Epilogo
Samuel e Samia non avevano visto ciò che era successo nel
Labirinto negli ultimi minuti, non avevano visto la lite tra Damon e
Bonnie, non avevano visto il loro chiarimento, non avevano visto Bonnie
smascherare ciò che Ted aveva fatto.
L’unica cosa che sapevano era che il vampiro e la strega
erano arrivati al centro del Labirinto e questo a loro bastava, era
quello il momento che aspettavano, era lì che volevano che i
due fossero per poter finalmente agire e ora che tutto era andato come
previsto loro si apprestavano a fare il loro trionfale ingresso in
gioco.
Per loro non aveva importanza che ci fosse uno scontro, che Ted potesse
morire, che Bonnie avesse capito delle copie e che ora lei e il vampiro
fossero uniti più di prima.
Loro stavano comunque per raggiungere il loro obiettivo che non era
esattamente quello che avevano detto a Ted.
Ted credeva che loro volessero Bonnie, e questo era vero, ma era vero
anche che Ted credeva che era a quello che servissero lui e il
Labirinto, per dividere Bonnie da Damon e poterla prendere, ma non era
esattamente così.
Non avevano di certo bisogno del Labirinto per strappare la strega al
vampiro.
Il Labirinto non era servito a questo scopo, il Labirinto era servito
per il vampiro, non per Bonnie.
Il compito del Labirinto era dare un avvertimento a Damon del tipo:
‘Per quanto tu
possa essere potente, per quanto tu possa fare, la magia ti
batterà. Per quanto tu possa rivendicare chissà
quale diritto sulla strega per chissà quale romantico
sentimento nei suoi confronti, lei è un essere magico e in
quanto tale la magia se la riprenderà senza che tu possa
fare nulla’.
E sembrava che fosse servito.
Damon aveva capito fin da subito che non poteva distruggere il
Labirinto, ma al massimo poteva fare qualcosa solo contro le illusioni.
Adesso gli mancava solo il colpo di grazia, quello che gli avrebbe
mostrato, in tutta la sua interezza, la superiorità della
forza magica.
Per quanto riguardava la strega, il piano era semplice:
l’avrebbero presa e avrebbero usato su di lei la potentissima
magia nera e con quella le avrebbero cancellato dalla mente e dal cuore
tutto, per poi instillarle nella memoria una nuova vita, una vita
diversa, una vita che non aveva mai vissuto per davvero, una vita
falsa, ma che per quanto ne avrebbe saputo lei sarebbe stata
l’unica vita che avesse mai vissuto. Una vita senza umani,
senza innamorati vampiri.
Una vita devota alla magia, vissuta nel Regno magico, in mezzo a
stregoni e streghe.
Era questa che l’aspettava.
Era questo che avrebbe dovuto essere da sempre.
Era questo che stava per accadere, finalmente.
E il vampiro, anche se l’avesse avvicinata, non avrebbe
potuto riportarla indietro, lei non lo avrebbe riconosciuto e forse
l’avrebbe addirittura denunciato per fare in modo che lo
uccidessero, come le era stata insegnato nella sua falsa vita.
Era un piano perfetto e Samuel e Samia stavano per metterlo in atto.
Tutto quello che era successo, il Labirinto, Ted, era solo la punta
dell’ iceberg, da lì in avanti ci sarebbe stata la
vera storia.
I due anziani fratelli Consiglieri superiori si presero per mano e si
concentrarono.
Dinanzi a loro una porta luminosa, che più che essere una
porta ricordava una stupenda cascata di zaffiri blu, apparve dal nulla.
Era il portale.
Di lì a breve sarebbero arrivati nel cuore del Labirinto
magico di Ted, dove tutto avrebbe, finalmente, avuto inizio.
Damon teneva ancora Bonnie stretta a sé, teneva ancora la
sua bocca incatenata a quella di lei.
Non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che fosse stato realmente
tanto stupido da lasciarsi incantare e credere che lei non lo amasse.
Ma quella copia era stata così dannatamente convincente che
nessuno poteva biasimarlo.
E poi anche lei ci era cascata, anche lei aveva creduto che lui si
fosse stancato e che volesse abbandonarla, come se questo potesse
essere possibile.
Ciò che doveva ammettere era che di tutta quella roba magica
non è che ci avesse capito poi molto e inizialmente era
stato titubante.
