Ciao
a tutti!!! Questa mia piccola fic è un omaggio all'anime che
più adoravo da bambina!E che ancora oggi è nel mio
cuore.
In
particolar modo è dedicata a due personaggi che mi sono sempre
piaciuti, per la loro semplicità e per la loro bellissima
amicizia.
Vorrei
anche porla come omaggio a Kara, un'autrice di questo sito che ammiro
tantissimo e che è stata sempre gentilissima con me.
Grazie
Kara....e grazie a tutti voi!
Era stanco, con il fiato corto e
sudato, ma doveva continuare.......così ancora non era
sufficiente.
Fino a quando le gambe lo avrebbero
retto, non se ne sarebbe andato, e avrebbe continuato a tirare calci
al pallone.
Ennesimo tiro, che si insaccò
nell'angolo destro della porta.
Sospirò, riprendendo fiato,
passandosi una mano sulla fronte per asciugare il sudore.
Quando il respiro si fu normalizzato,
acchiappò subito un altro pallone, sistemandolo poi sul
dischetto in area di rigore.
“Holly ha ragione”.
Pensò, facendo alcuni passi indietro per allontanarsi dalla
sfera.
“Non possiamo permettere a
quei quattro di averla vinta!Dobbiamo impegnarci di più!”
Prese la rincorsa e
calciò violentemente a rete.
“Ted?”
Era talmente
concentrato su ciò che stava facendo, che non si era accorto
di essere osservato da circa venti minuti.
Ted si voltò
verso il compagno di squadra, che lo stava guardando con sguardo
preoccupato.
“Ted adesso
basta. Sono più di due ore che sei qui”.
Ted afferrò
l'asciugamano che aveva lasciato poggiato sulla panchina a bordo
campo, passandoselo sul viso e dietro al collo.
“No. Non sono
ancora soddisfatto.”
Johnny sospirò
stanco, poggiando le mani sui fianchi.
“Non puoi
pretendere di fare tutto in un giorno. Non ti sto dicendo di mollare,
ma solo di riprendere domani con la luce del sole e con la mente più
lucida”
“Io sono
lucidissimo!” Rispose alzando la voce.
“Si, si
certo......” Rispose il numero nove alzando gli occhi al cielo.
“ Lucidissimo e arrabbiatissimo.” Puntualizzò.
“ E mi
biasimi? Non so come tu faccia a stare così calmo Johnny, ma
io non ci riesco! Non faccio altro che pensare a quello che hanno
detto e con quale arroganza l'hanno detto”.
Doveva
immaginarselo, eccome se doveva conoscendo Ted; il suo amico era
furioso da quando, due giorni prima i ragazzi della Otomo avevano
sfidato apertamente la New Teem.
Holly era quello
che sul momento l'aveva presa peggio, e il giorno seguente aveva
iniziato a sottoporre gli amici a un duro allenamento per fargli
ritrovare la vera voglia di vincere.
All'inizio le
intenzioni del capitano erano apparse alla squadra difficili da
comprendere, ma poi il messaggio era arrivato forte e chiaro e tutti
avevano deciso di impegnarsi al massimo.
Evidentemente però,
qualche cosa in tutta quella storia aveva turbato l'animo di Ted,
che si era buttato a capofitto negli allenamenti.
Vista così,
non ci sarebbe stato nulla di male, anzi, poteva essere un buon
esempio per tutti, come aveva detto Bruce proprio quel giorno; ma
Johnny conosceva troppo bene l'amico per farsi ingannare.
L'impegno e la
voglia di vincere c'era, eccome se c'era; quello che non andava era
lo spirito con il quale stava affrontando tutto questo.
La luce che gli
aveva letto negli occhi, e che ancora continuava a vedergli, era di
rabbia e frustrazione.
Qualche cosa lo
stava divorando da dentro, e Johnny doveva assolutamente capire cosa
fosse, gli faceva troppo male vederlo così.
“Immaginavo
centrassero Jack e gli altri. Ne vuoi parlare?”.
“ E a cosa
servirebbe?”.
“ Ad esempio
a non prendertela con quel povero pallone che stai calpestando da
circa dieci minuti”.
