Ciao a tutti!
Questa è una FF che ho iniziato un
paio di anni fa e poi ho impietosamente abbandonato. Ho deciso di
riprenderla in mano e vedere se riesco a tirarne fuori qualcosa di
dignitoso.
Buona lettura a tutti!
(inutile dire quanto facciano piacere
i commenti).
Baci,
Sten
PROLOGO
Domenica.
Sospirai: finalmente un giorno tutto per me!
Il programma giornaliero prevedeva una maschera esfoliante, un
bicchiere, o meglio una bottiglia, di Chardonnay, un buon libro
sull’importanza antropologica delle acconciature nelle tribù
amazzoniche e per finire un rilassante bagno caldo a cui avevo
attribuito l'arduo compito di sgrassare il mio corpo dall' odore della
morte e dalla mia mente il colorito pallido delle ossa.
Ero infatti appena tornata da un viaggio in Europa dove mi ero occupata
della catalogazione e l’identificazione delle ossa sepolte nelle
catacombe parigine ai tempi della Rivoluzione Francese.
Una cosa che ho imparato negli anni è che le ossa non mentono e mi
testimoniarono la terribile usanza della decapitazione nella Francia
delle diciottesimo secolo obbligandomi a passare quella settimana ad
esaminare minuziosamente ogni osso del corpo per aver la certezza
assoluta di associarlo al giusto cranio. Lavoro di routine, insomma.
Testa china e spalle ridotte a un fascio di nervi mentre due orbite
vuote d'una dama di compagnia di una nobildonna francese sembravano non
smettere di fissarmi.
La riuscivo a vedere: un metro e cinquanta, minuta, i riccioli biondi
ordinatamente fissati sul capo e un vestito rosso che le avvolgeva il
corpo.
Sedici anni e decapitata per la rivoluzione.
La mia schiena fu percorsa da brividi freddi.
Sì, ne avevo decisamente abbastanza di teste mozzate.
Erano le 8.45, lentamente aprii gli occhi e mi infilai nella vestaglia
di seta turchese. Mi trascinai verso la cucina e premetti il tasto di
accensione della macchinetta del caffé. Seduta al tavolo pensai a come
mi sarebbe piaciuto, in quelle mattine dolcemente solitaria, avere un
gatto, un siamese magari, da coccolare, l'avrei chiamato Birdie come il
randagio che da piccola vedevo passeggiare nella strada in cui vivevo
con i miei genitori, mi aveva sempre affascinata quel gatto regale che
nulla aveva ma che con un balzo era in grado di decidere le sorti degli
uccelli del quartiere. Mio fratello lo trovava crudele, io, invece,
interessante. Suppongo che fu proprio Birdie ad aiutarmi a
familiarizzare con la morte.
Ancora rievocando quel fantasma di un passato che altro non fu che una
bugia, mi alzai, raccolsi il "The Washington Post" dal pianerottolo e
iniziai a leggerlo sorseggiando il caffé.
Le prime pagine erano occupate dal testa a testa che si prevedeva alle
elezioni primarie del partito democratico tra Hilary Clinton e Barack
Obama, non riuscii neppure a raggiungere le notizie economiche che la
mia giornata idilliaca andò in fumo.
Quando suonò il telefono non avevo idea che proprio in quel momento,
dall’altra parte della città, un escursionista era inciampato su
qualcosa di bianco seminascosto nel terriccio, qualcosa di molto simile
a un osso.
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