Ivan S. Turgenev)
Prima notte
Era una fredda notte di Gennaio. Molto fredda, nonostante
la neve si fosse già sciolta. Una di quelle notti, in cui l’inverno sembra aver
congelato anche l’aria e la luce.
Il chiarore delle stelle, anch’esso solidificato dal gelo,
illuminava flebilmente i tetti della periferia londinese, dai cui comignoli, di
tanto in tanto, una nube grigia fuoriusciva, per andar ad oscurare il manto
notturno.
Un perfetto ritratto della Londra dei libri, insomma.
Di quella Londra amata dai romanzieri, quel paesaggio
emozionante, infondente malinconia.
Io ero nella mia camera da letto, perfettamente ordinata,
e mi preparavo ad uscire. Avevo indossato un maglione nuovo, color panna, e dei
jeans neri.
Avevo legato i capelli, lisciati con cura. Mi stavo
truccando davanti allo specchio, attenta ai minimi particolari.
Mi osservai, una volta che ebbi terminato, pienamente
soddisfatta del risultato. Non ero bella, non lo sono neanche adesso a dire la
verità, ma in quel momento mi sentivo bene.
Mi catapultai alla ricerca della mia sciarpa, nuova
anch’essa. Rovistai tra i cassetti e gli armadi, senza tuttavia riuscire a
trovarla, decisi quindi di uscire senza.
Scesi lentamente le scale e, una volta davanti
all’ingresso indossai il cappotto lungo, abbottonandolo.
Controllai ancora una volta il mio aspetto allo specchio
accanto l’attaccapanni. Mancava qualcosa (la sciarpa, certo!).
Lo abbottonai fino al collo, ma non ero soddisfatta.
Volevo essere perfetta.
Lasciai i primi bottoni slacciati, alzai ed abbassai il
colletto, senza mai essere contenta della mia figura.
Mancava la sciarpa. Così avevo immaginato, durante la mia
lunga giornata al lavoro. Per essere perfetta dovevo indossare quella sciarpa.
Attraversai il salotto, accompagnata dal piacevole
rimbombare dei miei stivali sul parquet.
Finalmente la vidi. Era ancora dentro la busta del
negozio, abbandonata sul divano di pelle bianca.
Staccai l’etichetta e l’indossai. Finalmente potei
sorridere soddisfatta alla mia immagine riflessa.
Uscii quasi di fretta, lasciandomi alle spalle il calore
confortevole della mia dimora, riscaldata precedentemente dal camino ormai
spento.
Anche quella casa era perfetta. Avevo impiegato ore ed ore
a progettare l’arredamento, colori e materiali.
E la trovavo perfetta.
Fu quando il gelo mi sferzò il volto che mi riscossi da
quella dolce sensazione di frenetica calma.
Dov’ero diretta?
Mi ero preparata con cura maniacale, per far cosa? Non mi
aspettava nessuno, non avevo nessun progetto.
Poi ricordai: ero Ginny Weasley, ed ero una sognatrice.
Fui tentata dal tornare dentro, piangere le mie lacrime
amare dentro la vasca da bagno piena di bolle ed andare a dormire, cullata dalla
musica, unica vera compagna della mia solitudine.
Ma ormai era fatta, e mi sarei sentita peggio tornando
indietro, così mi incamminai, tentando di ripararmi dal freddo pungente.
Mi diressi verso il centro della città, con andatura lenta
ma decisa.
Mi chiesi cosa mai potesse pensare di me la poca gente che
incontravo per strada. Forse pensava che fossi brutta, o magari che avessi un
appuntamento galante, così ben vestita.
E se davvero avessi avuto un appuntamento galante?
Allora avrei camminato più velocemente, avrei fantasticato
su cosa dire. Scusa per il ritardo, buonasera…ehi, ciao! Aspetti qualcuno?
Avrei esordito con una battuta ed un sorriso, decisamente!
E gli avrei stretto la mano o l’avrei baciato sulla guancia? O magari sulle
labbra?
Avrei sfiorato la sua pelle morbida e calda, mi sarei
persa nel suo sorriso, sarei annegata nei suoi occhi. Perché avrebbe avuto dei
begli occhi. Verdi magari.
Mi avrebbe portata a cena, e poi a fare una passeggiata
romantica sul Tamigi. Ci saremmo baciati sotto le stelle, e probabilmente mi
avrebbe dichiarato il suo amore.
Ed io l’avrei ricambiato ovviamente, perché lo amavo.
Senza nemmeno accorgermene mi ero già innamorata di quella
figura, della quale, solo gli occhi (verdi), mi era concesso conoscere.