Aveva dovuto davvero leggere la mente e il cuore di Bonnie per capire
se le mentisse oppure no, ma lei glielo aveva lasciato fare, era stata
Bonnie stessa a dirgli di farlo.
Lei lo conosceva, sapeva che per lui era difficile fidarsi e sapeva che
si era sentito tradito.
Lei glielo aveva permesso.
Si era aperta completamente e lo aveva lasciato vagare nei suoi occhi,
nel suo cuore, nella sua mente e nella sua anima.
E ciò che Damon aveva visto era stato troppo.
Ogni parte del corpo di Bonnie, ogni fibra della sua anima, ogni
battito del suo cuore gli raccontavano il suo amore per lui.
Damon non credeva possibile che qualcuno potesse amare lui, proprio
lui, così tanto e così in condizionatamente, ma
lei lo faceva, la sua streghetta era lì e lo amava di un
amore puro e assoluto.
E come non fidarsi dopo aver visto questo?
Come non stringerla, non baciarla, non perdersi in lei?
Erano ancora immersi in quel bacio che sembrava infinito, ma che
finì troppo presto quando, per forza di cose, Damon dovette
scostarsi per lasciare che Bonnie respirasse, dopotutto lei era
soltanto umana, ma per Damon era davvero facile dimenticarsene dal
momento che la considerava molto di più, un essere
superiore, magnifico, puro, luminoso, una dea, la sua dea.
Restarono lì a guardarsi senza dire nulla e in fondo
sapevano che non c’era nulla da dire, sapevano già
tutto nonostante la costante paura di non sapere nulla.
E dopotutto è anche questo l’amore: la certezza di
vivere nella costante incertezza dell’amore
dell’altro.
Questo momento così perfetto nella sua intimità
venne spezzato da una mossa piuttosto azzardata, a detta di Damon, da
parte di Ted: lo stregone cominciò ad applaudire.
Quando Damon si voltò a guardarlo, lo stregone aveva dipinta
sulla faccia un’ espressione che forse voleva essere di
minacciosa sicurezza, ma a Damon ricordava più quella che
avevano gli stupidi umani con cui aveva avuto a che fare in passato
che, trovandoselo davanti, non capivano quale rischio corressero e
cercavano di comportarsi da cacciatori quando in realtà
erano prede.
Ed era così che Damon vedeva Ted in quel momento: come una
preda.
Era vero che Ted era uno stregone, che poteva usare la magia, ma
infondo era sempre una umano, nelle sue vene scorreva sangue, sangue
che Damon bramava.
A nulla sarebbe servito usare illusioni o stupidi trucchetti alla mago
Merlino, perché, contro Damon, Ted non poteva nulla e usando
la magia non avrebbe fatto altro che dare un gusto più
eccitante alla caccia, alla lotta, all’uccisione.
Ted era la preda.
Damon era il cacciatore.
Ted sarebbe morto.
Damon l’avrebbe ucciso.
Perso in questi pensieri di morte, Damon ricordò solo
all’improvviso della promessa fatta qualche tempo prima a
Bonnie: le aveva promesso che non avrebbe più ucciso, che
non avrebbe più influenzato nessuno per avere sangue.
Damon aveva tenuto fede a quella promessa da che l’aveva
fatta.
Non si era nutrito di sangue animale, questo era ovvio, ma non aveva
neppure più ucciso o influenzato.
Aveva trovato altri modi: beveva ‘sangue in bottiglia’
cioè quello che rubava agli ospedali o alle banche del
sangue e poi c’era il sangue che scambiava con Bonnie, quello
lo teneva in forze a lungo, era potente il sangue della sua streghetta
e questo era un motivo per amarla di più.
Ma adesso?
Ted era umano, poteva infrangere la sua promessa?
Per quanto avessero sofferto, Bonnie voleva davvero che lui uccidesse?
Preoccupato, si voltò verso Bonnie ad incontrare i suoi
occhi.
Lo sguardo di lei non era impaurito o velato dalle lacrime, come si
aspettava, ma era uno sguardo deciso e fiammeggiante.
“Non preoccuparti, Damon! Ted non è umano,
è un mostro! Solo un mostro avrebbe fatto ciò che
lui ha fatto a noi due!” - disse Bonnie.
