FanFiction scritta per celebrare il LaviYu Festival! (06 Giugno – 10 Agosto)
Chiunque voglia partecipare all'evento pubblicando qualunque cosa relativa
al pair LaviYu (che sia una
foto, una fanart, o una fanfiction)
è caldamente pregato di lasciare il link nel topic
che raccoglie tutto ciò che le fan Italiane della coppia hanno realizzato
quest'anno per il LAVIYU FESTIVAL.
Il link del topic è il seguente http://blackorder.forumcommunity.net/?t=38380671#lastpost
Grazie a tutte coloro che si uniranno a noi nei festeggiamenti.
Questa fic contiene degli spoiler sulla Notte
191, in particolare all’inizio di questa. Inoltre l’ispirazione mi è venuta
ascoltando la canzone dei System of a Down, Aerials che se volete potete ascoltare a questo indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=KH1D1pcQ7Og.
Aerials in the sky
When you lose small mind
you free your life
Aerials - System of
a Down
Un minuto.
Sessanta secondi.
Prima di ogni missione, Kanda
impiegava tale tempo per compiere un gesto che ormai era divenuto quasi un
rito: guardare il Cielo.
Una vasta distesa di blu che se osservata
insistentemente per troppo tempo poteva sortire due effetti così contrapposti
quanto simili sull’animo di un essere umano. La mente si annichilisce e si ha
la sensazione di sprofondare in un abisso celeste, ma allo stesso tempo ci si
sente schiacciare da quell’ammasso ceruleo e astratto.
Ma per Kanda… per lui
aveva tutto un altro significato.
Erano passati solo cinquanta secondi e la voce di
Lavi si udì alle sue spalle, come un oggetto di vetro che cadendo rompe un
silenzio sacro.
“Yuu, ti ho cercato
ovunque. Dobbiamo partire!” Il ragazzo si avvicinò allegro al compagno di
viaggio e, non udendo risposta da parte di questi, riprovò ad attirare la sua
attenzione. “Yuu, cosa guardi?” domandò, rivolgendo
anch’egli lo sguardo al Cielo, non cogliendo ovviamente il recondito
significato che tale atto aveva per l’altro. Si spazientì dopo soli tre
secondi. “Insomma, Yuu! È soltanto il cielo.”
Frase sbagliata.
“CHE. Non è soltanto il Cielo! Idiota!” ruggì
Kanda, voltandosi più irritato che mai e avviandosi
verso l’interno della Torre, lasciando così Lavi perplesso e ancora incapace di
spiegarsi cosa avesse mai detto di male questa volta. Rivolse nuovamente uno
sguardo scettico al Cielo e poi seguì l’altro per avviarsi alla missione che li
era stata assegnata.
Inutile dire che, durante tutto il tempo che seguì, Kanda non si degnò di rivolgere a Lavi altre frasi se non
‘Stai zitto!’ e ‘Baka Usagi!’
***
Sebbene Lavi sapesse perfettamente che interrompere Kanda durante la sua meditazione equivaleva ad un suicidio,
non riuscì a tenere a freno i propri piedi mentre si dirigeva verso di lui. Era
più che mai convinto di voler chiarire quella situazione insolita che si era
creata tra loro.
Non è soltanto il cielo.
Questa frase gli ronzava in testa come uno sciame
d’api intorno ad un alveare. Era giunto il momento di usare le sue tecniche di
persuasione apprese durante anni e anni di registrazioni per il clan Bookman.
“Ehm… Yuu… mi dispiace”
esordì direttamente con le scuse, ma non stava mentendo: quella situazione era
davvero spiacevole per lui.
“Non dispiacerti se non sai neanche il motivo per
cui ti scusi” rispose velenoso Kanda, restando
immobile come una statua nella posizione del fiore di loto e mantenendo gli
occhi chiusi per evitare di perdere la concentrazione, anche se, conoscendo
Lavi, sapeva perfettamente che era inutile continuare con la sua meditazione.
“E’ vero, non lo so: per questo sono qui.” Lavi si
sedette al fianco del compagno, incrociando a sua volta le gambe, ma inclinando
la schiena all’indietro in modo da sorreggersi con entrambe le mani poggiate al
pavimento. “Cosa c’è nel Cielo?”
Nessuna risposta da parte di Kanda.
La domanda non ne meritava alcuna semplicemente perché era sbagliata: ‘Cosa è
il Cielo?’ questa sarebbe stata molto più appropriata e comunque Kanda non avrebbe risposto ugualmente.
