Titolo:
Libertà
Fandom e Personaggi: Originale
Genere: Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: One-shot, Missing moment
Frase scelta: Le gioie violente hanno violenta fine, e
muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo che si distruggono
al primo bacio.
Beta-Reading: Sì
Introduzione: Sam è una ragazza che perde qualcosa di fondamentale per la sua
vita. Con i suoi ricordi ci fa rivivere la sua esperienza.
Note dell'Autore (facoltative): La storia che ho raccontato è come se fosse un
piccolo pezzo di diario. Descrive un momento di vita difficile per la
protagonista. Spero vi possa piacere.
Libertà
Le
gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro
trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo che si distruggono al primo bacio.
“Hall?”
“Hall?”
La professoressa chiama il mio nome, ma non mi importa.
“Samantha Hall?”
Non mi importa più di nulla.
“Signorina Hall, sarò costretta a mandarla fuori se non si
degna di rispondermi immediatamente.”
Sono costretta a girarmi e un sorrisino ironico e carico di
sarcasmo invade il mio viso: questa donna ha il potere di farmi vedere i sorci
verdi, e ora come ora il fatto che possa mettermi una
nota o sospendermi non mi dà nessuna preoccupazione, perciò decido di
risponderle.
“Sa una cosa, professoressa? Sono proprio curiosa di sapere
il perché non l’abbia già fatto…”
La mia compagna di banco mi tira una gomitata, ma io non la
smetto.
“È un vero affronto per una
donna come lei essere ignorata: insomma, la sua continua ricerca di attenzione
non sarà sintomo di megalomania, per caso?”
“Hall? Ci tengo a ricordarle che posizione ricopro…”
“Vede? Di nuovo. Eh già! Mi sa che è proprio una persona
egocentrica, lei.”
Di nuovo Meg, la mia compagna di banco, mi fa un cenno per
dirmi che sto esagerando, ma non mi fermo: anzi, stavolta mi alzo in piedi.
“Hall, non tollero un comportamento del genere nella mia
classe, fuori!”
Il sorriso sul mio viso si allarga. “Dura da ammettere la
verità, vero, prof? ”
“Hall, l’ho invitata ad uscire. E
se lo desidera posso ripeterglielo: fuori, Samantha!”
“Non mi sembra proprio un invito, ma…”
La professoressa di lettere sbatte il registro sul tavolo: l’ho
portata al limite, è una donna pacata assolutamente
gentile e forse anche timida.
Ma non mi fermo: il sorriso sul mio
viso persiste.
Urlando, la prof mi dice che mi porterà dal preside e che mi
darà una punizione esemplare per il mio comportamento.
“Io non urlerei così tanto, magari
qualcuno potrebbe sentirla, non crede, prof? In ogni caso, non ho intenzione di
continuare a stare qui dentro. Perciò buon proseguimento!”
E con una faccia da schiaffi mi dirigo verso la porta
dell’aula.
La professoressa riprende la lezione. L’argomento di oggi
era Shakespeare, e l’ultima frase che sento risveglia in me solo brutti
ricordi.
“Smith, per favore, riprendi da
dove ti avevo interrotto” sento dire dalla professoressa.
Quel bamboccio di Smith Carlson incomincia a leggere “Ehm,
sì, professoressa!”
Sono quasi arrivata alla porta, ma per quanto possa andare
veloce, per quanto possa allontanarmi in fretta, quella
frase mi entra dentro.
“Le gioie violente hanno violenta
fine”
Sbatto la porta, cercando si coprire il fastidioso suono che
è la voce di Smith.
“E muoiono nel loro trionfo”
Nulla da fare, la voce di quello
sfigato mi perseguita.
“Come il fuoco e la polvere da sparo che si distruggono al
primo bacio”
Il sorriso che ostentavo si spegne, la consapevolezza di ciò
che ho fatto e di quanto ho detto mi prende. Ho La gola secca e gli occhi
lucidi.
Mi ritrovo in strada senza nemmeno essermene accorta.
