Beh,
che dire? Finalmente riesco
a postare qualcosa. E’ da un po’ che volevo farlo
ma a turno la voglia di scrivere e/o le idee scarseggiavano,
finché un bel giorno quell’anima pia di Nick non
mi ha dato l’ispirazione.
Adesso vi lascio alla lettura, le recensioni sono sempre gradite . :3
Fatemi sapere.
Un
bacio,
Sheep.
PS. Io e l'html non andiamo molto d'accordo. Mi scuso per eventuali
problemi.
I Jonas non mi appartengono e
questa one shot non ha alcuno scopo di lucro.
Ovviamente, per Nicholas.
Perché senza
di lui la mia ispirazione
Sarebbe nulla.
Inspiration
My
life is brilliant.
My
love is pure.
Lanciai
la
penna contro il muro, catturato da un istinto rabbioso e
irrefrenabile.
Il pezzo di
carta rimase a fissarmi inerme, nascosto dietro alle parole
che avevo accuratamente scribacchiato e poi nervosamente cancellato
qualche minuto dopo, per tutto il pomeriggio, senza arrivare a
nessunissima conclusione. Uno schianto secco e acuto fu tutto
ciò che udii nei successivi dieci secondi. La bic cadde a
terra, ancora integra, sul parquet chiaro di cui mia madre era
letteralmente innamorata e nello studio calò di nuovo un
silenzio tombale, scandito a tratti dal ticchettio
dell’orologio a parete.
Eravamo nel
pieno del giugno più torrido e soffocante della
mia intera esistenza; Sentivo il cotone della canottiera fradicio e
bollente sulla schiena, attaccato alla pelle umida, la mano
addormentata per tutto quel tempo in cui avevo tenuto in mano la biro.
Il nervosismo mi aveva messo sottosopra lo stomaco, pareva pulsasse
nelle vene. Avevo voglia di distruggere con tutta la foga che mi si era
annidata in corpo prima quel fottutissimo foglio che giaceva sotto il
mio naso con aria beffarda, poi la scrivania in ciliegio, la sedia, la
lampada accesa e qualunque altra cosa mi fosse capitata sotto mano.
La finestra,
che in quei giorni lasciavamo socchiusa per impedire
al sole bruciante di invadere la stanza e rovinare il colore
dell’arredamento –idea di mamma, ovviamente-, mi
incuteva non solo un’ansia logorante ma anche un assurdo
senso di oppressione.
Mi sentivo
innervosito e stizzito all’incirca come una donna
di mezza età prossima alla menopausa, al punto che il mio
stesso respiro affaticato o i passi di mio fratello al piano superiore
erano diventati motivo di assoluto fastidio e repulsione.
Maledissi il
mio mestiere di cantautore, tutte quelle idee che
all’inizio mi sembravano perfette e che puntualmente, a
rileggerle, si rivelavano completamente inadatte o
inascoltabili. Presi anche un taccuino, in cerca del modo che
agevolasse di più la mia mente a lavorare.
Non ne ricavai
niente se non il mio nome scarabocchiato più
volte al centro della pagina.
{Nicholas,
Nicholas, Nicholas, Nicholas.}
Emisi un
rantolo di disperazione, spensi la luce e mi alzai,
dirigendomi verso la finestra.
Mi affacciai
nell’asfissiante clima quasi-estivo di Dallas. I
sobborghi più ricchi, come quello in cui mi trovavo, erano
rinfrescati da irrigatori, così il nostro prato era
più verde del solito mentre il resto della città
appariva appassito e sfibrato. Immaginai che la maggior parte dei
cittadini –come il postino di passaggio che mi stava
lanciando sguardi infami- mi stesse invidiando in quel momento e sentii
un sorriso sfiorarmi le labbra. Chi avrebbe mai potuto immaginare che
mia madre, dopo aver frequentato un circolo di ambientalisti, aveva
abolito ogni forma di condizionatore presente in casa?
“Lo
faccio per il nostro pianeta, cari.” Aveva
detto, e così ci eravamo visti strappare da uomini in tuta
blu uno dei beni primari –a detta di Joe - assolutamente
fondamentali –Hai
la minima idea di che effetto avrà sulla mia pelle, mamma?-.
Considerando poi anche il fatto che mio fratello minore, durante una
delle sue corse col cane, aveva messo fuori uso due su quattro dei
ventilatori presenti in casa, eravamo davvero nella merda rispetto
all’arrivo molto prossimo di luglio.
Mi
stiracchiai, avvicinai le ante della finestra, spensi la lampada e
uscii.
Che senso
avrebbe avuto restarsene a poltrire tutto il pomeriggio
aspettando che arrivasse quella dannata ispirazione- il che equivaleva
a dire che
gli asini
volassero?