Aveva capito tutto, soltanto guardandolo, lei aveva capito tutto.
Ora Damon era sicuro, sicuro di se stesso, sicuro di Bonnie e sicuro di
ciò che stava per fare: l’ora di Ted era giunta.
“Allora, è finito l’idillio oppure
continuerà ancora a lungo?” - Ted stava
cominciando a perdere la pazienza.
- Forse quei due non si
rendono conto di chi hanno di fronte - pensava guardando
Damon e Bonnie, ancora abbracciati, che lo snobbavano altamente.
Ted si sentiva una furia, un leone in gabbia che stava per essere
liberato.
Voleva combattere, voleva uccidere, voleva combattere e voleva uccidere
il vampiro.
Aveva aspettato così a lungo che adesso non resisteva
più.
Le pareti del Labirinto cominciarono a tremare leggermente in risposta
alla sua impazienza.
Poi, finalmente, il vampiro si voltò.
Ted notò con disgusto che aveva i canini ben allungati:
evidentemente voleva intimidirlo.
Ma la cosa che lo disgustava di più era che la strega
continuava ad accarezzare un braccio di quella creatura rivoltante. Non
sembrava spaventata o disgustata, come era giusto che fosse, no, lei,
una creatura magica, era perfettamente a suo agio accanto ad un
vampiro, uno stupido, rivoltante vampiro con i suoi stupidi, rivoltanti
canini.
Ted stava per vomitare: mai visione era stata più assurda e
mai visione lo aveva mandato più in bestia.
Ted stava cominciando a perdere la testa.
“Sta calmo, Harry Potter! Non dovresti agitarti
così con un vampiro di fronte pronto ad attaccare! Sento il
tuo sangue che corre nelle tue vene fin da qui e…sai una
cosa? Sono piuttosto affamato!” - lo schernì il
vampiro, mentre la strega si allontanava e si metteva in un angolo per
lasciare campo libero ai due combattenti.
“Ci morirai affamato!” - lo sfidò Ted.
“Vedremo” - rispose Damon inclinando la testa di
lato con un lieve sorriso e guardando Ted con occhi curiosi.
Ted sentiva perfettamente le ondate di puro Potere emanate dal vampiro
ancora immobile di fronte a lui, ma non se ne preoccupava.
- Tanto sono
più forte! Ne ho uccisi a decine di vampiri -
pensò.
“Peccato che io non sia come gli altri!” - rispose
Damon al suo pensiero.
“Non mi leggere la mente!” - sbraitò Ted.
“Non è mica colpa mia! Sei tu che urli, forse nel
tentativo di autoconvincere te stesso che puoi farcela” -
rispose Damon del tutto calmo.
“Non ho bisogno di autoconvincermi di nulla! Io so
perfettamente che ti ucciderò” - fece Ted, ma si
accorse che stava parlando con l’aria.
Damon era sparito.
- Ma dove
cavolo…? - pensò Ted quando si
sentì afferrare per un braccio e venne costretto a girarsi.
“Qui!” - disse il vampiro a pochi centimetri dalla
sua faccia.
Damon era stato così veloce che Ted non aveva neppure notato
subito che fosse sparito.
Lo stregone trasse un respiro profondo e puntò gli occhi in
quelli del vampiro.
“Questi trucchetti non attaccano con me!
Rassegnati!” - disse, ma Damon non sembrò per
niente scalfito dalla sua provocazione, si limitava a fissarlo con
occhi divertiti, poi, improvvisamente, si scostò leggermente
da Ted e cominciò a ridere fragorosamente: se avesse potuto
avrebbe pianto tante erano le risate.
- E’ il
momento! - Ted pensò di approfittare di
quell’attimo di distrazione del vampiro per poterlo attaccare.
Si concentrò e richiamò a sé il potere
del fuoco, ma proprio mentre stava per scagliare il suo incantesimo,
Damon tornò improvvisamente serio, si mosse velocissimo e
con un unico movimento fluido si portò alle spalle di Ted e
gli bloccò le braccia con una mano mentre con
l’altra lo teneva per il collo.
“Brutta mossa , stregone! E anche piuttosto codarda da parte
di uno che si dice così sicuro di uccidermi! Se è
così non cercare di cogliermi in fallo, anche
perché non ci riusciresti, e vedi di attaccarmi guardandomi
dritto in faccia!” - gli ringhiò Damon
all’orecchio e subito dopo lo lasciò andare e lo
buttò a terra con una spinta.