Ma io non avevo un appuntamento galante: ero solo Ginny
Weasley, ed ero una sognatrice.
Assunsi un’espressione di irreale calma, mentre
passeggiavo sul lungofiume, magari proprio nel punto in cui avrei potuto
ricevere la mia prima dichiarazione d’amore. La mia unica dichiarazione d’amore.
Un pregio di noi sognatori, è quello di esser capaci di
diventar felici o caricarci di adrenalina, solo grazie alle immaginazioni
prodotte dalla nostra fervida fantasia. Così io, attraversando quel lungofiume,
in un’atmosfera talmente romantica, mi sentivo felice, addirittura i miei occhi
brillavano, come se davvero stessi ripercorrendo quei bei momenti vissuti.
Come se davvero qualcuno, nella mia casa perfetta mi
stesse aspettando con ansia.
Attraversai il Lambeth Bridge e svoltai a destra, con
l’intenzione di costeggiare l’Archbishop Park. Era buio, un lampione si era
spento su quella strada.
Quello che vidi poco dopo mi spaventò a morte. Sperai
ardentemente fosse soltanto un altro dei miei sogni.
Una figura nera, incappucciata, si dirigeva correndo verso
di me. In tempo di guerra, purtroppo, quelle figure dal manto nero erano il
peggior incubo della popolazione, ed io ero stata davvero una sconsiderata ad
uscire a quell’ora.
Se mi avesse visto?
Avevo già immaginato il mio rapimento, la mia consegna a
Voldemort, le mie torture…ma quello che invece successe, credo fosse fuori dalla
portata della mia immaginazione.
La figura si tolse il mantello in fretta dando una
sistemata ai capelli scompigliati e mi si avvicino, prendendomi sottobraccio e
facendomi bruscamente tornare sui miei passi.
Credo che in quel momento il mio cuore avesse preso a
correre furiosamente e, Dio sa, quanti improbabili avvenimenti stessero già
avendo luogo nella mia mente.
So per certo, ad ogni modo, che arrossii.
Appena svoltato l’angolo, la figura aveva rallentato il
passo e, ignorandomi volutamente, stava in ascolto, preoccupato forse che il suo
persecutore (ero già arrivata alla conclusione che fosse perseguitato dalla
legge) avesse potuto scoprirlo.
-Scusi per il disturbo arrecatole, andrò via presto!-
Sobbalzai. La sua voce aveva fatto accentuare il rossore
sulle mie guance. Aveva un timbro bellissimo, basso ma melodioso, e la sua
stretta sul mio braccio era calda.
-No, la prego! Resti ancora un po’!-
Mi guardò stupito, puntando i suoi occhi nei miei. Fu
allora che lo riconobbi.
Quelle iridi di ghiaccio erano inconfondibili.
-…Malfoy…- sussurrai sul suo viso, mentre la sua
espressione mutava dallo stupito all’ironico (la mia mente era troppo occupata a
vivere quel momento per poter suscitare in me quel consueto sentimento di
disprezzo).
-Weasley!-
Aveva parlato ad alta voce. Ebbi la sensazione che il mio
nome, pronunciato dalle sue labbra, mi rimbombasse nel sangue, e non seppi se
definirla una sensazione piacevole o spiacevole.
-Dovresti aver paura di me, non chiedermi di restare!-
Lo guardai stupita per qualche secondo, rendendomi conto
di quanto avesse ragione, ma la ragione mi aveva abbandonata nel momento in cui
l’avevo visto dirigersi verso di me.
-Voglio che resti! Non mi capita spesso di poter
trascorrere del tempo con qualcuno.-
Avevo abbassato lo sguardo pronunciando le ultime parole,
nonostante un senso di felicità mi stesse invadendo le membra.
La felicità del sognatore? In quel momento, mi dissi di
no.
Era reale ciò che mi stava accadendo, non poteva essere
solo una delle mie solite utopia.
Ero Ginny Weasley, ed ero (una sognatrice) felice!
Lui mi guardò di nuovo, leggermente divertito. Credo
avesse fatto una delle sue solite battute, ma io non la sentii (per tanti giorni
avvenire mi rimproverai di quella distrazione).
-Cosa ti fa credere che io sia abbastanza affidabile? Sono
un Mangiamorte, ricordi?-
Devo ammettere che, in quella situazione, le mie capacità
di sognatrice mi furono molto utili. Non fu difficile per me, ripescare, da una
di quelle volte in cui avevo sognato di essere una fuggiasca, o un braccio della
legge, una scusa per convincerlo a restare.
-Ma hai avuto bisogno di nasconderti. Non puoi farmi del
male. Sarebbe pericoloso anche per te.-
Rise (Merlino, quanto mi piaceva la sua risata).
