Capitolo 25 – Strangers since yesterday
Quando arrivo a Diagon Alley, alle prime
luci dell’alba, mi rendo conto di aver infranto un altro dei sacri precetti di
Hermione Jane Granger.
Mi ero ripromessa di non rivedere mai più
Helder.
Probabilmente perché non volevo da lei
nulla, non volevo che saldasse il suo debito. Dio, è una cosa così assurda che
senta ancora un debito nei miei confronti…
O chissà per che altro motivo.
Probabilmente perché Helder mi ha sempre, ecco, reso inquieta.
È una di quelle tipiche persone che non
sono destinate ad avere qualcosa a che fare con me.
Io sono un continuo nascondermi dietro
qualcosa.
Dietro il coraggio, dietro l’ironia,
dietro una smorfia, dietro un discorso perfetto, dietro una nuova risoluzione,
dietro un sogno impossibile per tutti e verosimilmente fattibile per me.
E, invece, lei è una di quelle persone che
notano il muro dietro cui ti trinceri e lo fanno a pezzi in pochi secondi,
facendo venire fuori tutto quello che c’è dietro, senza scrupoli e remore.
Come… Draco…
Tiro su con il naso, cercando di fermare
il fiume di lacrime che rischia di nuovo di riprendere a scavare il buco dentro
di me.
Tra la roccia, anche la più dura,
e il fiume, si sa che vincerà sempre il fiume.
Mi stringo più forte nel mantello mandatomi
da Helder, calandomi meglio il cappuccio sugli occhi. Ci manca anche che
qualcuno mi riconosca… sostenere una conversazione su come vivo la mia condanna
a NON strega, mentre mi appresto ad infrangerla con una pozione proibita da
millenni e potenzialmente letale, non è una cosa di cui ho estrema necessità.
Inoltre, non credo di essere mai stata in
grado di scambiare convenevoli e banalità, con persone a cui frega solo
spettegolare un po’ di te all’angolo successivo, con il prossimo passante… ed
ora lo sono meno che mai.
L’edificio della Gringott mi compare, dopo
qualche passo, e, per un attimo, mi fermo a fissarlo, la gente che mi continua
a passare attorno, urtandomi nella folla di questa fresca mattinata di giugno.
Bianco come sempre, splende nella luce dell’aurora, mandando riflessi dorati
dal portone di bronzo brunito, come sempre guardato a vista da un folletto
sonnecchiante. Lo guardo senza vederlo davvero, la mia mente ospite sgradita
del mio corpo che brama continuare a camminare.
Starò davvero facendo la cosa
giusta?
Abbasso lo sguardo, chiedendomelo davvero.
E poi…è solo un attimo, come il battito d’ali di una farfalla che però mi
rovescia la mente e la volontà, ed il buco dentro
riprende ad inglobare quel poco rimasto in vita di me.
E so che rispetto ad aspettare
che finisca di divorarmi, non ci può essere nulla di peggio…
Nulla di peggio. Nemmeno morire
davvero.
I miei passi tornano sicuri, il corpo che
reclama la volontà, la mente che sparisce, e finalmente intravedo Helder, da
lontano. La soppeso lentamente, esaminando la sua figura che non trovo molto
cambiata, cosa come sempre rincuorante, le cose che restano identiche mi fanno
sempre sentire bene.
E poi mi ricordo che nulla resta sempre
identico, come non ci si può immergere due volte nell’acqua dello stesso fiume.
Panta rei. Tutto scorre. Io stessa scorro via, non essendo mai uguale a
quella di due minuti prima.
So che è cambiata per forza, ma è ovvio
che, ad un esame superficiale, lei mi sembri sempre la stessa di tanti anni fa.
Esattamente dalla fine della guerra… dal
corso per diventare Auror.
Lei che poi un’Auror, non lo è mai
diventata.
Conobbi Helder il giorno della mia prima
lezione, avevamo un insegnante goffo e buffo, si chiamava signor Murray,
vestiva sempre con una vecchia tunica logora bordeaux e sbagliava sempre i
nostri nomi, storpiandoli in maniera assurda. Per non parlare, poi, delle varie
nozioni, gettate a casaccio e contraddette sempre cinque secondi dopo.
A me, la perfettina del mondo civilizzato,
faceva innervosire per il tempo che perdevamo. Ad Helder, faceva sommamente
ridere.
Era la mia compagna di banco, e passava
tutta la lezione a ridacchiare, una mano sotto il mento, gli occhi allegri.
Io la guardavo storta, innervosendomi
sempre di più, finché un giorno le dissi in modo chiaro e netto che, se non
aveva da fare nulla se non ridere, poteva restarsene tranquillamente a casa sua
a ridere tutto il giorno, invece che cercare di diventare un’Auror. Con uno
spirito del genere, non penso che ci sarebbe mai riuscita.
Per fare l’Auror, tutto ci voleva tranne
che allegria… anzi, non c’era proprio nulla da essere allegri.
La guerra e il suo carico di sofferenze,
erano una ferita ancora così dolorosa che avrei cancellato l’allegria da tutto
il mondo.
Lei non si scompose minimamente e mi
guardò fisso negli occhi, mormorando solo con voce seriamente flautata: “A lui
fa piacere che io rida… si sente… divertente,
ecco… e non un vecchio che insegna cose che gli hanno provocato solo dolore…
quindi va anche bene imparare così…”.
