Capitolo 1
Sperando negli Ufo
Sventolai
la mano, le lacrime agli occhi.
Sembravo
in uno di quei film diabetici, in cui lui deve fare un viaggio molto, molto
lungo, e prima di partire dichiara tutto il suo amore incondizionato alla sua
anima gemella.
Sì,
sembravo proprio quello, escluso tre minimi
particolari:
-
Ero donna, fino a prova contraria;
-
Nessuno c'era dall'altra parte del treno, in lacrime, che mi urlava " Ti
amerò per sempreeeee";
-
piangevo per l'allergia al pollone;
Però,
partivo. Davvero, stavo partendo, finalmente.
Con
l'euforia che andava a mille nelle mie vene, feci un salto di classe, uno di
quelli che non si dimenticano facilmente.
Per
"dimenticare facilmente" intendo: nello slancio sentii un CRACK.
Il
che è preoccupante, soprattutto se proviene dalla gonna.
Senza
controllare, per il terrore, mi piantai sul sedile accanto a me, come una cozza
si attacca al suo scoglio preferito.
Afferrai
i braccioli e li stritolai accanto con forza sovrumana.
Venti
minuti dopo sembravo Hulk: ero verde dal mal di macchina, e le mani avevano
praticamente spappolato il sedile.
-
Il biglietto, prego- un uomo di circa 340 anni, mi stava davanti, arzillo come
Lady D. lo può essere nel 2010.
Osservai,
sconcertata la borsa accanto alla valigia, sul portabagagli sopra la mia testa.
Se mi fossi alzata, tutti avrebbero ammirato il mio egregio di dietro.
Il
che non era allettante.
Okay,
potevo sempre fare la finta sordomuta.
-
Signorina?-
Non
sento. Non sento.
-
Signorina?-
Non
sento, ne sono quasi certa.
-
Signorina, l'ho vista parlare al telefono, tre minuti fa-
-
Be', posso sempre soffrire di sordità istantanea, che ti credi, eh?-
Oh
cazzo.
Questo
non lo dovevo dire, il mio piano è andato in frantumi!
Uff,
perchè non so mai mantenere un segreto? Alle elementari li spifferavo
sempre in giro, così alle medie hanno smesso di racocntarmeli.
Uff.
-
Si può alzare, per favore, e prendere il biglietto dalla borsa?-
sospirò- Se lo ha, ovviamente-
-
Certo che ce l'ho!- mi sentii punta nell'orgoglio. Spifferatrice sì, ma
mica fessa.
Feci
per alzarmi, quando lo strappo nella gonna mi balenò davanti,
canticchiando: ti vedranno il culo, ti vedranno il culo, ah aaaaah.
Di
conseguenza, come ovvio che sia, mi ripiantai sul sedile.
Il
vecchio sogghignò. Avrei messo la mano sul fuoco che voleva vedermi il
deretano!
I
vecchi sono i più pervertiti, si sa.
-
Qualche problema?-
-
Ooooooh, sìììììììì! Ho
un crampo al braccio- mi guardò malissimo- sì, al braccio, mi
parte dal braccio e mi arriva alla caviglia. Fa male, sa?-
Il
bigliettaio era a metà tra il ridere e chiamare la polizia.
-
Senta, pò fare un atto di galanteria e prendermi la borsa?-
Lento
quanto lo potrei essere io, confrontata a Bolt (il che, ragazzi miei,
è davvero lento)afferrò la mia piccola, dolce borsettina
dimensioni 1 metro
x due, e me la passò.
Iniziai
a cercare il biglietto, giusto perchè metà vagone mi stava
osservando piegato in due dalle risate (esclusa una mocciosetta, che mi credeva
l'uomo nero versione donna, pulita).
Mezzora
dopo, ormai allo stremo delle mie forze, lo porsi al bigliettaio.
-
Signorina, se lo faccia dire, di questo passo mi mandano in pensione- disse,
afferrandolo e timbrandolo.
* * *
Londra.
Finalmente,
grazie ai santi lassù, ero arrivata a Londra.
Oooooh,
quasi qausi mi emozionavo: avevo davevro abbandonato quello stupido paese
lontano 300 km
da questo piccolo angolo di Paradiso.
Osservai
il bigliettino stropicciato nella mano: Green Avenue 345.
Sì,
diciamo che lì non si era proprio nel cuore di Londra, ma andava bene
comunque.
Avevo
trovato un piccolo appartamento da dividere con altre due ragazze, posate,
garbate ed educate, molto gentili, sottolineerei.
Quando,
dueore e mezza dopo, con l'aspetto di una barbona che cerca l'elemosina,
arrivai alla mia nuova casa, la mia bocca prese la forma di una O perfetta.
Per
intenderci, in senso negativo.
Il
palazzo era alquanto vecchio, malandato e, a primo avviso, poco sicuro.
Per
poco sicuro, io già mi vedevo sotto le macerie dopo una centrifuga della
lavatrice.
Bussai
alla porta, meditando nel frattempo di darmela a gambe.
Due
ore dopo, davanti ai miei occhi comparve una figura.
Una
tipa, dai capllei blu, in pantaloncini e maglietta, col caffè
in mano e l'aria annoiata.
-
Ciao, sei la nuova inquilina?-
-
Sì, e tu?- Speravo, sentivo, che mi avrebbe risposto: sono la donna
delel pulizie.
-
Sì-
I
miei sogni andarono in frantumi come un bicchiere caduto dal 45° piano di
un palazzo in di New York.
-
Piacere... Emma. Emma Owens-
-
Come quello delle olimpiadi?-
-
Ehm, sì, come quello- annuii convinta.
Di
che stava parlando? Quali olimpiadi? Io manco sapevo che fosse il calcio.
-
Io sono Linda Wood- mi guardò di sottecchi, poi, notando che ero
alquanto orripilata dalla sua capigliatura, rise - Ah, sono tinti, non sono
mica un esperimento della natura-
-
Oh, sì, certo- Perchè non mi rassicurava, comunque?
In
quel preciso istante, una ragazza di colore, i capelli raccolti in treccine
sottilissime, comparve dietro la tipa blu.
-
Oh, è lei? Credevo fosse una ricca sfondata-
Non
sapevo se ridere o piangere: mi avevano scambiata per una col portafoglio
traboccante di banconote. Al telefono. Perchè, a quanto pareva, di
persona sembravo una poveraccia.
-
Sì, ehm, ciao, Mi chiamo Emma Owens-
-
Ah, come quello delle Olimpiadi-
Ancora?
Ma chi èèèèè, chi lo conosceeee.
-
Sì-
-
Io sono Andreea Cox, piacere-
-
Il piacere è tutto mio- sorrisi.
Sì,
come no.
Magari,
prima o poi, gli ufo venivano a rapirmi.
Salveee ^^
Allora, è da molto, moltissimo tempo che volevo
postare una storia a capitoli su questa sezione,
visto che m'ispira moltissimo, ma non ci sono riuscita per vari motivi tecnici
(il pc è una robetta della mutua -.-")
Ma finalmente oggi ce l'ho fatta, yupp xD
Spero che vi piaccia, davvero :)
Al prossimo capitolo
Caramella_rosa_gommosa <3