Capitolo 1:
Ice – cream; 1989
25 Luglio 1989,
pontile di Huntington Beach CA.
La gelateria sul ponte di Huntington Beach era una delle più
frequentate e affollate nel periodo estivo.
Aveva certamente un nome ma nessuno lo ricordava più ormai,
era stato il pontile stesso a darle un’identità.
Ed era lì che il piccolo Matthew si trovava, a fare la fila
per un cono accanto ai suoi genitori che lo tenevano per mano. Stava
sudando come non mai tra quella folla e la calura estiva di certo non
aiutava. Le manine scivolavano tra quelle di mamma e papà e
la maglietta cominciava ad aderire alla schiena.
La gente sembrava aumentare, anziché diminuire.
“Papà, quando tocca a noi?”
“Ci sono ancora tre persone davanti a noi Matt, me
l’hai già chiesto due minuti fa.”
Il bambino sbuffò soffiando nelle narici.
“Tesoro perché non vai su quella panchina
laggiù e ci aspetti li?”
La mamma gli lasciò la mano per accarezzargli con dolcezza
una guancia.
Fortuna che c’era lei che sapeva sempre come prenderlo, lo
stringeva a sé durante i temporali e ogni sera prima di
dormire lo coccolava con il bacio della buonanotte.
Matthew provava una venerazione pura per quella donna magrolina ma al
tempo stesso tanto forte e adorava i suoi genitori quando si
abbracciavano o sorridevano, sentiva il calore spargersi dal petto e
intorpidirgli le ossa; il calore della sua famiglia.
Il bambino fece sì con la testa e corse verso la panchina di
legno scuro rovinata dalla salsedine. Per un attimo il suo sguardo si
era perso nell’oceano sconfinato e, mentre cercava di vederne
la fine stringendo gli occhietti verdi, dondolava velocemente le gambe.
Davanti a lui passarono dei ragazzi in skate e l’attenzione
di Matt si spostò su di loro. Avevano sedici anni
all’incirca, e Matt li vedeva come qualcosa di
irraggiungibile, con le loro felpe e le All Star colorate.
Meritavano rispetto più di qualsiasi altro adulto.
Era così concentrato in quell’attrazione
metropolitana da non rendesi conto nemmeno del bambino che
andò a sedersi al suo fianco con il broncio. Solo un sonoro
sbuffo riuscì a riportalo alla realtà.
Il piccolo Matt si voltò e cercò di incrociare lo
sguardo del suo coetaneo ma senza risultato, il cappellino calato sulla
testa e i folti capelli neri non lasciavano intravedere nulla di quello
sguardo che aveva sicuramente qualcosa da raccontare.
Lo percepiva dal ritmo del respiro, quel bambino non era come tutti gli
altri con cui aveva giocato fino ad allora; lui e quel bambino
sarebbero diventati migliori amici.
“Che palle...” mormorò
all’improvviso, scostando qualche ciocca corvina dal naso con
un soffio.
Matt rimase interdetto, dubbioso su cosa dire.
“Cosa hai detto?” chiese infine, piuttosto
ingenuamente.
“Nulla... Non fanno altro che litigare e io sono
stanco.”
Con un dito indicò una coppia non molto lontana. Matt non
riusciva a percepire cosa dicevano, ma dai gesti animati e veloci si
capiva chiaramente che stessero discutendo. Dietro la donna,
c’era un altro bambino con lo stesso sguardo di quello che
aveva di fronte.
“Non fanno altro che litigare e anche Brent non ne
può più, volevamo solo un gelato...”
Divenne quasi supplichevole, Matt percepì la tristezza e
allo stesso tempo la freddezza che gli faceva da scudo.
Dedusse, senza osare chiedere, che Brent fosse quel bambino vicino alla
donna.
“Mi dispiace...” gli mise una mano sulla spalla.
Erano bambini già adulti, bambini che provenivano da mondi
diversi ma fottutamente vicini.
Entrambi avevano vissuto, senza saperlo, per quel momento.
Matt, un bambino di 8 anni, ne consolava un altro della stessa
età, lo consolava come avrebbe fatto per moltissimi anni
ancora.
Quando l’altro avrà il cuore spezzato per una
donna, quando prenderà un brutto voto o i suoi genitori
litigheranno per l’ennesima volta, Matt era certo che sarebbe
stato lì su quella panchina con una mano sulla sua spalla;
era già scritto, non c’era bisogno di desiderarlo.
“Tesoro ecco il gelato!” urlò la madre
dal chiosco, con un enorme delizia che solleticò il palato
del piccolo.
Matthew la guardò con un sorriso, facendole capire che
presto sarebbe arrivato.
“Scusa ma devo andare...”
“Tranquillo.”
“Ehm... come ti chiami?”
“Brian.” rispose, come se non avesse voglia di
rispondere.
Presto avrebbe imparato che il ragazzo dai capelli corvini non aveva
molto spesso voglia di parlare, soprattutto quando stava male.
“Oh piacere, io mi chiamo Matt.”
Con una mano lo salutò, sperando che Brian disse qualcosa ma
non successe.
Andò dalla madre con lo sguardo un po’ basso.
“Con chi stavi parlando caro, un tuo compagno di
scuola?”
“No mamma... è un nuovo amico.”
Un piccolo sorriso lo attraversò.
"Perchè non lo inviti a giocare, qualche volta?"
"Non so se lui voglia, mamma."
"Sarà solo un po' timido. Avanti ti accompagno. Quelli sono
i suoi genitori?"
Indicò la coppia che si era appena calmata e Matt fece
sì con la testa.
"Perfetto, ci penso io."
Quando si voltò verso Brian era sicuro che lui lo stesse
guardando, anche se distolse giusto in tempo lo sguardo.
Sarebbero diventati amici, il tempo sarebbe stato loro compagno prima e
traditore poi, le ferite e il sangue e il dolore non li avrebbe
risparmiati, ma ci sarebbero stati l'uno per l'altro.
Sempre.
Dominil's corner:
Nuova Bratt in arrivo! *-*
Spero solo di finirla -.- e che l'idea vi sia piaciuta, in breve ogni
capitolo sarà un pezzo di vita corredato da anno e luogo ^^
Un bacio a chi leggerà e commenterà!
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