Restai di sale, come è ovvio che fosse.
Lei sorrise e basta, continuando a seguire
alla sua maniera la lezione, e solo allora mi resi conto che il signor Murray
curvava impercettibilmente le labbra verso l’alto ogni volta che guardava
Helder, illuminandosi in volto. Lei sapeva
cosa il professore intimamente pensasse.
Helder era un’Empatica. Me lo disse
qualche giorno dopo, quando le chiesi spiegazioni. Sentiva le emozioni degli altri, come fossero le
proprie. Bastava che guardasse anche una fotografia e si concentrasse per
avvertire l’energia mistica di quella persona, e sarebbe arrivata a sentire il
suo cuore, anche a chilometri di distanza.
Questo, intendevo, dicendo che lei legge
dentro ed elimina i muri che uno si mette per difendersi.
Lo fa davvero.
Credo che anche stanotte abbia sentito che
avevo bisogno di lei e come stessi. E ha subito deciso di aiutarmi.
Draco invece non è un Empatico.
Non ha nessuna dote magica… Draco ha quel particolare effetto solo su di me.
Deglutendo, mi avvicino ancora di qualche
passo. Lei mi nota e si gira nella mia direzione, sorridendo. I capelli, che
ricordavo corti fino alle spalle, sono cresciuti e si agitano nel vento di
questa mattinata estiva, catturando la luce del sole, gli occhi cervoni sono
sempre luminosi come li ricordavo, agita la mano per attirare la mia
attenzione, salutandomi.
E meno male che aveva mandato il
mantello per impedire che mi riconoscessero…
Sospiro e sorrido a mia volta
avvicinandomi, ha un mantello simile al mio, ma glicine, e il cappuccio le
copre solo parzialmente la testa, sta quasi scivolando nell’impeto del suo
saluto, rivelando le cuffie di un i pod nelle orecchie.
Tipico anche questo. Lei che è una
Purosangue, ma usa cose babbane.
Un controsenso continuo come è lei… ora, infatti,
mi intrattiene in un’amabile conversazione su come, una volta sentita “Don’t
cry” dei Guns n’ Roses, uno non è che possa tornare allegramente ad ascoltare
le Sorelle Stravagarie, noterebbe l’abisso.
Sorrido, annuendo leggermente e
lasciandola parlare.
Il suo aspetto suggerisce che sia una
ragazza attiva, vitale e vivace. E, a suo modo, lo è.
Ma è anche fin troppo abituata a soffrire,
con il dono che la Natura
le ha riservato. E, come se non bastasse, di dolore nella vita ne ha già avuto
tanto. E, stavolta, solo proprio.
Helder, infatti, è l’unica figlia di
Broderick Bode, un Indicibile, cioè un impiegato
nell'Ufficio Misteri. Lo conobbi alla finale della Coppa del Mondo di
Quidditch, lo ricordo come un uomo dalla pelle olivastra e dall'aria lugubre e
misteriosa, tipica peraltro di ogni Indicibile, data la clausola di estrema
segretezza nel loro lavoro che impedisce a chiunque di sapere compiutamente la
mansione a cui sono preposti. Bode morì qualche anno fa, lo ricordo bene, fu
una delle prime indagini che mi sottoposero da Capo degli Auror. Era stato
tenuto sotto Imperius per settimane da Lucius Malfoy che tentava di fargli
prendere la profezia su Voldemort e Harry. Bode però sapeva che toccandola, e
non essendoci scritto il suo nome sulla profezia, sarebbe impazzito: è per
questo che riuscì a resistere tanto alla Maledizione Imperius. Tuttavia alla
fine dovette cedere e, toccando la
profezia, subì gravissime lesioni al cervello. Venne quindi ricoverato al San
Mungo, nonostante ancora parlasse in lingue incomprensibili e fosse in stato
confusionale, stava migliorando. E per impedire che si riprendesse e parlasse
che, pochi giorni dopo, venne ucciso dai Mangiamorte, che gli inviarono una
piantina di Tranello del Diavolo travestita da regalo: non appena il
convalescente Bode la toccò, la pianta lo strangolò all'istante
Helder entrò nel corpo degli Auror proprio
per sapere chi aveva ucciso suo padre.
Ma non era il solo motivo.
Helder aveva anche subito, qualche anno
dopo, anche la perdita del suo ragazzo, Christopher Latimore, ucciso anch’egli
dai Mangiamorte.
Erano amici da quando erano piccoli, anche
se lui aveva qualche anno più di lei, e si erano dichiarati vicendevolmente
solo una settimana prima che lui morisse, ucciso a tradimento. Lei, che, dopo
la morte del padre, si era appoggiata in tutto e per tutto a Chris, come lo
chiamava, ne era rimasta devastata… il particolare legame poi con Chris, aveva
fatto sì che, con il suo potere, lei sentisse esattamente tutto quello che
aveva provato mentre moriva, non riuscendo però a fare nulla per salvarlo.
Sembrava che una sorte crudele e
misteriosa si fosse accanita su di lei per toglierle tutto quello che di caro
aveva, questo diceva sempre.
Le era rimasta solo la mamma che, però, si
era abbandonata al dolore e all’inerzia, lasciandola sostanzialmente sola.
