Titolo: Figlio di
una promessa
Personaggi:
Lucius Malfoy, Narcissa Black Malfoy
Pairing:
Lucius/Narcissa
Genere: Dark,
Sentimentale
Rating:
Giallo
Avvertimenti: One-shot,
Missing Moment
NdA:
Ambientato
prima della saga di Harry Potter.
La
scelta di un Lucius contrario alla nascita di un erede non dipende da
esplicite informazioni date al riguardo da parte della Rowling, quindi
le cose potrebbero anche non essere andate come le ho immaginate io. La
sua riluttanza a voler diventare padre però potrebbe
spiegare perché Draco sia rimasto figlio unico.
Gli
occhi di Lucius Malfoy sono di colore grigio, secondo il Canon. Non
riuscendo ad utilizzare la canzone assegnata se non attribuendola a
Lucius, ho deciso di ignorare il particolare degli occhi –
evitando di creare un contrasto tra il grigio degli occhi autentici di
Lucius e il blu del “protagonista” della canzone.
Il
POV nella maggior parte della fan fiction è quello di
Narcissa, nelle ultime due parti passa a Lucius per facilitare la
comprensione dei veri pensieri di quest’ultimo.
***
Era
terribile il solo pensarci.
Era qualcosa
che mi rendeva inquieta, qualcosa che si espandeva come veleno nel mio
sangue, qualcosa di nefasto, qualcosa di sbagliato, il pensiero che
girava per la mia mente.
Avevo litigato
con Lucius.
Non gli ero
stata vicina, non avevo rispettato il suo volere, avevo osato
contraddirlo.
E avevamo
litigato.
Litigio. Una parola
che non dovrebbe neanche pensare di essere autorizzata ad intromettersi
nel rapporto tra due sposi.
Ma era
successo, era successo e faceva tanto male.
Ripetei nella
mia mente le parole che erano state il preludio al canto del cigno.
Ripetei le sue
parole, come una musica inquietante, il lamento funereo che annunciava
la fine di tutto.
No
one knows what it’s like
To
be the bad man
To
be the sad man
Behind
blue eyes
“Tu
non mi conosci, Narcissa. Nessuno mi conosce veramente, nessuno sa
niente di me.”
Invece no, non
era come diceva lui, non era la verità.
Io lo
conoscevo, lo capivo, avevo sempre provato le stesse cose che aveva
provato lui. Noi eravamo in simbiosi, era innegabile.
“Io
ti amo, Lucius. Io voglio… vorrei che il
nostro amore venisse reso eterno e…”
“No.
Non si discute.”
Era severo nel
tono e nei gesti. Era il padre intransigente che non voleva essere e io
la bambina capricciosa che ero sempre stata.
“Ma
perché no?”
I suoi occhi
di gelido ferro si erano rivolti al cielo, come in cerca di una
necessaria pazienza per affrontare la mia ostinata richiesta.
“Perché
io sono cattivo, e i cattivi odiano i marmocchi urlanti.”
L’aveva
detto, quello che temevo, con distaccata ironia ed un pizzico di
spietata convinzione.
Aveva detto di
essere cattivo, ma in quel momento mi sembrò solamente triste.
No
one knows what it's like
To
be hated
To
be fated
To
telling only lies
“Inoltre,”
spezzò il silenzio, suscitando la mia sorpresa “ho
già ucciso abbastanza persone e preferirei evitare di essere
il responsabile della morte di un mocciosetto frignante.”
“Non
sarebbe un mocciosetto frignante, sarebbe nostro figlio. E non vedo
nessun motivo per cui tu debba essere il responsabile della sua morte
quando ancora non lo sei stato della nascita.”
La mia replica
suonò inadeguatamente irrispettosa e alquanto acida, ma
volevo che lui capisse quanto dolore mi provocava il suo rifiuto,
quanta tristezza mi aveva assalita a causa della sua cattiveria.
“Sono
odiato, Narcissa. Odiato. A morte. Da decine di persone.”
Prese un
respiro profondo, rivolse il suo sguardo su di me, strinse le labbra
riducendole a sottilissime strisce di carne pallida, prima di
sottolineare ancora il concetto.
