wish you were here
Word Count: 1645
Pairing: House/Cuddy, established
relationship.
Author’s notes:
ispirato
senza ritegno dai romanzi di Auster che sto leggendo. House e Cuddy
appartengono a David Shore – che adesso li sta usando bene.
La frase che House
ricorda è dal Walden
di Thoreau.
Dedicato a tutti i fans out there.
We're just two
lost souls
Swimming in a fish bowl,
Year after year,
Running over the same old ground.
What have we found
The same old fears.
Wish you were here.
Whish you were here.
E' il primo risveglio senza di lei, nell'arco di
quattro
settimane. Dio, vorrei che fossi qui
- il pensiero gli sfugge, ribelle, dalla mente intorpidita dal sonno,
ma lui lo
scaccia come fosse un insetto fastidioso. Socchiude gli occhi, respira
profondamente.
Il suo caldo respiro
sul collo, il profumo dei suoi capelli, il peso leggero del suo capo
sulla
spalla...
Riapre gli occhi bruscamente. Lei non è
qui - o forse lui
non è lì - e questo è quanto.
Lentamente dà vita alla sua routine mattutina
pre-Cuddy. In qualche modo è ossessionato dal silenzio della
stanza d'albergo.
Afferra casco e bastone - mente e braccio, testa e cuore, croce e
delizia - e
si dirige verso l'ospedale. Velocemente si immerge, annega nel caso.
Tutto il
resto è oblio.
***
Ricorda del dolce che
mi hai promesso al ritorno. Ricorda di spegnere le luci quando vai a
dormire.
Ricorda di non mangiare troppo sano. Ricordati di nascondere un
leccalecca alla
ciliegia sotto al cuscino di Rachel, e ricorda di dimenticartene al mio
rimpatrio
- è il nostro segreto. Ricorda di aumentare le ore in
clinica a Wilson - se l'è
meritato. Ricorda di rubare il giornale al vicino - non voglio che
approfitti
troppo della mia assenza. Ricorda che ti amo. Ricordati di respirare.
Ricordati
di sorridere. Ricordati di nascondere le ragazze mentre non ci sono.
Ricordati
del mio respiro caldo al mattino. Ricordati che mi hai promesso altro
oltre al
dolce. Ricordati di torturare qualche infermiera. Ricordati di non
chiamare mia
madre. Ricordati quanto ti amo.
L'ha scritto su un post-it giallo, con la sua
grafia brusca
ed essenziale, i tratti eleganti e spigolosi. Cuddy sorride assaporando
il suo
caffè. Fuori la pioggia batte, noiosa e costante, contro i
vetri della cucina.
Il respiro regolare di Rachel - dormiente, le sue piccole mani che si
aggrappano ad una palla enorme, e pelosa, e sicuramente poco igienica -
riempie
la stanza. Fuori piove.
***
Alex ha quattordici anni. Da dieci soffre di
dolori acuti e
lancinanti all'addome, che non gli permettono di condurre una vita
normale,
intervallati da lievi febbri, violente crisi epilettiche, artragie
delocalizzate. Ha passato la maggior parte della sua infanzia facendo
spola da
un ospedale all'altro. Bloccato al letto da una gamba e una spalla
rotte, i
suoi medici hanno chiesto ad House e al suo team di viaggiare fino a
Boston per
interessarsi al caso.
Sono due giorni che ogni esame si rivela essere un
buco nell'acqua.
Escluse le prime ipotesi - Batteriemie
da focolaio addominale, morbo di Whipple, HANE - House si sente alle
strette.
Foreman e Chase stanno perlustrando la casa del ragazzo, per escludere
un
avvelenamento da piombo. Il padre è impaziente, bussa alla
sua porta o irrompe
più spesso di quanto sia sopportabile, e se non ha ancora
reagito è per la
moglie - silenziosa, stanca, innamorata. Ha un che di antico - un
antico dolore, un antico amore, un'antica speranza, un'antica
dedizione; siede
al capezzale del figlio, come una Madonna in preghiera, e con uno
sguardo calma
il marito, con un sospiro calma il figlio. Gli ricorda sua madre -
arbitro
costante delle liti col suo non-padre - ed è per questo che
esce dall'ospedale,
dalla città - per pensare, lontano, deve riflettere. Deve
concentrarsi.
