Chocolate Love
Questa
storia partecipa alla Love
Challenge - Do you love me? indetta da Mayumi_san
Autrice:
Mokochan
Titolo: Chocolate Love
Pairing: KibaHana [con
accenni NaruHina ù_ù]
Rating: Arancione
Genere:
Romantico, Comico
Avvertimenti: One-shot, AU
Trama:
Lui scoppiò a ridere
e iniziò a togliere la carta che avvolgeva il
cioccolato, lanciandole occhiate di tanto in tanto: pregustava il
momento in cui l’avrebbe costretta a mangiarlo.
“Apri la
bocca, avanti.”
“Fottiti.”
“Certe
paroline una ragazza non le dovrebbe nemmeno dire, sai?”
“Fottetevi tu,
e il cioccolatino.”
Hanabi amava mandarlo a
quel paese.
Note
dell’Autrice:
XD Avevo scritto - in parte - questa storia per lo scorso San
Valentino, ma purtroppo per me era iniziato il calo d'ispirazione
(pagina bianca di word, crisi isteriche, pigrizia alla Shikamaru), di
conseguenza l'avevo mollata al suo destino, ma adesso l'ho ripresa! E'
ispirata - anche se credo non c'entri molto il testo... - a Take
a Bow di Leona Lewis:
Leggete questa storia con quella canzone in sottofondo, ve lo consiglio
ardentemente! XD *__* Spero che vi piaccia! XD Buona Lettura!
Chocolate
Love
Disprezzava San Valentino perché trovava fosse
una festa inutile
e noiosa, e poco le importava che fosse la celebrazione assoluta
dell‘amore: San Valentino era orribile.
Così, il 14 Febbraio decise di rinchiudersi a chiave in
camera
sua per non vedere rose, cioccolatini e robe annesse alla festicciola -
cose che parevano prendere possesso di tutto e spuntavano come funghi,
facendole venire l'emicrania.
Sapeva che sua sorella avrebbe ricevuto la visita di Naruto Uzumaki e
che questi si sarebbe presentato con ogni tipo di sdolcineria, dalle
rose ai cioccolatini, e avrebbe combinato qualche casino quando, con
fare assassino, il loro amato padre - se così lo si poteva
definire - lo avrebbe beccato in compagnia della figlia
maggiore.
Non che le importasse qualcosa dell'idiota che stava con sua sorella,
ma ci teneva a precisare quanto fosse stupido, tonto e maleducato.
Mentre tutto si svolgeva come aveva previsto - Naruto si era presentato
alla porta con un mazzo gigante di rose rosse e una scatola di
cioccolatini: Hiashi Hyuuga lo aveva ovviamente preso per il colletto
urlandogli che non poteva frequentare la sua povera figlia -
lei
si era messa davanti allo specchio per sistemarsi i capelli appena
lavati, le cuffie alle orecchie e i Linkin Park a tutto
volume per coprire il suono delle grida del padre.
Strofinò l'asciugamano fra i capelli, li pettinò
agevolmente e li fermò sulla testa con una pinza, evitando
così che le gocciolassero fastidiosamente sulle spalle nude,
poi
rimise tutto al suo posto con cura: sistemò le pinze, il
phon e
gli asciugamani nei cassetti appositi, rovistò nell'armadio
accanto al letto e prese la biancheria e il pigiama; si
vestì
lentamente, ignorando i brividi che il venticello freddo che entrava
dalla finestra le dava a contatto con la pelle bagnata, e alla fine si
lasciò scivolare addosso una maglietta consunta, buttando da
una
parte il pigiama.
Non lo usava spesso, preferiva indossare roba più comoda per
dormire.
Se suo padre avesse saputo che dormiva con la roba vecchia...
Rabbrividì e diede le spalle alla porta.
Fu proprio in quella frazione di secondo che le parve di intravedere
fuori dalla finestra un paio di occhi neri.
Hanabi aprì la bocca e poi la richiuse, inarcò un
sopracciglio e si alzò in piedi, estraendo da sotto il
cuscino
una piccola bomboletta di spray al peperoncino: teneva un oggetto del
genere da quando un maniaco aveva tentato di spiarla. Da quel momento
aveva deciso di non farsi cogliere alla sprovvista di nuovo - odiava
con tutta se stessa i guardoni.