Sola compagna del desiderio di vendetta.
Legammo abbastanza ai tempi del corso per
Auror, lei era brava e capace, spesso anche più di me; infatti, molti dicevano
che era sprecata come Auror. Avrebbe dovuto fare l’Indicibile come suo padre,
ma lei non ne voleva sapere, almeno fino a quando non avesse trovato gli
assassini di Bode e di Chris.
Come per Draco.
Riuscì anche a farsi affidare
quell’indagine, non so nemmeno come, visto il legame stretto con le vittime, e
chiese la mia collaborazione.
Fu la mia prima indagine.
In qualche mese, venimmo a capo di tutto.
E per Helder fu il dolore peggiore della sua vita.
Ad uccidere suo padre, era stato lo stesso
Chris. Era un Mangiamorte.
Per motivi ancora oscuri, poi, era stato
ucciso lui stesso, forse perché si era rifiutato di fare qualcosa che gli era
stato ordinato, o altro.
Helder si spense lentamente, giorno dopo
giorno, e alla fine lasciò gli Auror, diventando un Indicibile. Io divenni il
capo degli Auror qualche settimana dopo.
Mi chiese solo una cosa, per me
incomprensibile.
Non voleva che nessuno toccasse la memoria
di Chris. Mi chiese di non rivelare a nessuno la verità. Lei doveva essere la
sola a saperla.
E io accettai, secretai l’indagine e finsi
che eravamo arrivate ad un punto morto.
Questo è il debito a cui allude.
Non so perché lo feci, non la capivo, per
me era assurdo che lo facesse, che difendesse l’assassino di suo padre. L’avevo
aiutata solo perché era una mia amica.
E potevo solo immaginare quanto ne
soffrisse.
Non l’ho mai capito.
Ma, ora che la vedo come sempre annegare
nel chiarore accecante di un sorriso finto tutta la pena che ha dentro,
parlando di musica babbana e di musica magica… per la prima volta, credo di
capire.
E fa male, perché so che la capisco perché
siamo unite dalla stessa colpa. Amare un
Mangiamorte.
O meglio un Ex Mangiamorte… loro sono i peggiori.
Rinnegano sé stessi, ma mai del
tutto, restando in bilico sulla bilancia del mondo. Come Draco. Come Chris.
Lui… è morto perché volevano
uccidere anche te, vero Helder?
È per questo che non lo lascerai
mai andare nello sfacelo di una memoria profanata.
Grata, nonostante tutto. Lo ami
lo stesso.
E io… invece, non sono come te.
Non vedo l’ora di liberarmi di questo amore.
E so che mi capisci… ed, in
fondo, Chris ti amava… Draco, invece…
Trattengo il fiato, ondate di lacrime non
piante su di me, e lei si interrompe mentre parla, lasciando cadere il discorso.
Sono tornati spenti i suoi occhi, mentre mi guardava fisso. Stringe le labbra e
sfugge le parole.
“Innamorata di un ex Mangiamorte…”
sussurra solamente, chiara e precisa l’intonazione, nonostante il vociare
circostante.
“Sei diventata anche sensitiva, oltre che
empatica?” chiedo amaramente, guardandola da sotto il mio cappuccio.
Lei sorride tristemente e nega con il
capo: “E’ una sensazione abbastanza netta quella di essere innamorati di una
persona che si è votata al male… assomiglia ad un soffocamento, ad un vicolo cieco… più ami lui, e più
odi te stessa…”.
Sussulto leggermente, come sempre ha azzeccato tutto. Di che mi sorprendo, in
fondo? È il suo potere.
“Meno chiaro, invece, risulta chi sia…”
commenta in tono neutro, incrociando le braccia, una folata di vento le scopre
i capelli scuri. Si porta pensosamente un dito sotto il mento, prima di
replicare: “In fondo non hai più contatti con la comunità magica… e gli ex
Mangiamorte non figuravano tra i tuoi amici di vecchia data…”.
Probabilmente non dovrei dirle chi è…
insomma il fatto che Draco è vivo, è pur sempre un segreto.
Sospiro. Al di là di potermi fidare di
Helder o meno, dato su cui non discuto sennò non sarei nemmeno qui, c’è il suo nome che mi arde in gola, dalla voglia di
essere pronunciato ad alta voce. Ammettere a qualcuno, a parte me stessa, che
sono innamorata di Draco Malfoy. Sfogarmi, ecco.
Seth sa tutto e niente. Ed anche se
sapesse, sa che parlo di Danny.
Ma Danny non è Draco.
Con gli
altri, poi… sono Danny… però io sono Draco, alla fine, dentro sono Draco, non
Danny…
Già, in fondo, lo pensa anche lui… ed io,
mai come ora, sono cosciente dell’abisso incommensurabile esistente tra quei
due nomi che in fondo appellano la stessa persona, ma che la descrivono e
rappresentano in nozioni ed anime completamente diverse.
Prendo un respiro profondo, prima di dire
con un tono di voce incerto: “Sono innamorata di Draco Malfoy, Helder…”.
Lei non trasale, né mostra alcun segno di
evidente sorpresa. Evidentemente sapeva, in qualche modo, che Draco era vivo,
cosa che mi consola alquanto. Colgo però un impercettibile guizzo sinistro
nella sua espressione, come un sordo tonfo dietro la sua placida calma.