La sua mente vaga da una cosa all'altra, da un
sintomo
all'altro, da un ricordo all'altro, approdando infine a Cuddy.Rammenta
che oggi
sarebbero usciti insieme, non fosse stato per la telefonata del dottor
White.
L'avrebbe portata al ristorante cinese sulla trentanovesima, dove
avrebbero
litigato per le ordinazioni e le bacchette - non passava giorno senza
che
litigassero, con passione e furia ogni volta, ma col fantasma di un
sorriso sul
volto. Amava vederla arrabbiata, col petto che si gonfiava, il collo
rosso, le
pupille dilatate e gli occhi di un blu scuro, profondo, come quello del
cielo
in tempesta, al punto che dimenticava se fosse rabbia, o eccitazione, o
forse
entrambe, e poteva leggerle sulle labbra la costante lotta interiore
tra il
desiderio di schiaffeggiarlo e quello di sbatterlo al muro con un
bacio. Per un
istante gli viene in mente un'immagine straordinariamente nitida di lei
(mentre
sorride, le palpebre semichiuse, il volto basso, fingendo imbarazzo) e
capisce
che preferirebbe di gran lunga essere con lei. Gli vien voglia di
telefonarle
per fare due chiacchiere, esita, poi decide di no. Non vuole apparire
debole:
se Cuddy sapesse quanto gli è indispensabile perderebbe il
suo vantaggio, e
questo non va.
Quindi prende il cellulare e chiama Wilson.
- Com'è vestita Cuddy?
- House. Perchè non la chiami e glielo
chiedi? Devo vedere
un paziente.
- Wilson, Wilson. Significherebbe farla vincere,
ed entrambi
sappiamo che quando Cuddy vince diventa eccessivamente sbruffona.
- Una relazione non è un gioco a premi,
House.
- E questo spiega perchè le tue
relazioni non hanno mai
superato la crisi del quarto anno. Le ho detto che la amo.
- Cosa? Quando? Come? Dio, che ha detto lei?
- ...quante volte ti devo ripetere che non sei una
ragazzina
di tredici anni?
- Oh, ti prego. E' una cosa grande anche per te.
- Gliel'ho scritto su un post-it. E lei non mi ha
chiamato
da quando sono partito. Nessun commento. Nessuno squillo. Niente.
- Chi è ora la ragazzina di tredici
anni, mh?
- Il punto è: non riesco a concentrarmi
sul caso. Odio
essere distratto. Odio amare questo particolare tipo di distrazione.
- Ricordi l'ultima volta che hai avuto un caso.
Forse pensa
sia più sicuro così - per lei, per te, per il
paziente.
L'ultimo caso l'aveva reso intrattabile. La gamba
gli faceva
particolarmente male, il paziente l'aveva completamente assorbito, e
sapeva di
non essere stato un compagno ideale. L'ha ignorata buona parte del
tempo,
insultata il resto.
- Già.
- Ho consultato l'ecografia e l'ecodoppler che mi
hai
faxato. La macchia nell'addome potrebbe far pensare ad un tumore, ma
questo non
spiegherebbe le artragie delocalizzate. Ed in ogni caso potrebbe essere
nient'altro che un angioma. Avrei bisogno di una risonanza.
House annuisce e chiude la telefonata senza
aggiungere
altro. Pensa che una risonanza non possa che giovare - sembra sempre
che
succedano cose interessanti durante le MRI.
