1. Eisblumen-Fiori di ghiaccio
Eisblumen-Fiori di ghiaccio
Non riesco più a
chiedermi cosa abbia senso. Su i miei occhi è caduto un pesante sipario di
velluto nero, che mi priva della luce, che segna la fine dello spettacolo, che
mi nasconde. Mi chiamo Scarlett. E’ faticoso parlare di me, perché la mia
felicità appartiene al passato ed è pungente riportarla in superficie, mentre il
mio presente è un estenuante trascinarsi nel mondo cercando ogni giorno di
tenere insieme i pezzi per non rischiare di andare in frantumi ogni singolo
maledetto secondo. Sono nata a Seattle 18 anni fa e ho sempre vissuto in questa
città con la mia famiglia. Una vita normale, che allora definivo
superficialmente “banale”, ero una ragazza semplice, studiosa, con degli amici e
una tranquilla vita senza colpi di scena, ma tanto calorosa quanto basta per
avermi fatto comodamente adagiare fra gli affetti che mi circondavano senza
lamentarmi mai di niente. E come per magia, ecco che la mia esistenza, già
appagante, si colora di una nuova luce; credo di poter definire l’inizio della
mia vita proprio quel giorno, il giorno in cui ho conosciuto Tristan. Quel
venerdì sera avevamo deciso di andare tutti insieme a vedere Spencer che si
esibiva con il suo gruppo in un piccolo locale del quartiere. Era un
avvenimento: almeno un anno di prove e finalmente il primo concerto! Ovviamente
erano stati convocati amici e parenti da ogni dove per supportare la band e per
garantire al locale una ghiotta clientela che avrebbe giovato un ingaggio per
un’altra serata.
“Scarlett! Che bello che sei venuta!” Spencer trasudava
agitazione da tutti i pori.
“Potevo forse perdermi questo momento? Dopo aver
visto per almeno tre mesi le prove generali volevo quantomeno presenziare al
debutto!”
“Grazie, ho proprio bisogno del supporto di tutti voi! Ti volevo
presentare mio cugino, è venuto apposta da Port Angeles per il
concerto.”
Spencer si scostò e con la mano indicò un ragazzo che stava al suo
fianco che non avevo notato prima in mezzo a tutta quella gente.
“Piacere,
Tristan.”
“Scarlett.” Dissi io mentre nella mia mente un solo pensiero si
faceva largo, quando pensava di tirarlo fuori sto cugino?
Tristan era alto, i
capelli neri, i suoi lineamenti erano particolari, decisi, a tratti quasi
spigolosi che gli davano un’aria simile ai giocosi spiritelli dei boschi che
avevo nei miei libri da bambina e i suoi occhi verdi erano accesi, pieni di
vita.
“Accidenti devo andare a cercare gli altri, tra poco si comincia! Mi
raccomando Rock’n’roll!” Disse Spencer volando via con le sua bacchette e la sua
elettricità.
Io e Tristan ci sorridemmo.
“Ti va di bere qualcosa? Ho
bisogno di sapere a ciò che vado incontro, Spencer nelle vesti di batterista è
ancora un’immagine sfuocata per noi parenti!”
Non potevo chiedere di
meglio.
“Ma certo! Ho qualche aneddoto che potresti usare per ricattarlo in
futuro!”
E così prendemmo posto ad un tavolo e cominciammo a parlare.
Sintonia dal primo secondo. Parlammo ininterrottamente per tutta la durata del
concerto. Eravamo chiaramente l’uno interessato all’altra, le nostre parole
scorrevano sinuose fra argomenti gradevoli ed interessanti, ed ogni gesto e
sguardo era un reciproco ricercare e constatare che ci piacevamo. Fu qualcosa
d’incontrollabile; il destino, l’alchimia, Dio, sono certa che almeno una di
queste forze lavorasse da tempo con gli intrecci delle nostre vite per farci
incontrare. Quelli che seguirono furono i mesi più belli della mia vita. Senza
quasi accorgerne io e Tristan iniziammo a passare tutto il tempo che potevamo
insieme, scivolando così con naturalezza in una storia vera e propria. Spesso i
nostri incontri erano di sera, dopo cena, quando lui riusciva a raggiungermi con
la sua macchina a Seattle, visto che io avevo il divieto di uscire dopo il
crepuscolo a causa dei crescenti atti criminali che stavano devastando la città
negli ultimi tempi.
“Non credi che la notte renda i nostri incontri più
poetici?” Mi disse una delle nostre sere, mentre stavamo bevendo un frullato
appoggiati al cofano della sua macchina.
“Quanto meno hanno un non so ché di
gotico.” Commentai con aria pensierosa mentre la mia mente scorreva gli ultimi
titoli dei giornali.
“Bè siamo degli Eisblumen.”
“Cosa?”
“Mia cara
Scarlett, sono contento che non fai altro che pensare a me, ma almeno
concentrati un po’ nelle tue lezioni di Tedesco!”
Gli feci una
linguaccia.
“Eisblumen significa fiori di ghiaccio”, continuò Tristan “c’è
una bellissima canzone che dice:
Noi siamo come fiori di ghiaccio
noi
fioriamo nella notte
Noi siamo come fiori di ghiaccio
troppo preziosi per
il giorno,
noi siamo come fiori di ghiaccio
fredda e scura è la nostra
notte
I fiori di ghiaccio fioriscono nella notte.”
Era difficile non
incantarsi quando mi parlava così.
“Si, mi piace.” Riuscii a dire.
Poi mi
riaccompagnò a casa, mi baciò e mi disse:
“Buonanotte mia Eisblume.” E se ne
andò.
Fu l’ultima volta che lo vidi. Non raggiunse mai Port Angeles. Il suo
nome giace fra le vittime della città di Seattle. Era letteralmente scomparso,
niente fu ritrovato di lui se non la sua macchina abbandonata. Sono trascorsi
mesi terribili, strazianti di dolore, di speranza. E ora sono qui che mi
trascino passivamente in una vita che definirla tale è un insulto. Oggi non
avrei dovuto essere da sola, eppure lo sono, eccomi sola e vuota ad affrontare
il mio primo semestre a Dartmouth.
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