Ted, con un gesto
di evidente nervosismo, mollò un calcio alla palla, che stava
effettivamente tormentando da qualche minuto, colpendo la rete di
ferro che circondava il campo.
Johnny l'osservò
per qualche secondo, invitandolo silenziosamente a confidarsi con
lui: qualunque cosa gli avesse detto non sarebbe mai uscita da lì
....e questo Ted lo sapeva bene.
Si conoscevano fin
da piccoli e non c'erano mai stati segreti fra loro; riuscivano a
leggersi dentro perfettamente, per questo anche in campo avevano un
affiatamento perfetto.
“Holly non ha
mai saltato un incontro......ci ha sempre guidati verso la vittoria”.
Disse finalmente il
numero sette, sedendosi sulla panchina con aria stanca.
“E' il
capitano Ted. E' normale che la squadra ruoti attorno a lui.”.
Rispose il centravanti, non riuscendo ancora a capire bene dove
volesse arrivare il compagno.
“Forse però
è arrivato il momento di cambiare”.
“Di
cambiare?Non ti seguo”.
Ted con gesto
meccanico si rimise in piedi, prendendo a camminare avanti e
indietro: doveva trovare le parole giuste per spiegarsi e fare capire
a Johnny ciò che intendeva.
“Vorrei poter
dimostrare che possiamo vincere anche senza Holly. Anche noi
conteremmo pure qualche cosa qui. Credo sia ora di dimostrarlo.”.
Johnny sospirò,
iniziando a capire cosa tormentava tanto Ted.
“Ted, il tuo
ragionamento non è sbagliato, ma lo stai affrontando nel modo
sbagliato....e con troppa rabbia.”
“Io non sono
arrabbiato Johnny. Sono furibondo!” Disse, alzando notevolmente
il tono di voce.
“Non mi sono
mai sentito tanto inutile in vita mia.”. Continuò,
mentre la sua voce, così come il suo volto, si velavano di una
nota di tristezza. “Li avrei presi a calci!”. Concluse,
afferrando l'asciugamano poggiato sul suo collo e spedendolo a terra
con una strattone.
“Ted, erano
delle provocazioni per innervosirci. Sai bene che siamo la squadra
più forte. L'abbiamo dimostrato sul campo.” Cercò
subito di rassicurarlo l'altro, sempre più preoccupato per
quello strano atteggiamento.
“Ok.....ma
senza Holly?”.
“Holly fa
parte della New Teem. Potrebbe essere anche il peggiore degli
incapaci ma resterebbe sempre uno di noi. E' che tu l'hai presa sul
personale. Non capisci che volevano creare zizzannia fra di noi? E tu
gli stai dando corda.”.
“Penso solo
che anche noi dovremmo dimostrare di valere qualche cosa.”.
Johnny si passò
una mano in faccia sconfortato: non immaginava che Ted stesse
passando una crisi tanto profonda.
“Ted, Holly
non ha colpa di essere il più bravo. E' il capitano, non che
il leader della squadra. Quello che dobbiamo fare noi è dare
il massimo delle nostre possibilità e aiutarlo come meglio
possiamo.”
“Guarda che
io non ce l'ho con Holly.”.
“Lo so
......”. Sorrise comprensivo Johnny, davanti allo sguardo
triste dell'amico.
“Holly è
straordinario! L'ammiro dal primo giorno, sia come calciatore che
come persona e sono onorato di giocare con lui! E' un ragazzo
eccezionale.....lo so, lo so Johnny.”. Disse Ted avvicinandosi
all'amico.
“Quello che
voglio dire è che vorrei poter dimostrare a me stesso e tutti
gli altri di sapermela cavare anche con le mie forze! Sarei disposto
a tutto. Anche a sfidare da solo Jeck e gli altri!”
“ Vedi? E'
come dicevo io. Capisco perfettamente ciò che provi: alla
Saint Francis io ero il capo cannoniere, poi arrivati alla New Teem
il ruolo è passato tutto nella mani di Holly. Credi che non
sia stato difficile per me? Ho poi riflettuto e ho capito che l'unica
cosa che dovevo fare era rimboccarmi le maniche e tentare di
migliorare.”.