“Odiato.”
“Non
ti capisco.”
Davvero non
riuscivo a comprendere le sue motivazioni. Era così
terribile per lui l’idea di avere un piccolo erede? Era
così insopportabile il pensiero di avere un simbolo concreto
della nostra unione di anima e corpo?
“Odiato.
Destinato
alla morte, e con me i miei cari. I famigliari.” Fece una
piccola pausa, come per soppesare le parole, sputandole poi fuori con
esagerata enfasi. “Moglie. Figli. Uccisi,
indiscriminatamente.”
“Non
è vero.”
Mi
spaventò, forse volontariamente, sfoderando un ghigno da
pazzo e afferrando con forza il mio fragile polso destro.
“Hai
ragione, potrebbe anche non essere vero. Ma in fondo, sappiamo entrambi
che io dico solo bugie.”
But
my dreams
They
aren't as empty
As
my conscience seems to be
“Non
essere sciocco, Lucius, smettila” mormorai con le labbra
tremanti al ritmo delle mie membra “Tu saresti un ottimo
padre, saresti capace di difendere te stesso, noi e il nostro piccolo
amore, io ne sono certa!”
Non mi
rispose, lasciò scivolare lentamente la sua mano dal mio
polso al mio fianco – dove la posò con la sua
usuale sicurezza, la stessa sicurezza dettata dalla consapevolezza di
essere il più forte tra noi due. La consapevolezza di
potermi fare male, se fosse stato necessario, di poter chiudere la mia
bocca impertinente, di potermi ripudiare.
Non fece nulla
di tutto questo, anche se dentro di sé avrebbe avuto mille
motivi per farlo.
“Sai,
Cissy, io ho sempre sognato di avere un figlio. Un bambino somigliante
a me, da poter educare a modo mio, da poter… coccolare. Una
certezza per la vecchiaia, una piccola luce in tutti i
giorni.”
Appoggiò
la sua mano libera sulla mia guancia e spinse delicatamente il viso
verso il suo. Leggere rughe increspavano la sua fronte, nonostante la
giovane età di entrambi. Era combattuto, il mio povero
Lucius, era preoccupato.
“Ma
questo non è possibile. Come ben sai, un Deatheater non ha
coscienza. Non può
avere coscienza. Ne consegue che un Deatheater non può avere
figli, a meno che non desideri mettere in pericolo la loro stessa
vita.”
Ancora non
riuscivo a capirlo, le sue parole mi sembravano solo parte di un
artificioso discorso per evitare qualcosa che in fondo, lo aveva
ammesso lui stesso, desiderava da sempre.
Lucius aveva
una coscienza, da qualche parte.
Lucius aveva
dei sogni, ma era l’unico al mondo a non volerli realizzare.
I
have hours, only lonely
My
love is vengeance
That's
never free
Tolse le mani
da me, prima di afferrare entrambi i lembi del suo mantello verde cupo
e stringerlo attorno a sé – come in cerca di
calore, di affetto, di protezione.
“Ora
vorrei stare da solo. Puoi andare.”
Un freddo
improvviso penetrò nelle mie ossa, attraverso il leggero
abito che avevo indossato per lui.
Era inverno,
enormi fiocchi di neve cadevano nella notte creando una coltre gelida
nel nostro giardino, e io avevo indossato l’abito bianco,
leggero ed impalpabile che piaceva a lui - nonostante
l’umidità e gli spifferi.
Senza
biancheria intima.
Fino a qual
momento avevo tremato da capo a piedi, ma nulla mi aveva raggelata come
quell’ordine.
Non ero la sua
cameriera, né la sua cortigiana, né tantomeno la
sua sgualdrina.
Ero sua
moglie, e pretendevo rispetto.
“Lucius,
no. Io voglio capire le ragioni del tuo rifiuto, non puoi cacciarmi via
in questo modo.”
Mi
ignorò per lunghi minuti, mentre si sedeva alla scrivania
del suo studio e adagiava sul legno lucido i suoi piedi elegantemente
calzati. Rimasi davanti alla porta, rigida come una scultura di
ghiaccio, decisa per la prima volta ad ottenere il mio scopo.