**
“Ehi, dolcezza, come va
oggi?”
Un grugnito in risposta.
Sono dalla mia unica
ragione di vita, Perla.
Da quando i miei si
sono separati, lei è la sola cosa che riesco a sopportare.
Inoltre dopo la morte
di mio nonno è diventata anche il mio ossigeno.
Perla è tutto ciò di
cui ho bisogno. Vivrei nel suo stesso box, se non fosse per mia madre.
La tiro fuori e la
coccolo un po’.
La sto spazzolando quando
una voce mi chiama. È Chris, lo stalliere del maneggio.
“Ehi, Sam, un’altra
gara oggi, vero?”
Annuisco. “Non è nulla di importante, una semplice gara del centro ippico”
“Hai sempre una gran
voglia di chiacchierare, a quanto vedo!”
Lo guardo di traverso “E tu sempre una gran voglia di lavorare, non è
così?”
Alza
le mani in segno di resa: “Ok, ok, hai vinto tu! In
bocca al lupo per la gara, miss antipatia 2009”
“Chris, dannazione! La
vuoi smettere di importunare la signorina e dedicarti un po’ ai cavalli?”
Questo è il padrone del
centro: il signor Butler non tollera chi non fa nulla
di costruttivo, soprattutto se si tratta del suo maneggio; ed
infatti Chris lo teme davvero tanto.
“Quel ragazzo mi farà
patire le pene dell’inferno.”
Il signor Butler mi si è avvicinato: è un uomo burbero con lineamenti
decisi, fa paura ad un primo sguardo ma se lo si
conosce è una persona deliziosa che ama gli animali.
Mi limito ad un cenno della testa.
“Non ti volevo dire nulla
di importante, Samantha, solo… Fai attenzione. Stasera
preoccupati di mettere via con una coperta il tuo cavallo: dicono che farà
freddo”
“Grazie, signor Butler,
lo farò sicuramente!”
“Di nulla, cara!”
Gli sorrido. Non
sorrido molto spesso, ma vicino a Perla tutto diventa sereno e la forza di
sorridere torna: in realtà vicino a lei mi sento invincibile, forte. Dato che
lei lo è, posso esserlo anche io.
Finisco gli ultimi
preparativi in previsione della gara.
Mi do una controllata
nello specchio della selleria. Ho i capelli legati in uno stretto cipollotto,
gli occhi azzurri si intonano con la giacca blu notte,
i calzoni beige sono immacolati e gli stivali neri chiudono il tutto. Perfetto.
Ma,
quando esco, ciò che i miei occhi incontrano è qualcosa che va aldilà della
perfezione.
Perla: lei incarna il
completo significato di questa parola.
Il manto grigio perlato
lucido risplende al tramonto, la coda nera è elegantemente legata in una
treccia e la criniera corvina cade da un lato formando tante piccole treccine.
Mi osserva; lo sguardo
che ci scambiamo è di pura intesa. Sappiamo ciò che dobbiamo fare, ci fidiamo
l’una dell’altra. Siamo insieme.
Arriviamo al campo
gara.
Sono ostacoli
relativamente semplici, nulla di impegnativo, come
immaginavo.
Ci sono
un paio di cavalieri prima di noi. Finalmente il giudice chiama il mio nome e
quello del mio cavallo.
Entro nel paddock:
Perla tentenna un po’, la rassicuro dandole qualche pacca sulla spalla e un
invito con le gambe. Lei procede e io me tranquillizzo.
Siamo a metà gara, sto
affrontando una curva quando sento una forza tirarmi verso il basso e la voce
gracchiante del giudice urlare: non capisco nulla, mi ritrovo schiacciata dal
peso di Perla, la gamba sinistra bloccata mentre il mio intero busto è coperto
dal fianco del mio cavallo.
Ho paura e cerco di
muovermi, Perla lancia un nitrito agghiacciante e io
mi blocco.
Guardo a terra e quello
che vedo mi fa venire i brividi. Sangue.
Ed è buio.