Johnny gli posò
una mano sulla spalla, notando con che sguardo perso lo stava
fissando Ted.
“Holly è
un fuoriclasse, ma anche noi abbiamo fatto la nostra parte per
rendere grande la New Teem, con i nostri sforzi e con il nostro gioco
di squadra. Tentiamo di non sfasciare tutto per delle ripicche
personali. Tu hai ragione nel voler dimostrare chi sei,ma devi farlo
nel modo giusto e con lo spirito giusto. Fregatene di quello che
dicono e gioca per te stesso”.
Ted sorrise grato:
ancora una volta Johnny aveva capito perfettamente il punto della
situazione, non l'aveva giudicato per quella sfuriata ma l'aveva
ascoltato e capito.
“Hai ragione.
L'ho presa nel modo sbagliato. E' che mi hanno fatto perdere la
calma. Mi ero sentito inutile.”
“Su dai, ora
non pensarci più”. Disse Johnny dandogli un buffetto
sulla nuca, andando poi a recuperare il pallone che Ted aveva
calciato poco prima.
“Allora? Se
già stanco o ti va di allenarti con me?”.
“Cosa?
Davvero?”
“Certo.
Dobbiamo essere in perfetta forma o no?”. Chiese il numero Nove
facendogli l'occhiolino.
Ted annui.
“Allora direi
di partire con una serie di passaggi veloci!”. Disse, correndo
al fianco di Johnny che aveva già sistemato la sfera al centro
del campo.
“Ok. E per
dimostrarti tutti il mio sostegno, per questa volta, ti concedo di
terminare l'azione calciano in porta”.
“Oh grazie
fratello.......sono quasi commosso”. Disse Ted, portandosi una
mano sul cuore e scimmiottando il tono della voce.
“Si lo so. Ma
non farci l'abitudine”. Rispose ridendo Johnny, calciando poi
il pallone verso l'amico che partì subito di corsa.
Il giorno seguente
Ted si sentiva decisamente più rilassato; certo, non avrebbe
potuto giurare che se avesse visto i suoi colleghi della Otomo, li
avrebbe salutati con un bel sorriso e fatto finta di nulla.....anzi,
probabilmente l'istinto di provare il “tiro del falco”, o
come diavolo si chiamava quel coso, sul didietro di Everett, sarebbe
stato molto più vivo in lui.
Tutto sommato però
la cura “sbollimento nervi” delle sera precedente era
servita allo scopo.
Entrò nello
spogliatoio con un bel sorriso.
“Buon giorno
a tutti!”. Salutò.
“Ehi, buon
giorno Ted!”. Contraccambiò Bruce.
“Ciao Ted.
Tutto bene sta mattina? Ieri mi sei parso molto nervoso.”.
Disse Holly avvicinandosi al compagno.
Ted annuì.
“Si hai ragione, mi dispiace ragazzi. Oggi va molto meglio”.
“Bene, siamo
contenti. Fra pochi giorni inizierà il campionato e dobbiamo
essere al massimo”. Disse Paul, finendo di sbottonarsi la
parte superiore della divisa scolastica.
Ted poggiò
il suo borsone a terra e iniziò a sua volta e cambiarsi per
l'allenamento. “Johnny mi ha sottoposto alla sua personale
terapia per sbollirmi i nervi e......ha funzionato.”.
“Terapia per
sbollire i nervi?”. Chiese Bruce curioso.
“Si.
L'abbiamo brevettata diversi anni fa, quando giocavamo nella Saint
Francis. Quando sono particolarmente nervoso mi trascina su un campo
di calcio dove ci alleniamo fino a non avere più fiato. Così,
dice lui, tiro calci al pallone e non a chi mi ha fatto sbroccare e
non ho nemmeno più fiato per imprecare o brontolare”.
Spiegò sorridendo.
“Forte!”.
Disse Bruce.
“Se invece è
lui ad avere la luna storta, sono io che lo trascino di peso sulla
spiaggia dove ci facciamo una bella corsa in riva al mare.”.
“Scommetto
quello che vuoi che però questa incombenza a te è
toccata molto meno”. Rise Paul.