Una cuffia le scivolò sulla spalla, permettendole di sentire
le
urla sempre più alte di suo padre, che in un moto d'ira
sembrava
aver deciso di uccidere il fidanzato di sua sorella - e non sarebbe
stato un male, in effetti.
Non riusciva a capire perché certa gente dovesse disturbarla
a
quell’ora della sera e soprattutto il giorno di San
Valentino;
insomma, lei avrebbe voluto passarlo in pace, al sicuro.
Invece si doveva preoccupare pure di un maniaco! Era davvero troppo
irritante.
Hanabi attese per qualche secondo che quello sguardo nero facesse di
nuovo capolino, ma non accadde nulla e alla fine si costrinse ad
abbassare la mano che teneva la bomboletta e andare a chiudere la
finestra - perché se non c’era nulla, almeno una
precauzione in più la doveva pur prendere.
Inaspettatamente, proprio mentre si apprestava a chiudere tutto, una
mano si posò sul suo polso, bloccandola, e due occhi neri -
animaleschi come pochi - incrociarono i suoi, beffardi.
Hanabi sbuffò. Se un maniaco era irritante, quell’individuo lo era
ancora di più.
“Inuzuka.”
Kiba ghignò. “Salve, piccoletta.”
La Hyuuga fece due passi indietro, liberandosi dalla sua presa e
permettendogli quindi di entrare con un balzo nella sua stanza: in
piedi, Kiba superava il metro e ottanta e questo la faceva sentire
dannatamente piccola e indifesa - anche se quell’ultimo
aggettivo
stonava accostato a lei.
Il ragazzo si guardò attorno incuriosito, e alla fine
tornò a scrutare la ragazza, che nel frattempo era rimasta
ferma
a fissarlo come un gatto che aspetta di saltare sulla propria preda.
“Carina la tua stanza, Hyuuga.”
“Che ci fai qui?”, tagliò corto Hanabi,
portando le braccia al petto.
Lui si mise le mani nelle tasche, mostrandole uno dei suoi sorrisi
selvaggi. “Prova a indovinare. Ti giuro che se riuscirai a
capire
il motivo ti regalerò un cioccolatino.”
Il cane fra loro due era lui, ma evidentemente Kiba pensava il
contrario, costatò Hanabi, seccata.
Lo scrutò per tre secondi esatti - che si
preoccupò di
contare minuziosamente - e alla fine sbuffò di nuovo,
posò la bomboletta sulla scrivania e andò a
prendere un
libro dalla borsa. Quando lo estrasse, lo mostrò
all’intruso: era un volume di algebra.
“Questo è tuo, vero, Inuzuka?”
commentò la corvina, nervosa.
Kiba fischiò. “Non male.”
“Adesso vattene.” disse fredda la Hyuuga,
sbattendogli sul
petto il libro e ignorando lo sguardo dell’Inuzuka, che
s’era posato sulle sue gambe nude e, in modo particolare,
sulle
sue cosce.
Odiava essere osservata in quel modo da lui. Come sempre,
d’altronde.
Con un movimento repentino Kiba afferrò saldamente la sua
mano e
lasciò cadere il volume, che si schiantò a terra
con un
tonfo sordo - rumore a cui lui non badò minimante,
perché
rivolse ad Hanabi un’occhiata da vero sbruffone e le
portò
davanti agli occhi un oggetto rotondo e argentato che lei non
identificò subito, poi, ad un’occhiata
più attenta,
si rese conto che era un cioccolatino. Un dannatissimo
cioccolatino, la sua ricompensa.
Hanabi rimase senza parole. “Tu-stai-scherzando”,
disse infine, in tono funereo.
Le voleva dare del cioccolato il giorno di San Valentino pur sapendo
che lei odiava quella festa. Lo stava facendo di proposito per farle
perdere la pazienza. La stava prendendo in giro. Kiba Inuzuka era un
maledetto bastardo.
“Ti avevo promesso un cioccolatino ed eccolo qua,
mocciosa.”
“Non lo voglio.”
Kiba ghignò. “Sì che lo vuoi. O non ti
piace il cioccolato?”
“Certo che mi piace!” ma si bloccò,
conscia delle proprie parole. Mi
ha fregata!
Lui scoppiò a ridere e iniziò a togliere la carta
che
avvolgeva il cioccolato, lanciandole occhiate di tanto in tanto:
pregustava il momento in cui l’avrebbe costretta a
mangiarlo.
“Apri la bocca, avanti.”