**
Non me ne rendo nemmeno conto e sono davanti al tuo box.
Vuoto.
Mi manchi terribilmente: sento che la stalla rispecchia ciò
che ho dentro di me. Vuoto. Totale, assoluto.
Mi manca il tuo respiro sulla mia faccia.
Mi manca il tuo sguardo fiero.
Mi manca il tuo essere indomita.
Mi manca il tuo essere solo mia.
Può un uomo vivere senza ossigeno? Posso io
vivere senza te?
Entro dentro, tanto per soffrire
ancora un po’.
La macchia di sangue è sparita, coperta dal fieno.
A questa immagine la rabbia si impossessa
di me. La tua figura non sarà rimpiazzata. Che tutti vedano la fine che hai
fatto.
Scosto il fieno brutalmente finché scopro il segno
dell’ultima volta che ti ho visto.
E piango perché non so fare altro in tua assenza. Perché eri
tu che mi davi la forza di vivere e di andare avanti giorno dopo giorno.
Piango perché mi manchi. La consapevolezza che non tornerai
da me mi schiaccia e cado in ginocchio davanti a quella maledetta impronta.
Premo più forte le mani sugli occhi ma è impossibile dimenticare, impossibile
levare il tuo sangue dalla mia testa.
Le immagini felici che ho di te si infrangono
e lasciano spazio a quelle di quel giorno.
E penso che Shakespeare non poteva trovare
una frase migliore per identificare quello che provo io in questo istante.
**
Sento caldo. È la prima
cosa che riesco ad avvertire.
Apro gli occhi, riconosco
il salottino del maneggio. A questa parola mi sveglio totalmente.
Ricordo tutto, Perla, l’incidente, il… sangue. Ed è panico, cerco di
alzarmi ma due mani mi prendono per le spalle e mi bloccano.
“Tesoro, calmati, come
stai?” Mia madre, con un sorriso preoccupato mi invita
a sdraiarmi.
“Dov’è Perla?” domando
con le lacrime agli occhi, opponendo resistenza al suo invito.
Non mi risponde, ma non
ho bisogno di una risposta: mi basta vedere il suo sguardo per capire come sta
il mio cavallo.
Mi alzo e una fitta mi
prende la gamba sinistra. Ma non mi fermo.
“Sam, ti prego,
ragiona! Non capisci che soffriresti e basta? Rimani qui, il
veterinario…”
Non la
lascio finire, non voglio ascoltare. Reagisco di impulso
“Sta’zitta!” ringhio “Zitta, non dire una sola parola in più”
“Sam, ti prego,
ascoltami…” Mia madre tiene le mani al petto e lo sguardo basso, è preoccupata
“Non andare…” Mi si avvicina e mi circonda la spalle
da dietro in un abbraccio.
“No! Io devo andare. È
il mio cavallo. È Perla, dannazione!”
Mi libero dalla stretta
e corro verso le scuderie.
Entro, box numero 5, prego un qualsiasi Dio che stia bene, che mi guardi e che
ci possa essere ancora quel momento di intesa.
Ma
non c’è nulla. Devo aprire il box per riuscire a vederla, e… Quello che vede mi riempie gli occhi, la mente, il cuore.
Perla è stesa a terra,
il muso e il collo sono dritti, in tensione, le gambe si muovono poco e c’è
sangue vicino all’anteriore sinistro. Non riesco a vedere bene lo zoccolo ma
posso immaginare cosa sia successo e non riesco a concepirlo: non posso credere
che il cavallo steso ai miei piedi… che questo cavallo sia Perla, la mia
roccia, il mio ossigeno…
Mi sfrego gli occhi
cercando di spazzare via le lacrime che insorgono più di prima.
Mi avvicino lentamente
al suo corpo e mi ci metto vicino, in ginocchio, l’accarezzo,
in un primo momento si ritrae spaventata ma poi capisce chi sono e lascia
cadere il muso vicino alle mie gambe.
“Ehi, piccola” sussurro piano “allora, come va?”
È una domanda idiota ma
non riesco a dire altro.