“Mi associo”.
Disse divertito Bob.
“Che volete
dire voi?”. Chiese il numero sette fingendosi offeso, e ben
consapevole invece di avere un carattere molto più incline ai
colpi di testa rispetto a Johnny.
“Che l'hai
sempre fatto diventare matto fin dai tempi delle elementari. E non
puoi dire di no Ted”.
Puntualizzò
il numero otto.
“Perchè?
Che facevi Ted?”. Chiese Bruce, con la sua solita curiosità.
“Ma
niente.......E' che fra noi due io sono sempre stato quello più
impulsivo e indisciplinato,così Johnny cercava di darmi un
freno”.
“C'è
una cosa che non ho mai capito Ted. Voi due vi siete conosciuti alla
Saint Francis?”. Continuò Bruce.
“No. Le
nostre madri sono amiche dai tempi del liceo, e così anche
dopo la scuola la loro amicizia è continuata. Siamo cresciuti
assieme. Poi quando Johnny aveva cinque anni i suoi hanno divorziato
e suo padre è andato a vivere all'estero con la sua nuova
compagna, che era incinta. Diciamo che da allora il rapporto fra le
nostre famiglie si è fatto ancora più stretto.”.
“Ah, adesso
ho capito.”
Ted annuì. “
Sono consapevole che a volte ho abusato della sua pazienza. Ricordo
che una volta litigai ferocemente con mio padre e scappai di casa
senza dare spiegazioni a nessuno.
Ero così
arrabbiato che agii senza ragionare, e non mi resi nemmeno conto che
stava per arrivare un brutto temporale. Johnny fu l'unico che riusci
a trovarmi e a riportarmi a casa”.
“Dai Ted
raccontaci bene!!!”. Chiese Bruce mettendosi seduto.
“Te lo devo
raccontare? Sei più curioso di una scimmia Bruce.”
“Si, si lo
so......ma ti prego dai, mi interessa!!!!”. Insistette l'altro.
“Ok...”.
Acconsentì Ted, sedendosi a sua volta sulla panche dello
spogliatoio.
“Dunque, è
successo tre anni fa, poco dopo il campionato nazionale. Mio padre
aveva avuto una brutta giornata di lavoro ed era molto nervoso. Mi
resi subito conto che qualcosa non andava............”
Ted si chiuse
la porta di casa alle spalle, poggiando la borsa a terra e
togliendosi le scarpe.
“Mamma......Papà
sono a casa!”.
“Sono in
cucina”.
Sentendo la
voce della madre, si diresse nell'altra stanza chiedendosi dove fosse
suo padre, dato che non gli aveva risposto.
Passando
davanti al salotto però, lo vide seduto in poltrona a fumarsi
un sigaro.
Ahi, pensò,
brutto segno quando suo padre si accendeva uno di quei cosi
puzzolenti.
“ Ben
tornato tesoro!”. Lo salutò sua madre, che stava
preparando il thè.
“Hai
tardato”. Continuò mentre Ted si sedeva al tavolo.
“Si,
abbiamo fatto una piccola partita di allenamento”. Sorrise
soddisfatto, mentre sua madre gli porgeva una bella tazza fumante.
“Ancora
con queste partite? Ma non avete appena giocato il campionato?”.
Questa volta fu suo padre a parlare, entrando in cucina per bere il
thè.
“Era solo
allenamento.......è più divertente così. E poi
fra poco Benji partirà per la Germania e non avremo più
occasioni come questa.”.
“In
Germania?.Che cosa assurda per un ragazzino della sua età”.
Brontolò Simon Carter.
“Cosa
assurda? Ma papà che dici?E' straordinario! Potrà
diventare professionista!! Anche a me piacerebbe tanto andare in
Europa!”.
“Invece
di fantasticare su tutte queste sciocchezze Ted, dovresti
preoccuparti un po' di più del tuo futuro e della scuola. Non
ti vedo mai con un libro in mano, sempre e solo attaccato a quel
pallone.”.
Ted strabuzzò
gli occhi a quelle parole. Ma come? Suo padre era sempre stato felice
della sua passione per il calcio. Quando poteva veniva alle partire,
e quando invece non gli era possibile le seguiva alla tv o comunque
chiedeva notizie per telefono.