“Narcissa.
Dammi un solo buon motivo per cui io dovrei rinunciare alle mie ore di
gradita solitudine. Per fare forse un piacere… a te?”
La sua voglia
di ferirmi mi lasciò senza fiato, ma il desiderio di
vittoria fu più forte della paura.
“Perché
mi ami.”
Accadde
ciò che mai avrei immaginato potesse accadere. Nel cupo
silenzio della stanza si espanse una risata di scherno. Un’umiliante risata di
scherno.
“Ti
amo, Narcissa Black?” ripeté lentamente, gli occhi
beffardi dritti su di me “Forse preferiresti il contrario. Il
mio amore non è mai gratuito. Il mio amore è
inestimabile, chi lo subisce deve pagare.”
No
one knows what it's like
To
feel these feelings
Like
I do
And
I blame you
Una lacrima
lottò all’angolo del mio occhio, bruciante di
rabbia e voglia di vendetta.
“Perché
sei così spietato con me, Lucius, questa sera?
Perché?”
“Tu
non hai idea di cosa voglia dire sentire quello che sento io. Tu non
sai cosa si provi a sentire dentro di sé uno strano rimorso
e allo stesso tempo uno strano piacere per le azioni del passato. Tu
non sai niente.”
La durezza
nella sua voce suscitò un’altra lacrima che
però prontamente asciugai.
“Non
è colpa mia.”
“E’
colpa tua aver riportato a galla tutto questo.”
No
one bites back as hard
On
their anger
None
of my pain and woe
Can
show through
“Non
sono stata io a creare
il tuo passato!”
Sospirò,
prima di spostare di nuovo i suoi piedi a terra e balzare con uno
scatto felino davanti a me, facendomi indietreggiare.
“Vuoi
forse dire che secondo te io ho sempre voluto essere un Deatheater?
Vuoi forse insinuare che a me piace questa vita in decadenza, che ho
desiderato essere il servo del Signore Oscuro? Credi forse che io mi
delizi nel vedere la gente che muore straziata ai miei piedi?”
Trattenni per
un attimo il respiro, cercando di capire se fosse suo desiderio una
risposta affermativa o una risposta negativa. Temevo che, qualunque
cosa avessi osato esprimere, la sua reazione sarebbe stata alquanto
sgradevole.
“Sì,
lo credo. L’hai affermato tu qualche giorno fa.”
Si
passò lentamente una mano tra quei preziosi fili di platino,
i suoi capelli, che rilucevano timidi sotto le fiamme crude delle
candele. Sembrava essere calmo, ma io sapevo che si trattava di una
mera illusione.
“Narcissa,
stai mettendo a dura prova la mia pazienza.”
“Anche
tu.”
Fu in quel
momento che percepii palpabile la sua rabbia scorrere sulla sua pelle,
come elettricità instabile, quasi fuori da ogni controllo.
Il mio atteggiamento sembrava irritarlo, la mia sicurezza lo
innervosiva, minava la sua voglia di essere sempre il più
forte, quello che teneva le redini della situazione.
“Sono
furioso, Narcissa, ma sto cercando di resistere alla mia rabbia. Per
te. Ora vattene.”
Le parole si
fecero strada tra i suoi denti stretti, quasi provasse dolore e non
vera rabbia. Io non volevo cedere,
no.
“Voglio
tenerlo, Lucius, e lo farò.”
Lo mormorai
con fare quasi sottomesso, prima di rendermi conto che non avrei mai
dovuto dire una cosa simile.
Sentii la sua
mano guantata abbattersi violenta sulla mia guancia, per punirmi di
quella decisione presa con sconsideratezza.
Sentii
le lacrime sgorgare libere sul mio viso, infermiere pronte a dare
sollievo al mio viso in fiamme, complici della mia disperazione.
Sentii la
serratura della porta scattare, la presa di Lucius sul mio braccio, le
mie gambe cedere sul pavimento umido del corridoio della nostra dimora,
e poi la porta chiudersi davanti alla mia vista appannata.