Ted ci vedeva rosso: il vampiro aveva appena osato dargli del vigliacco.
“Quella non era vigliaccheria, ma semplice
strategia” - ribattè Ted rimettendosi in piedi.
“Io continuo a pensare che tu sia un codardo!” -
rispose Damon con un ghigno sadico.
“Non mi importa ciò che pensi!” -
urlò Ted sull’orlo dell’esasperazione.
“E allora perché ti scaldi tanto: è un
mio pensiero e a te non importano i miei pensieri, giusto? Comunque sei
un codardo!” - fece Damon con una lieve risata.
“Aaaaaahhhh!” - urlò Ted e si
scagliò contro Damon.
Pessima mossa: Ted aveva una buona preparazione fisica
perché faceva parte del suo addestramento per poter
combattere contro le creature oscure e aveva lottato con parecchi
vampiri, ma questa volta fu una pessima mossa.
Damon non sembrava per nulla intimidito e nemmeno leggermente stupito
da Ted, anzi, era divertito.
Il bastardo se la rideva e Ted si arrabbiava ancora di più.
Ted cercò di colpire Damon con un pugno, ma Damon lo
schivò
Provò con un calcio, schivato anche questo.
Andarono avanti così per un po’, con Ted che
attaccava e Damon che schivava, fino a che Ted non si sentì
a corto di fiato.
“Stanco?” - lo schernì il vampiro.
“MALEDETTO!” - urlò Ted e
ripartì all’attacco.
Questo gioco di colpi e schivate continuò per un bel pezzo,
e mai una volta che Damon avesse anche solo cercato di
attaccare.
- Ma a che gioco sta
giocando? - pensò Ted fermandosi a riprendere
fiato.
“A nessun gioco! Sto semplicemente aspettando il momento
giusto, io! E poi hai aspettato così a lungo questo momento
che mi sembra una cattiveria fin troppo gratuita non lasciartelo godere
a pieno!” - rispose Damon al suo pensiero.
- Dannazione! Possibile
che ogni volta che apre bocca mi fa saltare i nervi? -
pensò Ted.
“Che vuoi farci: il mio è un dono naturale! Mi
piace far arrabbiare le persone e tu rendi tutto così
semplice! Davvero, secondo me hai dei seri problemi con la gestione
della rabbia, lo penso già da un po’ e credo di
avere ragione! Ma dopotutto, quando mai io non ho ragione?” -
fece Damon.
Ted non ci pensò due volte e cominciò a scagliare
contro Damon ogni sorta di incantesimo offensivo che conosceva, ma
sembrava che il vampiro fosse protetto da una specie di scudo di
Potere: i suoi incantesimi andavano sempre a vuoto.
- Questa situazione non
la sopporto più - pensò.
“Allora siamo in due!” - disse Damon diventando
improvvisamente serio.
Ted si preparò.
Il vampiro aveva detto che stava aspettando il momento giusto e quel
momento sembrava essere arrivato.
Erano a qualche metro di distanza.
Si fissavano, immobili.
Un vento gelido sferzava l’aria tra di loro.
Il silenzio era assoluto.
E poi successe.
Ted cominciò con la sua sequela di incantesimi cercando di
usare maggior Potere.
Damon avanzava lentamente schivando ogni colpo.
Ma ad un tratto il vampiro scomparve.
Ted si guardò intorno, cercandolo.
Si voltò a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a destra e
poi eccolo lì: Ted se lo ritrovò ad un palmo dal
naso.
“Dì addio al mondo, Ted!” - disse
minaccioso Damon.
Poi Ted lo sentì: il dolore.
Damon aveva affondato i canini nella sua gola e beveva avidamente il
suo sangue.
Ted sentiva le forze mancare, non riusciva a fare nulla, non riusciva a
pensare: questo era il dolore più atroce che avesse mai
provato.
Ma all’improvviso un moto di speranza si accese in lui: vide
una luce e percepì un nuovo Potere, un Potere forte e
familiare.
- I Consiglieri! -
pensò e Damon si scostò all’istante
guardandolo fisso.
Poi alla loro desta una cascata di zaffiri blu comparve dal nulla e
rivelò due figure che si tenevano per mano.
