Niente più favole
Niente più favole
[Prompt: #199 – La mamma non mi racconta più favole;
843 parole]
“La mamma non mi racconta più le favole”.
« Io ti odio, Sirius Black!
» La signora Green chiuse di scatto il quinto libro della saga
internazionale di Harry Potter, con un moto di rabbia che suo figlio,
il piccolo Geoffrey, non ricordava di averle mai visto. « Sei la
mia rovina! »
« Mamma, ma cosa…?
» Le domandò, sempre più allibito. La signora Green
era sempre stata una donna distinta, non incline alle forti emozioni o
alle travolgenti passioni, a cui aveva rinunciato quando suo marito
aveva deciso fosse ora di trovare una moglie più giovane e
bella. Invece, quel giorno, la signora Green aveva gli occhi coperti di
trucco squagliato e usava le maniche del maglione di lana rosa –
inappropriato al mese di giugno che, però, quell’anno
sembrava non aver voglia di comportarsi in modo consono – per
pulirsi il liquido che le gonfiava il viso. Ancor più
terrificante! Sua madre non avrebbe mai usato qualcosa che non fosse
stato un fazzoletto o una spugna, in un caso simile. Doveva essere
arrivata la fine del mondo.
« Oh, è anche colpa tua
e della tua stupida mania per le favole! » Singhiozzava con la
voce rotta. « Non te ne racconterò mai più ».
A otto anni, di certo Geoffrey non
poteva dire di saper leggere perfettamente e velocemente, se non fosse
stato per sua madre non avrebbe mai conosciuto la storia di Harry
Potter.
Un pomeriggio erano entrati in una
libreria e la signora aveva guardato con ammirazione una colonnina
ripiena di copertine colorate. Aveva domandato al figlio se gli sarebbe
interessata la magia, al che lui aveva risposto che probabilmente
sì, l’avrebbe adorata.
In tre settimane, sera dopo sera, la
signora Green aveva letto la storia di un mago dagli occhiali tondi e
una cicatrice a forma di saetta sulla fronte, che gli aveva segnato
ancor prima del volto la vita.
« Cos’è successo? »
Ma la signora Green mormorava delle
frasi che per Geoffrey sembravano talmente assurde che preferì
reputarle incomprensibili e rimase lì, a pochi metri dalla donna
che l’aveva cresciuto e che non riconosceva più.
Com’era possibile un tale cambiamento in meno di due ore? E
perché la donna che mai aveva visto vacillare si era ridotta
allo stato di una bambina sconvolta da un incubo? « Oh,
stupido… questa è la vita! Sono sempre pronti a portarti
via tutto. Sarebbe bastato un attimo, nel terzo libro, e sarebbe stato
salvo! Un attimo! E invece no »
« Cos-cos- »
« Mi fa male il cuore,
Geoffrey » Sussurrò con una vocina piccola piccola,
lontana miglia da quella potente e squillante che animava la casa
troppo grande per due persone sole. « Lo vedi tutto questo?
– Picchiettò sul titolo “Harry Potter e
L’Ordine della Fenice” – Non è finzione,
Geoffrey. È quello che capita tutti i giorni sotto il nostro
naso, e di cui non ci rendiamo conto »
« Ma di che…? »
« Lascia perdere! »
In realtà, molti anni dopo,
Geoffrey comprese cosa intendeva sua madre con quelle parole incrinate.
Per puro caso s’imbatté nella sua vecchia collezione di
libri, e vi trovò anche quelli di Harry Potter. Li
sfogliò un po’ e, senza neanche accorgersene,
s’immedesimò di nuovo nel dolore e nella felicità
dei personaggi bizzarri e troppo vicini alla realtà
perché fossero considerati irreali. Provò un moto di
gratitudine per sua madre, per Rowling, e per quello che era stato
prima il mondo, i valori che erano stati tramandati nelle pagine
dimenticate dagli uomini del suo nuovo tempo. Tanta velocità e
poche orecchie pronte ad ascoltare le storie che, millennio dopo
millennio, si tramandavano attraverso le labbra dei popoli che non
avevano mai smesso di aver bisogno d’eroi.
« Mamma, perché piangi per Sirius Black? »
« Perché Sirius Black
è come me e te, Geoffrey. A lui mancherà sempre qualcosa
come per noi. Tu non avrai mai più un padre, io mai più
un marito. Lui mai più James e Lily, mai più la
libertà. E ora dormi, e non pensare alla stupidità di tua
madre. Noi donne non finiamo mai d’essere ragazzine. Ma ricorda:
da domani niente più favole »
« Ma perché? »
Piagnucolò Geoffrey. Forse non gli dispiaceva tanto, dopotutto.
Era sua madre l’appassionata che non riusciva a non leggerne
almeno una pagina ogni giorno.
« Perché servono a farti credere in un mondo che potresti non ritrovare, e non voglio che tu rimanga deluso »
Geoffrey chiuse gli occhi, quella
notte, e la notte dopo ancora. Mentre le parole della madre vorticavano
nel suo subconscio e gli mostravano mondi di cui non aveva mai neanche
udito il nome.
Le favole entrano in noi e ci trasportano nella fantasia, nella speranza e nei buoni propositi.
La signora Green, da quella volta,
ricominciò ad accendere delle candele e pregare alla finestra
durante la notte, con la sua lenta litania. Geoffrey non ebbe mai il
coraggio di chiederle che cosa volesse, ma intuiva che c’entrasse
con la loro vita distrutta.
… si sarebbe mai riparata?
Ma questa è una domanda a cui nessuno sa rispondere da tempi immemori.
Angolo dell’autrice: Fanfiction partecipante al “ 2010: a year together”, indetto dal “ Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 }”.
Guuu, che ne dite? Una bella fic dal fandom indefinibile era quello che ci voleva per una bella giornata come il sei giugno.
Non è spoiler! tutto questo. Anche se non avete letto i libri, non saranno un trauma queste righe.
Errr, boh. Penso che sia quello che credo da quando ho finito “L’Ordine della Fenice”. È tutto.
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