E il cielo,
col suo grande occhio lacrimoso,
ancora scruta queste mie lande
desolate,
mio solo rifugio dai singulti del
mondo.
Non odo altro sospiro se non il suo.
Il suo tremulo petto nebuloso
s'alza; s'abbassa;
con l'infinita pena di chi spera
e muore sperando.
Amato cielo, che hai accompagnato
il mio volo di giovane rondine
accogli queste ali ormai avvezze alle
tempeste!
Ma tu non vedi,
la pupilla grigia e cieca,
questo fragile mucchio
di ossa e piume e penne
vinto da un tuono improvviso
che ha scosso e terra e mare.
Speravi forse di salvarmi da un calore
così ardente,
da una luce che mai si spegne?
O, povero amato cielo!
Tu, che mi avvertisti
di guardare sempre verso di te,
tu, che mi dicesti di non tremare
d'amore
per una luce che non era la tua
mi scruti ancora, come allora
e piangi un pianto lungo, infinito,
di stelle cadenti.
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