“ I miei
voti vanno benone!”.
“Non come
quelli di Johnny però.....o sbaglio?”.
“Sua
madre lo stressa con la scuola. E' un po' fissata. E comunque anche
io me la cavo bene”.
“Sara è
solo molto coscienziosa. E tu sei molto intelligente. Potresti fare
molto meglio di così, se solo non pensassi sempre e solo al
calcio. Ormai sei grande Ted, è ora che pensi al tuo futuro!”.
“Il
calcio è il mio futuro papà!!!”. Urlò il
ragazzo, alzandosi dalla sedia e facendo tremare la tazza che poco
prima teneva in mano.
“Ted, non
alzare la voce con tuo padre”. Disse sua madre con tono calmo
ma fermo.
“Sarebbe
proprio ora che ti decidessi a crescere e a smettere di sognare. Devi
impegnarti per trovarti, un giorno, un vero lavoro che ti dia
l'avvenire. E Smetterla con queste stupidaggini!”
Il cuore di Ted
iniziò a tremare e così anche il suo corpo. Era
atterrito, arrabbiato e completamente sconvolto da ciò che
stava sentendo.
Chi era quello?
Che fine aveva fatto suo padre?
“Basta
papà! Io non lascerò mai il calcio! E' la mia vita!!”
“Non dire
cose assurde! Il calcio la tua vita....poveri noi. Sei ancora piccolo
e non le puoi capire certe cose. Ma fino a quando starai sotto il mio
tetto farai quello che dico io.”.
“Nemmeno
per sogno”. Disse Ted a denti stretti.
“Come?”.
“Ho detto
nemmeno per sogno!!! TU non puoi decidere della mia vita!!! Sei un
egoista a parlarmi così!”.
Ted non fece
tempo a rendersi conto che suo padre gli si era avvicinato e lo aveva
colpito con uno schiaffo.
Sentì
solo la guancia che gli bruciava e un totale senso si smarrimento e
rancore divorargli il petto.
Senza dire una
parola girò sui tacchi e corse fuori dalla cucina.
Suo padre che,
un attimo dopo si era reso conto del gesto che aveva fatto e se ne
era subito pentito, corse a cercarlo.
Fece solo tempo
però a vedere la porta di casa che veniva aperta a poi
richiusa con un rumoraccio, senza riuscire a fermare la fuga del
figlio.
“Ero talmente arrabbiato che uscì senza ragionare.
Qualunque cosa fosse successa non sarei mai tornato a casa.”.
“Accidenti che brutta storia”. Disse Bruce, molto
concentrato sul racconto.
“Anche io ci sarei rimasto malissimo se mio padre mi avesse
detto certe cose”. Disse Holly.
“Già, soprattutto perchè mi aveva sempre
incoraggiato e sostenuto. Comunque scappai via e non mi resi conto
che alcuni tuoni avevano già iniziato a farsi sentire. Decisi
poi di nascondermi a scuola, negli spogliatoi delle squadra.”.
Spiegò Ted continuando il suo racconto.
Una pioggia
battente aveva iniziato a bagnare la città da quasi un'ora
ormai.
Johnny guardò
le gocce sulla finestra per qualche secondo, per poi tornare a
immergersi nella sua lettura, comodamente sistemato sul divano.
All'improvviso
i fari di una macchina, che si era appena fermata davanti al cancello
di casa sua, attirò nuovamente la sua attenzione.
Guardò
bene e si rese conto che era l'auto di Ted.
“Mamma,
ci sono i Carter!”. Urlò, scendendo dal divano di corsa.
“I
Carter?”. Chiese sua madre sbucando dalla cucina.
Un attimo dopo
il campanello di casa suonò e la signora Mason andò ad
aprire,seguita da Johnny.
Davanti a loro
stavano Simon e Mary Carter, bagnati e con uno sguardo sconvolto.
“Sara,
Ted è qui da voi?”. Chiese subito Mary, e a quelle
parole il cuore di Johnny fece una capriola.
Cosa
diavolo aveva combinato sta volta
Ted? Era uscito di casa
con un tempo simile? Eppure si erano lasciati meno di due ora prima?