Decisi
istantaneamente che sarei uscito, fischiai ad Elvis e prima che
chiunque in casa potesse rendersene conto –tanto dormivano
tutti- mi ritrovai in strada. Dallas era deserta perciò la
prospettiva era ottima: niente paparazzi né fan. Non
fraintendetemi, adoravo la mia notorietà, ma quella era
davvero la giornata meno adatta ad affrontare i rischi e le
complicazioni del mio lavoro.
Passammo nel
parco circa un’oretta quando il mio umore
cominciò a dare lievi segni di miglioramento.
I colori del
prato, degli alberi, dei fiori, anche se notevolmente
più tenui, regalavano al mio animo la serenità e
la freschezza di cui avevo bisogno. Lasciai libero il mio golden
retriever e mi distesi sul prato, all’ombra di un albero. Una
manciata di secondi dopo chiusi gli occhi ed entrai in una fase di
rilassamento profondo.
Mi svegliai
solo un’oretta più tardi, con la
schiena a pezzi, e mi ci volle un po’ per tornare tra i vivi.
Il mio primo
pensiero, quando finalmente riuscì a connettere
il cervello, fu Elvis. Ovviamente, non era più nei paraggi e
istantaneamente sperai che, ovunque si fosse cacciato, non fosse uscito
fuori dai giardini.
Mi alzai di
scatto e, ignorando il moto vertiginoso della terra
tutt’intorno, senza nemmeno pensare al mio aspetto fisico che
doveva essere a dir poco disastroso, o alle conseguenze che avrebbero
potuto essere seri guai, iniziai a fischiare e a chiamarlo ad alta voce.
Nessun
bestione mi corse incontro, né udii nessun abbaio per
i successivi quindici minuti. Tutto ciò che ottenni fu
l’attenzione di una ventina di persone, non senza
occhiatacce.
“Giornata
di merda.” Mormorai tra me e me.
“Che giornata di merda.”
Imperterrito,
continuai a cercare per un po’, vagabondando a
vuoto per il parco senza una meta, come uno di quei pazzi barboni che
comparivano ogni tanto.
Yeah,
she caught my eye,
As we walked on by.
She could see from my face that I was,
Fucking high,
Lo ritrovai,
ovviamente. Non molti minuti dopo, accucciato ai piedi di
una grande quercia. Il mio primo istinto fu quello di ucciderlo,
soppiantato però subito dalla voglia di coccolarlo.
“Maledetto
sacco di pulci …” Lo
rimproverai, grattandogli la testa mentre prendeva a leccarmi le mani.
E fu proprio allora, mentre confessavo al mio cane di essere stato in
pensiero per lui, che la mia giornata cambiò
irreversibilmente. Mi fermai, con gli occhi sgranati, Elvis che ancora
mi mordeva il braccio.
L’ispirazione
mi era appena passata davanti, proprio sotto il naso. A qualche metro
di distanza, una ragazza
camminava mano nella mano con un giovane alto e forzuto, pompato come
un giocatore di rugby.
Non era
anonima, nemmeno bellissima. Aveva lunghi capelli rossi, di un
rosso forte e non arancionastro, ma nemmeno una di quelle tinture da
quattro soldi che pubblicizzano in televisione. Quei capelli erano
irrimediabilmente e dannatamente naturali, lucenti, creavano un forte
contrasto con la pelle nivea. I boccoli cremisi, raccolti in una coda
morbida, incorniciavano lineamenti dolci, ben disegnati, e occhi a
mandorla chiari, certamente verdi o azzurri- non ho mai avuto modo di
appurarlo. Era alta, con un fisico asciutto, esile, nascosto in un
vestitino a fiori, che a confronto col biondo accanto avrebbe potuto
risultare invisibile. Ma lei brillava, non so come facesse, giuro che brillava.
Si voltò per un secondo dalla mia parte come se avesse
avvertito la mia presenza. E mi sorrise, che mi sentii sparire, che
percepii il tempo fermarsi e retrocedere, per poi accelerare,
mentre le parole della canzone mi scorrevano già in mente,
vivide.
Mi sorrise, e
in quel momento la mia anima si distaccò dal
mio corpo e volò in alto, verso il Paradiso.
And I
don’t think that I’ll see her again.
But
we shared a moment that will last till the end.
Inutile
dire
che non l’ho più rivista. Mai
più.
E non credo
che mai la rivedrò. Vado al parco ogni giorno,
da allora, ma più per abitudine che altro.
Non
è più tornata; Né lei,
né lo scimmione biondo probabile giocatore di rugby. Forse
erano stranieri, o forse gli fa schifo quel posto, chi lo sa.
Di lei non rimarrà altro che una canzone e uno splendido,
nitido ricordo.
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