Lucius non
voleva quel bambino.
Allora neanche
Narcissa aveva alcun diritto di volerlo.
But
my dreams
They
aren't as empty
As
my conscience seems to be
I
have hours, only lonely
My
love is vengeance
That's
never free
Restai a lungo
accucciata sui sassi levigati del pavimento di Malfoy Manor, di una
casa che ancora non mi apparteneva.
Resi ancora
più umide quelle pietre innocenti, umiliata da me stessa,
sentendomi come una carcerata condannata a morte.
Non mi
importava della mia veste leggera, non più.
Non mi
importava della mia bellezza sciupata dalla forza del mio consorte.
Mi rialzai
solo quando pensai che c’era ancora qualcosa di cui mi
importava. Il piccolo seme che giaceva nel mio grembo,
l’orfano di affetto reso tale da suo padre.
Chissà
cosa pensò Lucius durante quelle ore che io passai a vagare
senza meta per i corridoi, malata di insonnia.
Forse
pensò ai suoi sogni passati, contrastati a suo dire
dall’assenza di coscienza.
Forse
riuscì a godere della sua solitudine, forse pensò
alla sua minaccia.
Il suo amore
non mi veniva dato per bontà, ma per ottenere qualcosa in
cambio.
Così
aveva detto.
When
my fist clenches, crack it open
Before
I use it and lose my cool
Lo rividi la
mattina seguente, a colazione.
Si trovava di
fronte a me, e sorbiva il suo tè al gelsomino come se nulla
fosse accaduto.
Era il
ritratto della bellezza e della freschezza, calmo e gelido come la neve
caduta poche ore prima in giardino.
Nonostante
ciò, il nostro Elfo Domestico sembrò sospettare
fosse successo qualcosa di strano poiché per ben due volte
finse di sfiorare per errore la mia mano per provocare la solita
reazione isterica in me – sorprendendosi non poco quando non
ottenne neanche un’occhiata piccata e altezzosa.
Ebbi il
coraggio di aprire di nuovo bocca solo quando lui mi
passò di fianco, diretto di nuovo al suo cupo studio.
“Lucius…”
Mormorai di
nuovo quella singola parola, con incertezza, ma bastò per
farlo fermare. Non mi guardò, rimase rigidamente fermo al
mio fianco, con lo sguardo ancora rivolto alla scalinata.
“Lucius,
mi dispiace per ieri sera.”
“Quindi
andrai al San Mungo per l’operazione?”
La domanda
ebbe su di me l’effetto di una freccia lanciata senza
esitazione nel mio cuore. Non potevo accettare che fosse
così disinteressato.
“No,
Lucius, no!”
Lo urlai con
disperazione, saltando in piedi e battendo uno dei miei eleganti
stivaletti a terra per manifestare il mio disappunto.
Notai appena
in tempo le sue dita stringersi in un pugno, afferrai quella maledetta
mano stringendola tra le mie.
“Lucius…
ti prego…”
Con dolcezza
allontanai il pollice dall’indice, l’indice dal
medio, il medio dall’anulare ingioiellato,
quest’ultimo dal mignolo. Gli baciai la mano, chiedendo
silenziosamente perdono per la mia ennesima ribellione, sperando di
essere compresa.
La sua mano si
allontanò dalle mie labbra e portò con
sé il proprietario orgoglioso.
Senza dire una
parola.
When
I smile, tell me some bad news
Before
I laugh and act like a fool
Ogni pasto, da
quel giorno, fu un incubo.
Il silenzio
regnava sovrano sulle nostre teste: Lucius non parlava per rabbia ed
orgoglio, io non parlavo per paura ed orgoglio a mia volta.
Una settimana
più tardi, decisi infine di cedere e andai a farmi visitare
al San Mungo per tentare di riappacificarmi con Lucius. Non gli dissi
niente, fino a quando i nostri sguardi non si incontrarono casualmente
durante il pranzo.
“Lucius…
oggi sono andata all’ospedale.”