Improvvisamente comprendo e mi maledico per averle detto di chi si tratta. In fondo, Draco è pur sempre il figlio dell’uomo che ha torturato suo
padre fino alla follia.
Come se indovinasse esattamente i miei
pensieri, Helder solleva lo sguardo e agita una mano in segno di noncuranza:
“Non sono io da compiangere, Herm… al massimo lo sei tu… Draco Malfoy… non ci
posso pensare…”.
Sorrido, mio malgrado, e mi stringo nelle
spalle.
Sono contenta, ora come non mai, che
Helder sia un’Empatica.
Un altro non saprebbe cosa mi è costato
dire ad alta voce che sono innamorata di Draco, non capirebbe perché la mia
voce si è incrinata, perché mi sembra di averci messo trent’anni a dire quelle
sei paroline, perché, sentendone l’eco nelle orecchie, mi sembri quasi che non
sono giuste.
Sono troppo… piccole.
Come se nemmeno la parola innamorata
bastasse. Come dire mare, e sapere che in quella parola ci può essere al
massimo l’eco di una goccia d’acqua salata.
Non gli abissi inesplorati, non
la vita brulicante, non le onde eterne, non la spuma vivace… e, ad ogni
ulteriore aggettivazione, trovarne sempre un’altra, mai sufficiente.
Ecco... io… se dico innamorata e
basta, credo quasi di dimenticare qualcosa.
E credo che, se iniziassi ad
enumerare tutto mentalmente o a voce, probabilmente non finirei mai più.
Ma dagli occhi di Helder, tristi e
partecipi, capisco che quel mare lei
lo sente, senza bisogno che
glielo descriva.
Lo sente ruggire affamato in me,
erodendomi come una scogliera esposta alle intemperie.
Lei lo sente.
Non ha bisogno che glielo descriva.
Sussurra qualcosa che non riesco a
distinguere, distogliendo lo sguardo da me e fissando gli occhi altrove.
Le iridi sembrano diventare quasi più
chiare, tingendosi di tenui toni opalini. Gli occhi
di Draco… come potrei sbagliarmi?
Quando torna a guardarmi, preserva ancora
una traccia di quella luce perlacea negli occhi, che però ritornano subito del
loro colore consueto.
Deve aver sentito Draco, anche da qui.
Chissà che cosa sta sentendo adesso… probabilmente
soddisfazione per essersi finalmente liberato di me…
mi mordo il labbro inferiore con foga, cercando di stare calma, sapendo che
Helder può sentire tutto di me, persino quell’ansia masochistica di sapere che
cosa intimamente stia pensando Draco. Non voglio mostrare fino a che punto mi
sono ridotta.
Helder torna a dedicarmi attenzione, non
senza che mi sia accorta che di nuovo i suoi occhi sono cambiati. Sono diventati come i miei.
Mi ha sempre affascinato questo degli
Empatici… cambiare colore degli occhi a seconda della persona di cui sentono i
sentimenti.
Vedere con i loro occhi.
Camminavo accanto ad Helder per strada, e
i suoi occhi erano azzurri, poi verdi, poi neri... ed era come guardare un
pavone che mette nuove piume variopinte.
Eppure, mi chiedevo sempre quanto male le
facesse dentro, come facesse a non morirne.
Mi spiegò che potrebbe escludere quei
sentimenti, sentire solo i suoi, ma lo fa raramente. Perché fa parte di lei, ed
oramai ci è abituata.
Non so davvero come ci riesca. I
miei sentimenti bastano già a farmi impazzire per mio conto.
Lei sorride ed immagino che abbia sentito
che cosa sto pensando, mi stringo nelle spalle imbarazzata e guardo altrove.
Torna seria, mentre mi dice con voce
atona: “So che cosa vuoi da me, Hermione… e so anche che un altro Indicibile ti
avrebbe già consegnato ad Azkaban…”.
“E tu invece?” chiedo con un filo di voce,
per la prima volta qualsiasi sanzione non riesce a farmi desistere di un solo
passo.
Solo infrangendo questa regola,
io avrò la pace…
“Io invece… invece lo so…” bisbiglia Helder, guardando altrove,
apparentemente rapita dalla facciata immacolata della Gringott, come se la
vedesse per la prima volta.
Ma gli occhi sono tornati i suoi e si sono
fatti lucidi.
Lei sente il mare che mi ruggisce
dentro. È lo stesso che ulula dentro di lei.
“Probabilmente, tanto tempo fa, lo avrei
fatto anche io…” acconsente con un sorriso caloroso, simulacro di una gioia che
non può provare “Ma allora credo che mi trattenesse la paura… ma tu invece non
la provi, lo sento, quindi credo che sia la cosa giusta… inoltre, sei una
strega capace, quindi credo che saprai almeno limitare i danni agli altri, se
non a te stessa…”.
Annuisco con il capo, sempre più convinta
che sia la cosa più giusta che abbia fatto nella vita.
Lei mi invita a sedersi su un gradino
della scalinata che porta alla Gringott, dopo averlo fatto lei stessa. Esce
dalla falda del mantello una scatoletta di legno laccata di blu, abbastanza
scrostata e dall’aspetto antico. Mi fa cenno di nasconderla e di non aprirla
fino a quando non sarò da sola.
