Sbandata universitaria
Per
tutta la settimana erano andate avanti così. Per tutta la
settimana, prima di iniziare la lezione e appena finita la lezione,
Clarissa, Federica e Claudia non avevano fatto altro che andare su e
giù per tutto l’ateneo.
Obbiettivo?
Il dipartimento di
Letteratura e Filologia, meglio conosciuto come biblioteca
universitaria interfacoltà e sala studio.
Ma ciò che
le smuoveva verso quel luogo quasi abbandonato da Dio non era
l’amore per il sapere, ma l’amore per un ragazzo,
seduto nell’ angolo estremo della biblioteca a studiare come
un forsennato. Le ragazze avevano analizzato il ragazzo dal nome
sconosciuto –ribattezzato da Federica “Edward
Cullen” per l’abbigliamento a dir poco scopiazzato
dall’omonimo personaggio del grande schermo – da
ogni angolazione possibile e immaginabile.
Avevano
esaminato il suo aspetto. Dopo la prima
supposizione su una sua possibile claudicazione - supposizione nata da
una delle solite idee strampalate di Claudia - le ragazze erano giunte
alla conclusione che era davvero un bellissimo ragazzo. Biondo, occhi
verde chiaro, statura media. Quest’ultimo dato aveva mandato
in bestia Clarissa e il suo metro e settantacinque che faceva sentire
Claudia e Federica delle nane al confronto.
C’erano
state poi notevoli speculazioni sulla facoltà di
appartenenza.
“Secondo me
è di Lettere” suppose Claudia.
“Sei
matta!” esclamarono all’unisono le altre due.
Clarissa, la
più attratta delle tre da quel misterioso ragazzo
specificò meglio la precedente esclamazione: “Cla,
ma ti pare che uno così possa frequentare Lettere? Quelli di
lettere sono tutti dei cessi con tanto di occhiali. Topi da biblioteca:
ecco cosa sono”
“Ti ricordo
che anche noi frequentiamo Lettere… e per di più
lettere Classiche. Peggio di così si muore” ecco
Claudia, con la solita scarsa fiducia in sé stessa.
“Piccola e
Ingenua Claudia, alle donne la cultura dona, le rende più
affascinanti e attraenti. Mentre per quanto riguarda gli uomini, beh,
hai presente Vito?” Claudia dovette reprimere un conato al
pensiero di quel povero sfigato che dormiva avendo sul
comodino il ritratto di Vittorio Alfieri. Annuì e basta,
incapace di discordare da Federica.
Le tre avevano anche
imparato i libri che leggeva: lo “Zibaldone” di
Leopardi, “Novelle per un anno” di Pirandello e il
libro di un filosofo dal nome impronunciabile e avevano constatato che
era uno studente di Lettere. Impossibile, ma vero!
“L’eccezione
che conferma la regola” così aveva borbottato
Clarissa.
Edward
Cullen – ovviamente ragazzo non della stessa bellezza
sovrumana del vampiro protagonista del romanzo – annotava
tutti i suoi appunti con una penna nera ai margini delle pagine su cui
leggeva scatenando l’odio di Federica secondo la quale i
libri devono assolutamente essere candidi e immacolati, al massimo con
qualche sottolineatura o annotazione a matita. Vedere quei libri
martoriati con una penna a punta grossa aveva fatto perdere
qualsiasi interesse a Federica nei confronti dello Sconosciuto. Chi
maltratta le cose maltratta anche le persone, questo era il suo credo.
Per tutta la settimana
erano andate avanti così. Clarissa aveva addirittura
memorizzato il colore della sua giacca, un verde acido con dei profili
grigi, e la sua borsa, una tracolla grigio scuro.
Clarissa e lo
Sconosciuto stavano intrattenendo una guerra di sguardi. La ragazza
sosteneva che lui la stava mangiando con gli occhi e che le aveva
perfino sorriso. Per questo era cominciato il periodo degli
appostamenti in sala lettura al fine di capire qualcosa di
più del misterioso ragazzo.
Il venerdì
mattina era toccato a Federica, la meno entusiasta delle tre,
controllarlo.
Approfittando
dell’ora a diposizione prima dell’inizio
della lezione, si era seduta di fronte a lui nella
biblioteca. La sua analisi accurata aveva avuto inizio.
Osservò i capelli tagliati molto corti, quasi a zero,
controllò le orecchie – abitudine bizzarra
inculcatale da una compagna di scuole superiori – e poi le
mani. Fu attratta da una anello con un serpente che spiccava sul dito
medio della mano destra. E poi, la sua attenzione fu attirata da una
sottile fascia d’oro che brillava invece
sull’anulare sinistro. Cavolo!
Il giorno dopo
Federica arrivò in ritardo sul luogo
dell’appostamento e trovò le due compagne prese in
un fitto chiacchiericcio.
“Posso
sapere di cosa state confabulando?”
“Andrò
dallo Sconosciuto e mi presenterò. Non gli sono indifferente
ed è necessario che mi faccia avanti. Non si può
mica aspettare che il frutto sia maturo, no?” Clarissa
spostò la sedia pronta per la sua missione suicida.
Perché non c’erano altri aggettivi per descrivere
il suo intento.
“Clari,
aspetta, ti devo dire una cosa..” Federica cercò
di bloccarla. Invano.
“Me la dirai
dopo” e senza guardarla più in faccia, si
avviò verso il lato opposto della biblioteca con passo
spedito .
“Ciao..ehm
–il colore della pelle della ragazza aveva raggiunto
tonalità indescrivibili – ti..sì, ti
andrebbe, ecco, di…parlare un po’?”
Lui, guardandola con
disprezzo, si voltò verso di lei e, mettendole il libro
sotto il naso, disse: “Devo studiare”. Poi
chinò subito il capo. Clarissa si ammutolì. Il
che era strano data la sua prorompente vitalità tendente
all’egocentrismo.
Dovette soltanto
ritornare da loro con la coda tra le gambe.
“Evidentemente
non mi meritava” subito il sorriso ricomparve sul suo volto.
Le altre due la seguirono a ruota: era davvero incredibile,
si era ripresa subito.
“Allora, che
mi dovevi dire?” finalmente si dedicò
all’amica.
“Se mi
avessi dato retta, non saresti andata da lui. È
fidanzato”
La bocca di Clarissa
era quasi del tutto spalancata.
“E tu come
faresti a saperlo?” guardò Federica con sguardo
inquisitore, pronta a rinfacciarle il fatto di essere riuscita a
parlare con lui.
“Semplice:
ho guardato le sue mani”
“Le
mani?”
“Certo: se
tu fossi stata attenta alle sue mani piuttosto che al suo culo, avresti
capito che è fidanzato. Ha la fedina”
sottolineò la cosa mostrando la propria fedina brillare sul
suo anulare sinistro.
Oh, cazzo!
Ciao a tutti!
E’ la prima
volta che scrivo nelle originali e forse anche l’ultima
visto che, dopo aver letto questo mio sclero, mi manderete
via a calci.
Questa one-shot
è nata in un momento di depressione e ho usato la
scrittura come rimedio curativo riprendendo un episodio realmente
accaduto ad una mia collega d'università.
Spero che vi sia
piaciuta e che vi abbia fatto, almeno un po’, sorridere.
Un bacione
Federica
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