Calcolo D'Amore - Capitolo 1
Questa storia è collegata alla mia One-Shot: Racconta gli eventi prima del fatto raccontato in essa.
Dedico questo primo capitolo a Angyr88
che mi ha dato l'idea di scrivere la storia dei protagonisti della OS.
Se non la conoscete vi invito a leggere le sue storie sono davvero
belle.
Mi fa davvero piacere sapere cosa ne pensate.
CALCOLO D'AMORE
CAPITOLO 1 - INCONTRI
Non posso crederci!!! La sfortuna
mi perseguita! E’ incredibile!
Prima all’università hanno
rimandato l’esame che avrei dovuto sostenere, poi anche questo.
Il mio datore di lavoro ha deciso
di licenziarmi perché i costi sono eccessivi, ha bisogno di fare tagli. Tra
tutte proprio me. Il motivo? Sono l’ultima arrivata.
“Mi dispiace Martina, davvero” mi
dice con aria triste la mia collega,
Alessandra: Alex per gli amici.
“Non importa, Sandra” proferisco
stizzita. Il suo dispiacere è finto come la smorfia che imita un sorriso sul
mio volto.
Ah, sì. Io non la chiamo Alex, perché non mi reputo sua amica e né la
reputo tale. Probabilmente mi comporto da persona, come dire, scorbutica. Non
mi importa di essere gentile con lei, perché lo so che dietro il mio licenziamento
c’è il suo zampino.
Alessandra Montenegro, alta,
bionda, slanciata, fisico statuario, due occhi da gatta color del ghiaccio e il
cervello delle dimensioni di una nocciolina. Fa la svenevole con qualsiasi
essere di sesso maschile. Purtroppo non posso trattarla come merita, perché è
mia compagna di università. Non che abbia bisogno di qualcosa da lei, semmai è
il contrario, è solo che non mi va di avere inimicizie in quell’ambiente.
Alessandra Montenegro sa essere davvero una gran manipolatrice quando vuole.
“Non è giusto che abbia deciso
così su due piedi” squittisce con quella sua vocetta irritante. La rabbia sale
alle stelle, stringo le mani a pugno lungo i fianchi e mi mordo il labbro
inferiore, per non esplodere e dirle veramente quello che penso. Che ipocrita!
“No, non è giusto, ma d’altra
parte lui è un imprenditore e deve tagliare quando i conti non quadrano. Chi
meglio dell’ultima arrivata, no?” le dico con tono sarcastico. L’ultima
arrivata non sono io, ma lei e lo sappiamo bene entrambe. Il suo sguardo
diviene serio, devia dal mio, consapevole della leggera allusione nelle mie
parole.
Raccolgo le mie cose e lascio
quel luogo che per un anno mi ha vista protagonista di battibecchi e
ingiustizie. E tutto solo per invidia. Invidia di cosa poi? Ho solo svolto il
mio lavoro con serietà e impegno, senza ricevere pacche sulla spalla. I meriti
erano sempre e solo suoi, di Sandra.
Ah queste menti maschili!!! Vorrei tanto
capire se veramente hanno i criceti nel cervello o fanno finta solo per
convenienza.
“E’ meglio che vada. Ciao,
Sandra!” con dignità lascio quel luogo.
Mi sento triste ed avvilita. Non
ho tempo per auto commiserarmi, devo mettermi in cerca di un nuovo lavoro.
L’università costa e la mia famiglia non naviga nell’oro per mantenermi agli studi.
Devo contare sulle mie forze.
La testa pulsa e fa male. Ho bisogno di fermarmi,
di riprendere fiato.
Un piccolo bar si presenta sulla
mia strada. Ho bisogno proprio di fermarmi e riflettere.
Incerta, mi inoltro tra i
tavolini all’interno del locale. È un posto carino, sobrio, raffinato e cosa
che non avevo notato nei pressi dell’università. Strano non lo avevo mai
notato. Beh, non è una novità quante cose sono sfuggite al mio sguardo? Troppo
immersa nei libri, nelle formule, nei teoremi e ultimamente negli algoritmi che
tolgono il sonno. Mi guardo intorno e noto che quel posto è affollato di
giovani, probabilmente tutti studenti universitari.
Mi siedo al tavolo più isolato nei pressi delle vetrate. Mi piace guardare fuori, è qualcosa che mi rilassa. Forse
sono strana. Probabile. Molti dicono che avere a che fare con i numeri porta le
persone alla pazzia. Io direi più fuori dal mondo. Un sospiro amaro fuori esce
dalle mie labbra.
“Buon giorno. Posso portarti
qualcosa?” una voce allegra e decisa mi distrae dalla mia visuale.
“Un caffè macchiato, grazie”
rispondo con voce incolore.
“Nient’altro?” mi volto di scatto
verso quella figura. Un ragazzo sorridente attende la mia risposta. Apro la
bocca più di una volta con la voglia di rispondergli con il mio solito tono
“gentile” di no. Desisto dal mio proposito. Mi dispiace per quel ragazzo che
sta solo facendo il suo lavoro. Non è la fonte dei miei problemi: non posso
prendermela con lui.