“C’è tutto l’occorrente, la formula, gli
ingredienti per la pozione… alcuni di essi non esistono nemmeno più…” commenta
sibillina, rimettendosi il cappuccio sugli occhi “Ne avevo qualche residuo
nascosto a casa… quindi fai attenzione, non hai altri tentativi…”.
Prende fiato prima di riprendere, la
ascolto attentamente, brividi gelati sulla schiena: “Come ovviamente non ti
dico di fare attenzione al resto, a morire e a tutto quello che ne potrebbe
conseguire, perché penso che tu abbia intuito che non sarà una passeggiata… né
per te, né per la gente che ti circonda, quindi fallo da sola… ci saranno meno
rischi per chi ti è vicino… me lo prometti?”.
Annuisco con il capo, devo aver perso la
voce qualche attimo prima, senza rendermene conto.
Helder torna a guardare la gente che ci
cammina vicino allegramente, persa nelle proprie faccende, infinito arcobaleno
i suoi occhi.
Poi sospira ancora e riprende, facendo
attenzione a non nominare nemmeno una volta la parola Zahir, ma alludendoci
solamente.
“Ti farà addormentare, probabilmente per
giorni… e potresti non svegliarti più. Vagherà nella tua anima alla ricerca del
sentimento ossessivo. Questa cosa,
Herm… è come un animale affamato. Fiuta la tua anima alla ricerca il sentimento
di cui nutrirsi, lo braccherà cercando di stanarlo e di saziarsi di esso. Ma,
se non sarà abbastanza forte e definito, si nutrirà di altro… altri sentimenti,
altre emozioni, ciò che di più forte c’è in te… sei disposta a rischiare per
questo?”.
La paura che non mi aiuti più, la
disperazione di dover convivere allora con l’amore per Draco, mi fa ritrovare
la voce perduta: “Sai già la risposta a questa domanda, Helder…”, abbasso la
voce, aggiungendo: “Non mi hai appena detto che avresti fatto lo stesso?”.
Lei sorride piano: “Ovviamente…”. Faccio
un cenno con il capo, tornando a guardare davanti a me il viavai per le strade:
“Non chiedermelo più quindi…”.
Helder riprende, la voce più bassa:
“Durante questo periodo di sonno indotto, userà il tuo cuore per vedere la
gente che ti circonda, anche se tu non ne avrai coscienza, né ricordo, e
sentirà tutto quello che provi nei confronti delle persone che ti circondano.
Solo allora troverà probabilmente il sentimento ossessivo, e lo renderà
ghiaccio, freddo. Se dovesse funzionare, tu ricorderai tutto di Draco, quello
che vi è successo, cose che vi siete detti, tutto. Ma senza più emozione. Sarà
come se fossero successe ad un’altra persona, anche se sarai cosciente di
essere tu. Eppure, l’amore che provi per lui sarà come un tenue ricordo che non
ti provoca più nessuna sensazione. Quando e se ti sveglierai, indosserai
qualcosa di diverso, probabilmente un bracciale, un monile, un anello, qualcosa
di simile. Sono così gli Zahir d’amore… non provare a sfilarlo, a farlo venire
via. Non se ne verrà mai, resterà sempre lì e, più diventerà forte l’amore che
deve distruggere, e più ti cingerà forte, probabilmente facendoti anche male. I
primi tempi resta accanto a Draco, ha bisogno di essere nutrito dall’amore che
deve distruggere, altrimenti cerca altro nella tua anima… trascorsi tre giorni,
vai via. Dimenticalo per sempre. Alimentandolo troppo, non riuscirebbe più a
sanarlo, a renderlo indifferenza…
diventerebbe odio, Hermione…”.
“Non sarebbe un problema odiarlo…”
aggiungo con tristezza “Tornerebbe tutto come prima…”.
Helder non aggiunge altro e capisco che
ricorda perfettamente quello che c’è sempre stato tra me e Draco.
“Lo so…” commenta tristemente “Ma
inizieresti a cambiare… il tuo aspetto, per prima cosa… e poi tutto il resto.
L’odio non rimane mai circoscritto, è come un cancro… contaminerebbe tutto
quello che rimane di te… quindi vai via, davvero, appena dovessi accorgerti di
qualcosa di simile… potresti morirne a quel punto, come se ti avesse
avvelenato. Solo l’amore ti salverebbe ancora… ma se lo hai distrutto, creando
lo Zahir, è impossibile che torni ancora…”. Capisco in parte quello che dice,
la ascolto silenziosamente.
“Un’altra cosa…” aggiunge con un altro
sospiro, i suoi occhi diventano di nuovo quelli di Draco per un secondo.
Rabbrividisco come se stessi parlando con lui.
“So che questo è il tuo destino… e so che
solo così questa storia finirà…” commenta con un sorriso, i suoi occhi tornano
del loro colore consueto mentre mi parla “Ed è solo per questo che ti aiuto…
non c’entra niente il mio debito…”.
“Quindi perché lo fai? Non capisco…”
chiedo attonita.
Gli occhi di Helder diventano prima d’oro
e poi d’argento, fondendo come metallo liquido e prezioso, forgiato da due cose
così diverse e distanti da essere assolutamente inconciliabili, ma che lei sola
vede miracolosamente e misteriosamente… unite.