Colsi un lampo
di improvviso interesse misto ad una sete di vittoria in quei suoi
occhi grigi. Un lampo fulmineo e per questo di significato incerto.
“Ebbene?”
“Il
dottore ha detto che se continuerò così, potrebbe
anche verificarsi un… aborto spontaneo.”
Un leggero
sorriso si dipinse sulle sua labbra. Un sorriso così
inappropriato alla situazione, alla notizia, mi ferì
più di mille parole. Volevo strapparlo via dal suo viso
perfetto, cancellarlo attraverso il dolore.
“Da
oggi smetterò di mangiare, se è l’unico
modo per sfuggire all’aborto magico. Voglio che tu sia
felice, Lucius,lo voglio più di qualsiasi altra cosa.
Smetterò di mangiare, se proprio non desideri la nostra
creatura.”
‘Ti
farò sentire in colpa. Non riuscirai a fermarmi’,
continuava a dire il mio sguardo.
Il suo sorriso
cadde a terra, andando in frantumi come se fosse stato di fragile
cristallo. Era stato semplice, smorzare il suo entusiasmo. Non sarebbe
stato altrettanto facile riuscire a ricostruire un rapporto umano con
Lucius dopo la mia ennesima sfida alla sua autorità.
Prevedevo
già una sfuriata violenta, un altro ceffone dritto sul mio
viso orgoglioso, e invece mi sbagliai. Fu il forte Malfoy ad abbassare
lo sguardo, per la prima volta.
“Tu…
lo desideri così tanto?”
Sapevo che si
riferiva alla nostra creatura, non ebbi alcuna esitazione nel replicare.
“Sì,”
risposi semplicemente, sorpresa dal suo atteggiamento “tu no,
invece?”
“Non
fare queste domande inutili, Narcissa, sai benissimo che io non lo voglio.
Dato che questa situazione sta diventando alquanto irritante,
però, ho riflettuto e ho deciso che è giunto il
momento di sentire le tue ragioni. Avrai modo di spiegarmi cosa ti
spinge a volere un marmocchio in giro per casa.”
Mi morsi le
labbra, cercando allo stesso tempo di condensare in un breve e conciso
discorso tutto quello che sosteneva il mio desiderio di
maternità. Raccolsi tutto il mio coraggio, prima di aprire
bocca.
“Essere
madre è una delle emozioni più belle della vita,
si dice. Un bambino potrebbe essere simbolo di un legame più
forte tra noi due, potrebbe rallegrare le nostre giornate passate
sempre in triste solitudine. Ho già questa piccola vita in
grembo, e ucciderla ora significherebbe uccidere un innocente privo di
difese. Inoltre, un erede è necessario per il mantenimento
di una stirpe Purosangue. Io vorrei che…”
“Per
tutte queste motivazioni è sufficiente un solo bambino,
giusto?” mi interruppe lui, con fare terribilmente pratico.
Mi trovai
costretta ad annuire, senza riuscire a capire dove volesse arrivare.
“Bene,
Narcissa, allora faremo un patto. Tu avrai il tuo bambino e la sua
nascita sarà supportata da tutti questi motivi
ragionevoli.”
Troncai sul
nascere la profonda gioia che aveva iniziato ad espandersi nel mio
corpo, quando notai che Lucius non aveva finito il suo discorso.
“Ma
uno solo, non di più. Ricordatelo.”
“Perché?”
Lucius si
prese tutto il tempo per rispondere, prima di degnarsi di darmi una
risposta assaporò con calma il vino rimasto nel suo calice.
“I
bambini spengono il desiderio sessuale, Narcissa. I bambini
abbruttiscono i genitori, li stremano, li rendono vecchi e insipidi
l’uno per l’altro. Questo tra noi non deve
accadere.”
Un terribile
presentimento colpì la mia mente. Il pensiero che io per
Lucius fossi solo un grazioso ornamento da usare nelle notti di noia e
di desiderio.
“Se
io non fossi bella, tu non mi ameresti? E’ questo che vuoi
dire?”
Di nuovo
sorseggiò il dannato vino, forse per prendere tempo, forse
per spazientirmi.