“Per il momento no. Grazie”
concludo con un tono sicuramente più gentile. Il sorriso del ragazzo si amplia
maggiormente, annuisce e si allontana.
Dopo pochi minuti ricompare al
mio tavolo con la mia ordinazione.
Prima che possa anche solo
coordinare il cervello alle mie azioni
“Hai pensato se hai bisogno di
qualcos’altro?” tono decisamente ammiccante. Mi volto verso di lui e lo fulmino
letteralmente con lo sguardo. D’accordo stavolta la colpa non è stata mia, è
stato lui a provocarmi.
“Ok, come non detto. Se cambi
idea…” lascia volutamente la frase in sospeso e si allontana prima che possa
rispondergli come merita. Non riesco a capire se voglia prendermi in giro o ha
qualche problema con la vista. Non sono una ragazza appariscente come Sandra,
sono decisamente normale: capelli castani, né lisci, né ricci, occhi castani,
media altezza, fisico normalissimo. Non ho l’abitudine di truccarmi, sono una
ragazza acqua e sapone, il genere, insomma, che i ragazzi non guarderebbero mai
o abborderebbero a prima vista. Mettiamoci che il mio umore ultimamente non è
dei migliori e il mio profilo è bello e compilato.
Sospiro amara, le lacrime
prepotenti mi pungono gli occhi. Penso ancora a quanto accaduto.
Quanto vorrei
una vita diversa a volte, vorrei essere spensierata come tante mie coetanee il
cui unico problema è quello di abbinare il colore dello smalto con
l’abbigliamento, avere una persona che mi ami e a cui donare me stessa. La
realtà, invece, è amara. Terribilmente amara. A volte mi chiedo se la nuvola
nera è nata con me o è solo di passaggio.
Una voce profonda e sensuale mi
riporta alla realtà.
“E’ libero?”
Alzo il capo, pronta come una
leonessa intenta a difendere il proprio territorio. Mi paralizzo per la
luminosità di due fari verdi profondi e scintillanti. Le parole mi muoiono in
gola. Dalle mie labbra esce un suono strozzato e acconsento con un grugnito
degno di un rinoceronte.
La grazia fatta
persona, penso.
Un sorriso dolce è la risposta che ricevo, mentre si
accomoda al mio tavolino.
“Ciao, sono Daniele. Tu sei
Martina, vero?” chiede con disinvoltura, come ci conoscessimo da una vita.
Inarco un sopracciglio.
“Ci conosciamo, per caso? Come
fai a conoscere il mio nome?” rispondo con una punta di acidità.
Bene, carina come sempre.
Una risatina allegra ne esce da
quelle labbra tentatrici, disegnate da qualche scultore, probabilmente ubriaco,
per aver creato cotanta perfezione.
“Certo che ci conosciamo”
“Davvero? Eppure io ho una buona
memoria. Mi ricorderei!” di un adone come te, aggiungerei.
“Frequentiamo lo stesso corso di
calcolo. Siamo vicini di banco a laboratorio” mi spiega con gentilezza.
“Davvero? Non ti ho mai visto”
insisto. Brava Martina stai facendo
proprio la figura dell’ottusa.
Una strana luce, tra divertimento
e soddisfazione, guizza nel suo sguardo. Il suo bellissimo viso diviene serio,
i suoi occhi ancora più intensi.
“Non mi hai mai notato. È
diverso. Per questo mi piaci” sensuale e tentatore sibila le parole che mi
trafiggono l’anima. Inaspettatamente il mio cuore prende un ritmo spezzato.
“Mi… mi stai prendendo in giro?”
chiedo esitante e balbettante, incapace di formulare un pensiero coerente per
lo shock.
Scuote il capo con decisione. Mi
rivolge un sorriso ammaliatore. Il mio cuore prende il volo, le mie guance si
colorano di una tonalità probabilmente sconosciuta.
“Quella tonalità di rosso si
sposa perfettamente con la tua carnagione” continua con i complimenti. Troppi
per i miei gusti. Inspiro profondamente, trattengo l’aria qualche secondo,
espiro lentamente. Cerco di riprendere lucidità. Troppi complimenti per i miei
gusti. Uno: non sono abituata.
Due: ho il sospetto mi stia prendendo in giro. Mi
guardo intorno circospetta. Tento di scorgere qualche gruppo di ragazzi intenti
ad osservarci. Forse i suoi amici sono nei paraggi e ha fatto qualche
scommessa. La mia indole sospettosa incalza.
“Qualcosa non va? Attendi qualcuno?”
mi volto nella sua direzione. Mi sembra di scorgere una smorfia sul suo viso:
delusione? No non può essere? Per cosa, poi? Uomini!
“E se fosse?” mi do la zappa sui
piedi.
“Beh, in tal caso potrei farti
compagnia, finché non arriva. Sai in certi posti non è bene che una ragazza se
ne stia sola. Attira troppa attenzione” i suoi occhi si illuminano di nuovo.
Che abbia capito che il mio era un bluff?
“Ne ho avuto dimostrazione” una
piccola smorfia si dipinge sul mio viso al ricordo di quanto avvenuto poco prima.