Riflessa in quelle iridi magiche, mentre
Helder si alza e si smaterializza, dicendomi solo di stare attenta prima di
sparire, con un formicolio diffuso, sento che c’è qualcosa che non mi ha detto.
Qualcosa…
… e non è stata necessaria alcuna empatia
per capirlo…
La pozione brucia in gola, mentre la bevo
stesa sul letto, a casa mia.
Ha un sapore come di fuoco liquido, come
se mi ardesse dall’interno, e credo di non farcela a finire di leggere la
formula magica. O di sbagliarne le parole.
Divento subito anche meno lucida, mi sento
fluttuare nel pensiero nullo e nel sentire inesistente. La testa mi ricade
all’indietro, piegata dal sonno.
Eppure, mi aggrappo a quelle parole come
se ne andasse della mia vita, reprimendo la tosse ed ignorando Grattastinchi
che mi guarda curiosamente, inclinando la testa di lato dal basso del mio
letto. Lo sguardo mi muore fissando la finestra da cui filtra forse l’ultima
luce che vedrò in vita mia.
Le parole nel cervello si fanno meno
nette, finendo di pronunciarle. Le labbra si spaccano, sanguinando, come se
fosse un dolore inesprimibile, un peccato solo averle dette quelle parole
magiche. Tutti i miei organi è come se morissero, putrefacendosi. Tutto di me
sta morendo.
Eppure, le parole della formula continuano
nella loro litania.
Omnibus nobis animi motus
praeest. Amoris laetitiae, odii perspicuitatis, doloris stuporis fons est. Nolo obtemperare, volo pacem, haud
cruciatum, fluentem venis et intercludentem mihi spiritum. Nolo hanc undam,
quae intra me percutit et allidit.
Omnia flagrat et solum colores imber
restinguit. In vostro munere, non satis fortis sum, dii caeli, et sciite me meum animum subigere
conari. Sed tempus
est sic serum. Sciam dulcis
mortis inanem.
(La passione ci comanda tutti. È
fonte della gioia dell’amore, della chiarezza dell’odio e dell’estasi del
dolore. Non voglio obbedire, io voglio pace e non dolore che scorre nelle vene
e mi soffoca il respiro. Non voglio quest’onda che batte e sbatte dentro di me;
tutto brucia e la pioggia spegne solo i colori. Non sono abbastanza forte nel
vostro dono, dei del cielo, e sapete che cerco di domare il mio animo. Ma il
tempo è così lento. Che io conosca il vuoto di una dolce morte.)
Solo, dopo aver finito di recitare la
formula in latino, finalmente mi abbandono al sonno.
Harry
aprì la bocca per ribattere, ma rimase curiosamente in silenzio come un buffo
pesce d’acquario.
Non
valeva la pena contraddirla, tanto lei avrebbe trovato un altro modo per avere
ragione. Ormai l’aveva capito.
Quindi
scrollò il capo e disse con voce rassegnata: “Sai che c’è Gin? Hai davvero
ragione! Dare una cornice d’argento come bomboniera, è il più vecchio dei
cliché… ci vuole qualcosa di meglio…”.
“Mi
stai prendendo in giro??!” borbottò Ginny, guardandolo torva e misurando a
lunghi passi il salotto, gli occhi che mandavano lampi “O mi stai solo assecondando
il che sarebbe anche peggio??!”.
“Ma
come la faccio e la faccio hai sempre ragione tu??”.
“Non
è vero! Quando ho ragione è chiaro che io abbia ragione… ma se tu avessi
ragione nel dire che io non ho ragione, allora sarebbe normale che tu hai ragione
e io non ce l’ho più la ragione!!”.
“Eh?”
chiese Harry, con gli occhi annacquati, cercando il bandolo della matassa.
Ginny,
alla sua vista, scoppiò a ridere, dimenticando per un attimo quello che stavano
dicendo. Si sedette accanto a lui, poggiando la testa sul suo braccio.
Harry
chiuse gli occhi, sorridendo. Anche stavolta, non sapeva ancora come, l’aveva
scampata.
Affetto. Tenerezza. Simpatia. Complicità. Ricordo.
Non è questo.
Seth sfogliò le pagine con fare distratto,
profondamente perso nei suoi pensieri.
“Che hai?” chiese April, sedendosi accanto a
lui, mentre continuava ad asciugare con uno strofinaccio un bicchiere “Sei
strano oggi…”.
“Non ho niente…” borbottò Seth con voce
monocorde “Chi ti dice che io abbia qualcosa?”.
“Bah, la vaga sensazione che tu abbia sfogliato
il giornale senza guardarlo…”.
“L’ho guardato, invece…”.
“Anche Taylor Lautner a torso nudo, a
cavalcioni di una motocicletta?” sogghignò April, guardandolo storto.
“Dove? DOVE??!!” urlò Seth, sfogliando come un
ossesso le pagine in senso contrario, arrivando quasi a strapparle pur di
ritrovare il suo attore preferito.
Perso nel suo delirio ormonale, non si accorse
di April che, caduta per terra, inveiva contro di lui per il suo slancio troppo
impetuoso che l’aveva fatta ruzzolare dalla sedia.
Serenity, nel suo box, scoppiò a ridere felice.
