capitolo primo
Una nuova
vita
Carlisle
diede altre due bracciate e lasciò che la corrente lo
depositasse, come un fiore di sconosciuta provenienza e nordica
bellezza, sulla sabbia di una spiaggia. Fortunatamente deserta,
questa gli offrì il primo benvenuto in Europa. In Europa
continentale, ovvio.
A
malincuore aveva lasciato la terra che gli aveva dato i primi natali,
sia di una vita che dell'altra. Delle due, rimpiangeva soltanto la
prima: dalla seconda fuggiva sin dal primo suo nuovo respiro. Anche
per questo era stato costretto a lasciare la Gran Bretagna, con le
sue praterie verdi ed i giorni pieni di nebbia. L'aveva fatto anche
perché aveva capito di non aver un futuro in quel posto, che
lo teneva così saldamente ancorato al passato. Si mise in
piedi e si scrollò di dosso l'acqua marina: il profumo del
sale gli permase fra i capelli, ciocche di un biondo pallido su cui
il sole si crogiolava di bellezza e non di calore. Si voltò e
diede l'ultimo saluto alla sua terra natia, al di là delle
onde, così come all'acqua stessa, che l'aveva cullato come un
indesiderato figlio per giorni. Dal suo ventre era caduto sulla
terra, quella terra che ora gli copriva la camicia e la pelle di
milioni di granelli d'oro, pronto per rinascere ancora.
Si
voltò ancora, verso la patria sconosciuta che gli si estendeva
di fronte. Pronto per una nuova vita.
Non
aveva bisogno di riposare, nemmeno dopo una nuotata simile, e quella
caratteristica non smetteva mai di stupirlo. Nonostante si sentisse
ancora fresco, quindi, e pronto per cominciare una nuova avventura,
si lasciò scivolare sulla spiaggia e decise di godere del
cielo azzurro per qualche istante. L'azzurro da sempre lo
appacificava, ma da quando il suo cuore aveva cessato di battere gli
dava una malinconia incredibile perché gli riportava alla
mente il colore delle sue iridi. Ormai perduto. Quella malinconia e
quel senso di perdita irreversibile lo riportarono a riflettere sul
suo passato. Pensò che era l'occasione giusta per congedarsi
dai ricordi, quella spiaggia abbandonata e quel cielo nuvoloso di
pensieri. Là, dove la terra abbracciava il mare e veniva da
questo baciata, avrebbe detto addio a ciò che era stato.
Un
umano, era stato. Innanzitutto un umano, figlio di un pastore
rispettabile e di una madre affettuosa ed amorevole. Un figlio
docile, amato ed amante, che mai aveva pensato di tradire la fiducia
dei suoi padri. Dover involontariamente deludere il loro affetto
l'aveva ferito più di ogni altro morso.
I
morsi, si. Era stato morso da una creatura tanto forte quanto
spregevole, che l'aveva attaccato come un predatore fa con la preda e
l'aveva reso vittima della sua gioventù. Immortalato in
quell'attimo di fatale agonia, il suo volto era stato percorso dai
brividi dell'immortalità ed ancora adesso sentiva gli spasmi
di quel dolore.
Il
dolore, giusto, ma mai intenso quanto la fame. Assetato, era stato, e
si era fatto prima suicida e poi cacciatore a sua volta per sfuggire
ad un destino più tremendo della morte. Aveva pregato nel
folto dei boschi di morire, di svanire, di polverizzarsi nel nulla o
semplicemente smettere di respirare. Che tipo di creatura era quella
che riusciva a vivere senza il sole, senza l'aria, senza l'amore e
senza un cuore funzionante? Che tipo di creatura era diventato?
Un
fantasma, uno spettro di quel Carlisle che tanti avevano amato e
chissà quanti avevano rimpianto, questo era stato.. Suo padre
l'aveva rimpianto? Se lo chiedeva spesso. Non avevano mai trovato il
suo corpo senza luce e senza vita sdraiato in qualche strada buia.
Aveva capito, il pastore, che era stato morso e che non era più
il figlio che aveva cresciuto.
Crescere.
A furia di cercare di morire non era mai morto, a furia di pregare
per la luce non era mai stato illuminato. Alla fine, però, la
luna l'aveva colpito con raggi divini e gli aveva mostrato come uno
come lui poteva essere moralmente e spiritualmente sé stesso.
Si era fatto cacciatore, ma non di corpi umani inermi e deboli ma di
animali. Selvaggina, come quella che era solito mangiare quando era
piccolo e umano.
Umano,
umano era stato. Ed ora non lo era più. Era un vampiro. Non lo
considerava fortunato, quel gioco del destino, ma da qualche tempo
aveva cominciato a vederlo sotto diversi aspetti.
Sfumature,
le si potrebbe aver definite.
Da
tante sfumature era nato un sospetto, da un sospetto un'idea, da
un'idea un sogno, da un sogno un progetto e dal progetto la voglia di
vivere ancora. E quindi scappare, scappare da quel paese che ormai lo
soffocava e cercare pezzi di quel Carlisle dilaniato e diviso in un
altro luogo. Aveva cercato ed approfondito, studiato fino a non
capire più quale fosse la volontà e quale la realtà.
Le sue ricerche l'avevano portato a nuotare fino al di là del
canale, a toccare le sponde del continente. Da lì avrebbe
raggiunto il suo obiettivo. Avrebbe ricominciato la sua esistenza da
capo, senza costrizioni né ingombranti ricordi. A ricordargli
chi era stato e chi voleva diventare ci sarebbe stata la croce del
Padre, che stringeva fra le mani. Avrebbe tenuto per sé
solamente gli insegnamenti che il tempo aveva scelto di donargli.
Voleva votare la sua vita agli altri, voleva diventare un medico,
voleva studiare come un qualsiasi altro studente
ma essere il più bravo, voleva trovare compagnia.
Voleva
illudersi, almeno su quella spiaggia deserta stesa sotto un cielo
dove le nuvole viaggiavano pigramente come viandanti pensierosi, che
avrebbe trovato il calore perduto.
L'integrazione.
Sbatté
i grandi occhi color ambra e si alzò, scuotendosi di dosso
tutta la tristezza. Si dipinse sul volto un bel sorriso e concesse al
vecchio Carlisle solo una lacrima. Si inchinò al suo passato e
si rivolse al futuro. Il futuro che l'avrebbe visto completo e felice
e, sperava, non più diviso fra realtà e volontà.
Una
nuova vita.
Commenti dell'autrice
Ecco
il primo capitolo! Come si è già intuito, introduzione e
narrazione intendo, saranno per la maggior parte incentrati sul punto
di vista di Carlisle! Vi prometto che aggiornerò il più
frequente possibile.
Alla prossima, Love.
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