Un albero per un bambino
C’era un bambino all’angolo della strada, capì che era lui dall'espressione di attesa sul suo volto.
Silente aveva parlato con il padre del ragazzino pochi giorni prima e,
malgrado fosse stato un suo allievo, aveva stentato a riconoscerlo: un
giovanotto come età - non poteva avere più di
trent’anni, aveva calcolato - e l’aspetto di chi aveva
già vissuto molto più di quello che poteva sopportare.
Silente avrebbe voluto confessargli che sapeva bene cosa provava, il
senso di colpa per aver condannato una persona cara… ma lui non
parlava mai di Ariana. Era doloroso pronunciare il suo nome e forse
anche il solo essere formulato mentalmente da lui era sufficiente a
corrompere la limpidezza della sua povera sorella.
“Salve, signore,” lo accolse il piccolo Lupin, porgendogli
giudizioso la mano. “Papà e mamma mi hanno mandato da
solo.”
“Come fai a sapere chi sono?” gli chiese con un filo d’ironia, ricambiando la stretta.
“L’ho immaginato,” rispose lui, facendosi rosso per
la fatica di trattenere le risate ed evitando forzatamente di sollevare
lo sguardo al di sopra dei suoi occhi.
“E la tua perspicacia immagino non abbia nulla a che vedere con
il mio ricercatissimo cappello a punta di peloso velluto
turchese,” affermò serio, aggiustandosi il
vistoso copricapo con la punta della bacchetta, gesto che avrebbe fatto
inorridire il suo vecchio amico Alastor.
Remus si morse il labbro inferiore, guardando in su, verso il cielo,
mentre cercava di ricomporsi. Ci teneva a dare una buona impressione,
era evidente.
Studiò il viso del piccolo, l’espressione che si faceva
tesa. Dalla posa del capo gli parve prepararsi a ricevere un colpo.
“Lei sa cosa sono io?” s'informò, la voce infantile
stranamente roca.
Registrò il fatto che non avesse detto 'Chi sono', ma 'Cosa sono'.
“Certo, Remus, so chi sei.”
Lui mise le mani avanti, in un gesto che sembrava più un modo di
proteggere il suo interlocutore che non di difesa di se stesso.
“Ma non faccio niente, davvero!”
Silente gli sorrise, mite.
“Oh, ma non è necessaria tanta
modestia. Tuo padre mi ha confidato che in realtà tu di solito
ne fai molte, di cose.”
“Oh,” fece lui, strusciando i piedi per terra.
“Cioè intendeva quando non c’è la luna piena.
Perché lui non parla mai di quando c’è la luna
piena.”
Il mago ripensò all’incontro con John Lupin: l'unica cosa
che aveva ammesso, riguardo i pleniluni del figlio, era stato quel:
“Per ricordarti di venire subito da me, quando tramonta la luna
piena, così non ti dimentichi che poi torno sempre a essere
Remus,” che il bambino ripeteva di rito alla madre dandole un
bacio sulla guancia, le braccia allacciate strette dietro al suo collo.
Silente batté le mani.
“Ma certo! Perché sprecare tempo a parlarmi di quello che fai in una notte su trenta?
Che peso pensi abbiano quelle dodici ore sulle settecento di un mese
intero?”
Remus abbassò appena lo sguardo, cercando di calcolare la
percentuale di nascosto con le dita, mentre lui lo osservava divertito.
“La risposta è un numero molto piccolo, una cifra
così trascurabile che non vale neppure la pena di stare a
calcolarla. Un lasso di tempo che non pesa neppure come ricordo, tanto
che tu non rammenti nulla di quello che accade.”
Il bambino annuì.
“Nessun peso.”
“Io non gliene darò mai.”
Il suo sorriso si delineò meglio, allargandosi fino a fargli spuntare due fossette sulle guance pallide.
“Non sei a disagio perché ho chiesto a mamma e papà di poterti parlare da solo?”
“No, signore.”
“Bene, perché reputo importante che tu mi aiuti a sbrigare
delle incombenze che si stanno facendo urgenti. E l’inizio della
primavera è il momento giusto, mi hanno informato.”
“Oh,” fece lui, che probabilmente si aspettava di discutere
di un altro periodo dell’anno, quello che coincideva con
l’inizio della scuola.
“Sei deluso.”
“Io… speravo avremmo parlato.”
“Nessuno ci obbliga a lavorare in silenzio,” lo rassicurò.
“Di Hogwarts?” tentò il bambino, sbirciandolo
attraverso la frangia che ricadeva spettinata sulla sua fronte. Era un
ragazzino sveglio.
“Può darsi…” lo tenne sulle spine, strizzandogli l’occhio.