Dirgli cosa il Cielo significava per lui, comportava
necessariamente raccontare tutto il suo passato.
Non poteva dirgli che il Cielo, il blu splendente
ornato di nuvole che vide quel giorno fatidico, era stata la prima cosa che
aveva visto al mondo. Lo aveva guardato per molti minuti quel giorno e solo in
quel momento Kanda si era sentito veramente vivo…
veramente nato!
Benché avesse scorto il Cielo blu nei suoi sogni
molte volte prima di uscire nel mondo esterno, solo allora Kanda
poté davvero ammirarne il colore vivo e i movimenti dei cumuli sospinti dal
vento. Faceva male, come la luce del sole agli occhi di un bambino appena
partorito, ma era un dolore dolce che subiva volentieri ogni volta che
rivolgeva lo sguardo verso l’alto.
La prima cosa che aveva visto del mondo e se ogni
volta, prima di partire in missione, si soffermava a guardarlo era solo perché
voleva assicurarsi che fosse l’ultima cosa che la sua mente avesse ricordato in
caso di morte.
In quei sessanta secondi, Kanda
lasciava la sua mente libera e le catene di Esorcista che lo tenevano legato a
quella realtà svanivano come d’incanto.
Si alzò irritato per essere stato disturbato e andò
via senza degnare di una singola parola Lavi, che restò seduto a guardare la
sua schiena con l’occhio smeraldino velato di tristezza.
***
Passarono tre giorni e, nonostante i vari tentativi
di Lavi di approcciare Kanda, questi lo ignorava
bellamente proseguendo per la sua strada senza neanche guardarlo.
Seduto come di consueto in meditazione, Kanda sentì distintamente il rumore dei passi di Lavi
avvicinarsi a lui. Era già pronto a inveirgli contro non appena avesse pronunciato
una qualsiasi parola, ma stranamente Lavi si fermò accanto a lui, si sedette e
gli pose una sola e semplice domanda.
“Posso restare qui… in silenzio?” Kanda sussultò in modo appena percettibile a quell’insolita
richiesta, e l’occhio di Lavi, sempre attento ad ogni particolare, non mancò di
vedere quella reazione.
Un cenno affermativo del capo acconsentì
silenziosamente a quella domanda.
Era strano sentire Lavi vicino a sé ma senza udirne
il suono della voce. Era bizzarro e… fastidioso.
Sì, fastidioso!
Paradossalmente Kanda
preferiva di più ascoltare la voce di Lavi quando gli era vicino, piuttosto che
sentire solo la sua presenza accanto ma senza alcun suono. Come la volta
precedente, la concentrazione per la meditazione andò del tutto persa e il ragazzo
si alzò risoluto per dirigersi nel giardinetto dinanzi.
Lavi seguì ogni suo movimento con lo sguardo e,
quando Kanda si fermò alzando la testa verso il
Cielo, decise di affiancarlo. Senza distogliere gli occhi dalla distesa celeste
sopra di sé, quando sentì la presenza di Lavi vicino, Kanda
non poté più trattenersi.
“Parla.” Sebbene avesse impresso un timbro piuttosto
duro a quell’ordine, era ben udibile in quella singola parola una velata
supplica.
“Cosa devo dire?” chiese Lavi accennando un sorriso,
felice che l’altro gli avesse fatto quella richiesta e ben lieto di esaudirla. Kanda non gli rispose e Lavi interpretò il suo silenzio
come un invito a raccontargli qualsiasi cosa: non erano importanti le parole,
ma la voce.
E Lavi parlò a Kanda
proprio del cielo. Elargì con disinvoltura le sue conoscenze al riguardo,
scrutando di tanto in tanto l’espressione di Kanda
per essere certo che ciò che stava dicendo era a lui gradito.
Kanda aveva sempre
osservato il Cielo da solo fino a quel giorno e sempre aveva sofferto nel
guardarlo, poiché in esso si mescevano ricordi di morte e vita, due tappe
dell’esistenza che l’Esorcista conosceva fin troppo bene. Guardare il Cielo con
Lavi al proprio fianco e con la sua voce che fungeva da sottofondo, non
sembrava più così penoso.
Nonostante l’altro fosse solo a pochi passi di
distanza da lui, Kanda si lasciò andare a quelle
sensazioni che lo ghermivano ogni qualvolta contemplava il soffitto del Mondo
nella sua perenne solitudine.
Finché l’incanto non fu infranto da un tocco lieve.
