“Ricorderai
le risate da bambini, le mani impiastricciate coi colori a spirito,
il mio naso rosso quando avevo freddo ma non volevo riscaldarmi e
…
[una
frase senza senso, cancellata più volte con l'inchiostro di
una
stilografica]
Poi,
un giorno, senza rendertene nemmeno conto, tutto ti sembrerà
meno
buio.
Ti
sentirai libero, il magone che fino ad allora avevi portato nello
stomaco smetterà di assillarti e capirai che anche se mi
amerai
sempre
non mi dimenticherai mai.
Perché
è così che fanno le persone innamorate: non
restano in lutto tutta
la vita, aspettando che qualcosa avvenga, ma amano senza rimorsi la
persona che non c'è più, onorandola ogni giorno.
Onorami,
Matthew: sii felice, sarò felice anche io.
D'altronde,
non si è mai visto un angelo privo di sorriso.
Daniel”
Matthew
stringe la lettera, fin quasi a stracciarla. Soffoca un singhiozzo,
ma non può impedire ad una lacrima di crollare dalle sue
ciglia;
poi, un attimo dopo, si avvicinano una serie di persone, che provano
ad infondergli un po' di coraggio.
Sono
tutti rammaricati, le loro facce sono cupe e non si redimono dal
chiedergli se possono fare qualcosa – qualunque
cosa,
precisano – per farlo stare bene.
Non
risponde, spera che quello non dimostri una mancanza di educazione
ma, viste le sue condizioni, la galanteria è l'ultima cosa
al mondo
che vuole esibire. Si alza, dando a tutti loro le spalle; si va a
rifugiare in un altro angolino, sperando che lì non lo
raggiunga
nessuno.
Daniel
era amato da tutti, non c'era una persona tra quelle che aveva
conosciuto al funerale che avesse una brutta opinione su di lui:
Matthew non può fare a meno di pensare che, forse, se
c'è veramente
un Dio lassù, è davvero molto crudele.
Un
pensiero turba la sua coscienza: probabilmente, avrebbe dovuto
esserci lui al suo posto. Sì, perché nessuno lo
avrebbe rimpianto,
era troppo arrogante e scorbutico per meritare una tale lode.
Lascia
che una lacrima gli solchi le guance e con un dito sfiora quelle
lettere, provando ad immaginare il momento in cui Daniel ha scritto
sopra quel pezzo di carta. Allora, il suo animo s'acquieta un poco.
Fantastica
sui movimenti della sua mascella, sul roteare curioso delle sue
pupille – spera che gli occhi si siano infiammati almeno un
po' – e sulle labbra tremanti
Si
accorge che quel pensiero fa più male della sua morte,
quando riesce
a mancare una coltellata all'altezza del cuore. Ed è un male
che fa
bene, in fondo: l'ha amato davvero, a discapito delle dicerie.
Lo
aveva
amato e lo aveva
perso.
Si
era fatto male in due modi, questo era il resoconto finale.
Qualcuno
aveva detto una frase del genere: è
meglio aver amato e perduto,
piuttosto che non aver amato affatto.
Angeli
senza ali
Molto
tempo prima che lui conoscesse Daniel, Matthew conduceva una
promettente carriera. Laureatosi con il massimo dei voti in una delle
università londinesi più prestigiose, si poteva
dire che avesse
raggiunto il vertice di tutte le classifiche, godendo di fama e
successo.
Aveva
avuto il piacere di conoscere molte attrattive: dal suggestivo
panorama femminile, alle gioie più materiali quali erano i
suoi
amati sigari cubani e il suo fidatissimo vino d'annata.
Certo
era che nella sua vita non mancava proprio nulla, per una volta la
poteva considerare perfetta. Ragion per cui, qualcosa doveva per
forza andare male.
La
sua vita si poteva dire irrimediabilmente cambiata, quando un giovane
ed aspirante fotografo s'avvicinò a lui, tutto eccitato.
«Piacere
di conoscerla, signore. Il mio nome è Daniel
Duperac»
Disse
l'individuo davanti a lui, febbrile di entusiasmo.
«Francese?»
Domandò,
piuttosto stupito. Se non avesse guardato attentamente i suoi
lineamenti e non avesse notato una leggerissima inflessione della
voce, non lo avrebbe mai detto.
