Keepsake
Nonostante Toris si trovasse da più di un anno in casa di
Polonia, provava ancora soggezione nei confronti di quel pallido
ragazzino dai
capelli biondi. Personalmente, era sempre stato un bambino timido,
chiuso,
schivo, con una forte predilezione per quel silenzio che pareva
impossibile
gustare quando si trovava nei paraggi il polacco. I suoi modi
così esuberanti
non davano pace al bambino, che spesso, nonostante le proteste del suo
re, si
andava a nascondere in una delle tante stanze del palazzo di Feliks per
sfuggire al turbolento coetaneo.
Tra i due, si dicevano i cortigiani,
non sarebbe mai potuta
scoccare la scintilla di un’amicizia sincera, da cui, eppure,
sarebbe dipesa la
sorte di milioni di persone: una responsabilità che andava
solo ad accrescere
la timidezza di uno, la spavalderia dell’altro e la distanza
tra entrambi.
Quel giorno, Toris aveva eletto a suo
nascondiglio la
biblioteca reale, un nome un po’ pretenzioso per una stanza
piuttosto piccola
ma molto calda, ingombra di libri, rischiarata dalle fiammelle rossicce
di
tante lampade che le davano un’atmosfera raccolta e familiare.
In quelle pagine di carta, in quei
mondi di inchiostro,
Toris cercava di rifugiarsi sempre più, ultimamente,
trovando per pochi minuti
una scappatoia dalla paura per il polacco.
Ed era per questo che, quando lo
sentì arrivare alle spalle
con quei suoi passetti leggeri da folletto, sentì una
spiacevole sensazione
alla bocca dello stomaco ed iniziò a tremare.
-Ti ho portato una cosa, Lituania-
Toris si voltò, trovandosi
di fronte il volto diafano e sorridente dell’alleato che
teneva le mani dietro
alla schiena, in una posa infantile, celando qualcosa alla sua vista.
Toris aveva pensato di riuscire a
godersi un po’ di pace in
biblioteca, ma evidentemente, la luce della lampada sulla scrivania
doveva
essere filtrata sotto la porta, rivelando al polacco il suo
nascondiglio.
Sospirò, posando il libro
che aveva letto sino a quel
momento. Sperava con tutto il cuore che ciò che stava
nascondendo dietro la
schiena non fosse, come l’ultima volta, una rana inzaccherata
di fango, che,
sfuggendogli dalle mani, aveva sporcato alcuni tra quei preziosi volumi
a cui
tanto teneva il re di Polonia.
-Di cosa si tratta, Polonia?- chiese
cauto, squadrandolo con
sospetto.
Feliks tese le mani a calice verso il
ragazzo moro, che vide
qualcosa brillare fiocamente tra le sue dita affusolate.
Toris sgranò gli occhi,
rapito dalla bellezza della gemma
che aveva sprigionato quella morbida luce, una piccola pietra arancione
con
delicate screziature marroni e dorate, grossa poco più di un
acino d’uva. Era
incredibilmente liscia, levigata dai martelletti degli orafi di corte,
che
l’avevano resa simile ad una lacrima scarlatta.
-Cos’è?-
domandò incantato.
-Ma come, è da un anno che
sei mio alleato e ancora non
conosci l’ambra, il vanto delle miniere della mia terra?- gli
chiese ridendo,
una risata ricca e musicale, che piacque suo malgrado al lituano.
Toris ricordò le poche
spiegazioni che gli aveva fornito il
Primo Ministro della Polonia in merito.
-Vagamente…so solo che
è commerciata in tutta Europa- ammise
umilmente.
Feliks sbuffò: -Come
sminuire in poche parole la poesia di
una tale pietra… comunque, questa è per te-
disse, porgendogli la piccola
ambra.
Toris rimase a bocca aperta,
guardando il polacco con
un’espressione stupita. Non era la prima volta che gli faceva
doni di quel
tipo: nei primi mesi della loro “amicizia” , era
stato un suo vizio vantarsi
con lui della sua ricchezza con regali costosi, doni che sapeva di non
poter
ricambiare e che gli lasciavano l’amaro in bocca, toccando il
suo orgoglio di
bambino. Tuttavia, pensava che quei tempi fossero passati.
-Perché, Polonia?- “Perché
proprio a me?”
Il ragazzo incrociò i suoi
occhi verdi con quelli castani di
Toris, squadrando quel bambino di una decina d’anni che
presto, al suo fianco,
si sarebbe trasformato in una grande nazione.
Si chinò leggermente verso
di lui, in modo da portarsi alla
sua altezza; gli prese una mano e vi fece scivolare dentro la pietra,
strizzando un occhio.
Il lituano si stupì della
leggerezza dell’ambra, che
trasmetteva alle sue dita uno strano, dolce calore.
-Perché sento che
diventeremo grandi amici, Liet- disse semplicemente.
Nota
dell’autrice
Salve a tutti! Spero vivamente che vi sia piaciuto il primo
capitolo di questa fanfic. Personalmente, non lo trovo nulla di che, ma
mi
solleticava l’idea di base di un pegno (il keepsake, appunto)
tra Feliks e Liet
:) Come avete notato NON è una yaoi: non che le odi, ma
semplicemente non vedo
quei due sotto quella particolare luce, ecco tutto.Il secondo (e ultimo
capitolo) è già pronto, ma preferirei
ricevere alcune recensioni prima di postarlo, in modo tale da
correggerlo
secondo eventuali consigli. Grazie in anticipo!!! ;)
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