Non aveva sentito la voce di Lavi interrompersi alla sua sinistra, non aveva
avvertito l’altro avvicinarsi pericolosamente alla sua persona: tutto ciò che Kanda percepì fu il lieve tocco delle dita di Lavi sulle
sue labbra.
Si ritrasse all’istante, maledicendo sé stesso per
la vulnerabilità che aveva mostrato. Istintivamente portò due dita alla bocca e
l’altra mano all’elsa della spada, mentre i suoi occhi si fissavano con ira in
quello meravigliato di Lavi, il quale mostrava un’espressione che lui avrebbe
definito da ebete.
“Che cazzo fai?” sbottò, preda della rabbia, verso
l’altro e verso sé stesso.
“Nulla… è solo che… volevo…” Era chiaro a Lavi
che Kanda non si era accorto di ciò che aveva fatto e
che aveva indotto il ragazzo a toccargli le labbra: non si era accorto che
stava sorridendo e Lavi, non credendo a ciò che il suo occhio si era trovato ad
ammirare, aveva voluto toccare con mano quel sorriso: sentire la curvatura
delle labbra sotto i polpastrelli e percepire la morbidezza e il calore che
esse emanavano sulle proprie dita.
E il suo occhio non lo stava
ingannando; Kanda aveva sorriso e lui, sebbene fosse
stato solo un attimo fugace come un lampo nel cielo, era riuscito a toccare
quell’espressione della quale aveva potuto scorgere solo la metà sinistra: ma
era più che sufficiente per lui.
Lo aveva immaginato molte volte,
figurandosi il viso di Kanda nell’atto di sollevare
di quel poco gli zigomi e distendere quindi le labbra in un vero sorriso, ma
tutti i suoi sforzi immaginativi naufragavano senza un risultato soddisfacente.
E vedendo il vero sorriso di Kanda, Lavi capì il motivo per cui non era mai riuscito a
disegnarlo nella propria mente. Non riusciva a credere poi che l’altro avesse
mostrato una cosa simile davanti a lui, ascoltando la sua voce.
Preferì non dire nulla,
consapevole che Kanda avrebbe negato ogni cosa, pur
se messo dinanzi all’evidenza. Restarono a fissarsi per diversi istanti ancora,
prima che Kanda snervato si allontanasse con un
sonoro e sprezzante ‘Baka!’
Le poche persone che lo
incrociarono nei corridoi dell’Ordine, mentre si dirigeva verso la sua camera,
avrebbero giurato di non aver mai visto l’Esorcista così arrabbiato prima, e
alcuni provarono addirittura pena per la sventurata persona che aveva scatenato
la sua ira in una tal maniera.
Giunto finalmente nella propria
stanza, dopo aver sonoramente sbattuto la porta riversando su di essa parte
della sua rabbia, Kanda si toccò le labbra
esattamente nel punto in cui aveva sentito le dita di Lavi sfiorarle.
Nell’istante stesso in cui aveva
avvertito quel contatto, inconsciamente si era messo sulla difensiva, ma quando
aveva visto l’indice e il medio di Lavi sollevati a mezz’aria, quasi stessero
ancora cercando di sfiorare la sua bocca, inevitabilmente un brivido diverso
dalla collera aveva percorso la sua spina dorsale dalla nuca ai lombi. Ma cosa
credeva di fare quell’idiota? Perché aveva compiuto un gesto così stupido, ben
sapendo quali sarebbero state le possibili conseguenze?
Avrebbe dovuto tagliarlo in due
con Mugen in quello stesso istante per la
sfrontatezza dimostrata e invece era rimasto pietrificato dal gesto inatteso
dell’altro. Cosa avrebbe pensato di lui? Come minimo Lavi si aspettava un
fendente da parte sua o quanto meno che si strofinasse le labbra con il dorso
della mano, per ripulirle dalle impronte lasciate dalle sue dita, e invece non
aveva fatto nulla di tutto ciò.
Se solo ci ripensava… se solo
avesse potuto tornare indietro… appena quelle impudiche dita lo avessero
sfiorato di nuovo lui... lui… era così certo che avrebbe aggredito Lavi come
credeva di volere? Si tastò nuovamente la bocca e inevitabilmente al tocco dei
propri polpastrelli si rese conto della differenza che esisteva tra la sua mano
e quella di Lavi.
Imprecò ancora una volta contro
di sé, dannandosi disperatamente per le sensazioni che provava al solo
ricordare quel gesto.