«Da
parte di padre, signore. Ma sono nato e cresciuto qui a
Londra.»
Rispose
educatamente il ragazzo.
Quanti
anni aveva? Ventidue... Ventitré, tutt'al più?
Fu
in un pregiatissimo ristorante, che conobbe quello che poi sarebbe
diventato il suo compagno di vita. Quella sera ebbe l'onore di averlo
al suo tavolo, di poterci parlare di persona per ore ed ore, senza
mai cadere in un baritonale silenzio che trasudava solo imbarazzo.
Si
bevve parecchio, l'ultima cosa chiara e precisa che ricordava della
conversazione con Daniel era solamente una, che gli rimase impressa
in particolar modo:
«La
prego, faccia avere i miei lavori al suo collega» stavano
discutendo
della passione che li univa: la fotografia. Daniel era un giovanotto
in cerca di fortuna, purtroppo per lui questa gli era avversa: in
molti avevano rifiutato le sue opere, ora il ragazzo gli stava
chiedendo semplicemente un favore.
«So
che se lei potesse... Vede, io devo assolutamente
mostrare
queste foto al mondo!»
Esclamò,
con entusiasmo.
Matthew
trangugiò un modesto sorso di vino, ridacchiò
sommessamente e lo
derise nel modo più abbietto possibile:
«Ragazzino, parliamoci
chiaro: hai tutta una vita per mostrare queste tue foto. Sei ancora
così giovane...»
Mormorò,
sentendo d'un tratto il peso della sua quarantina d'anni sulle
spalle.
«No!»
gli inveì contro, battendo un pugno sul tavolo per
dimostrargli
quanto si sbagliasse. «La vita è breve, passa
prima di quanto si
possa pensare. Non si aspetta una vita... E' la vita che aspetta te.
Non è il destino che ci corre incontro, siamo noi che
rincorriamo il
destino!»
E,
per quanto giovane fosse, Matthew doveva riconoscergli dei meriti. In
quel caso, era stato molto più maturo di lui.
In
quel momento rivide se stesso da giovane: la stessa determinazione
negli occhi, la stessa passione nell'anima, il fuoco che ardeva
dentro solo ai volenterosi. Tacquero qualche breve istante, poi si
sentì un borbottio simile ad uno “scusa”
da parte di
Daniel.
«Smettila
di darmi del lei, ora.»
Concluse
semplicemente.
«Ti
riaccompagno a casa?»
Disse,
dopo qualche secondo di assoluto silenzio. Daniel fece un cenno
d'assenso e, insieme, si avviarono fuori dal locale, sotto un cielo
dipinto di stelle e una musica tanto fragile alle orecchie quanto
inudibile.
Matthew
avrebbe recepito solo in seguito il reale significato di quelle
parole, quando avrebbe smesso di dare retta al cervello e avrebbe
cominciato a pensare con un altro organo.
«Vivo
qui.»
D'un
tratto si fermarono davanti un palazzo di pochi piani. Daniel stava
per salire gli scalini, Matthew stava per voltarsi, ma il destino
decise diversamente. O meglio, chi aveva preso la mano del destino.
«Comunque...
Io non
ti ammiro, Matthew.»
Alla
luce di quell'informazione, il fotografo ritornò sui suoi
passi e
incrociò nuovamente quelli del ragazzo; si sentiva
leggermente
piccato dentro, la sua espressione contrita ne era la prova
più che
palese.
«Voglio
dire... Io voglio ammirarti, ma proprio non posso.»
Disse,
con ovvietà.
«Non
riesco a-- »
«Perché
l'ammirazione sparì nel momento stesso in cui mi innamorai.
Di un
amore cresciuto giorno dopo giorno, stupidamente coltivato tra i
banchi dell'università... Nella sua stessa
università. Non si
ricordava di me, eh? Tra gli alunni ero quello meno estroverso, ma
perlomeno seguivo seriamente la sua lezione, senza smanie di
arrabattarmi un bel voto»
Fece
un lungo sospiro, quasi si fosse tolto un peso dal cuore. Matthew
indietreggiò, in modo istintivo: non poteva sopportare una
simile
idea, era inconcepibile nella sua mente.
«Vedi
Daniel, non sono interessato a certi--»
«Non
è questione di interessamento» disse lui, con un
sorriso bonario.
«Chi può dire di conoscere la faccia del vero
amore, davvero?»