Continuo ad
accarezzarla sperando, in qualche modo, di darle sollievo.
La mia gamba sinistra
urla per il dolore, ma non mi interessa, le starò
accanto finché non si riprenderà.
“Ti ricordi cosa è
successo?”
Ad
interrompere quella specie di trance è il signor Butler, in piedi vicino alla porta del box: mi guarda in attesa
di una mia risposta.
“Veramente no… Ricordo
solo che mi sono sentita tirare verso il basso e il sangue, ma niente di più”
“È stato un brutto
incidente, non ne vedevo uno così da parecchi anni. Il tuo cavallo si è rotto
una zampa, il sesamoide si è polverizzato e il nodello è uscito”
A quell’affermazione
perdo un battito, sgrano gli occhi e d’istinto guardo la zampa di Perla senza
sapere cosa dire. Ma Butler continua imperterrito: “Come prima cosa l’abbiamo
fatta alzare per permetterti di respirare, poi l’abbiamo portata qui e sedata
ma il dolore lo può sentire ugualmente”
Nel frattempo io non
sono più riuscita a rimanere accanto a Perla e mi sono alzata avvicinandomi
alla porta del box, accanto al proprietario del centro.
“Tu sai benissimo che
una ferita del genere non può guarire facilmente” Mi ha alzato il viso e mi ha guardata dritta negli occhi, ma ora io non ho bisogno della
verità, ma lui sembra non capirlo e lasciando libero il mio viso continua “Sai
che non si riprenderà, la soluzione migliore sarebbe…”
“Tu non lo sai!” È un
sussurro, ma mi ha sentito e si è fermato; io riprendo alzando la voce con
determinazione “Tu non sai niente di lei, non sai quello che prova e quello che
vuole, lei vuole vivere”
“È la sua volontà o la tua Sam?”
ad
un primo momento non capisco l’intero significato della frase: ma quando riesco
a percepirlo, sgrano gli occhi e lo guardo con astio.
“Non provarci, Curt, non provarci nemmeno.
Io so che…”
“Tu sai cosa, Sam? È vero
io non conosco Perla quanto la conosci tu, ma apri gli
occhi! Guardala, sta soffrendo.” Mi fa girare il volto verso il mio cavallo steso
a terra io non capisco più nulla e di nuovo è
l’istinto a prendere il sopravvento: mi allontano da lui con una spinta “Può
guarire, troverò un modo, farò qualsiasi cosa, qualsiasi!”
Il
suo viso ora è amareggiato e mi guarda deluso “Fai come credi, Sam. Per me quel cavallo non ha speranze”
Contraggo la mascella a
quell’ultima affermazione e lo guardo con astio. Non riesco più a stare lì con
lui, con quelle poche parole è riuscito ad abbattermi, ma non ci voglio ancora
credere: è tutto troppo irreale.
Prima di andarmene gli
sussurro “Se lei muore è come se morissi anche io! Se
tu dici che lei non ha speranze non ne ho nemmeno io di vivere.” Lo lascio lì e scappo ancora: devo assolutamente
riprendermi. Ma è così difficile. Sembra impossibile.
Mi ritrovo davanti al
campo gara dove tutto è successo, è sera ormai e si è
messo a piovere, ma non importa.
Non importa più nulla.
Mi siedo e mi tengo al petto le ginocchia, non
so fare altro, piangere, piangere e piangere.
È passato un minuto,
un’ora… non saprei dirlo, ma all’improvviso sento una mano sulla spalla.
Sono bagnata fradicia,
alzo la testa controvoglia. È Chris. La riabbasso e lui si mette vicino a me,
ma lo ignoro.
“Piove” afferma
laconico.
Io sorrido, di un
sorriso amaro e duro, eppure gli rispondo
“Grazie
dell’informazione, ora, cortesemente, potresti andartene?”