“Sì.
Sì, probabilmente è questo che voglio
dire.”
“Sei…
sei crudele!” sbottai involontariamente, con le labbra
tremanti di indignazione e delusione.
“La
lussuria conduce alla lascivia, la lascivia alla crudeltà,
mia bella Narcissa. Sapevi di dover diventare la sposa di un uomo dalle
accese passioni, avresti dovuto aspettarti un simile
atteggiamento.”
Il suo sorriso
lupesco mi fece rabbrividire, ma resistetti. Non potevo farlo
arrabbiare di nuovo, dovevo essere una buona e sottomessa consorte.
Almeno fino alla nascita del piccolo.
“Hai
ragione, Lucius. Ti ringrazio per avermi concesso di tenere nostro
figlio, nonostante la tua… crudeltà.”
Non
c’era alcun accenno di sarcasmo nella mia voce, non potevo
permettermelo. Lucius si alzò in piedi, andò
verso il camino, prese in mano il bastone appoggiato sopra la piccola
mensola di pietra, si voltò verso di me.
“La
lussuria chiama, Narcissa. Aspettami nella nostra stanza,
arriverò tra poco.”
Senza emettere
suono, mi alzai e mi diressi verso la porta per obbedire. Sentivo che
sarebbero stati nove lunghi mesi di dolci soprusi, quelli che avrei
dovuto trascorrere con Lucius.
Solo
l’amore per il pargolo dentro di me mi avrebbe potuto dare la
forza per acquietare, giorno per giorno, la belva furiosa e assetata di
passione che avevo risvegliato in Lucius con il mio illegittimo
desiderio di tenerezza.
Un illegittimo
desiderio da donna,
avrebbe detto lui.
If
I swallow anything evil
Put
your finger down my throat
If
I shiver, please give me a blanket
Keep
me warm, let me wear your coat
Narcissa
uscì dal salone con le mani tremanti di paura, paura per
quella che presagiva sarebbe stata la mia vendetta.
Credeva
davvero che io fossi crudele, intransigente, un porco assetato solo di
sesso e carni giovani.
Eravamo
sposati da anni e non aveva ancora capito niente di me. Assolutamente
niente.
Non avevo
alcuna voglia di entrare nel letto con lei e strapazzarla, non avevo
alcuna voglia di farle del male.
Non
c’era alcuna ragione per cui io volessi vendicarmi.
Minacciando di
mettere in pericolo seriamente la sua salute, mi aveva fatto
riflettere. Mi aveva fatto comprendere che uccidere nostro figlio
sarebbe stato qualcosa di cui entrambi ci saremmo pentiti.
Forse avrebbe
rischiato la vita una volta adulto, il bambino, a causa dei miei nemici.
Ma io
l’avrei protetto, l’avrei fatto a costo della mia
vita.
Salii le scale
che portavano al piano superiore con lentezza, per darmi il tempo di
riflettere sul modo giusto per far capire alla mia Cissy quale fosse la
vera ragione del mio rifiuto.
La trovai sul
letto, priva di indumenti, tremante di freddo e di paura. Scossi
leggermente la testa, intenerito, e lasciai il bastone sul comodino. Mi
tolsi con sollecitudine il mantello, per poi gettarglielo delicatamente
sulle spalle.
“Cosa…
cosa stai facendo?”
Le appoggiai
un dito sulle labbra vermiglie, con uno slancio di umiltà mi
costrinsi a parlare.
“Si
chiama gelosia, Cissy, ciò che mi impedisce di accettare che
tu possa amare qualcuno oltre a me. Quando lui nascerà,
sarà al primo posto per te. Se entrambi ci strozzeremo, tu
soccorrerai prima lui. Se entrambi tremeremo dal freddo di notte, tu
scalderai il suo letto e non più il mio. Lo so, sono
crudele, ma non posso accettare che questo accada.”
No one knows what it's
like
To be the bad man
To be the sad man
Behind blue eyes
Nessuno sa
cosa voglia dire essere cattivo, anche con chi ami e con chi amerai.
Nessuno sa
cosa si cela dietro ai miei occhi.
