Strano scherzo del destino

di Amelia De Pulgis
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Pensare ed Apparecchiare

 

 

 

In una tiepida mattina settembrina di fine Agosto, Amelia pensava.

Pensava all’ombra lasciata da una moltitudine di baci sul suo corpo, travolta completamente da ricordi di amori lontani, pensava ai brividi, alla spiaggia, al mare, al cielo, alla vita, ai suoi capelli, alla sua faccia, al suo corpo, al torroncino che aveva mangiato la sera prima e ai brufoli che le dovevano ancora spuntare per aver fatto quella scelta.

Rifletteva sulla musica, su cose incredibilmente stupide e sorrideva.

I suoi muscoli risori si contraevano nuovamente in una smorfia fin troppo familiare ed il suo dente un po’ indietro si mostrava ancora una volta, fiero come non mai.

Piccole lentiggini le erano spuntate ed i suoi occhi cercavano di cogliere, grazie alla loro rotondità propendente verso l’esterno, più luce possibile.

In quel mese e quindici giorni aveva imparato a non avere aspettative.

Su nessuno e su niente.

Aveva imparato che qualsiasi cosa dicesse poteva acquisire milioni di significati e che la maggior parte delle interpretazioni erano sbagliate.

Senza aspettative si viveva meglio, aveva concluso.

Si era ritrovata, d’un tratto, vittima di sguardi arroganti e pieni di disapprovazione, colpevole di una serie di piccole incomprensioni diventate crimini agli occhi dei più cinici, dei più gelosi e sospettosi.

Si era ritrovata tradita e tenuta all’oscuro di questioni che la riguardavano intimamente.

Uno sguardo e le solite tre maledette paroline che odiava pronunciare e sentir pronunciare le avevano rattristato un pomeriggio ed una sera.

Una piccola “crisi Beautiful”, come adorava pronunciare lei stessa.

La stessa bocca che aveva pronunciato le “tre maledette” poche ore prima, aveva sfiorato e baciato con una dolcezza immensa la sua, poche ore dopo.

Non intendo scendere in particolari, mi dilungherei inutilmente.

Sappiate solo che è ancora un altro ragazzo, Andrea, questa volta.

Un amico di sempre trasformato in amore per una settimana.

Per una volta una storia pressoché semplice, amare ed essere amati senza intralci né difficoltà, naturalmente, come una coppia, senza sotterfugi.

Ma ritorniamo alla ragazza che pensava sulla sedia di plastica.

Le vacanze stanno terminando e non tocca una bilancia da due mesi.

“Speriamo in bene” si dice abbassando gli occhi verso l’ombra di un rotolo.

Metabolismo lento, le avavano spiegato.

Mangiava poco, evitava dolci, correva, nuotava, si muoveva, giocava a racchettoni.

“Uff, che fatica”

I risultati erano soddisfacenti, ma non abbastanza.

Non pensiate che sia un’ obesa, pesa tra i 47 e i 48 chili, ma ha un’ ossatura praticamente invisibile.

“Stupidi, inutili e futili problemi d’adolescente..”

Bisogna alzarsi dalla sedia di plastica, con il sedere a righine, e fiondarsi ad apparecchiare.

Il dovere chiama sempre, anche in vacanza.

 

 

 

 





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