Dolcezza. Riconoscenza. Sicurezza. Affinità. Istinto materno.
Non è questo.
“Allora oggi dobbiamo assolutamente andare a
comprare delle scarpe nuove…”.
Sospiro.
“Vorrei ricordarti che le Hogan blu sono
assolutamente inadatte… insomma, diamine… oramai ce le hanno tutte…”.
Sbuffo irritato con la bocca. Mano ad
asciugarsi la fronte, imperlata di sudore.
“Persino Shirley…! Ma dico, ha due fette al
posto dei piedi, porterà come minimo il 45… pensa che lei a scuola, si vantava
che gliele facessero su misura, le scarpe… ovvio! Non le troverà mai da nessuna
parte!!”.
Cenno con il capo, che vuole fingersi
divertito. Occhiate attorno alle donne circostanti.
“Poi, una volta con Calì la beccai che si
tentava di infilare delle scarpe minuscole…! Che risate…! È assurdo quando una
non è conscia di quello che è!”.
Ron fa un gutturale verso di gola, che vorrebbe
corrispondere ad un assenso incondizionato. Lavanda comunque non l’ha sentito,
presa com’è dal suo racconto sui leggendari piedi di Shirley Danes.
Il ragazzo torna a guardarsi attorno, con
espressione spaesata, mentre la fidanzata continua a parlare.
Ha una sola domanda in testa. La solita.
Ma non l’ascolta e la lascia andare… anche
perché sa che lei ormai non c’è più. In tutti i sensi. Harry glielo ha detto
ieri sera.
Gli è semplicemente crollato il mondo. E
cammina per strada, cosciente di avere il vuoto dentro. Cosciente che fa più
male di quanto dovrebbe.
Hermione, la sua Hermione, si è innamorata
davvero stavolta.
Ricordo. Rabbia.
Dolore. Inadeguatezza. Voglia di dimenticare.
Non è questo.
Correva per strada, era in ritardo come sempre.
Quella dannata partita doveva anche finire ai
supplementari?
E dovevano perdere pure??
E doveva anche essere collega di un gruppo di
tifosi sfegatati del Paris Saint Germain??
Ed essere il solo che teneva per il
Manchester???
Dean urtò una signora che veniva nella
direzione opposta, si affrettò a replicare con voce frettolosa: “Je suis dèsolè,
c’ètait un accident!”. La
signora lo guardò in cagnesco, per niente intenerita dalle sue scuse. Gli
ricordava terribilmente la signora Sanchez…
Fu un attimo…
Hermione…
Stava bene, Hermione, glielo aveva detto Ginny
qualche giorno prima. Si era ripresa dal coma, stava anche per riavere un
lavoro nella comunità magica.
E, a detta dell’amica, si era anche innamorata.
Del suo capo, qualcosa del genere.
Era contento, sinceramente. Lei si meritava
tutto il meglio del mondo.
E lui… bé, lui si era ricordato che la
monogamia era una cosa che nuoceva terribilmente all’evoluzione della specie.
Con Hermione, andava bene essere fedele, probabilmente se lei lo avesse amato,
l’avrebbe fatto anche per tutta la vita… ma visto com’era andata a finire,
allora ritornava alla sua vecchia teoria.
Si fermò davanti a Place de Sorbonne,
dove aveva appuntamento con Laetitia.
O era Charlotte?
O Frances?
Appena la vide arrivare da lontano, ancora
immemore del nome, capì che evidentemente la poligamia era stata abolita per
l’alto tasso di omicidi.
Deglutì.
Omicidi di uomini che scordavano i nomi delle
loro innumerevoli fidanzate.
Tenerezza. Rimpianto.
Rimorso. Gratitudine. Senso di colpa.
Non è questo.
Stese la mano davanti a sé, faceva ancora male,
ma almeno meno di prima.
Un paio di giorni e sarebbe guarito del tutto…
chissà, se poi sarebbe stato un bene.
Draco Lucius Malfoy si guardò distrattamente la
mano destra fasciata, al centro dello studio dove dipingeva, nelle cantine del
Petite Peste. Accolse la vista di quella ferita con un fremito negli occhi
chiari, un fremito che era assieme rabbia e dolore. Debolezza. Il segno della
sua infinita debolezza.
Su di lui, si sentivano i passi dei clienti e
le urla divertite di Seth ed April.
Chiuse gli occhi quasi infastidito.
Ma gli occhi si chiudono per non vedere
qualcosa. Non per smettere di ascoltare.
E Draco la cosa, che non voleva vedere, ce
l’aveva davanti agli occhi.
Sospirò, riaprendoli, ringraziando la ferita
che si era scioccamente procurato alla mano e che gli impediva di finire quello
per cui lavorava da anni.
Almeno non aveva per qualche giorno ulteriori
spettri a tormentarlo.
Diede le spalle al quadro non terminato con una
smorfia, e tornò indietro sui suoi passi.
In un quadro, nato anni prima, che solo di un
sentimento profondo avrebbe tratto vita, un sorriso di donna restava sospeso,
forse per sempre.
Oltre a quello, solo gli occhi.
Occhi azzurri.
Occhi azzurri sbiaditi, trasformati in lucenti
stelle d’oro.
Occhi che lentamente, giorno dopo giorno,
stavano cambiando. Ed era un colpo continuo all’anima vedere adesso le cose
capovolte.