“Per favore, un caffè macchiato
anche per me” quando è arrivato il cameriere? Si volta nella mia direzione
“Martina, vuoi qualcos’altro?” scuoto la testa con fermezza. Cosa mi sta
accadendo? Sembra che qualcuno mi abbia tagliato la lingua o, peggio ancora,
lobotomizzata.
Non riesco a formulare pensieri
coerenti. Non posso permettermi di fissarlo negli occhi, perdo lucidità. Il mio
cuore sta facendo i capricci. Non è possibile avere reazioni del genere solo
alla vista di una persona, appena conosciuta per giunta.
“Così frequentiamo lo stesso
corso di calcolo” ripeto come una stupida ciò che già so. Lui annuisce e mi
fissa. Mi scruta attentamente. È un tipo davvero strano. Lo fisso a mia volta.
Mossa molto stupida. Lo scruto. I lineamenti del suo volto sono delicati, il
taglio degli occhi regolare, gli occhi grandi e beh non ci sono parole per
descrivere le sue iridi verde smeraldo, sembrano davvero due pietre preziose.
Il naso dritto, mascella squadrata. Benché delicati i suoi tratti sono marcati.
Se segue il mio stesso corso dovrebbe avere circa 23 anni, dato che io ne ho 22
e sono in anticipo di un anno con i miei compagni. Eppure sembra più grande,
più uomo rispetto gli altri ragazzi di quella età.
“Sono davvero curioso di
conoscere i tuoi pensieri in questo momento. Mi stai fissando in modo strano, indecifrabile” chiede curioso
“Sto cercando davvero di
ricordare, ma non ci riesco” bugia.
“Te l’ho detto non mi hai mai
notato. Sei sempre assorta nel tuo mondo. Torni tra noi solo quando il
professore spiega”
“Sul serio? Non ci ho mai fatto
caso” quante cose non conosco di me? Come appaio agli occhi estranei?
La curiosità mi assale.
“Posso farti una domanda?” chiedo
fissando la tazzina di fronte.
“Chiedi pure”
“Come mai… ecco…. Non so come
dirlo.. ohhhhhh…. Al diavolo… Come mai mi hai avvicinata?” e il calore dallo
stomaco risale alle mie guance. Maledetta curiosità.
“Ti ho vista sola, persa nei tuoi
pensieri. E’ strano vederti al di fuori del laboratorio. A dire la verità ho
seguito l’istinto. Tu mi incuriosisci” di nuovo quel sorriso ammaliatore che
dovrebbero registrare tra le armi illegali.
“Quindi sarei una specie di
esemplare raro da studiare?” rispondo scostante. Faccio per alzarmi. Un ceppo
forte e caldo mi trattiene.
“Non volevo offenderti” inarco un
sopracciglio “Non era mia intenzione”. Mi rilasso. Sto decisamente dando i
numeri. Un ragazzo bello come un dio greco si avvicina e non sembra avere
cattive intenzioni. Sta solo cercando di fare conversazione e io che faccio? Mi
lascio travolgere dal mio malumore.
“Scusa. Devo sembrarti folle. È
solo che oggi sono accadute un po’ di situazioni spiacevoli e sono di cattivo
umore. Mi dispiace che me la stia prendendo con te” rispondo mesta.
“Non preoccuparti. Ho capito che
c’è qualcosa che non va. Ti va di parlarne?” da quale angolo di Paradiso è
sceso questo ragazzo?
“Scusa forse sono invadente”
“No, non preoccuparti. È solo che
mi ero fermata in questo posto perché avevo bisogno di riflettere e non
pensare a quanto accaduto”
“Capisco”
“Dovrei andare, ora. I miei mi
staranno aspettando. È quasi ora di cena. È stato piacevole parlare con te”
dico e mi alzo dal mio posto.
“Il piacere è stato mio, Martina.
A domani, allora” mi porge la mano.
La fisso. Ha davvero delle belle
mani. Dita lunghe e affusolate. Ben curate.
“A domani, Daniele” porgo la mia
e lui la stringe in una morsa salda. I suoi occhi penetrano i miei. Il cuore di
nuovo prende il volo. Il respiro si blocca.
Dopo non so quanto tempo, mi
districo dalla sua presa. Gli volto le spalle e mi dirigo all’uscita.
La fresca aria della sera mi scuote
da tutte quelle emozioni. Chiudo maggiormente il mio cappottino e mi dirigo
verso casa.
Una nuova sensazione di calore
nel cuore. Un nuova luce di speranza all’orizzonte. Domani non mi sembra poi
tanto lontano. Domani è un altro giorno. Sperando sia migliore di questo.
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Note Autrice:
Eccomi al termine, a voi la scelta.
pomodori peperoni. Con la bella stagione c'è un vasto
assortimento di ortaggi da poter lanciare. Vi prego scegliete quelli
meno pesanti. Grazie.... A parte gli scherzi mi fa piacere davvero
sapere cosa ne pensate.
Attendo
con ansia il vostro giudizio. Non abbiate timore di esprimere pareri
negativi. Anche quelli sono importanti, purchè costruttivi. A
presto...
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