-Sagace, Weasley!-
Ero compiaciuta. Dannatamente compiaciuta. Già pensavo a
quando, da sola nel mio letto, avrei arricchito quegli avvenimenti di piacevoli
particolari, avrei sospirato su quanto la sua voce fosse profonda e la sua
risata contagiosa (e non lo era).
Perché i sognatori hanno il difetto di non riuscire a
vivere, se non nel loro cantuccio immaginario. Non riescono a godere dei momenti
reali, troppo impegnati nella loro vita fantastica.
Camminammo per un po’ sul lungofiume, in silenzio.
-Cosa ti porta qui?- chiesi innocentemente, ansiosa di
riempire quel silenzio.
-Tante cose. Meno fantastiche di quelle che potresti
immaginare.- rispose sollevando lo sguardo verso le stelle.
Sussultai. Perché quel riferimento alla mia immaginazione?
Che avesse capito tutto?
Era un uomo intelligente. Capiva le persone. Era perfetto
(come la mia casa, come me quella sera).
Ero troppo felice per ricordarmi che fosse un Malfoy e,
forse, per una volta, il mio esser sognatrice, non mi avrebbe portato ad una
delusione.
Guardai anch’io il cielo, seguendo il suo sguardo. La luna
era ormai alta e l’orologio della cattedrale in quel momento suonava l’una.
Quanto corre il tempo quando si è felici!
-Credo sia ora di andare a nanna, Weasley!-
Lo guardai tra il deluso e l’ammirato. Sembrava avermi
letto nel pensiero (forse lo aveva fatto, era un esperto di Magia Oscura).
Poteva un essere tanto perfetto essere lì con me quella sera?
-Ti prego…-
Lo stavo pregando. Tempo dopo mi sarei disprezzata per
quel tono così umile e supplichevole ma adesso, a distanza di tanti anni,
ritengo che, potendo tornare indietro, userei il medesimo tono e le medesime
parole.
Perché forse, se non avessi agito in quel modo, tutto
sarebbe andato diversamente. Ed io in quel momento, avevo bisogno di vivere.
Volevo che lui restasse con me, che mi parlasse, volevo restare sveglia, non
volevo tornare nel mio mondo, fatto di sogni e fantasie.
Gli presi le mani, stupendomi ancora di quanto fossero
calde. Lui era stupito, credo non fosse abituato a simili atteggiamenti e ad una
tale vicinanza, non lo sapevo ancora.
-Potremmo rivederci domani, Weasley!- sussurrò sorridendo
(quanto era bello!).
-Certo, a domani!- gli strinsi ancora le mani, scuotendole
un po’ per suggellare quell’appuntamento -A domani, a domani!-
-Ci vediamo alla stessa ora…laggiù! Vedi quella panchina
sul molo?-
Abbassai vigorosamente la testa -Certo, ci vediamo lì! A
domani!-
Si sciolse dalla mia stretta, le mie mani rabbrividirono
per il freddo, e, voltando le spalle, si incamminò per la sua strada.
Dio, come mi sentivo viva! Ero felice, mi diressi verso
casa, con uno sguardo diverso. Se avessi rincontrato la gente vista all’andata,
vedendomi così felice avrebbe pensato che il mio appuntamento fosse andato a
gonfie vele.
Quell’uomo! Quell’uomo, l’ho visto prima!
-Sono felice!- urlai, rendendomi conto solo dopo di quanto
dovessi apparire ridicola. Lui scosse semplicemente la testa sorridendo e
continuò per la sua strada.
Iniziai a cantare (anche la canzone che avevo intonato,
era già stata la colonna sonora di uno dei miei sogni!).
Tornai in fretta a casa. Dovevo dormire. Si, avrei dormito
fino a mezzogiorno, fino alla notte dopo se necessario, così la giornata sarebbe
passata in fretta, e avrei potuto rincontrare Draco (avevo iniziato anche a
chiamarlo per nome).
Lungi da me voler imitare il grande
Dotoevskij! Ho solo preso spunto dal suo genio e sto utilizzando, grossomodo, la
sua stessa suddivisione della storia. Non andrà per le lunghe, saranno solo
quattro capitoli, massimo cinque. All’inizio avevo intenzione di farne una one
shot, ma poi ho visto che i capitoli riuscivano abbastanza lunghi, quindi ho
optato per una storia a capitoli.
Naturalmente spero mi lascerete
qualche recensione…mi aiuterebbe davvero ad andare avanti, soprattutto in questo
momento (l’ispirazione lascia a desiderare!).
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