Stavolta
inclinò il capo di lato, ostentando un sorrisino
accattivante. Lo
stava mettendo pericolosamente a rischio, non sapeva quasi cosa
obbiettare contro un ragazzino che aveva solo voglia di provare nuove
esperienze.
Poi,
scese dal suo piedistallo. Lo affiancò, seguendo passo dopo
passo il
movimento disorientato delle sue pupille.
«Ricorderai
le risate da bambini, le mani impiastricciate coi colori a spirito,
il mio naso rosso quando avevo freddo ma non volevo riscaldarmi e il
sapore di un gelato alla fragola... La crema sulle guance e il
profumo dei frutti di bosco...»
«Cosa
diavolo stai dicendo?»
Domandò,
cercando di fuggire dal suo sguardo.
«Una
poesia che scrissi da piccolo. Sì, credevo che la mia strada
fosse
la poesia... Così me ne andai al liceo classico. Poi, un
giorno vidi
una mostra e tutto il mio mondo cambiò. Ne vidi un'altra,
un'altra
ancora e... Alla fine, quello che avevo vicino mi parve distante e
ciò che era lontano, lo sentivo dentro.»
Sorrise,
ancora. Matthew giurò di essere arrossito, ma
cercò di non dar
troppa importanza ad una cosa del genere, pensava che fosse normale.
«Era
la mia strada, insomma. Non trovi anche tu, Matthew? Il destino
agisce per vie traverse, ci guida come angeli
senza ali in un
mondo nel quale non sappiamo nemmeno camminare.»
L'uomo
asserì col capo, riflettendo su quanto fossero veritiere
quelle
parole. Poi, ristabilendo il proprio controllo, gli domandò:
«Avrai
vita breve, vero?»
Aveva
come quello strano presentimento, dal momento che tutti i suoi
discorsi parevano andare a parare contro l'unico argomento umanamente
non controllabile dall'essere umano. Stavolta fu Daniel ad asserire
col capo, poi gli sembrò quasi di vedere il principio di una
lacrima
sulle sue ciglia, che s'esaurì nel momento stesso in cui
digrignò i
denti e trovò la forza di parlare:
«Sì,
hai ragione. Non è necessario che tu mi ami, puoi anche
odiarmi.
Tuttavia, voglio togliermi tutti i conti in sospeso prima della mia
morte. E voglio anche la mia poesia sulla lastra di marmo,
così che
tutti leggano e dicano che quella poesia sia incompleta.
Avrebbe potuto riempire qualcun altro il vuoto, ma qualcun
altro
non c'è.»
Aveva
elencato una serie di cose, che ad orecchie estranee sarebbero
suonate davvero tristi. Tuttavia, il sorriso di Daniel cancellava
ogni traccia di sofferenza: lo stesso Matthew non poteva credere
d'aver appena udito la cosa più amara della sua vita.
C'era
un'inquietudine di fondo in quelle frasi, che si sforzava d'ignorare
per non venirne inevitabilmente coinvolto emotivamente. Ora, che
avrebbe dovuto fare?
Accennò
un sorriso, ma stonò dannatamente con i suoi occhi; Daniel,
allora,
senza curarsi troppo delle conseguenze, si avventò sulle sue
labbra.
Matthew, sulle prime, non sentì neppure il sapore di un
bacio; fu
solo quando avvertì il collimare inevitabile dei loro corpi
e il
respiro divenire meno autonomo, che si convinse che qualcosa stava
realmente accadendo.
Non
riusciva a credere a quello che stava succedendo, non gli parve
concepibile nella sua mente che una tale celebrità come lui,
che si
era costruito da solo, ora stesse cercando rifugio sulle labbra di un
ragazzino sprovveduto, che lo aveva sedotto con un frammento pietoso
di vita vissuta.
Tuttavia,
non lo respinse. Fu solo dopo qualche secondo di reciproca
collaborazione che frenarono l'urto delle loro bocche, per dar spazio
ai respiri ansanti e ai terremoti del cuore.
Qualche
istante per riprendersi: Matthew pensò di aver vissuto di
più in
quei trenta secondi che in quarant'anni di vita.
Hai
cambiato la mia vita – dicono
le persone.
Eppure,
il loro corpo è lo stesso, la loro anima è
leggermente scossa da un
nuovo sentimento ma grossomodo appartiene sempre allo stesso corpo,
la mente è la medesima.