Remus salterellò sul posto, preso dall’entusiasmo.
“Io so fare questo!” disse eccitato.
Introdotto finalmente
l’argomento, ora voleva convincerlo a concedergli un posto nella
sua scuola, doveva fargli sapere che poteva essere ancora un mago anche
se era diventato qualcosa di diverso.
Delle zolle di terra, nella striscia erbosa adattata a giardino davanti
casa sua, presero a rotolare su se stesse, rincorrendosi come nuvole
scure spinte da un gran vento e lo striminzito cespuglio di rose che vi
era stato piantato si levò in aria, fluttuando.
“Faccio volare i fiori dalla mamma. Dice che sono un bambino gentile, io, altro che lupo!”
Silente si intenerì pensando alla madre di Remus, pronta a
gioire per ogni prodezza del figlio, anche quando questi le regalava
fiori devastandole il giardino, per colmare il vuoto delle lodi che non
avrebbe mai ricevuto da nessun altro.
E ricordò un altro ragazzo diverso, speciale, che aveva cercato
di sedurlo con i propri poteri. Con Tom le cose non erano andate bene,
ma lui usava la magia per tessere malefatte con lo scopo di ferire, non
con la speranza di far felice qualcuno.
“Sai farlo all’inverso?” gli chiese, riflessivo.
“Certo. Mamma dice che di solito i bambini non sanno controllare
la magia come faccio io,” mormorò, quasi se ne
vergognasse, convinto che il giudizio materno non fosse dei più
obiettivi.
Mentre la terra tornava ad accogliere il cespuglio, Silente capì che Silvie Lupin non esagerava affatto.
“La tua mamma ha ragione. Sei un mago molto dotato, Remus,”
osservò, provocando nel ragazzino un’espressione di gioia
tale da fargli allargare il cuore.
Come ci si sentiva nel sapere di essere la fonte di tale felicità per un bambino?
Bene.
Male.
Perché non poteva scoprire in lui le sue doti di mago, e non
pensare subito dopo che un giorno avrebbe potuto sfruttarle, vederlo
già arruolato al servizio del Bene Superiore: un soldatino tanto
grato a quell’uomo che era arrivato da lui con la promessa di una
vita più equa, da decidere di immolarsi per la sua causa.
Una causa giusta, era vero, pensò, cercando di convincersi che il fine giustificava sempre i mezzi.
“Allora…” domandò il bambino. “A cosa pensava, per oggi?”
Gli indicò il cespuglio di rose. “Pensavo a un po’ di giardinaggio.”
Silente aveva voluto che il bambino partecipasse al trasferimento del Platano Picchiatore nella sua nuova dimora.
“È più furioso del lupo mannaro,” sorrise
Remus soddisfatto. “E anche più forte. Adesso sono
tranquillo, perché sono sicuro che gli altri ragazzi, a Hogwarts,
saranno al sicuro,” si interruppe, facendosi pensieroso.
“Lo conoscerò mai?”
“Chi?”
“Il lupo mannaro che mi ha fatto diventare così, quello che l’ha obbligata a portare qui il Platano.”
Silente strinse le labbra.
“Solo se sarà necessario. Te lo
prometto,” disse, pur sapendo che uno dei motivi per cui
l’aveva scelto, era proprio per assolvere a quella
necessità: Fenrir Greyback era già in attesa, aizzato
contro quanti osavano ribellarsi a Voldemort e Silente si era appena
procurato la sua piccola spia. Avrebbe atteso con pazienza la sua
crescita per servirsene all’occorrenza.
Remus stava lasciando vagare lo sguardo oltre le fronde del suo custode
vegetale, senza fissarlo su nulla in particolare, il suo bel sorriso ad
arrotondargli le gote.
I bambini vittime di violenza avevano tutti lo stesso sguardo, che a
volte si perdeva, facendosi assente. Alcuni trovavano la strada per
tornare indietro; altri, come Ariana, no.
La via del ritorno di Remus era tracciata nel suo sorriso e Silente,
nell’attesa di vederlo adulto, avrebbe operato affinché
fosse sempre abbastanza forte da ritrovarla, affinché il suo
sorriso non si spegnesse mai.
Prima di tutto devo ringraziare tutti quelli che hanno commentato le mie ultime one-shot, GRAZIE ^^
Mi hanno fatto notare che Silente non ne esce molto bene da questa mia
ff, ho cercato solo di renderlo come è nei libri, tra l'altro a
me sta pure molto simpatico, ma non per questo cerco di descriverlo
come una persona perfetta, perché non lo è... e, francamente, ringrazio la Row per i suoi personaggi pieni di difetti! (io li adoro ^^)
ciao
Fri
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