Shot per
il “Tricolore Challenge” indetto da Fanworld
Prompt:
bianco
Genere:
drammatico (argomento certamente delicato, ho solo scelto di raccontare
una delle infinite
possibilità che possono accadere – non vuole
essere una verità assoluta)
Conteggio
parole (word): 1.584
Tutto era
ammantato di bianco.
Le
tribune, il campo, la copertura che portava agli spogliatoi.
La neve
ricopriva ogni cosa, rendendola quasi irreale.
Nonostante
il cielo grigio, tutto quel bianco faceva apparire il paesaggio quasi
abbagliante.
E Dario
aveva dovuto distogliere lo sguardo, fissarsi la punta dei piedi,
perchè gli
occhi avevano preso a lacrimare.
"Bugiardo" si era detto "Non è per questo che stai
piangendo".
Le
lacrime avevano iniziato a scorrere più copiose. Tutte
quelle lacrime che non
aveva versato in questo mese, sembravano essere decise a farsi vive
adesso.
Dario
aveva inforcato gli occhiali scuri, perchè aveva intravisto
qualcuno
sopraggiungere.
Aveva
calcato con maggiore forza anche il cappellino che portava. La visiera
a celare
ulteriormente il suo viso.
Il freddo
era pungente, il fiato si condensava in candide nuvolette bianche.
Dario
immaginava chi potesse essere, e aveva sperato che quella persona
cambiasse
idea all'ultimo momento.
Adesso
proprio non se la sentiva di affrontarla.
Ma non
era stato così, una figura minuta si era fermata di fianco a
lui.
Sotto la
pensilina della panchina, la sorella di Marco lo aveva raggiunto.
Incurante
della neve alta, in cui affondavano entrambi sino quasi al ginocchio.
- Ciao
Dario...
Lui aveva
fatto appena un cenno col capo. Il viso rivolto dall'altra parte, teso
a
nascondere le lacrime.
- Quanta
neve vero? Sembrava che non volesse smettere più...
Il bianco
era sempre più abbagliante, nonostante gli occhiali da sole,
o almeno a Dario
sembrava così. Perchè i suoi occhi lacrimavano
sempre più copiosamente.
- Anche
se dicono che nevicherà ancora... se va avanti
così, fra un pò non si circolerà
più in città...
Daniela
era stata la sua prima ragazza. La sorella del suo migliore amico, un
classico.
Lui aveva sedici anni, lei quattordici.
Marco gli
aveva quasi rotto il naso, prima di dargli la sua benedizione. Era
sempre stato
geloso della sua sorellina, tanto che all'inizio persino lui, Dario il
suo
migliore amico, lo aveva giudicato non adatto.
Ma poi
avevano parlato, si erano chiariti, e Marco alla fine ne era stato
contento.
La storia
con Daniela era durata sei mesi appena, una storia da ragazzini in
fondo.
Si erano
lasciati senza tante tragedie, perchè non c'era motivo di
essercene. Marco gli
aveva quasi rotto il naso nuovamente, però, giusto
perchè voleva fargli
presente che quella era la sua sorellina e se avesse sofferto, lui non
avrebbe
guardato in faccia nessuno.
Nemmeno
Dario, il suo migliore amico.
- Marco
avrebbe apprezzato.
E Dario
avrebbe voluto urlarle di andarsene, di non provarci nemmeno.
- Anche
il disagio che avrebbe portato...
Un fiocco
di neve, perfetto nella sua imperfezione, si era andato a depositare
sulla
manica del suo giubbotto nero.
Bianco su
nero. Un contrasto che era durato il tempo che il fiocco si
sciogliesse,
lasciando solo una macchia più scura.
"Niente
dura per sempre".
Questa
frase si era affacciata nei pensieri di Dario, infliggendogli un
ulteriore
sofferenza.
Gliel'aveva
detta Marco solo qualche mese fa, e lui non aveva capito. Lui era
andato avanti
per la sua strada, a braccetto con il suo stupido orgoglio, i suoi
pregiudizi.
E adesso
Marco non c'era più, e sua sorella non era venuto per
insultarlo, o
disprezzarlo, o maledirlo.
Daniela
sembrava essere lì, perché cosciente di quale
fosse il suo stato d’animo.
- Ti
ricordi, Dario, l’ultima volta che avete giocato qui?
I ricordi
erano esplosi con la forza di una bomba, travolgendolo.
Dario era felice. Finalmente, dopo
dieci mesi, era tornato a casa, in Italia.
Una licenza dalla missione di pace
in cui era impegnato con il suo reparto.
Felice di poter essere nuovamente in
famiglia, felice di poter rivedere Marco.
Da quando si era arruolato quattro
anni prima, la sua vita si era trasferita in giro per il mondo, dove
era
richiesta la loro presenza di soldati.
L’amicizia con Marco, iniziata il
loro primo giorno di scuola alle elementari, non aveva risentito di
quella
lontananza.
Entrambi erano rimasti un tassello
fondamentale nella vita l’uno dell’ altro.
Molti, senza conoscerli, li
pensavano fratelli, tanto era forte il loro legame.
Così, negli spogliatoi, in vista di
quella partita che avrebbero giocato con vecchie e nuove amicizie
comuni, Dario
e Marco non smettevano di ridere e scherzare.
E di scambiarsi pacche affettuose, o
di ingaggiare finti combattimenti corpo a corpo.
E anche sotto la doccia, dopo la
partita, era stato tutto uno sfottersi per dimensioni, lunghezza,
prestazioni,
capacità più o meno amatorie messe in dubbio.
In pizzeria, erano stati raggiunti
da mogli e ragazze dei rispettivi amici.
Ed era lì, che era successo.
Davanti alla loro grande familiarità
e confidenza, Dario si era sentito chiedere dalla ragazza seduta
accanto a lui,
se era il nuovo compagno di Marco.