La
loro vita è solo un cambiamento apparente.
Cos'è
che cambia la vita?
Il
destino che decide di beffare gli esseri umani, questo cambia la
vita. Un amore non proprio convenzionale, questo cambia la vita. Un
angelo che prende e se ne va per ritornare nel proprio antro, questo
cambia la vita.
La
vita che decide di cambiare di propria iniziativa... Questo
cambia la vita.
Daniel,
in qualche modo aveva sempre amato il mondo divino: gli ricordava un
grande acquario nel quale erano rinchiusi pesci di ogni genere. Quale
direzione prendere, questo lo decidevano di propria iniziativa... Ma
in qualche modo la corrente faceva loro da angelo custode, aiutandoli
a trovare la strada.
Matthew
aveva imparato tante cose da lui negli ultimi tre mesi che avevano
vissuto insieme. Non era credente, non lo era mai stato, tuttavia
pensava che alcuni angeli un tempo avessero preso le sembianze delle
persone, in modo da proteggerle.
Con
la promessa che, presto o tardi, sarebbero appartenute di nuovo al
cielo.
Peccato
perché, nel breve lasso di tempo che trascorrevano sulla
terra,
correvano il rischio di innamorarsi: allora lasciarsi diventava
un'ardua impresa.
Matthew
percorre la via che porta al cimitero, con un sorriso sornione sulle
labbra e uno
sguardo
rivolto verso il cielo. In men che non si dica varca i cancelli di
ferro – cigolano, come in un vecchio film horror –
ci mette
poco ad individuare la tomba nella quale riposa Daniel.
È
tutto perfetto: una lastra di marmo, con sopra stampata la sua
poesia. Una lacrima non può che camminare sul suo zigomo,
quando
legge la frase che ha abbozzato qualche secondo prima che lui
morisse:
Ricorderai
le risate da bambini, le mani impiastricciate coi colori a spirito,
il mio naso rosso quando avevo freddo ma non volevo riscaldarmi e il
sapore di un gelato alla fragola... La crema sulle guance, il profumo
dei frutti di bosco e tante altre cose, che ti faranno più
male di
quell'innocente risolino, di quel pastrocchio sulla pelle, di quella
sensazione gelida, di quegli strani gusti.
Ricorderai
anche ciò che non vuoi ricordare e, soprattutto, la cosa che
ti farà
più male.
Ricorderai
di aver amato... Di aver amato ma di non di aver goduto a pieno.
Avrai amato con metà cervello – purtroppo non
avrai conosciuto
tutte le cose belle che si fanno in amore – ma con tutto il
cuore.
A
te, affinché i ricordi ti seguano insieme all'anima.
A
te, che di ricordi quaggiù ne hai lasciati sin troppi.
La
tua unica colpa è di aver amato troppo presto e troppo
intensamente... La mia, è quella di aver voluto amare con
te,
sebbene troppo tardi.
Lo
vedi? Siamo complici di uno stesso crimine.
Ricorderò,
ricorderai... E, un giorno, ricorderemo.
“Vorrei...
due ali in prestito, per volare da lui, per poi restituirle,
perché
non mi serviranno più”
Fine.
Note:
Dunque, ci terrei a precisare alcune cose. All'inizio temevo
l'attinenza, in quanto non è che appare un angelo vero e
proprio in terra nella mia storia.
Piuttosto,
mi sono concentrata sull'amore e sul sentimento che scoprono i due di
provare entrambi (anche se Daniel è sempre stato innamorato
di
Matthew), ma ahimè la vita è breve.
Già, il significato della mia storia è proprio
questo: la vita è breve, purtroppo... Tanto vale viverla
intensamente,
attimo dopo attimo.
Quelle che vedete sopra, sono le note prima di inviare la storia.
Infatti, ho fatto bene a temere l'attinenza... dato che ho sgarrato
lì XD.
Questa storia si è classificata quarta al contest "Angel
Yaoi" indetto da NonnaPapera! sul forum di Efp. Potete trovare i
risultati qui
<3.
Mi ero detta, però, che in qualunque modo fosse andata -
sapevo di non aver beccato l'attinenza XD - questo era un esperimento,
sono felice di aver gareggiato in ogni caso
*-*.
Grazie per aver letto!
Kiki-chan.
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