“No......non
è qui. Ma cos'è successo?”. Chiese Sara, ora
molto tesa.
“Oddio
Simon ma allora dove può essere?”. La signora Carter
iniziò a singhiozzare sulla spalla del marito.
“Sta
tranquilla cara. Vedrai che lo troveremo”.
“Ma non
vedi come piove!! Oh il mio tesoro!!”.
“Ma che
cosa è successo?”. Chiese ancora Sara.
“Abbiamo
litigato. Io ero molto nervoso e ho detto delle cose che non pensavo.
Mi sono sfogato come uno sciocco. Ted ha reagito male ed è
scappato.”.
Sara lanciò
uno sguardo comprensivo a Simon e carezzò poi la spalla
dell'amica, che continuava a piangere, per rassicurarla.
“Aspettate,
prendo l'auto e vi aiuto a cercarlo. Non può essere andato
lontano”. Disse Sara. “Johnny tu resta.......Johnny?”.
Nel parlare la
donna non si era resa conto che Johnny, sentendo il racconto del
padre di Ted, era corso in strada per andare a cercarlo.
“Johnny?!”
Sara si sporse
oltre il cancello e riuscì solo a intravedere la maglietta
bianca del figlio scomparire in fondo alla strada.
“Johnny
torna subito qui!!”.
“Santo
cielo! E' corso a cercare Ted!”. Disse Mary al limite dei suoi
nervi.
“Presto
Sara, sali in macchina. Dobbiamo trovarli!!”.
Era trascorsa
ormai mezz'ora da quando Johnny era corso via da casa, e la pioggia
non accennava a smettere.
“Ted?!!”.
Continuava a chiamarlo.
“Accidenti
a lui! Ma questa volta quando lo prendo lo strangolo!!”. Urlò,
prima che un lampo squarciasse il cielo illuminando tutta la via.
Johnny si portò
istintivamente un braccio sopra alla testa.
“Ted ma
dove sei finito?”. Sospirando, cercò di calmarsi e di
fare appello alla profonda conoscenza che aveva dell'amico , per
riuscire a capire dove poteva essersi nascosto.
“Ma
certo! Come ho fatto a non pensarci prima!”.
Ripensando al
motivo della lite tutto gli fu chiaro: c'era un solo posto dove
poteva essere.
Giunto
finalmente al campo di calcio della Saint Francis, si diresse verso
lo spogliatoio aprendo piano la porta.
“Ted?”.
Provò a chimarlo.
“Sono
qui.......”.
Tirando un
sospiro di sollievo, Johnny entrò, trovandoselo finalmente
davanti.
“Ciao”.
Gli disse questo.
“Come
sarebbe a dire ciao?! E' un'ora che ti cerco deficiente!”.
Ted sorrise
lievemente, non sentendo alcun vero tono di rimprovero nella voce del
numero nove della New Teem.
“Scusa.....mi
dispiace.”.
Johnny si
sedette per terra accanto a lui, passandosi una mano fra i riccioli
completamente bagnati.
“Sei
fradicio.”.
“Ma
dai.....?Ti sei accorto che sta diluviando?”. Rispose,
schizzandolo con la mano.
Per la seconda
volta Ted sorrise, togliendosi le gocce dal viso.
“Mi hai
fatto prendere un colpo sta volta. I tuoi sono venuti a cercarti a
casa mia sai?”.
“Si, me
lo immaginavo, per questo sono venuto qui. Non ti avranno seguito
vero?”.
“No, no.
Sono corso via appena ho saputo. Non gli ho dato il tempo di fare
nulla.”. Lo rassicurò Johnny, leggendogli una nota di
apprensione sul volto.
“Tua
madre sarà in pena”.
“Bè,
anche i tuoi. Perchè sei scappato così?”.
Ted si portò
le ginocchia al petto, stringendovi le braccia attorno e raccontando
per filo e per segno l'accaduto.
“Capisco.”.
Disse infine il riccio.
