ANCORA
E TIMONE
Sirius
Black si trovava nella stanza del fratello Regulus.
Dopo
quattordici anni dalla sua morte aveva finalmente trovato il coraggio
di entrarvi.
Era
esattamente l'opposto della sua: stendardi verde-argento, i
colori di Serpeverde, un ordine impeccabile, ritagli di giornale alle
pareti.
Sospirò:
erano sempre stato l'uno il contrario dell'altro.
L'uno
l'obbediente l'altro il ribelle, l'uno il pregiudizio l'altro
l'orgoglio.
Erano
come ancora e timone: la staticità Regulus, il dinamismo
Sirius.
Facevamo
comunque parte di una stessa famiglia, i legami di sangue non si
possono negare.
“Sei
sempre stato il figlio preferito. Ti invidiavo.
Ma
adesso, lo so, eri tu il migliore” sussurrò Sirius,
inginocchiandosi sul pavimento impolverato.
Se
ne stette un po' in silenzio, ricordò le loro litigate, le
volte in cui avevano riso, o in cui avevano semplicemente parlato.
Una
parte di lui se n'era andata ormai per sempre, per stupidi
pregiudizi.
Per
un errore.
“Anche
i migliori sbagliano” mormorò “ma il tuo è
stato un errore troppo grande, imperdonabile.”
Un
errore che a te è costato la vita, e a me ha fatto veramente
capire quanto ti volevo bene.
E
anche se non te l'ho mai detto, lo faccio ora:
“Ti
voglio bene Regulus.”
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