L’urto
dell’ esplosione lo
costrinse ad aggrapparsi a Leale con tutte le sue forze, per non cadere
a
terra. L’omone grugnì, avvolgendo fra le grosse
braccia fasciate di nero il
padroncino. Schegge di vetro e cocci ovunque. Si chinarono fra la
polvere, la
fronte bassa, le ginocchia schiacciate contro il pavimento di marmo.
L’aria era
satura di grida e tonfi, una dozzina di ombre passarono a pochi metri
dai due,
ancora accucciati contro le gambe in mogano del loro tavolo. Artemis si
maledisse una volta di più: avrebbe volentieri evitato una
seccatura del
genere. Si guardò attorno, oltre Leale, gli occhi che
lacrimavano fra la
polvere. Un silenzio improvviso era sceso sulla sala, evacuata in tutta
fretta,
pochi attimi prima dell’ esplosione.
"Avanti Fowl, è inutile giocare a
nascondino!”
Quella maledetta voce squillante gli faceva venire i nervi,
sbuffò, spolverandosi le spalle dello smoking, alla ricerca
della sagoma di
Spinella Tappo. “La tua stessa arroganza ti sta
portando nella tomba, ragazzino. Se avessi lasciato perdere la ricerca
del
Libro da subito, ti avrei risparmiato..” Non stava mai zitto?
Non riusciva a
pensare con quel blaterare di sottofondo. Artemis Fowl non aveva alcun
interesse nelle parole di quella mezzatacca di un ladro, ma doveva
ammettere
che, quando qualche mese prima, si era ritrovata un paio di agenti
della LEP
sotto casa ad accusarlo di averli nuovamente derubati del Libro del
Piccolo
Popolo, era stato colto da un certo senso di angoscia, fatto raro per
lui.
Estrasse il palmare dal taschino della giacca scura. Osservò
i puntini rossi
sullo schermo: Spinella si trovava a qualche metro da lui, sulla
sinistra,
Bombarda si trovava, secondo i piani, a qualche metro sottoterra. In
compenso
aveva perso il segnale di Mandorla, si augurò che non fosse
rimasto vittima
dell’ esplosione. Quel contrattempo non ci voleva proprio:
secondo i suoi piani
lo gnomo avrebbe dovuto piazzare le cariche sotto le sedia di quel
bastardo,
perché il pavimento franasse, portandosi con sé
la sua spocchia ed i capelli
pieni di gel, volgarmente americani. “Spinella, mi
senti?” Bofonchiò nel
microfono dissimulato fra le pieghe dell’ abito da cerimonia.
La risposta gli
giunse un paio di secondi dopo, nell’ auricolare.
“Sì, Artemis ti sento, questo
pazzo ha fatto saltare in aria il posto di sua iniziativa, cosa si
fa?”
Chiese nervosa, la voce
leggermente metallica. Artemis si grattò il mento ricoperto
di ispida peluria:
infelice tentativo di farsi crescere la barbetta.
“Probabilmente ero io il suo
bersaglio, ma stupido com’è deve aver sbagliato i
calcoli..” La voce profonda,
non più da ragazzino, raggiunse il soldato Tappo, accucciata
dietro ad una
colonna beige. “Ascolta, non ci resta che temporeggiare,
almeno finche Sterro
non sarà riuscire a piazzare l’esplosivo sotto i
piedi di questo stronzo..”
Commentò, in un exploit tutt’ altro che fine. Non
c’era tempo per un piano B,
avevano bisogno di recuperare il Libro, prima che fosse occultato per
sempre, e
l’unico a sapere dove fosse era proprio Stephan Mayer, il
ladruncolo che aveva
sfidato la
LEP e
lo stesso Artemis, rubando il codice del Popolo. “Bombarda
ascolta! Il GPS di
cui sei dotato dovrebbe segnalarti la posizione di Mayer, piazza le
micro
cariche in maniera che ricoprano un’ area di almeno cinque
metri.. Non dobbiamo
ucciderlo, solo incastrarlo nel suo stesso sfarzo pacchiano..” Un grugnito poco convinto
lo informò che lo
gnomo aveva ricevuto le istruzioni. Si augurò che non
decidesse di darsela a
gambe proprio in quel momento.
“Leale,
vai a cercare Mandorla, non vorrei che
gli fosse successo qualcosa…” Quella piccola
recluta era proprio una palla al
piede! Lento, svogliato ed inesperto.. Se non fosse stato affidato a
Spinella
per il suo apprendistato lo avrebbe rispedito a Cantuccio, prima ancora
che avesse
il tempo di spiccicare parola.