Samuel e Samia li stavano fissando.
- Sono salvo!
- pensò Ted.
Damon guardava i due nuovi arrivati: era immobile.
- Ha paura
- pensò Ted, poi si rivolse ai Consiglieri.
“Samuel, Samia, grazie per essere venuti ad
aiutarmi!” - disse, ma nessuno dei due rispose.
“Samuel, Samia!” - li chiamò Ted:
sentiva crescere l’ansia.
Perché non facevano nulla?
Poi uno sei due si mosse: Samuel.
Samuel scosse la testa come a dire di no.
- No! -
pensò Ted.
“Mi dispiace!” - lo schernì Damon che
era tornato a fissarlo.
Un attimo dopo i canini erano di nuovo nella sua gola.
Il dolore era tornato più forte di prima.
Ted continuava a guardare Samuel e Samia, immobili che fissavano la
scena.
- Perché?
Perché? - era l’unico pensiero di Ted.
Poi il dolore raggiunse l’apice e lentamente
cominciò a diminuire.
La stanchezza stava prendendo il sopravvento e aumentò,
aumentò, fino a che Ted non resistette più e si
lasciò andare al buio eterno.
L’ultima cosa che Ted vide prima di morire furono i canini di
Damon sporchi del suo sangue.
Ted era morto.
Bonnie da lontano aveva assistito a tutta la scena.
Aveva tenuto il fiato sospeso per tutta la durata della scontro e
quando aveva finalmente tirato un sospiro di sollievo vedendo Damon
uccidere Ted, tutto era andato in frantumi.
All’improvviso era apparsa una luce e poi quelle due nuove
figure.
Bonnie non sapeva chi fossero, molto probabilmente esseri magici,
l’unica cosa di cui era certa era che aveva paura di loro.
Il loro sorriso così cordiale e le loro espressioni
così rassicuranti la inquietavano molto più
dell’ira minacciosa che aveva sprigionato Ted fino a poco
prima di morire.
Damon sembrava essere dello stesso parere perché
lasciò andare a terra il corpo privo di vita di Ted e con un
solo salto all’indietro arrivò a pochi metri da
Bonnie che fece per andargli incontro uscendo da dietro la colonna di
pietra dietro cui si era nascosta, ma Damon la bloccò.
“Ferma dove sei, Bonnie!” - le disse e il cuore di
Bonnie andò a mille.
- Damon ha paura!
- lo aveva chiaramente sentito dal tono di lui e questo la scosse
ancora di più: non aveva visto quasi mai Damon avere paura.
Chi erano queste due strane figure?
“Chi siete?” - chiese Damon.
“Samuel e Samia! I Consiglieri superiori del Regno
magico!” - rispose l’uomo.
I Consiglieri superiori del Regno magico: Ted ne aveva parlato, aveva
detto che erano stati loro ad inviarlo lì.
Ma allora, se Ted era un loro inviato e aveva eseguito i loro ordini,
perché lo avevano lasciato morire?
Se Damon aveva davvero paura di loro questo significava che aveva una
vaga idea di chi fossero già prima che l’uomo
parlasse e li temeva, e se li temeva questo significava che loro
potevano fare qualcosa per fermarlo, che non erano come Ted che non
aveva nessuna speranza.
Ma allora perché non avevano agito?
Bonnie non capiva, si sentiva tremendamente confusa.
- Perché
deve succedere tutto questo? Perché proprio ora che io e
Damon eravamo insieme e felici? - si chiedeva, ma non
riusciva a darsi una risposta, mentre sentiva l’ansia
crescere: il suo sesto senso le stava urlando che stava per succedere
qualcosa di orribile.
“Cosa volete?” - chiese minaccioso Damon.
“Mi sembra ovvio: la strega! Lei ci appartiene!” -
rispose l’uomo rispondente al nome di Samuel.
“Non l’avrete! Lei è mia!” -
disse Damon e Bonnie sentì che mai parole furono
più giuste o avessero più senso.
Lei era sua, di Damon, nel corpo e nell’anima, lei era di
Damon.
“Non ne sarei così sicuro, vampiro!” -
rispose Samuel con una leggera risata.
“Lei è mia!” - ripetè Damon.
Samuel questa volta non rispose, ma si voltò verso la donna,
Samia, e le prese entrambe le mani e poi insieme chiusero gli occhi.