Restò tutto il giorno in camera,
meditabondo sul letto, e di tanto in tanto, con una naturalezza involontaria,
portava il pollice alle labbra, sfiorandone ancora il contorno nei punti in cui
erano state toccate da Lavi. Quando si avvedeva del proprio gesto, ritraeva
subito la mano emettendo un suono irritato.
Si interrogò sui possibili motivi
che avevano indotto Lavi a compiere quel gesto. Provò a ricordare con
precisione la dinamica dell’evento.
Stava guardando verso l’alto e
Lavi parlava al suo fianco. Cosa gli stava dicendo? Non lo rammentava; non
stava prestando molta attenzione alle sue parole. E poi? Cosa aveva fatto?
Ricordava di aver momentaneamente sciolto la sua mente dalla realtà. Ma c’era
dell’altro. Aveva fatto qualcosa. Qualcosa che aveva indotto Lavi a toccarlo,
perché era impossibile che l’altro lo avesse fatto al solo scopo di farsi beffe
di lui, approfittando della sua distrazione.
Il Cielo e la voce di Lavi
avevano creato un connubio così rilassante! Forse aveva… No, impossibile! Per
un attimo Kanda credé di aver sorriso davanti a Lavi,
ma subito scacciò quell’idea. Non poteva aver fatto una cosa del genere. O
forse sì?
Si alzò di scatto dal letto. Al
solo pensiero di quello che temeva fosse successo si sentì mancare l’aria nei
polmoni. Aveva bisogno di andare fuori. Magari un po’ di allenamento con Mugen lo avrebbe rilassato e aiutato a dimenticare.
Prese l’amata katana e uscì dalla
stanza, ma quando varcò la soglia della porta trovò Lavi contro il muro e con
le braccia conserte, in evidente attesa di qualcuno e, quando sollevò lo
sguardo, Kanda capì che quel qualcuno era proprio
lui. Digrignò i denti e, dovendo obbligatoriamente passargli davanti per uscire
dall’edificio, camminò verso di lui a schiena dritta intenzionato ad ignorarlo.
“Ancora arrabbiato?” gli chiese
scherzosamente Lavi sfoderando uno dei suoi sorrisi più gentili. Ovviamente non
ottenne alcuna risposta e Kanda lo sorpassò per
svoltare l’angolo. “Questa sera il cielo è bellissimo! Ci sono tantissime
stelle: potrei parlarti delle costellazioni se vuoi. Ti assicuro che è molto
interessante!”
Si stava forse prendendo gioco di
lui?
“Non mi interessa” rispose
tagliente Kanda, ma Lavi non si diede per vinto,
anzi, il fatto che l’altro gli avesse comunque risposto con calma superava di
gran lunga le sue più rosee aspettative su quell’incontro. Si era già preparato
a parare un possibile colpo di Mugen o a non ricevere
alcuna risposta se non il solito ‘CHE’.
Come se Kanda
lo avesse invitato a seguirlo, Lavi si avviò nella sua stessa direzione con le
mani incrociate dietro la nuca e un sorriso raggiante sul viso.
Giunti all’esterno, Lavi tentò
nuovamente di approcciare Kanda, ma questa volta
decise di usare un tono più serio. Era l’unico modo che aveva per farsi
considerare davvero dall’altro.
“Yuu…”
“E piantala di chiamarmi per
nome, se non vuoi essere sventrato da Mugen!” ruggì Kanda al sentire la voce dell’altro chiamarlo in quel modo
così confidenziale. Lavi fece finta di nulla, ormai abituato al suo modo di
fare, e proseguì con ciò che stava dicendo.
“Dicevo sul serio prima. Sai,
mentre oggi ti parlavo del Cielo, mi sono accorto che in effetti non è soltanto il Cielo. È qualcosa di più e
ho capito che per te significa molto. Non so cosa esattamente e non pretendo
che tu me lo dica se non vuoi, solo… mi piacerebbe guardarlo ancora con te e
parlartene.” Lavi non poteva vedere il viso di Kanda
in quel momento, essendo questi girato di spalle e con le braccia conserte, ma
se era rimasto in silenzio ad ascoltare ciò che gli aveva appena detto, allora
c’era un minimo di speranza che decidesse di restare in sua compagnia quella
sera.
Quando Lavi aveva visto il Cielo
riflettersi negli occhi di Kanda e le sue labbra
incurvarsi in un bellissimo sorriso, non aveva potuto fare a meno di desiderare
che quel momento si ripetesse ancora: ogni giorno, ogni mattina, ogni sera. Ma Kanda non glielo avrebbe concesso così facilmente e in
quell’istante Lavi pensò che valeva la pena diventare un Bookman
solo per registrare il sorriso di Kanda e
memorizzarlo per sempre nella propria mente. Non avrebbe perso così facilmente
quel ricordo e lo avrebbe custodito gelosamente come un tesoro di immenso
valore.