La nebbia si era completamente
diradata e la luce, prima timidamente filtrata dall’ aria
densa e grigia,
investì nuovamente la sala. Artemis scorse il profilo di
Stephan, in piedi,
rittò al centro del salone. Il solito megalomane.. Quella
posizione era
perfetta per metterlo nel sacco e il giovane ladro decise che non gli
avrebbe
permesso di muoversi. “Hai
proprio
ragione Mayer, avrei dovuto farmi gli affari miei..” si
alzò, tronfio nel suo
abito costoso, le scarpe lucide e fazzoletto nel taschino. La chioma
corvina,
ribelle, pettinata all’ indietro, in un disperato tentativo
di disciplinarla. Stephan
Mayer ghignò, scoprendo i perfetti denti bianchi, appena
vide Artemis comparire
fra le macerie dei tavoli.. “Scortese da parte mia, rovinare
il matrimonio di
tua figlia, piombando qui.. Con la pretesa di riavere il Libro,
conquistato
così astutamente da un uomo abile come te..” L’ allampanato
americano sorrise, arrogante,
il petto gonfio e la mascella contratta. Stava cadendo nella sua
trappola verbale
con una facilità quasi esilarante. Probabilmente avrebbe
fatto più fatica a
derubare un bambino delle sue caramelle.
“Sono contento che tu abbia finalmente
guardato la realtà negli occhi. Mi sembrava strano che
l’ erede della
prestigiosa casata Fowl fosse così ottuso! Cosa pensi di
fare ora…?”
Un sibilo
lo deconcentrò per un paio di secondi “Artemis,
cosa diavolo vuoi fare?”
La solita, ferrea voce di Spinella Tappo,
sorrise fra sé, fingendo di lisciare i pantaloni
impolverati. Non rispose e riprese
a parlare con Stephan, come se nulla fosse; ora arrivava il piatto
forte: “Uniamoci
Stephan! Insieme potremo divenire i più grandi ladri di
tutto il mondo.. E come
tu ben sai, non solo. Dopotutto gli unici geni in grado di rubare il
Libro del
Popolo siamo noi due.. No?” Chiese, facendo qualche passo
verso destra, curando
ogni gesto delle mani, ogni espressione. Se non avesse seguito le
tradizioni di
famiglia, avrebbe fatto l’attore. Spinella imprecò
forte nell’ auricolare: come
al solito non aveva alcuna fiducia nelle mosse di Artemis. Mayer, nel
frattempo, cominciò a tormentarsi gli affascinanti riccioli
dorati, come se
pensasse intensamente alla risposta.. Un sorriso beffardo
increspò il viso del
criminale americano: “Beh, Fowl quello che dici sembra
allettante..” Artemis ammiccò,
sicuro di averlo in pugno. “Ma non ci penso nemmeno ad unirmi
a te, stupido
ragazzino pieno di spocchia!” La rabbia e la cattiveria
inondarono il volto e
la voce di Stephan, che punto una pistola contro Artemis. La situazione
si era
fatta improvvisamente complicata. Il giovane sbiancò,
sfidando la sua
carnagione, già di avorio. Alzò lentamente le
mani, il cervello che elaborava
frenetico una soluzione.. Si chiese a cosa servisse un Q.I.
così maledettamente
alto, se poi si ritrovava con le mani sopra la testa e la canna di una
pistola
puntata alla sua fronte. “Non fare cose di cui potresti
pentirti… Andiamo
Stephan, a cosa ti servirebbe uccidermi?” Chiese, sforzando
la voce, perché non
trapelasse il filo di panico che lo aveva improvvisamente colto. Il
ladro, una
nota di follia, rise: “Avanti Artemis, hai paura di morire
forse?” Lo schernì,
agitando la pistola, senza perdere di vista il ragazzo. Un roco rantolo
all’
orecchio lo fece sussultare, leggermente: “ Fowl, ci sono, le
cariche sono
state correttamente piazzate.. Meno dieci secondi all’
esplosione..” Artemis
rilassò le spalle, impercettibilmente, era quasi fatta. Ora
doveva evitare che
Mayer gli piantasse una pallottola fra gli occhi. “Di addio
alla tua misera
vita, Artemis Fowl..” Rantolò
l’americano, con il suo accento volgare. Meno
cinque. Artemis indietreggiò leggermente. Quattro. Stephan
prese accuratamente
la mira, un sorriso beffardo sulle labbra carnose. Tolse la sicura.
Tre. Le
dita erano posizionate sul grilletto. Non
posso morire così, non posso. Due. Mamma,
ti ho sempre voluto bene.. Rimase disgustato dai proprio
pensieri
sdolcinati. Uno. Stephan premette il grilletto e, come se fosse una
causa di
quel semplice, minuscolo, gesto, il marmo sotto i suoi piedi
cominciò a
franare, rapidamente. Il rombo dell’ esplosione sotterranea
coprì lo schiocco
mortale della pistola. Il giovane si preparò a morire,
l’urlo di Stephan Mayer:
una eco nelle orecchie. Improvvisamente qualcosa lo colpì,
gettandolo a terra.
Il pavimento gli venne incontro minaccioso. Tutto divenne nero.
|