“Ha
cercato di corrermi dietro per scusarsi, ma io ero troppo ferito per
starlo a sentire. Come ha potuto dire certe cose?Il calcio è
la mia vita e non lo lascerò mai!”. Affermò con
sicurezza, picchiando il pugno chiuso sul pavimento.
“Ma certo
che non lo farai. E sono sicuro che tuo padre non parlava veramente”.
“E allora
doveva stare zitto!”. Urlò l'altro, voltandosi per
guardare il compagno di squadra negli occhi. “Io lo odio!”.
“Smettila
Ted. Non parlare così......”. Non c'era rimprovero nella
voce di Johnny, anche se il suo tono fu fermo e sicuro. “Tuo
padre ti vuole un bene dell'anima e farebbe di tutto per te. Non so
cosa l'abbia spinto a dirti quelle cose, ma dovresti dargli la
possibilità di spiegarsi e chiederti scusa”.
“Chiedere
scusa non cancella nulla.”. Disse Ted, che aveva ripreso a
fissare dritto davanti a se, ma il tremore appena percettibile nella
sua voce tradiva la sua aria di finta sicurezza.
“Forse
no. Ma prova a pensare a lui. Dev'esserci una spiegazione al suo
comportamento Ted andiamo!E' quello che ti ha accompagnato al primo
provino per la Sanit Francins, quello che ti ha regalato il primo
pallone e che ti ha portato a vedere la prima partita.”.
“Quello
che ci ha portato a vedere la prima partita”. Sottolineò
Ted con un sorriso appena marcato.
“Forse
gli è successo qualche cosa al lavoro. Ok, non doveva
prendersela con te.....ma a volte anche i genitori sbagliano”.
“E' che
non me lo aspettavo da lui. Sono deluso Johnny”. Rispose il
numero sette sospirando poi pesantemente e poggiando la fronte sulle
ginocchia.
“Se
conosco un po' tuo padre, sono certo che ora lui è anche più
deluso di te del suo comportamento. Lui ti adora. Non tutti hanno
questa fortuna”.
Il viso di Ted
sprofondò ancora di più fra le sue mani, mentre alcuni
ciuffi di capelli gli ricadevano sulla fronte e sulle guance.
“Lo
so.....”. Sussurrò. “Accidenti a me! Non ti dovevo
coinvolgere in questa storia!”. Borbottò,
scompigliandosi i capelli con un gesto di frustrazione.
“Non dire
scemenze”. Sorrise l'amico li accanto. “Non mi da
fastidio parlare di Simon.....anzi”. Continuò
poggiandogli una mano sulla spalla. “Sono felice che tu abbia
un padre come lui.”.
“Anche
io.......”. Sorrise sollevato.
“Coraggio,
ora torniamo a casa mia, così potremmo chiamare i tuoi per
rassicurarli.”.Disse Johnny alzandosi in piedi.
Ted annuì
facendo altrettanto.
“Johnny?”.
Lo richiamò prima che potesse uscire dallo spogliatoio.
“Si?”.
“Grazie.....non
so come tu faccia a sopportarmi certe volte”.
“Solo
certe volte?”. Scherzò l'altro, facendogli l'occhiolino
e ricevendo in risposta una finta smorfia di disappunto. “Che
vuoi farci Ted? Sarò masochista.”. “A volte un po'
si....”.
Fecero una
lunga corsa sotto la pioggia fino a casa Mason, e di li contattarono
sul cellulare i rispettivi genitori che, nel giro di poco, li
raggiunsero.
La madre di Ted
si precipitò ad abbracciarlo, stringendolo forte, forte al sul
petto, contratto per i singulti. “Ted!...Oddio amore.....non
farmi più una cosa come questa! MI hai fatto stare in pena”.
“Scusa
mamma.....mi dispiace”. Disse Ted, tentando di staccarsi quel
minimo indispensabile per poter respirare.
“Ted?”.
Anche Simon Carter si avvicinò alla sua famiglia, e così
Mary lasciò libero il figlio di poter confrontarsi con suo
padre.
Ted gli rivolse
una sguardo strano: tra lo smarrito e l'imbarazzato.....non sapeva
proprio cosa dirgli in quel momento.