***
Lì, nell'oscurità della sua
stanza, supino e con gli occhi
aperti, ricostruisce il corpo di Cuddy. Partendo dai piedi, dalle
caviglie
sottili, risalendo dolcemente verso le cosce, l'addome ed i seni
generosi, e
poi vagando in una paradisiaca morbidezza verso i glutei, afferrandoli
possessivo, lasciando il suo marchio per poi risalirne la schiena,
contandone
le vertebre, suonandola con le dita esperte come fosse il suo strumento
preferito, e poi il collo, ed il volto spigoloso e sorridente, e gli
occhi,
penetranti e in costante cambiamento, come il cielo di un paradiso
tropicale,
dalla trasparente dolcezza di un giorno di sole al turbinio violento di
un
uragano.
Il telefono squilla. E' Taub. La casa era pulita -
quasi
asettica - e la risonanza ha confermato la diagnosi iniziale di Wilson.
E' un
angioma. Ma ha evidenziato anche altro.
- House...le lesioni del perone e della
clavicola...sospettiamo...non sono stati provocati da una caduta. Sono
volontarie. Non è inciampato, qualcuno l'ha picchiato.
In un misto di rabbia, confusione,
curiosità, House afferra
la giacca e le chiavi della moto. Il padre impaziente, la madre gentile
e
colpevole, il padre che a malapena visita il figlio, il rancore, le
urla.
'Non siamo dove siamo'
ricorda di aver letto 'ma in una
posizione falsa. A causa di una debolezza della nostra natura ci
immaginiamo
una situazione e ci collochiamo in essa, sicchè ci troviamo
a un tempo in due
situazioni e uscirne è doppiamente difficile'
***
- Voglio sapere come si è provocato
quelle fratture
Crede di urlare al padre. Tutto è
ovattato, riesce solo a
vedere quell'uomo, che si confonde col suo passato ed i suoi demoni, e
non
sente altro.
- E' caduto.
- Stronzate.
- Non sono cose che la riguardano! Faccia il suo
dannato lavoro
e non metta bocca in quello che non sa!
- E' esattamente quello che sto facendo, figlio di
puttana!
- Non lo vede che è un bugiardo? Un
maledetto bugiardo! Si
lamenta per mal di pancia e febbri inesistenti, quel piccolo bastar...
Il pugno di House lo colpisce a freddo, duro e
preciso. Lo
colpisce alla mascella, perchè sa che farà male,
lo colpisce per quel che è e
quel che non è più.
- Praticate una biopsia della mucosa rettale. Io
devo
parlare con la madre.
***
Ne risulta che il ragazzo soffriva di una FMF -
febbre
mediterranea familiare - ignorata a causa di un'anamnesi sbagliata.
Apparentemente la devota moglie e amorevole madre aveva concepito Alex
durante
una vacanza in Marocco, a cui il supposto padre non aveva preso parte.
Il
rancore di un uomo che cresce un figlio non suo è qualcosa
che House conosce
bene. Il caso è finito, e House smette di pensarci.
Prende il telefono, e questa volta - finalmente -
chiama
Cuddy.
***
- Ho vinto.
Può sentirla sorridere, attraverso la
cornetta.
- Ti prego, Cuddy. Non sto mica tenendo il conto.
Dannazione.
- Ti manco.
- Mi mancano le ragazze. Come sei vestita? Fallo
sembrare
osceno.
- Wilson mi ha detto del paziente. Mi dispiace.
- Gli abbiamo prescritto una terapia discontinua
di
colchicina. La sua famiglia è distrutta, non
guarirà mai, ma sopravvivrà.
Ignora la domanda sottintesa, la storia
sottintesa, e Cuddy
glielo lascia fare.
- Il trauma lo trasformerà in un
ragazzo misterioso e
affascinante. Sono sicura che rimorchierà parecchio al
college.
- Cuddy. - un'affermazione. Solida. - Mi sei
mancata.
- Una goccia di profumo ed un filo di perle. - una
pausa. La
sua voce è roca, graffiante, come quella di una fumatrice.
Una tacita domanda.
- Non indosso altro.
Riattacca prima che House possa commentare.
***
Sale sulla moto e avvia il motore. E' ora di
tornare a casa.
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