“Non dovresti piangerti
addosso”
Alzo la testa verso di
lui “Io non mi…” non riesco a finire la frase che
incomincia a parlare
“Ah no? Il tuo cavallo
soffre e tu sei qui a compatirti, la tua compagna prova dolore e tu…”
Non lo lascio finire,
gli occhi ridotti a fessure e le mani strette a pugno
“Anche
io sto soffrendo!”Gli urlo contro arrabbiata.
Lui sorride ironico “Sì,
ma tu non hai il destino segnato”
La sua risposta è
semplice: io sgrano gli occhi e lo guardo “Io…”
non so che cosa dire, gli occhi mi si riempiono di lacrime, non riesco a
continuare, ho la gola secca e il respiro mi manca.
“Devi essere forte,
capisci?” me lo dice in un sussurro appoggiandomi una mano sulla spalla, “Ti ho
osservata molto, eri da lei quando avevi bisogno di
conforto nel momento in cui i tuoi genitori si sono separati o quando tuo nonno
è morto” prende un respiro e sempre con una voce pacata e tranquilla prosegue
“Eri con lei che festeggiavi e condividevi il tuo sorriso, lei è stata la tua
roccia. Ora è lei che ha bisogno di te. È Perla che deve averti vicino. È Perla
che ha bisogno della tua forza, del tuo coraggio.”
“Ma
io…” Non posso farlo, non posso, lo
urlo dentro di me, ma non riesco a dire nulla.
“Non essere egoista,
Sam!” mi guarda severo ma la voce rimane calma “Non esserlo, non puoi tenerla
in vita per il tuo egoismo. Non sarebbe più vita la sua e la tua felicità
scemerebbe pian piano, vedendola in una realtà che non le appartiene. Prendi la
decisione corretta e lasciala andare.”
Siamo in piedi uno di
fronte all’altra, mi butto fra le sue braccia per trovare quel coraggio che mi
manca per sentire che qualcuno è con me.
Chris lo scemo, Chris
lo scansafatiche, Chris che mi aiuta in un momento come questo. Mi sembra tutto
così irreale.
Con le lacrime agli
occhi, mi stacco dal suo petto. Lo guardo e non riesco a dirgli nulla; lui
sembra capirlo “Non devi parlare con me:vai da lei
Samantha, corri”
Non ho più forze, la
gamba urla dal dolore e rischio di inciampare un paio di volte, finalmente
arrivo al suo box. Entro dentro e lo scenario mi
colpisce più forte di prima.
Mi avvicino al suo muso
che tante volte ho baciato in passato.
“Ehi, dolcezza” la guardo dritta negli occhi, come avevo fatto prima della gara,
come ho fatto sempre fatto per trovare conforto, ma il mio sguardo è diverso:cerco
di darle forza io, di darle coraggio, e in fondo a quegli occhi nero petrolio
trovo quella complicità che ci ha sempre legate una all’altra.
Il mio messaggio è
arrivato.
Solo allora comincio a
parlarle: le parlo di quello che ho fatto e di ciò che ho pensato, e mentre lo faccio muoio pian piano dentro.
“Ora dovrei fare un
discorso pomposo che spieghi tutto quello che io provo in questo momento e che
illustri il perché di questa mia decisione. In realtà non sono mai stata brava
a fare discorsi lunghi” Mi fermo, le lacrime mi impediscono
di continuare “Ma oggi ci proverò. Perla, tu sei sempre stata vicino a me e mi hai sostenuta. Sei stata la mia roccia e il mio ossigeno,
il mio eroe nelle situazioni difficili. Ora devo essere forte io per te, devo
lasciarti andare” Un groppo mi impedisce, per la
seconda volta, di portare a termine il discorso “Io vorrei tenerti qui, ma non
sarebbe giusto nei tuoi confronti: tu non meriti di vivere così. Sei il miglior
cavallo che esista, galoppi in una maniera strabiliante. Ti ringrazio di essermi
rimasta accanto tutte le volte che ne avevo bisogno, di avermi donato
tantissime emozioni. Perdonami se non sono riuscita a proteggerti come tu hai sempre fatto.” Mi piego sul suo muso e l’abbraccio; la
tengo stretta, e qualche lacrima le bagna il pelo
vicino al naso. Le ultime parole sono solo sussurri di modo
che possa sentirmi solo lei “Devo lasciarti andare ed essere forte io per te,
stavolta. Sei libera, amore mio.”