“Ted non
volevo.” Fortunatamente su Simon il primo a parlare. “Mi
dispiace tanto se ti ho ferito. Ho detto delle stupidaggini......non
le pensavo veramente. Spero tu mi darai la possibilità di
spiegarti tutto dall'inizio.”. Ted non aveva mai visto suo
padre così: quell'uomo così alto e forte, ora gli
pareva così indifeso, che gli fece tenerezza.
“Papà.....anche
io ho sbagliato. Non dovevo scappare così.....e non dovevo
risponderti in quel modo. Mi dispiace tanto.”.
Suo padre si
chinò verso di lui abbracciandolo forte.
“Johnny?”.
Sara si
avvicinò con passo deciso e sguardo severo al figlio
colpendolo poi con uno schiaffo.
Il rumore secco
di quel gesto, fece voltare subito Ted, che vide l'amico abbassare il
capo davanti alla madre e portarsi una mano sulla guancia colpita.
“Come ti
è saltato in mente di scappare così?”. Urlò
Sara portandosi le mani sui fianchi. “ Non hai pensato alle
conseguenze?”.
“No
aspetta!”. Ted schizzò via dalla presa del padre e si
mise subito davanti a Johnny fronteggiandone la mandre.
“Per
favore lascialo stare! La colpa è solo mia! Se vuoi picchiare
qualcuno, picchia me non lui!”.
“Ted
no!”. Johnny scansò a sua volta l'amico mettendosi di
fronte alla madre. “Mamma hai ragione, mi dispiace non volevo
farti preoccupare. Ma non potevo stare fermo a casa. Ho agito
d'istinto.”.
“E io
sono tornato solo perchè Johnny mi ha fatto riflettere.”.
S'intromise Ted.
A discapito di
ciò che si aspettavano i due ragazza, Sara si portò una
mano sugli occhi iniziando a singhiozzare. “Mamma?”.
“Ti prego
non scappare più così. Mi hai fatto morire di paura
Johnny.”.
“Si
scusa.....hai ragione.”.
“Bè....direi
che si è fatto tardi”. Disse Simon Carter controllando
l'orologio al suo polso. “Io ho fame. Che ne dite di andare
tutti a cene”.
“Sai che
ti dico Simon?”. Disse Sara, finendo di asciugarsi la faccia
con la mano. “Per sta sera basta pioggia. Cucino io per
tutti!”.
“E io ti
aiuterò!”. Disse Mary. “Tu caro puoi stare coi
ragazzi intanto”.
“Certo!
Johnny perchè non vai a prendere la cassetta che vi ho fatto
per la vostra prima partita al Saint Francis? Ho proprio voglia di
vederla!”.
“Ma papà
la conosci a memoria”. Rise Ted.
“Si....ma
non mi stancherò mai di vederla figliolo.”.
“Fine
storia”. Disse Ted.
“Accidenti che avventura!”. Sorrise Bruce.
“Tuo padre dev'essere un uomo in gamba Ted. Mi ricorda molto il
mio”. Disse Holly, alzandosi dalla panca.
“Ehi ragazzi vi date una mossa? Sono due ore che noi siamo
fuori ad aspettarvi!”. Disse Johnny, che era appena entrato
nello spogliatoio seguito da Paul e da tutti gli altri.
“ Hai
ragione. Forza amici andiamo!”. Esortò tutti Holly,
dirigendosi fuori verso il campo di calcio.
Johnny si fermò un istante sull'uscio della porta, notando che
Ted era rimasto indietro, intento a palleggiare con uno sguardo
decisamente serio.
“Pensavo.....”. Iniziò il numero Sette. “Che
mi piacerebbe proprio vedermela di persona con Jeck e gli altri.”
Il volto di Johnny si scurì immediatamente in chiaro segno di
disappunto e fulminò il compagno con lo sguardo che, per tutta
risposta, scoppiò a ridere divertito.
“Stavo scherzando! Ci sei cascato!”. Canticchiò,
colpendo la palla di tacco e mandandola verso Johnny che la fermò
col piede destro.
“Ah-ah.....divertente”.
“ E dai Johnny rilassati!”. Disse Ted schizzando fuori
dallo spogliatoio.
“Con te....mi è molto difficile.”.
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