“Fottiti.”
“Certe paroline una ragazza non le dovrebbe nemmeno dire,
sai?”
“Fottetevi tu, e il cioccolatino.”
Hanabi amava mandarlo a quel paese.
Alzando gli occhi al soffitto, Kiba le posò la mano capiente
sulla guancia e le avvicinò alle labbra la sua ricompensa,
ignorando le sue proteste. “Non fare i
capricci!”
“Sei uno stupido cane!”, la ragazza si
allontanò
bruscamente da lui e andò verso la porta: afferrò
la
maniglia, ma si ricordò solo in quel momento di aver chiuso
tutto a chiave.
Si maledì e, prima di riuscire a fare alcunché,
l’Inuzuka la prese per la vita, l’alzò
con
tutte le forze che aveva e se la mise in spalla.
“Lasciami,
guarda che urlo, cane!”
“Fai pure, tanto nessuno ti ascolterà!”
affermò il ragazzo, allegro. “Tuo padre
è impegnato
a uccidere quel baka di Naruto”, le fece notare quando un
urlo
disumano arrivò fino alla loro stanza: Hiashi Hyuuga stava
imprecando sonoramente perché il biondino aveva sfasciato
uno
dei suoi vasi antichi.
Per la prima volta da quando Hanabi lo conosceva, desiderò
poterlo uccidere - lui e quell’idiota dell’Uzumaki.
Kiba la buttò malamente sul letto e le saltò
sopra,
bloccandola col proprio corpo, il cioccolatino in mano e
l’aria
di uno che si sta divertendo un mondo - ed era l'unico, ci poteva
contare.
“Se mangi questo ti lascerò in pace, altrimenti ti
torturerò”, l’avvertì lui,
attento.
Non le piacevano le minacce. Gli lanciò
un’occhiataccia
delle più fredde per fargli intendere che non si piegava per
una
cosa del genere - mangiare del cioccolato quel giorno sarebbe stato
come arrendersi al fatto che a San Valentino ci si doveva per forza
divertire con qualcuno e lei non aveva alcuna intenzione di
fare
come gli altri.
Ok, era una cosa piuttosto stupida, ma proprio non si vedeva a dire
“Ti amo” ad un ragazzo o a preparare qualcosa di
dolce
appositamente per farlo felice. Era una cosa totalmente fuori da ogni
controllo, un’assurdità.
Non era qualcosa che le si addiceva, tutto qui.
Kiba le mise due dita sulle labbra e le dischiuse prepotentemente,
mostrandole ancora il suo sorriso da bastardo infame, poi
compì
un gesto inaspettato: mangiò una parte del cioccolato.
Masticò lentamente e si umettò le labbra con
gusto,
infine avvicinò alla bocca di Hanabi quel che ne restava: la
giovane si arrese facilmente a tutto ciò, furiosa, e
lasciò che il cioccolato le si sciogliesse sulla lingua,
stuzzicandole i sensi.
“Visto? Non è male, mi sembra.”
“Ti odio, cane.”
Kiba infilò piano un dito fra le sue labbra; poté
sentirne la punta premere lieve contro la lingua. “Lo so che
mi
ami, Hyuuga, e so anche che non vedi l‘ora di togliermi i
vestiti
che indosso per godere di me.”
Schietto e dannatamente arrogante.
Da quando conosceva Kiba Inuzuka, Hanabi aveva compreso che
rispondergli a tono sarebbe stato inutile e che le faceva venire solo
una grandissima emicrania - come se ne avesse avuto il bisogno, poi. Di
conseguenza, si astenne dal mandarlo direttamente a quel paese, fece
scivolare la mano fra i suoi capelli castani e lo baciò per
tappargli la bocca, che sapeva di gemiti rochi, sesso e bollente
cioccolato fondente.
Hanabi Hyuuga continuava a non
amare San Valentino, questo era ovvio.
Ma se si trattava di passarlo in quel modo, allora era tutt'altro
discorso e certo non avrebbe mandato via l'Inuzuka, né se lo
sognava minimamente - prima di lasciarlo uscire dal suo letto
gli
avrebbe fatto passare due ore di completo piacere, e si sarebbe
vendicata per quel cioccolato d’amore.
Perché
lei odiava il
cioccolato che veniva donato a San Valentino e Kiba Inuzuka
gliel’aveva fatto amare, per una volta.
***Fine***
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