Gli si avvicinò e fu felice di
constatare che l’altro gli permise di farlo.
“Scusami se ti ho toccato, oggi.
Non so cosa mi sia preso” disse grattandosi la nuca come faceva sempre quando
si sentiva un po’ imbarazzato. “Non temere però, non ho intenzione di rifarlo.
Una volta…” Osservò con venerazione le dita che avevano avuto il privilegio di
toccare il sorriso di Kanda. “… mi è più che
sufficiente.”
“Baka!”
esclamò Kanda, ma senza il consueto disprezzo che
usava nel pronunciare quell’insulto. “Se ti accontenti di così poco nella vita,
non otterrai mai ciò che vuoi.” Lavi fu visibilmente spiazzato da quelle parole
e il suo unico occhio si dilatò ad una tale affermazione.
Possibile che Yuu…
Gli si avvicinò ancora e quando
si avvide che Kanda era rimasto fermo dove era,
permettendogli così di annullare la distanza tra di loro, Lavi capì che poteva
ottenere molto di più, proprio come gli era stato appena rivelato.
Quando Kanda
sentì le dita di Lavi sfiorargli la nuca si irrigidì d’istinto, ma non si mosse
e concesse a quelle dita di proseguire il loro percorso fino alla bocca,
passando per il collo e il mento. Quando il pollice arrivò a sfiorare le
labbra, Lavi poté chiaramente sentirle arricciarsi e distendersi fino a piegare
gli angoli verso l’alto e, benché non potesse vederlo con l’occhio sano,
sentire il sorriso di Kanda sotto i polpastrelli,
consapevole che quell’espressione era rivolta a lui, lo riempì di gioia.
Tentò di far voltare il viso di Kanda verso il proprio e questi non oppose resistenza, ma
il sorriso era già svanito dal suo viso. Non importava. L’essenziale era essere
riuscito a suscitare una simile emozione nel gelido Esorcista.
I loro respiri si mescolarono e,
sebbene ci fu una lieve titubanza iniziale, quasi che i due ragazzi cercassero
di capire se fosse tutto un sogno o la realtà, le loro bocche si sfiorarono
delicate e quel tocco lieve apparve concreto e per nulla irreale.
Castamente, le labbra si unirono,
si strofinarono tra loro saggiando la morbidezza le une di quelle dell’altro, e
quando Kanda si voltò del tutto facendo aderire il
proprio petto a quello di Lavi, il bacio si intensificò. Lentamente Lavi lasciò
scivolare la lingua fuori per accarezzare la bocca di Kanda
e questi, sorpreso ma eccitato, la dischiuse quel tanto che bastava per
lasciarla entrare.
La lingua del giovane Bookman solleticò quella di Kanda
invitandola a muoversi con lei, come se stesse giocando, e poco dopo Lavi si
compiacque nel sentire l’amante rispondere a quel bacio con ardore sempre
crescente, nonostante potesse sentire i suoi movimenti farsi incerti di tanto
in tanto.
Approfittando di quel momento,
Lavi spinse Kanda contro il muro esterno
dell’edificio, sorridendo malizioso ma solare al contempo.
“Che stai facendo?” domandò Kanda un po’ irritato dal predominio che l’altro aveva
preso su di lui.
“Sto facendo quello che mi hai
detto tu: non mi accontenterò più nella vita.”
“Non avevi detto che volevi
parlarmi delle stelle?”
“Il Cielo può aspettare stasera.”
E i due giovani ripreso a baciarsi con desiderio sotto il chiarore degli astri,
che silenti avrebbero atteso un’altra notte per essere di nuovo oggetto
dell'interesse dei due giovani Esorcisti.
Sinceramente non so se questa shot mi piace o
no. Mi spiego!
L’idea di Kanda che osserva il Cielo, traendo
ispirazione dalla famosa notte 191 mi piaceva, ma poi andando a scrivere questa
shot alla fine non so, è come se mancasse qualcosa.
Purtroppo sto scrivendo da poco nel fandom di D.Gray-Man e invidio da morire chi riesce a scrivere con
naturalezza su tanti fandom diversi (qual è il vostro
segreto?).
Bè, pian piano entrerò di più nella psiche di questi
personaggi!!