Narcissa non
sapeva, ma capì. Con il suo dolce silenzio da futura madre e
fedele sposa, capì tutto e promise.
Promise di non
mettere mai il piccolo davanti a me, anche a costo di mettere in gioco
la vita di quel piccolo.
Mantenne la
promessa.
Note dell'autrice
Questa storia è nata grazie al concorso "Time of your song"
indetto da Vogue91 sul forum di EFP.
I prompts assegnati erano Narcissa e Lucius (corrispondente al numero
15) e la canzone "Behind Blue Eyes" degli Who (corrispondente alla
lettera Y).
La frase scelta era
"La lussuria conduce alla lascivia, la lascivia alla
crudeltà" di Dostoevskij.
Nonostante i personaggi non fossero tra i miei preferiti, mi sono
davvero divertita a scrivere questa one-shot e ho iniziato ad
apprezzare il pairing Lucius/Narcissa. Spero che vi sia piaciuta! ^.^
Pubblico qui di seguito il giudizio di vogue91 sulla storia,
potete trovarlo anche a questo link:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9270360&p=11
3°Classificata
Lady Lynx “Figlio di Una Promessa”
-Grammatica: 10/10
-Lessico: 10/10
-Stile: 10/10
-IC: 9/10
-Trama: 9.5/10
-Attinenza alla canzone: 15/15
-Utilizzo della frase scelta: 10/10
-Giudizio personale: 5/5
Totale: 78.5/80
Grammatica perfetta. Non ci sono errori, e la punteggiatura stessa
è usata davvero bene. Ottime anche le scelte lessicali,
utilizzi una terminologia che si adatta alla situazione da te
descritta, in certi punti diventa addirittura altisonante, ma del resto
il tema trattato non è da meno. Davvero piacevole lo stile,
si legge scorrevolmente, senza bruschi balzi da un tono
all’altro, dato che mantieni lungo tutta la fic una certa
omogeneità. Quindi dal punto di vista formale non ho davvero
niente da dire, se non complimenti.
Per quanto concerne i personaggi, devo dire che mi è
piaciuto parecchio come hai delineato Lucius. La sua solita boria, il
suo modo di essere, freddo e sprezzante, che in realtà sono
alibi di un carattere meno forte di quello che vuole fare credere. E
diciamo che anche Narcissa mi è piaciuta, hai sottolineato
bene il suo profondo desiderio di essere madre (e del resto poi
sappiamo quanto fosse attaccata a Draco). Solo che mi sarei aspettata
che lottasse un po’ di più per quello che voleva,
ossia di trovarla un po’ più battagliera, e meno
remissiva. Ma al di là di questo, la sua introspezione
è davvero interessante. Un po’ meglio poteva
essere analizzato Lucius, in quanto la seconda parte se da un lato
offre dei piacevoli spunti di riflessione, non li amplia del tutto,
lasciando dei punti alla pura immaginazione.
Perfetta l’attinenza alla canzone. Non era un testo facile da
rendere, in quanto ha parecchie sfaccettature e modi
d’interpretazione, e tu sicuramente le hai reso giustizia.
Del resto si sposava bene con Lucius, e con una sorta
d’incomprensione di cui lui sente d’essere vittima.
Meraviglioso l’inserimento della frase, devo dire che mi ha
fatto sorridere immaginarlo dire una cosa del genere a Narcissa, che lo
pensasse o meno, che fosse o meno lascivo e dunque crudele. Sicuramente
anche questa frase era degna del suo personaggio.
La tua storia mi è piaciuta. Al di là del fatto
che apprezzo particolarmente Narcissa, sei riuscita a farmi piacere
Lucius, che normalmente trovo abbastanza vuoto, superficiale. Hai
trattato un tema che sicuramente dà da pensare, e i pensieri
della stessa Narcissa sono quasi disarmanti per quanto sono intensi,
per il dolore che prova nel vedere che il marito non desidera le
medesime cose che desidera lei. Davvero un’ottima storia, di
certo non allegra, ma perfetta per l’introspezione e per la
tematica che hai scelto. Brava.
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