Un vento freddo avvolse, all’improvviso, ogni cosa.
Bonnie sentiva le gambe e la testa che si facevano sempre
più pesanti.
Riuscì a malapena a vedere una strana corda di luce viola
che la avvolgeva e la sollevava da terra spostandola verso i due
stregoni.
Tentò di muoversi, ma fu inutile: non riusciva
più a controllare il suo corpo.
Sentì la voce di Damon che la chiamava, ma non riusciva a
rispondere, poi lo vide: era stato intrappolato in una gabbia di legno
comparsa da nulla, cercava di uscire, ma ogni volta che si muoveva da
una della sbarre di legno della gabbia spuntavano decine di paletti
pronti a trafiggerlo e se lo trafiggevano lui sarebbe morto.
Bonnie si ritrovò a pregare che Damon non si muovesse.
All’improvviso si sentì afferrare per le braccia:
il suo braccio destro era tenuto da Samuel, il braccio sinistro da
Samia.
“Non puoi fare nulla, vampiro! Lei adesso viene con noi e
ricorda che è meglio se non la cerchi, perché
anche se un giorno dovresti ritrovarla lei ti avrebbe
dimenticato!” - disse Samuel a Damon.
“Non ci contare troppo!” - rispose Damon.
“Invece è proprio così che
andrà perché sarò io a farle
dimenticare ogni cosa con la magia! Le darò una nuova vita,
una vita di cui tu non avrai mai fatto parte!” - disse Samuel.
“Che vuoi dire?” - chiese Damon.
“Addio!” - rispose Samuel.
E Bonnie, nel suo stato di semicoscienza, riuscì soltanto a
vedere molta luce che li avvolgeva e a sentire la voce di Samuel e
quella di Samia che all’unisono invocavano un canto che lei
non conosceva, ma che la accompagnò verso il buio della
totale incoscienza.
Era sparito tutto.
Il corpo di Ted era sparito.
I due Consiglieri erano spariti.
Il Labirinto era sparito.
La magia era sparita.
Damon, ormai solo al centro dell’Old Wood, si
lasciò cedere in ginocchio a terra.
Non c’era più nulla.
Aveva l’impressione di essersi appena svegliato da un sogno:
un momento prima era in un posto, ora era in un altro.
Ma quello non era un sogno, era la realtà,
un’orrenda realtà.
Lui era solo e Bonnie non c’era, era stata portata via, era
stata rapita.
Bonnie, la sua Bonnie, era sparita.
NOTE:
Ciao a tutti!
Eccoci arrivati alla fine di questa seconda parte de "Il linguaggio
della resa".
Spero che questo epilogo vi sia piaciuto, bè a me
è piaciuto scriverlo anche se devo ammettere che
è stato piuttosto impegnativo visto che succedono molte cose
e dovevo spiegarne un altro casino.
Vi ringrazio per la costanza con cui mi avete seguito e recensito, ma
ringrazio anche infinitamente tutti i lettori silenziosi: vi adoro
tutti incondizionatamente e senza distinzioni!
Ringrazio di cuore chi mi ha aggiunto tra le storie seguite, tra quelle
da ricordare e tra le preferite.
E ringrazio tantissimo chi mi ha addirittura aggiunto tra gli autori
preferiti, cosa da non crederci.
Prima di lasciarvi vorrei farvi qualche domanda:
Primo: Come credete che si stia evolvendo la storia dalla prima alla
seconda parte? E i personaggi?
Secondo: C'è qualcosa che vi piacerebbe vedere nella terza
parte?
Terzo: Qual è il momento che vi è piaciuto di
più sia nella prima che nella seconda parte?
Sono curiosissima anche perchè non ho mai fatto un sondaggio
del genere tra le mie lettrici, quindi mi auguro che mi rispondiate.
Prima di lasciarvi vi darò, come ho fatto l'altra volta, un
piccolo spoiler: la terza parte della mia storia si chiamerà
"IL LINGUAGGIO DELLA RESA: IL SIGILLO".
E come ultimo avviso vi dico che sicuramente il prologo della nuova
parte verrà pubbblicato DOMENICA 25 LUGLIO di sera.
A presto.
Recensite..recensite..recensite...BACIONI...IOSNIO90!
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