Non era lei che somigliava ad Helena… era
Helena che somigliava a lei.
Lo sapeva, lo vedeva. L’azzurro stava
scomparendo. Presto sarebbero diventati i suoi.
Gli occhi sarebbero diventati i suoi. Occhi
castano dorato come bruno miele dolce.
Gli occhi della Granger.
Gli occhi di Hermione.
Dolore. Rancore.
Rabbia. Desiderio. Passione. Odio… l’amore.
Qualcosa senza un
nome.
Ci siamo.
Un bambino biondo che corre, inseguendo un cagnolino.
Un uomo che lo chiama a gran voce.
Una ragazza che sorride.
Una donna in una terrazza dai lunghi capelli castani.
Cinque anni nel futuro.
Scrive una pagina di diario e sorride, agitando una mano, salutando la
sua famiglia. Abbassa gli occhi e nasconde la solita lacrima.
La penna scorre ancora sulla pagina immacolata. Sa che lei la sta
vedendo, ma che non la ricorderà. Non la ricorderà fino all’impulso di scrivere
un diario da quella… prigionia… per poter ricordare tutto, per non perdere più niente.
Sperando che un giorno serva.
Rilegge la pagina, cancella qualcosa e scrive altro.
Nella luce di quel sole estivo, luccicano come gabbiani le sue parole.
Volevo qualcosa che mi
distraesse dal dolore. Persino un dolore maggiore… ma che non fosse quel
dolore.
Ora…che sono passati cinque
anni da quel giorno, ora che so quanto sia stato inutile, ho ricordato persino
quel momento. Tutto quello che provai.
All’inizio, fu solo un lieve
formicolio, poi come un pizzicotto, infine come se mi strappassero il cuore.
Sanguinava tutto, dentro di
me, come un pezzo di corallo strappato dal fondo del mare e che tingesse di
rubino l’acqua trasparente.
Si tingeva tutto il resto.
Sentivo il mio corpo
contorcerci, sentivo la gola seccarsi, sentivo anche che mi mancava il fiato,
mentre lo Zahir mi portava via l’amore per Draco. E desiderai morire. Perché,
ora che stava funzionando, come il solito paradosso della maledizione che vuole
gli uomini venire puniti dai loro stessi desideri, io trattenevo per le unghie il
mio amore, lacerandomi l’anima, lasciandola gemere, graffiando e mordendo come
una bestia ferita, che conserva la forza titanica della disperazione.
Non volevo che me lo portasse
via. Sarebbe stato il mio caldo sole intessuto nell’anima, poco importa se ne
sarei morta bruciata.
Ma almeno… sarei stata… viva…
Lo Zahir mi stava uccidendo
una parte del cuore, la stessa parte che aveva visto Draco in quello studio
guardare i miei occhi su una tela.
E si era ribellata, troppo
tardi, a quella carneficina.
Lentamente, il corpo si
assopì, la coscienza sparì, la memoria si annullò… e l’amore volò via.
E quando riaprì gli occhi,
era come se fossi tornata in vita. Perché non sapevo cosa avevo appena
distrutto.
Non sapevo della mano ferita
di Draco e dello spasmo negli occhi grigi.
E ricordavo solo ricordi
freddi, senza emozione.
Mi svegliai cinque giorni
dopo.
E semplicemente io non amavo
più Draco Malfoy.
Rieccomi!! Dopo decisamente meno tempo del solito, ecco il nuovo chappy!! Un pochino
breve ma dove sicuramente vi ho dato dei segnali importanti e dove sono sorte
tante domande, specie nella parte finale… ebbene sì, è proprio uno sguardo sul
futuro della nostra cara Hermione, una specie di spoiler…! Ma perlomeno stiamo
riemergendo dal baratro della desolazione dove eravamo annegati!! Baratro che
invece colpisce me in modo determinante sia per gli esami imminenti, sia perché
la scheda video del mio adorato pc si è rotta, cosa
che mi costringerà a cambiarlo e ad utilizzarne un altro con cui non vivo lo
stesso rapporto… ebbene sì, mi affeziono anche alle cose, io! Per gli stessi
motivi, oggi il mio spazio è molto breve, ringrazio tutti coloro che hanno
recensito lo scorso capitolo e VI Do UNA
COMUNICAZIONE DI SERVIZIO:
Sia io come Cassie Chan Efp sia la
storia stessa sono sbarcati su FB!! Il forum purtroppo era di difficile gestione
sia per me che per Helder che non avevamo modo di curarlo molto, quindi abbiamo
trasferito l’attività su FB, siete ovviamente tutti invitati, qualora vogliate
condividere le vostre impressioni sulla storia, ed anche altro!!
Questo è il link della mia pagina, dove potete quindi
contattarmi, chiedermi amicizia e simili:
http://www.facebook.com/home.php?#!/profile.php?id=100001120873807&v=wall
e questo invece della pagina di HALFT:
http://www.facebook.com/home.php?#!/pages/Have-a-Little-Fair-Tale-Official-Fan-Page/119669338068092
chiedo ancora scusa per la brevità delle mie risposte di
oggi, ma davvero, la depressione causa trauma del pc,
è una cosa troppo invalidante!!ç_ç Un Bacio Cassie!!