Subito non aveva capito, o meglio,
era convinto che lei avesse frainteso il rapporto che c’era
tra lui e il suo
migliore amico.
Quando poi si era girato verso
Marco, per informarlo dell’equivoco e riderne con lui, aveva
incontrato lo
sguardo serio del suo amico.
Velato di una verità sconvolgente,
inimmaginabile, inaccettabile.
Dario si era sentito gelare il
sangue nelle vene.
Si trattava di Marco, il suo
migliore amico, il ragazzo di cui conosceva ogni più piccolo
segreto o
pensiero.
Non poteva essere. Non poteva
essere. Non poteva essere.
Continuava a ripeterselo, Dario,
mentre sfrecciavano nella sua mente tutte le immagini di Marco con le
ragazze
che aveva avuto.
Non tante quante ne aveva avute lui,
ma ne aveva avute.
Poi altre immagini avevano
soppiantato quelle con le ragazze: loro due, solo qualche momento fa,
negli
spogliatoi. La loro confidenza, i loro scherzi, il contatto fisico.
Non aveva resistito e se ne era
andato.
Marco che l’aveva subito seguito,
per parlare, spiegare.
Ma lui non aveva voluto sentire
ragione. Lo aveva accusato di aver tradito la loro amicizia, di avergli
sempre
mentito, di essere diventato qualcuno che lui non conosceva
più.
Qualcuno che non era di certo il suo
migliore amico.
Era
ripartito quattro giorni dopo senza più vedere Marco.
Respingendo ogni suo
tentativo di contattarlo.
Aveva
cancellato sistematicamente ogni messaggio ricevuto da lui.
Troppo
arrabbiato, troppo deluso, troppo ferito, troppo tradito per poter solo
pensare
di ascoltare cosa aveva da dirgli.
La verità
era una ed una soltanto.
Marco non
era il ragazzo che aveva sempre conosciuto.
Perché
non aveva potuto nascondergli un segreto così grande.
E poi
Marco era morto.
Mentre
lui rischiava la vita tutti i giorni, durante le sue missioni, Marco
combatteva
un’altra guerra.
Quella
contro se stesso, contro quella scoperta che aveva sconvolto anche lui.
- Ti
ricordi, Dario, come era felice? Quando c’eri tu, lui aveva
una forza diversa.
Le
lacrime scendevano ora senza più freni, e Dario sentiva
premere anche i
singhiozzi.
- Te lo
avrebbe detto, sarebbe stato difficile, ma lo avrebbe fatto.
Non voleva più ascoltarla, faceva
troppo male.
Aveva visto morte e sofferenza quasi
tutti i giorni della sua vita da quando
si era arruolato.
Ma era stato forte dei legami che
aveva lasciato e che lo aiutavano ad affrontare la scelta che aveva
fatto.
E adesso che quel legame con Marco
non c’era più, lui stava crollando.
- Perché
tu eri fondamentale per lui. Avrebbe potuto affrontare tutto, sapendo
che tu
c’eri e lo sostenevi.
E lui lo aveva respinto, lo aveva
cancellato dalla sua vita.
Il suo silenzio, aveva ucciso Marco.
Lui, Dario, il suo migliore amico,
aveva ucciso Marco.
Non lui che si era tolto la vita, ma
il suo silenzio. - Negli
ultimi anni, vicino a mio fratello, ho imparato che nella vita non si
può
giudicare o condannare qualcuno senza averlo davvero conosciuto.
Si era
avvicinata, posandogli una mano sul braccio e costringendolo a
guardarla.
Anche lei
aveva gli occhi lucidi, ma anche un sorriso sereno.
- E io ti
conosco Dario, da sempre.
E Dario
sapeva che le sue lacrime erano visibili, nonostante gli occhiali scuri.
- So che
non avresti mai voluto fare del male a mio fratello. So quanto gli
volevi bene,
quanto contasse per te.
Il pianto
oramai gli scuoteva le spalle. Quelle spalle così larghe,
così cariche di
fardelli da portare, ma che non erano mai stati pesanti come adesso.
- E lo
sapeva anche Marco.
Aveva
tirato fuori dalla tasca un foglio sgualcito per tenderglielo.
- Qui c’è
tutto quello che avrebbe voluto dirti, Dario.
La neve
aveva ripreso a cadere copiosa.
Ora anche
il cielo appariva bianco, un bianco in cui perdersi sarebbe stato
facile.
Troppo facile.
Aveva
preso il foglio che Daniela gli tendeva. La mano che tremava, come non
aveva
mai fatto nemmeno imbracciando il suo fucile.
- Marco
ti voleva bene. E ti aveva perdonato.
Gli occhi
di Daniela lo stavano salutando, come avevano sempre fatto.
- L’ho
fatto anch’io, Dario.
E stava
per lasciarlo lì, da solo, con il ricordo di Marco
sorridente e vivo.
- Adesso
tocca a te. Perdonare e fare in modo che Marco non muoia
un’altra volta.
Marco che
aveva scritto, ciò che non gli aveva permesso di dirgli.
L’ultimo
gesto di Daniela era stata una carezza lieve, con cui aveva asciugato
quelle
lacrime testimoni silenziose del suo dolore.
Un dolore
che avrebbe portato per sempre con se.
Insieme a
quella lettera, che prima o poi, avrebbe trovato il coraggio di leggere.
- Dario?
- Che c’è?
- Non riesco a dormire.
- E allora? Non devo dormire neanche
io?
- Credo di sì. Gli amici non
dovrebbero condividere tutto?
- Marco?
- Eh?
- Ma vai a cagare…
E l’eco delle loro risate, di
quindicenni spensierati, si era spento solo molto tempo dopo.
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