La bacio sul naso e lei
sembra rilassarsi. Chris è lì sulla porta, il signor Butler insieme a lui.
Chiamano il veterinario
e per me è buio un’altra volta.
**
Mi sveglio di soprassalto cercando di ricordare come ho
fatto ad addormentarmi.
Mi trovo appoggiata alla parte del box di Perla. Il sangue è
solo un ricordo, in realtà sul pavimento non c’è più nulla. Tutto pulito.
Mi alzo: è ormai inutile restare qui, e penso che non
riuscirò mai più a fare nulla, ormai.
Uscendo vado a sbattere contro un qualcuno. È Chris.
“Stavo per chiuderti dentro!” esordisce in un vano tentativo
di farmi ridere.
Simulo un mezzo sorriso e faccio per
andarmene, sono le sue parole a fermarmi “Qualunque cosa tu stia pensando, non
è stata colpa tua. Hai fatto la scelta giusta”
Mi volto e lo guardo negli occhi “Tu non
puoi capire. Credevo di conoscere quel cavallo, invece non mi sono
nemmeno accorta delle condizioni della sua zampa, in più non sono riuscita a
fare nulla per salvarla.” Le mie parole risuonano
pesanti nel silenzio di quel luogo.
“Sai bene che quello che le è successo non poteva essere
previsto.”
È vero, nessuno poteva prevederlo, la rottura del sesamoide
è una cosa che può succedere,
un’eventualità, ma non basta a
colmare il senso di colpa. Mi volto di nuovo.
“Ad ogni modo, quella a cui ho
assistito tre settimane fa in questo box non era una scena di una persona che
non conosce il proprio cavallo, al contrario: è stato qualcosa di magico. Il
legame che vi univa, Sam, era indissolubile e forte. Il suo sguardo, il muso di
Perla lo spiegava a chiare lettere.”
Sto piangendo e non riesco più a muovermi. Aspetto di essere
sicura sulle gambe prima di parlare “Grazie”
È un sussurro, appena un bisbiglio, ma sono certa che il
messaggio sia arrivato nella sua interezza.
** 7 mesi dopo **
“Sam? È pronta, vieni a vedere!”
Corro verso la voce e appena volto l’angolo
un magnifico Andaluso mi si para davanti. È uno splendido baio: la coda
è stata pettinata e i crini sono morbidi e setosi, mentre per la criniera si è optato per un mucchio di treccine che corrono giù per tutta la lunghezza del crine. Un vero
spettacolo. “Ciao Mya, stai proprio bene lo sai?” mi
rivolgo al cavallo mentre l’accarezzo dolcemente sulla
testa.
“È ovvio che stia bene, è la
mia.” Si intromette Chris venendomi accanto. Non posso
fare a meno di sorridere “ È da segnare sul calendario, la signorina tristezza
ha sorriso!”
C’è ironia e amarezza nella sua
voce, ma dura un istante perché sono subito avvolta dal suo calore in un
abbraccio.
Non so come andrà a finire. Da quando Perla è morta ho cercato di cambiare, di non appoggiarmi mai più a
nessuno come avevo fatto con lei: Chris mi è rimasto vicino, pazientando e
sorreggendomi le volte che la tristezza diveniva troppo forte da sopportare. È
il mio migliore amico e per ora va bene così ad
entrambi.
Qualche volta, nella solitudine della mia stanza, ripenso ai
momenti vissuti con Perla, a quello che abbiamo passato e a quel giorno, e la
tristezza mi coglie: in quei momenti ripenso a quel famoso aforisma di
Shakespeare sulla gioia; non posso dire che sia del tutto errato, ma forse incompleto.
Le gioie finiscono tutte, prima o poi, ma non è detto
che non si possa ritornare ad essere felici.