Quando
l’inverno finirà.
Flash-fiction (426 parole).
Empereur, empereur. La neve si sgretola sotto ai miei
passi. I soldati procedono ricurvi nel vento crudele, mostrandogli i
visi sbiaditi dal gelo con un orgoglio che pian piano si dissipa.
Empereur, empereur. Le bocche secche esalano parole di conforto in
grumi di debole respiro. Li ho accostati per un tratto, prima di
marciare al tuo fianco. Le vesti stracciate, logore, e i mantelli
incapaci di coprire interamente le loro figure emaciate: sembravano
bambole di pezza smorte, burattini rovinati e mossi da
volontà estranee.
Empereur, mi sento mancare.
Gridasti: «La Francia e Dio con noi!», e io non
potei che unirmi, il cuore colmo di orgoglio.
Mi domando se Dio ci abbia mai appoggiati, in questa lotta.
Ora ho le gambe gelate e i piedi sanguinanti e gonfi, negli stivali
zuppi. Siamo lontani dallo sfarzo della bella Paris e dalla lingua
confortante del fuoco del Palais de
l’Élysée. Com’è
buffo pensare all’alba esangue che carezza i bordi delle
campagne, in un momento come questo. Fa male ricordare il bacio di un
raggio di sole sulle guance e il sussurro del vento fra le fronde
verdi. Promettimi che, se riusciremo a far ritorno, mi offrirai un
bicchiere di chambertin e, nelle sere di Messidor, ci accomoderemo a
discutere di grandezza e potere – quasi ci appartengano di
diritto, come se la benevolenza del Signore ce le abbia elargite
facendoci attingere dalle sue stesse mani.
Empereur, eppure, adesso, la gloria mi appare distante.
Gli occhi dei tuoi soldati non osano mentire, sebbene il timore di
ferire il condottiero di Francia sia grande: è la fine che
si scorge nel fondo nero delle pupille stanche. Pozzi di pece e di
buio, buio di disfatta e vergogna, quello che ci costringe a voltare le
spalle al nemico, disonorevolmente.
Empereur.
Mi si gela il cuore, e ringrazio Dio per la gola arida e dolorante
perché non ho più parole da proferire. Vedo
uomini abbandonare la vita, tremando, inghiottiti
dall’inverno, cancrene mutilare corpi, e sangue, sangue,
sangue, armi, fucili, spade e sangue, sangue.
Empereur, le acque assassine sono torbide. Ciò che resta
della Grande Armée improvvisa ponti con cavalletti mentre
l’armata russa avanza.
Ho dimenticato il profumo delle rose in primavera, l’odore
del pane sfornato e il calore che regala un sorso di vino. Conosco
l’acre aroma del sangue che comincia a tingere la neve,
adesso. Le urla di terrore e gli spari mi stordiscono.
Ivan ride, con gli occhi macchiati di una luce che sa di vittoria e
strage, mentre mi punta contro il fucile.
Empereur, è l’esordio di un crollo inarrestabile.
N/A.
Battaglia della Beresina, 1812. Informazioni prese da Wikipedia,
visto che in testa ormai ho solo le due guerre mondiali (grazie esame
di matura, almeno quelle).
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